Capitolo 4
Ferrara, stazione Porta Reno, anno 2024
Un viaggio imprevisto non era quello di cui Charles aveva bisogno in quel momento. Ma c'era di mezzo Luce e per lei sentiva che avrebbe fatto qualunque cosa, anche sopportare sua nonna. Era sicuro che la vecchia avesse qualche potere nascosto, come leggere nella mente, ma ancora erano soltanto ipotesi e ad ogni modo, trattava sua nipote in maniera fin troppo iperprotettiva. Dall'altra parte si sentiva in colpa, perché gli sembrava così strano di aver spaventato Luce a tal punto da farla scappare così lontano ed era sicuro che le fosse successo qualcos'altro, nel frattempo. Infatti non aveva ancora risposto al cellulare, né a lui, né alla nonna e questo non era da lei.
Nonna Nora aveva gli occhi lucidi e fissava il sedile del passeggero vuoto, davanti a sé.
«Mi sento in colpa» stava sussurrando a sé stessa «Se solo fossi tornata prima dal passato, sicuramente l'avrei fermata prima che scappasse. Chissà cosa avrà pensato la mia piccola Luce. Forse che l'ho abbandonata. Ci credo che non risponde al telefono, ha tutto il diritto di essere arrabbiata con me. Ma io... io... non sono più così brava in questi viaggi. Ho sbagliato i miei calcoli, stavo per rimanere bloccata indietro. Spero non le sia accaduto nulla».
Stava farneticando. Così Charles le posò il palmo sulla spalla. La vecchia era così minuta che quasi gliela copriva interamente. «La ritroveremo» cercò di consolarla, anche se nemmeno lui sapeva come. «O ci risponderà. Luce non la farebbe mai preoccupare per nulla».
«Infatti» nonna Nora si asciugò gli occhi chiari con un fazzoletto di stoffa, pescato dalla tasca del suo elegante cappotto «Se le è successo qualcosa. Giuro che ti farò pentire di essere nato. Tu... tu...» la voce le tremava, ma ora stava fissando Charles. «Tu e le tue stupide labbra! Riuscirai mai a tenerle attaccate al tuo viso e basta?» gli inveì contro, attirando l'attenzione degli altri passeggeri del vagone.
Charles le scambiò uno sguardo sbigottito e decise che forse sarebbe stato meglio rimanere zitto. Un silenzio che venne interrotto poco dopo dalla voce metallica dell'altoparlante. "Ci scusiamo con i gentili passeggeri per il disagio, ma il treno ha incontrato un ostacolo sui binari, saremo quindi costretti a rallentare la corsa e a fermarci finché i vigili del fuoco provvederanno a rimuoverlo".
Ci mancava anche questa!
Le persone cominciarono a mormorare contrariate e Charles udì che si parlava di un albero sradicato e caduto sui binari: qualcosa di strano e chiaramente impossibile. Eppure era lì. Il treno intanto rallentava fino a fermarsi, proprio in mezzo alla campagna.
«Ho una brutta sensazione» continuò a farneticare Nora, facendo preoccupare anche Charles, che cercò di tenersi occupato girovagando per i vari scomparti del treno. Si sentiva un animale in gabbia, avrebbe voluto saltare giù da un finestrino e correre fino a Venezia a piedi. Ma non poteva abbandonare Nora. E così, anche se Ferrara non distava poi tanto da Venezia, riuscirono a raggiungere la meta soltanto quando il cielo cominciava a scurirsi e a tingersi di rosso e arancione.
Venezia, stazione Santa Lucia, stesso giorno, ma alle luci del crepuscolo.
Arrivati che furono in stazione, Nora continuava a comportarsi da vecchia ss.
<<Avanti pelandrone, scarica quei bagagli.>> era agitatissima e parlava in modo concitato.
Charles d'altronde si sentiva in imbarazzo; camminava lungo una strada, per di più affollata, trasportando una massa di borsette non indifferente l'un sopra l'altra, di ogni forma, marchio e dimensione, una dose di bagagli doppia rispetto al turista medio, in compagnia di una donna più vecchia di lui, che lo comandava e bacchettava a suon d'imperativi che sovrastavano addirittura il chiacchiericcio della folla circostante, radunatasi in piazza per il carnevale, come s'egli fosse il suo facchino personale o peggio: il suo animale da soma.
