7. Il Presidente

Allo studio del notaio Aldrovandi il cellulare aziendale della povera Maddalena era ormai permanentemente sotto carica e praticamente rovente. Dovevano spegnerlo di notte, in modo che non continuasse a suonare anche allora.
Il Notaio sospirò: mancava solo un giorno, poi la palla sarebbe passata all'incaricato.
A Ponte, intanto, la gente si guardava sottecchi, oppure osservava chiunque passasse davanti alle bacheche con il telefono in mano in modo complice e malizioso, come a dire "Eccone un altro che sta per chiamare per i soldi".
In ogni caso, le candidature per associazioni, gruppi, privati non erano affatto mancate. Nessuno, però, al di là delle congetture, sapeva con certezza quante e quali fossero le persone che avevano chiamato per prenotare un appuntamento. Tanti i sospetti, le idee, le congetture e persino le insinuazioni, che dominavano dai lavatoi, alle cucine, ai bar ai gradini della banca, dove in quell'ultimo giorno il solito gruppo di uomini analizzava la vita paesana.
Arrivando all'improvviso e quasi falciando un passante, Floriano Andrei (dello stesso cognome del sindaco ma non parente, come spesso ribadiva) parcheggiò la sua Audi color crema di traverso, davanti al Bancomat, con le quattro frecce e il candore di chi poteva fare tutto ciò che desiderava.
La signora Nesa, passando in quel momento, non poté fare a meno di sussurrare, secondo lei a bassa voce ma comunque udibile per colpa del suo udito non più perfetto "Oh, al gras de rost!" indicando senza ombra di dubbio una certa diffidenza nei suoi confronti.
Si trattava di un sentimento al contempo diffuso e taciuto: più del sindaco, più del prete, più di qualunque imprenditore, Floriano Andrei rappresentava a Ponte in Valtellina il Potere. A casa sua si facevano le liste elettorali, da lui arrivavano i grandi progetti prima di divenire esecutivi, pubblici o privati e non c'era tema che riguardasse il paese sul quale la stampa non lo interpellasse, solleticandone la vanità mediatica, molto più sviluppata di quella del sindaco omonimo.
Floriano era semplicemente soprannominato "Al president". Certo, perché collezionava come tappi dei succhi di frutta con le bandierine presidenze in varie realtà del paese. C'erano quelle che contavano (come quella della Cooperativa del Saraceno), quelle che non socialmente lo mettevano in prima linea (la banda), quelle surreali (l'associazione della pesca, senza mai aver pescato un pesce in vita sua) e quelle misteriose come la Fondazione Saligari, proprietaria di un immobile in perenne ricerca di ristrutturazione fuori dal paese, che non si riuniva mai e della quale nessuno sapeva chi facesse parte.
Il Presidente si prestava con tranquillità a un groviglio di riunioni, dichiarazioni, fotografie e cene sociali. Non gli importava assolutamente nulla di non essere competente al cento per cento di nessuno dei settori (e a volte assai meno della metà del 100) in cui veniva chiamato. In fondo nessuno sapeva fare dei discorsi soporiferi e "di buon senso" come i suoi.
La sua storia personale parlava chiaro. Quando si era deciso in Cooperativa di abbandonare la non più redditizia mela e passare al Saraceno, il Presidente aveva lasciato ai suoi soci due scelte: consegnare produzioni e terreni alla Rossatti oppure passare alla nuova coltura, supportato da un mega finanziamento da quattro milioni di euro.
Inutile dire che in brevissimo tempo i fiori bianchi delle mele erano scomparsi, eccetto nelle zone della Rossatti e del suo sidro, sostituiti da quelli rosacei del Saraceno. Inutile dire che in un paio d'anni tutto, dalle macchine agricole ai discorsi al bar era cambiato, e al posto che i "pomm" al centro delle attenzioni quotidiane era passato "al furmenton". La stessa "Ponte in Fiore" dalla primavera era placidamente planata all'estate, adattandosi alla mutata coltivazione e soprattutto alle mutate indicazioni del Presidente.
Dopo i primi anni euforici, tuttavia, anche il reddito dato da questa coltivazione intensiva cominciava a calare e il progetto di trasformazione SARACENIA (qualunque cosa volesse dire) non era mai veramente decollato.
Al Presidente, che aveva qualche terreno ma i cui introiti dipendevano molto più dall'affitto di diversi appartamenti ereditati nel capoluogo, ciò non preoccupava poi tanto. Quello che lo preoccupava era la fine della sua infallibilità, del suo prestigio e, in una funesta possibilità, la fine stessa della sua Presidenza favorita.
Come avrebbe potuto parlare di natura e sviluppo ambientale (tralasciando tutti i riflessi chimici delle produzioni) con lo sfondo delle montagne della Val D'Arigna al TgLombardia l'anno seguente?
Quante le interviste perse? Quanti consigli in meno da poter tributare.
Tutto questo era un cataclisma e lui, Floriano Andrei, non lo avrebbe mai permesso.
Entro sera il notaio Aldrovandi avrebbe avuto una chiamata che contava. Quella del Presidente.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top