Prologo (parte 4)


Le sembrava di volteggiare in un vortice formato da tante luci colorate. Le ricordavano tanto le decorazioni di un albero di Natale. Soltanto che non era ancora Natale.

Ad un certo punto il tunnel finì e intorno a lei prese forma il nero; un nero uniforme interrotto solo da una piccola luce bianca molto lontana, quasi puntiforme.

Non era però una luce fredda, nel suo biancore c'era qualcosa di caldo, qualcosa che sembrava chiamarla a sé.

Sentì le sue membra formicolare tutte insieme, come se fosse stata ferma per molto tempo in una posizione particolarmente scomoda. Eppure nel surrealismo di quella situazione sentiva che non aveva per nulla paura.

Dopodiché allargò le braccia e le stese a poco a poco lungo il corpo, avvicinando lentamente i piedi tra loro, come un'aquila (o una rondine?) che si prepara a spiccare il volo da un'altura.

Poi tutto intorno a lei cominciò a precipitare, o magari era lei che stava precipitando, questo non avrebbe saputo dirlo, verso la luce, che mano a mano diventava sempre più grande e luminosa.

Tutto ad un tratto si sentì avvolta dal quel chiarore e le sembrò di essersi tuffata in un mare bianco.

Tutto intorno a lei era bianco, caldo e accogliente. Non vi era altro se non il bianco.

Poi eccola uscire e poggiare le mani e i piedi sopra una riva erbosa. Non era bagnata, dai suoi capelli non stillava una goccia, tuttavia si sentiva rinfrescata, rinfrancata, come dopo una nuotata rilassante.

Cominciò a muoversi a piccoli passi verso una tovaglia da picnic distesa sull'erba, attorno alla quale poteva vedere alcune strane figure, che però le sembravano in qualche modo familiari.

Non appena fu abbastanza vicina da distinguerle, un sorriso le si allargò sul volto e cominciò a correre verso di loro aprendo le braccia come fossero le ali di un aeroplano.

Con un gridolino divertito si gettò tra le braccia della prima figura che le venne incontro, affondando la sua faccia nel pelo grigio, caldo e folto e chiudendo gli occhi.

Sentì affiorare alle labbra un altro gridolino e non lo trattenne; questa volta lo accompagnò con un'esclamazione: «Oh! Signor coniglio. Non sai quanto mi sei mancato! Mi sono ritrovata in un viaggio davvero spaventoso e avevo tanta paura di non riuscire a tornare a casa».

Il coniglio rispose «Anche tu mi sei mancata piccola mia» e probabilmente se avesse avuto le braccia l'avrebbe stretta a sé, ma aveva solo quattro piccole zampette.

Le altre figure presenti si misero a ridere e a battere le mani, commosse dalla scena a cui stavano assistendo.

«Come sta?» chiese una voce, lontana, lontana. Era la voce di un giovane uomo.

«Bene. Le ho inviato un ricordo della sua infanzia» rispose un'altra voce, dal medesimo luogo lontano. Questa volta apparteneva ad una donna molto vecchia.

Charles non riusciva a smettere di fissare il letto a baldacchino, con gli occhi lucidi di un bambino. La nipote di Nora assomigliava quasi a una piccola principessa addormentata. Non la conosceva eppure vederla lì, che sembrava quasi morta, gli creò una stretta al petto lacerante.

Anche Nora, la nonna di Luce, era lì per vedere come stava la sua nipotina, la sua unica nipotina. Con una mano ossuta e un po' rugosa, ma ancora calda a dispetto dell'età, prese quella del ragazzo, poi gli rivolse uno sguardo deciso.

«Vedrai che ce la farà, è forte e combattiva, proprio come te. Inoltre il ricordo che le ho inviato dovrebbe confortarla abbastanza da tirarla su di morale e farle radunare le forze» disse, stringendogli con ancora più forza la mano.

Charles scosse la testa, facendo oscillare anche i lacci bianchi del cappuccio della sua felpa preferita, di color bordeaux «E se dovesse rimanere bloccata in quel ricordo e non uscirne più? Ho sentito che a volte può succedere...» fece una piccola pausa per riprendere un po' di fiato «...che rimangano bloccati» cercò di ricacciare indietro le lacrime, ma non ebbe successo e una gli scivolò lentamente e delicatamente lungo la guancia, come un'umida carezza «...che non si sveglino più, ecco» aggiunse poi con tono un po'titubante. Si era documentato a fondo su quel dono, e anche se non aveva mai incontrato nessuno che fosse come lui, aveva scoperto che esistevano numerose varianti di quel potere magico in grado di domare il tempo. Certo non credeva di essere l'unico, ma con l'avanzare dei secoli si era rassegnato al fatto di non poter conoscere qualcuno che potesse capire quel peso. Sicuramente non poteva andarsene in giro a chiedere a tutti quelli che gli capitavano sotto tiro se fossero immortali oppure no.