Questo fece pensare il moschettiere a quando era piccolo e trascorreva le giornate estive nella tenuta vinicola di famiglia. Adorava fare lunghe cavalcate e giocare al paladino errante in groppa a Bravò, un somarello usato, nel periodo della vendemmia, per trasportare i grappoli dai campi fino al casolare, dove sarebbero stati pigiati dalle donne e dai bambini dei braccianti. Ora capiva come doveva sentirsi quel povero animale. Ah! La vita nella campagna guascona. Altro che la compagnia di quella donna terribile. Quella megera, come si permetteva di trattarlo a quel modo? Lui? Charles Ogier de Batz de Castelmore d'Artagnan signorino di Lupiac e di Artagnan, marchese di Montesqiou? Ora che conosceva il suo segreto, avrebbe potuto anche chiamarla strega o scherzo della natura, senza sentirsi in colpa.
Ma in tal caso, lui cosa sarebbe stato? No. Doveva restare calmo e ricordarsi il motivo per cui aveva accettato di seguirla in quel viaggio potenzialmente molto pericoloso: per trovare Luce, riportarla a casa e proteggere la sua adorata nonnina, nella speranza che questo la rendesse un po' più disponibile nei suoi confronti. Infatti già si immaginava insieme a quella ragazza in un bel giardino fiorito, passeggiando tenendole il braccio, dopo essere ritornato da quella rischiosa missione, parlando con lei di tutti gli ostacoli che aveva dovuto affrontare e lei che gli diceva:<<Oh! Charles, come siete stato coraggioso>> usando un tono lievemente preoccupato, come quella ragazza dai capelli rossi conosciuta durante la campagna di Fiandra, poco prima di schioccargli un bacio sulla guancia e di lasciarsi andare a varie altre effusioni che avevano finito per trascinare entrambi in camera da letto.
Come sarebbe stato bello se anche Luce...
<<Eccoci ragazzo mio, guardati intorno e gioisci!>> sentì che gli diceva Nora.
<<S-siamo arrivati già a destinazione?>> s'informò il ragazzo, pronto a poggiare a terra tutte quelle borsette che erano arrivate ad occludergli oltremodo la vista.
La sua voce venne coperta da un improvviso sbattere d'ali di un gruppo di piccioni, forse spaventati anch'essi dalla voce della nonna di Luce; questo pensiero, fece apparire un sorriso sul volto di Charles.
<<Ebbene...no!>> gli rispose la "generalessa", come aveva deciso di soprannominarla nella sua mente <<Questa in cui ci troviamo ora è piazza San Marco, una delle più importanti di questa meravigliosa e misteriosa città. E ovviamente ora è affollatissima per via del carnevale, ho pensato che volessi vederla.>> concluse con tono soddisfatto, indicando la grande colonna con il leone alato e il campanile retrostante.
Niente che il guascone non avesse già visto: il solito turbinio di abiti colorati, che da secoli sembravano rimasti immutati, le solite maschere di ceramica bianca, finemente decorate e colorate, con motivi tra i più fantasiosi che avesse mai potuto ammirare nei suoi numerosi viaggi nell'arco dei secoli. Qualcosa lo fece pensare agli abiti colorati visti una volta in India, accompagnando l'eccentrico professor Verne in uno dei suoi numerosi viaggi intorno al globo, oppure alle bandierine colorate appese ai templi del Nepal, viste e anche forltografate, durante un viaggio con l'intrepido professor Indy (come preferiva essere chiamato), non seppe mai il suo vero nome, ma qualcosa gli diceva che se preferiva il nome Indy, quello vero doveva essere qualcosa di estremamente ordinario o banale, come Jones probabilmente; un cognome diffusissimo tra quei britannici privi di fantasia.
La piazza, avvolta nella luce del tramonto, aveva un che di surreale.
Tutte le persone lì riunite, gli sembravano come degli attori in un gigantesco spettacolo teatrale, un po' come quelle notti passate ad accompagnare il re Sole nelle sue lunghe gite in barca, al chiaro di luna con quei primi, ormai rudimentali, fuochi artificiali che però in quel periodo andavano tanto di moda tra le monarchie europee e che tanto hanno ispirato l'animo degli artisti come Georg Friedriech Hendel che scrisse proprio nel "Musica sull'acqua" per la monarchia inglese, la vera hit del momento. Un altro sorriso gli affiorò sulle labbra. Invero non gli piacevano i fuochi d'artificio, erano una palla assurda se guardati da soli, molto meglio in compagnia di una donzella e anche così erano noiosi da morire; però amava Hendel e la sua musica, lui non era un vero britannico e secondo Charles era stato il primo DJ nella storia della musica.
