3. La grande imprenditrice
Emma Rossatti era un'imprenditrice: di quelle che a scuola vendevano già i compiti in triplice copia ai compagni e nell'intervallo mettevano su un mercatino per lanciare i portachiavi realizzati con i bindelli di scarto, le striscioline di stoffa dei pezzotti, i tappeti che sua nonna, originaria della frazione orobica di Arigna, tesseva con calma al telaio come generazioni di donne prima di lei.
Aveva ereditato un po' di soldi da una famiglia operosa di contadini e commercianti, ma non si era certo limitata a comprare un paio di immobili, a costruire la villa o a investirli in titoli di stato.
Dieci anni prima, mentre la coltura della mela declinava e i ricavi non coprivano ormai più i costi, aveva avuto una intuizione: porsi come salvatrice della produzione in eccedenza che nessuno voleva e comprare a prezzo di saldo migliaia di quintali di frutti di ogni qualità. Obiettivo? Una sidreria. Già la aveva vista andare di moda all'estero, poi a Milano. L'opportunità c'era. Poco dopo si era presa direttamente i terreni da lavorare. Quasi gratis. Un vero latifondo nella campagna pontasca.
E così, mentre le cooperative e i privati declinavano e la vite stentava, la AlpinCider di Emma Rossatti aveva senza tanti complimenti costruito tre grandi capannoni vicino a San Gregorio, ai margini della campagna, sommergendoli con il tempo nel verde per camuffarli da ecocostruzioni.
In dieci anni era diventato il sesto produttore di sidro d'Europa, e poco importa se le mele arrivavano ormai in gran parte dalla Polonia. La facciata, con i frutteti recintati e griffati dal sidro con la sagoma delle montagne a Ponte, era salva. Inoltre la sua Ferrari, il "Gran riserva 100% Alpi", costava quattro volte il sidro normale e per quello servivano i meleti locali.
Emma era una trentaseienne in splendida forma, ma soltanto perché si sottoponeva a una rigida dieta. Il marketing manager del suo colosso la aveva informata che l'immagine "fit e green" dell'AlpinCider e della sua fondatrice erano indispensabili nel commercio attuale. E così lei, che avrebbe mangiato solo merendine del discount al sapore di vanillina e bevuto cocacola, faceva mostra di grandi centrifugati di frutta e pinzimoni. Vegetariana in pubblico, in segreto amava la tartare di chianina e i bistecconi di Angus irlandese.
Con i soldi del Sidro non si era fermata e aveva diversificato, buttandosi nell'estrazione di Serpentino nella vicina Valmalenco, dove aveva rilevato una piccola cava che aveva trasformato in una nuova storia di successo.
Amata e odiata nel suo paese, tutto le era perdonato perché "in fondo dà lavoro a tanta gente, fa del bene".
Ma da qualche tempo era emerso qualcosa di nuovo. Una soffiata, una prospezione mineraria in Val d'Arigna aveva rivelato la presenza di... qualcosa di interessante, un giacimento sconosciuto e non sfruttato, e non di un minerale qualunque.
Quei venti milioni dovevano essere suoi, solo lei avrebbe potuto sfruttarli per il "bene" del paese, naturalmente secondo la sua personalissima interpretazione. Ma non avrebbe semplicemente telefonato al notaio. Una donna come lei sapeva muoversi in modo diverso.
"Anna, vieni immediatamente nel mio ufficio" sibilò alla segretaria al telefono in modo perentorio.
Una giovane con i capelli neri e il viso un po' spaurito entrò nella stanza.
"Come posso esserle utile?"
"Allora, scopri tutto quello che puoi sul notaio Aldrovandi, la sua famiglia, i suoi contatti. E fai delle ricerche sul milionario."
"Ma signora, non sappiamo come si chiama..."
"Sì chiama A.T e questo mi basta, carina -sorrise metallicamente - i milionari non nascono come funghi. Cerca di capire chi è."
"Certo signora" fece Anna abbassando lo sguardo.
"Ah, un'altra cosa. Cerca subito tutti quelli che lavorano dal notaio. Ho sentito che è una ragazza che prende le telefonate. Voglio il suo nome. E di' a tua cugina, quella che lavora al fruttivendolo di fronte al notaio, di dare un'occhiata a chi passa. Magari di fare una foto con il cellulare se nota qualche movimento strano. Sarà ricompensata".
Anna annuì e uscì confusa, non del tutto persuasa da questo nuovo ruolo un po' spionistico.
Emma., invece, sprofondò nella sua poltrona scrutando dalla finestra dell'ufficio la Val d'Arigna e immaginando trivelle scavare nelle viscere della montagna... con buona pace del green business.
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