Anche la nonna scosse la testa e non riuscì a trattenere qualche lacrima, che si asciugò in fretta con un dito, poi cercò di consolare Charles, facendogli un sorriso e guardandolo nei suoi occhi castani un po' arrossati dal recente pianto. «Non questa volta, non la nostra Luce vedrai, lei non si spegnerà. Gli animali le spiegheranno tutto».

Il guascone ora era un po' perplesso: «A-Animali? Che genere di animali?» chiese preoccupato a nonna Nora.

«Come quali animali? I suoi animali di peluche ovviamente» gli spiegò, dandogli dei leggeri colpetti sulla schiena con la mano destra «Dai, ora andiamo via, lasciamola riposare» aggiunse poi con voce calma e tranquilla.

«Ti racconterò tutto di noi. Magari davanti ad una tazza di thé, ma prima ho bisogno che tu mi faccia una promessa» continuò senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo.

Charles annuì, mentre nella sua testa registrava quel giorno come quello che di sicuro sarebbe stato il più surreale della sua vita e finora ne aveva vissuto davvero tante di vite.

«Ti dovrai prendere cura di lei e dovrai proteggerla se avremo bisogno di te. Non ti sto chiedendo di vegliare su di lei ogni momento, ma vedi io sono molto vecchia e se mi dovesse succedere qualcosa non voglio saperla da sola».

Non ci pensò due volte, come se fosse nato appositamente per il ruolo che la nonna gli stava cucendo addosso in quell'esatto momento. «Lo prometto» giurò, portandosi la mano al petto in modo solenne, quasi come lo stessero investendo di nuovo della carica di moschettiere.

«Non dovrai mai farti scoprire però» continuò soddisfatta la donna, portandosi l'indice alle labbra.

«Che volete dire?» chiese perplesso.

«Se è come sua madre, sicuramente non le piacerà sentirsi sotto stretta sorveglianza. Vedi, chi viaggia nel tempo ha molti nemici, ma non voglio che lei viva con la mia stessa ansia. Voglio che cresca serena, come merita di essere».

Nora gli sorrise cordiale e lo invitò ad uscire dalla piccola cameretta fiabesca della bambina, ma lui non si trattenne e si voltò un'ultima volta dal guardarla dormire.

I capelli neri sparsi come un'aureola sul cuscino candido, le ciglia folte e il nasino all'insù.

Si sentì pervadere dalla tenerezza e anche da un senso di familiarità.

Che l'avesse già vista da qualche parte? Oltre al negozio quel giorno?

«Sai... noi non siamo esattamente come te, ma saltiamo nel tempo a nostro piacimento e credo tu sappia bene che il tempo possa essere una faccenda molto pericolosa ed estremamente delicata» gli aveva rivelato Nora appena aveva messo piede nella loro casa. E se fosse stato una persona comune probabilmente si sarebbe sentito preso in giro ad ascoltare una spiegazione simile. Ma lui non era una persona comune.

Nora chiuse la porta alle sue spalle, nascondendole la vista di una piccola Luce addormentata, che per la prima volta in vita sua aveva sperimentato un viaggio nel tempo.

Charles si ritrovò a pensare al colore degli occhi di quella bambina. Le palpebre abbassate non gli avevano permesso di vederli.

Era certo che fossero chiari. Magari verdi. Li aveva già visti una volta, ma non ci aveva prestato quell'attenzione che adesso invece si ritrovava ad aver voluto concedere loro.

Non riusciva a ricordare esattamente da dove provenisse quella sensazione così intensa. Era come sepolta in una parte di lui.

Nora gli aveva appena chiesto un impegno enorme, ma lui si sentiva più che pronto. Anche se non aveva idea di quali nemici parlasse la donna. Lui del resto non poteva morire. Lo avevano ferito più volte, anche in modo mortale, aveva sopportato pene che facevano un male atroce, eppure alla fine era sempre rimasto illeso. Costretto a vedere tutti gli altri morire. Da quel che si ricordava nessuno in particolare aveva minacciato la sua vita, a parte quando si era prestato a metterla al servizio di proteggere re, regine, regni antichi e popoli di anni passati. Ma quella era storia. Era stata una sua decisione. Aveva ancora mille domande sulla punta della lingua. Ma si sentiva elettrizzato. Non era più solo. Qualcuno aveva dei poteri e un segreto da custodire, proprio come lui.

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