Il perché era piuttosto ovvio. Se volevi accompagnare le danze di un ballo in maschera a chi chiedevi di comporre i pezzi? Al maestro Hendel! E lui cosa faceva? Quel geniaccio? Prendeva tutti i motivi ricorrenti che potevi sentire nella musica di quel tempo e li combinava in veri e propri mash-up, proprio come un vero DJ dell'era moderna. Insomma, alla console del cuore di Charles c'era DJ Hendel e nessuno mai aveva preso il suo posto in questi lunghi anni.
L'aveva persino scritto in un'etichetta che aveva appiccicato sopra la custodia di un disco che teneva in casa accanto alla registrazione originale di un'aria dell'opera "un americano a Parigi" di Arturo Toscanini.
Mentre pensava a tutto ciò, si accorse però che Nora si era fermata.
<<Eccoci arrivati>> gli disse dopo un po'<<Ma non credere di poterti riposare. Abbiamo i bagagli da portare fino in camera>> si accorse infatti che la "vecchia ss" aveva ordinato ad un portabagagli dell'albergo di fermarsi <<Questo baldo giovane può farcela da solo>> gli aveva detto. "Ma davvero? Ma stiamo scherzando o siamo seri?" avrebbe voluto replicare Charles, ma al momento non aveva abbastanza forza per parlare, così seguì Nora fin dentro l'edificio e aspettò che completasse la procedura del check-in. Poi la seguì fino in cima a quella che gli sembrò un infinita rampa di scale, nemmeno a Versailles ce n'erano così tante o era solo una sua impressione? Ad ogni modo perché la vecchia non usava l'ascensore alla sua età?
《Perché non ci entreresti anche tu con quel carico, idiota di un guascone》
Incredibile, sembra davvero che la nonna di Luce abbia letto nel mio pensiero.
《E smettila di pensare come se stessi scrivendo un libro. Se proprio devi darmi un nome, chiamami Nora. Sai già che sono la nonna di Luce? Non hai bisogno di specificartelo ogni volta. E soprattutto...non c'è bisogno che ti ingegni tanto per trovarmi un soprannome, per evitare di ripetere il mio nome. Tanto te lo dico io, se i tuoi pensieri venissero mai raccolti in un romanzo, non avresti nessun lettore. Io per prima ti boicotterei, credo saresti uno scrittore pessimo.》gli disse ancora.
Ops! Pare proprio che l'abbia fatto di nuovo. Questa cosa inizia ad infastidirmi, pensò per un attimo prima di risponderle:《Lo credo anch'io. È per questo che nel tempo libero disegno fumetti.》
《Ah, sì? E che genere di fumetti? No, aspetta non voglio saperlo, ho paura di ciò che potresti dire. Anzi, ti rivelo un segreto. A me i fumetti non sono mai piaciuti. È te ne rivelo anche un altro. Se ti sembra che ti abbia letto nel pensiero è perché l'ho fatto davvero e ti dirò una cosa. Posso accettare tutti i nomignoli che mi hai affibbiato, ma d'ora in poi fai molta attenzione quando pensi a mia nipote. È non tentare di nasconderti, so che ci pensi spesso.》
Porca miseria. La vecchia allora sa.
La vecchia gli rivolse uno sguardo di ghiaccio.
Mentre parlavano, come se la scala non fosse già abbastanza ripida e stretta, nonostante gli scalini fossero foderati di un bel velluto rosso, si aggiunsero a loro una coppia di giapponesi in vacanza , che prese a scattare a Charles una foto dietro l'altra, mentre il povero ragazzo era impegnato a sorreggere quel bagaglio insolito.
Il ragazzo giapponese porse a Charles una foto dell'attore che interpretava il suo ruolo in un film sui tre moschettieri e gli chiese di firmarla , poiché diceva che somigliava a quel ragazzo <<Vi prego. Mia fidanzata troppo timida e voi siete suo attore preferito.>> al che Charles non poté trattenere un sussulto di stupore che fece traballare il carico, in posizione già di per sé precaria.
Poi gli concesse un minuto del suo tempo e tanto per sfidare Nora e anche perché aveva visto la ragazza salutarlo timidamente e sorridergli, rispose:<<Mi dispiace signore, io non sono chi pensate voi. Io sono l'originale.>> Poi appose la sua firma al ritratto, sotto la dicitura "l'unico ed inimitabile" e prima di congedarsi, con la mano libera schioccò un bacio alla ragazza, che arrossì visibilmente. Poi continuò a seguire Nora.
I due non parlarono più , fino a che non raggiunsero la porta della camera.
Aprire una camera d'albergo è sempre come aprire l'anta di un armadio ed entrare in un altro mondo. Pensò Charles mentre vedeva Nora aprire la porta della loro stanza.
Con uno sbuffo, Nora si sedette sul letto e Charles appoggiò per terra le borsette e il trolley.
