12. L'architetto Melone
L'architetto Melone aveva una sua precisa concezione di cosa fosse degno di essere abitato e cosa, invece, non lo fosse. Al secolo Carmelo Fusco (detto da tutti Melone per la forma delle sua testa), l'Architetto aveva sposato negli ultimi 30 anni tutte le scuole possibili e immaginabili del '900, moderne e innovative, non tanto per convinzione, ma perché, come diceva un suo collega sferzandolo in privato "Essere alla moda in architettura è tutto: i ricchi hanno i soldi e vogliono costruire case alla moda".
Ecco perché, dopo avere profetizzato il calcestruzzo in lungo e in largo era ora diventato un bioarchitetto.
Più Nereo lo guardava, avvolto in una sorta di abito spiegazzato color carta da zucchero con un improbabile foulard giallo a fungere da cravatta, più si chiedeva come avesse fatto la gente del posto a fidarsi ad affidare a un personaggio del genere la costruzione della propria casa. Melone, ovvero Fusco, era originario di Castellammare di Stabia, ma il fratello era stato per molto tempo il maresciallo dei carabinieri della stazione di Ponte e per questo tutta la famiglia si era trasferita in paese.
Carmelo Fusco, negli ultimi vent'anni, era stato responsabile di buona parte delle architetture improbabili esistenti non solo a Ponte ma anche nei paesi vicini. Tra le sue realizzazioni spiccavano la casa in stile arcologico (nella sua interpretazione un guazzabuglio di linee curve dalla incerta tenuta) a Boffetto, nel vicino paese di Piateda, la scuola elementare decostruttivista di Ponte (dove gli spazi erano talmente audaci non c'era alcun angolo o aula in cui si riuscisse a piazzare un armadio normale) e più recentemente la villa blob a Castionetto, la cui forma ricordava secondo l'unanime giudizio dei suoi detrattori quella di una lumaca rossa (cioè una limaccia senza guscio) e che era perciò stata ribattezzata "Villa Lümaga".
Nereo era spaventato al solo pensiero di quel che Melone potesse proporre stavolta. L'uomo gli tese la mano sudaticcia cominciando a parlare come una macchinetta di tutte le sue passate realizzazioni e dei molti meriti.
"La fortuna ha voluto che io fossi qui, perché molto spesso la stagione dei congressi non è ancora terminata in questo periodo".
Già, la stagione dei Congressi. Nereo ben sapeva che i congressi dell'Architetto erano in realtà due mesi dalla ottantaduenne mammà a Castellammare a farsi rimpinzare dei meravigliosi manicaretti che le sue mani preparavano con incomparabile maestria e a gironzolare per la splendida costa locale.
"Certo, Architetto Mel – colpo di tosse imbarazzatissimo per la gaffe incipiente – FUSCO, mi dica quale progetto intenderebbe presentare".
"Grazie – sorrise untuosetto e volse a guardarlo con occhi piccoli e avidi - ora io credo che Ponte sia un paese eccessivamente grigio, che dobbiamo assolutamente mitigare l'impatto di tutta questa pietra, questo cemento, questa violenza urbanistica del passato costruita in maniera insensibile con un riequilibrio ambientale".
"Interessante, mi dica come".
"Hai presente il Bosco Verticale a Milano?"
"Sì certo, quello di Stefano Boeri in zona Isola"
"ESATTAMENTE... è questo quello che ci manca"
"Ma non vedo dove si possa costruire un edificio del genere, sarebbe una violenza" azzardò stavolta Nereo in modo poco diplomatico.
"Ma certo, sorrise Melone con le sue guanciotte rubiconde – non si tratta di costruire un edificio nuovo, anche perché 20 milioni potrebbero non bastare, ma di restaurarne uno vecchio".
"E quale" aggrottò le sopracciglia il giovane.
"Ma naturalmente il condominio! In questo modo rimedieremmo agli errori del passato e avremmo un esempio assolutamente bioarchitetturale.
"In che modo? Mi sembra piccolo e inadatto a..."
"Guarda questo progetto, mi sono permesso di fare un rendering..."
La prima slide raffigurava l'edificio di Piazza della Vittoria come era oggi e poi, via via, le fasi della trasformazione.
L'idea era radere al suolo i due edifici vicini e circondare di un rigoglioso giardino in stile tropicale il condominio. Non potendo però contare più di tanto sulla struttura esistente, si andava però a fare una specie di scatola, di impalcatura che lo contenesse.
"La grande innovazione è che noi andiamo a metere MOLTO PIU' VERDE di Boeri".
"Ah certo, si vede!" acconsentì Nereo ridendo sotto i baffi.
Il risultato finale era una sorta di enorme Zigurrat verde che occultava completamente il Condominio, faceva sparire giardini pubblici per metà e sembrava un tempio della foresta amazzonica. Solo la cima era argentea.
"Ma questo argento in cima, architetto"
"Ma è la copertura, interamente fotovoltaica, il palazzo produrrà anche energia.
"Ma certo, la Piramide amazzonica fotovoltaica – pensò il povero incaricato – è proprio questo che manca al paese".
E usando per la prima volta una espressione con la quale era stato molte altre liquidato a un colloquio di lavoro, strinse la mano a Melone e gli disse "Architetto Fusco, le faremo sapere".
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