<<Senta Nora>>esordì Charles, dopo aver chiuso dietro di sé la porta della camera<<Capisco la situazione in cui ti trovi>>prima che potesse continuare venne fulminato da uno sguardo che non prometteva nulla di buono, così aggiustò il tiro:<<In cui ci troviamo e che probabilmente la colpa è mia.>>si sedette sul letto, accanto alla donna e le poggiò una mano sulla spalla<<Ma io davvero non capisco il bisogno di sfogarsi in questo modo. E' tutto il giorno che siamo in viaggio e mi sono sentito trattato da schiavo. Questo non è giusto.>>aveva provato a mantenersi calmo, ma non vi era riuscito e, senza volerlo, alzò leggermente il tono della voce, sull'ultima frase, come risultato ottenne solo che Nora si scostasse e che cominciasse a piangere irritata.
<<Hai ragione. La colpa è tua, solo tua. Se fossi stato più...>>fece una pausa, come per trovare le parole giuste, poi la sua rabbia esplose di nuovo<<più professionale, ecco, tutto questo non sarebbe successo. Io pensavo che dieci anni fa, quando ti avevo spiegato la situazione per la prima volta, ne avessi capito la delicatezza, la vitale importanza. Ma tra tutti i moschettieri che potevano essere immortali, proprio il più inutile doveva capitarmi tra i piedi!>>.
Questo fu troppo per Charles, che non riuscì più a trattenersi e sbottò all'improvviso, dimentico del secolo in cui si trovava e con tutta l'arroganza di cui un nobiluomo potesse essere capace:<<Ora basta! Le ricordo mia signora che il qui presente moschettiere inutile, come amate dire voi, ha salvato più volte la Francia e a quanto dicono le cronache, ha dato la vita per il suo re. Voi avete scelto il meglio del meglio. La crème de la crème dell'esercito francese. Io ho addestrato tutti i moschettieri che sono venuti dopo di me. Io ho praticamente fondato il servizio segreto della corona francese e sono stato più volte in prima linea in missione segreta per conto di sua maestà, insieme ai miei valorosi compagni Athos, Porthos e Aramis.
IO sono Chalres Ogier de Batz de Castelmore-D'Artagnan, primo del suo nome, figlio di Bertrand de Batz e Francoise de Montesquiou, erede di una lunga dinastia di moschettieri. Pertanto non intendo tollerare oltre questo suo comportamento, pieno d'ingratitudine.>> fece tutto questo discorso, mentre prendeva fuori dalla valigia il pigiama e lo indossava pertanto, dopo aver terminato la vestizione notturna, lo concluse sentenziando<<Quindi, se la signora non ha altri comandi per me, mi ritiro nelle mie stanze>> dopodichè, quasi con un sol gesto, s'infilò sotto le coperte e sistemò la testa sul cuscino, girato dalla parte opposta a quella dove stava il letto di Nora, separato dal suo, da un comodino con un'abat jur provvista di catenella, che tirò subito dopo, accompagnando l'atto con un poco elegante "Sgrunt!" di disapprovazione e finse di addormentarsi.
Nora stette così ad osservare la sagoma di Charles, nella penombra data dal chiaro di luna filtrato attraverso la finestra, prima di esclamare, questa volta con più dolcezza<<E voi, signore, siete anche il più testardo adolescente mai cresciuto, con cui abbia mai avuto a che fare.>> "dopo Peter naturalmente" pensò tra sé, con un po' di nostalgia<<Ma siete anche uno tra i più coraggiosi che siano mai esistiti nella storia del genere umano e l'unico osservatore immortale ad essere>> ancora una volta non le venivano le parole<<rimasto tra noi.>> una lacrima le rigò il volto per un attimo<<E anche il più intelligente. Avete ragione mio caro Charles. Sono stata dura con voi, ma pensavo che riusciste a capire le preoccupazioni che affollano la mente di un genitore. Poiché i veri mamma e papà di Luce sono scomparsi>> a questo punto non riuscì a trattenere un lieve singhiozzo e d'istinto si appressò al capezzale di Charles, accarezzandogli dolcemente la schiena, come una madre farebbe col suo bambino e aggiustandogli la coperta sulle spalle, un gesto che Charles non era abituato a ricevere da anni e che gli procurò di storcere il naso, nonostante tutto e forse proprio perché sapeva che Nora non poteva vederlo in quel momento<<ho dovuto farle io da mamma>>continuò nonna Nora<<e forse ho preteso troppo da voi, pensando che poteste capire le angosce e i pesi che questo ruolo porta con sé. Ma speravo almeno che poteste essere un buon amico per Luce, pronto a proteggerla e difenderla nel momento del bisogno, dandole anche il buon esempio qualora fosse necessario. Insomma, forse cercavo in voi un padre e un fratello per la mia bambina>> e d'istinto si prese il volto tra le mani, singhiozzando ancora più violentemente di prima, ma poi si fermò e lanciò la sua sentenza:<<Ma dimenticavo che prima di essere un moschettiere siete un adolescente avventato e spregiudicato, preda delle pulsioni tipiche della vostra età e che mia nipote è diventata veramente una bella ragazza, tale e quale a sua madre.>> ora il tono era quanto mai sprezzante, ma ciò che colpì di più Charles fu ciò che seguì, infatti Nora passò dal voi al tu, ma non fu soltanto questo ad attirare la sua attenzione:<<Che sciocca che sono stata a pensare che anche lei sarebbe riuscita a convivere pacificamente con il suo dono, come te con il tuo. Ma devi capire che, come una volta lessi in un fumetto, che dimenticasti un giorno a casa mia, da grandi poteri derivano grandi responsabilità. E in questi ultimi giorni sei stato quanto mai irresponsabile. Anche la frase che hai detto a quei due turisti è stata da irresponsabile. La verità Charles, è che vivi con troppa leggerezza questa tua...condizione, la mia bambina è sparita e io intendo ritrovarla. Ma se tu continuerai a comportarti così, mi sarai soltanto d'impiccio. E se questo è il massimo che sai fare per aiutarmi, allora dovrò fare a meno di te e trovarla da sola.>> dopo questo lungo monologo, si preparò per la notte anche lei e si mise a dormire, accendendo e spegnendo la luce varie volte, sperando al contempo di non svegliare il povero Charles, che effettivamente ne aveva passate tante quel giorno, il quale però era più sveglio che mai e la cui mente galoppava ora per sentieri ancora inesplorati.
"Dunque ecco chi ha preso la mia prima edizione italiana del numero 1 di Spiderman" pensò di primo acchito, poi si concentrò sugli altri dettagli del discorso, di importanza ben maggiore "Irresponsabile? Io? Sì, forse. Ma d'altronde non è proprio ciò che mi rende affascinante? NO. Qui ci vuole un cambio di rotta. La vecchia ha ragione. Finchè sarò così non mi meriterò mai il suo rispetto e non le dimostrerò mai di essere affidabile abbastanza da proteggere Luce. Quella ragazza non è speciale solo per me. E' speciale per il mondo. Il suo potere, se usato correttamente, potrebbe trasformarsi in una benedizione per tutti quelli che le stanno intorno. D'altro canto, se dovesse cadere nelle mani sbagliate o la convincessero a fare qualcosa di sbagliato, la colpa sarebbe solo mia, per averla allontanata con quell'avventatezza estranea ad un vero moschettiere. Questa non è altro che la prova che per quanto ci abbia provato, io non sia mai stato un vero moschettiere. Ti ho deluso, o padre. Ho vissuto secoli e secoli senza riflettere sulle mie azioni, pensando di potermi permettere tutto, solo perchè ho un dono che mi rende speciale, tutto il tempo del mondo. Prima, quando non lo sapevo, ero un vero esempio di cavalleria, ora non sono diventato altro che l'ombra di me stesso. Come un vecchio, perso lungo il viale del tramonto, vivo come se non ci si aspettasse più nulla da me. Come se avessi già dato tutto quello che potevo dare. Ho imparato a farmi gli affari miei, a curare il mio orticello per evitare di soffrire. Ma ho dimenticato di fare tesoro di questo tempo che mi è stato dato da vivere. Così, quando mi è stato chiesto di proteggere una persona con un dono speciale quanto il mio, una ragazza che quasi si affaccia al mondo per la prima volta, anche se crede di avere già abbastanza esperienza per spaccarlo in due, io non ho saputo comportarmi come l'adulto responsabile di cui lei aveva bisogno. Ho ceduto, di fronte al suo fascino. Ma...è che...lei mi ricorda Elizabeth così terribilmente. Padre, cerca di capirmi. Quando eri in missione per conto di sua Maestà, ti mancava la mamma? Dicevi che sentivi un vuoto dentro di te che si sarebbe colmato solo con la sua presenza. Ecco, sebbene io ne abbia amate a decine o forse a centinaia e abbia avuto la fortuna di essere stato ricambiato nei sentimenti da molte di loro, chi più, chi meno, non ho mai colmato quel vuoto che sento quando penso ad Elizabeth. Un vuoto che dura da centinaia di anni, che a volte sembra schiacciarmi con il suo peso e che finalmente sentivo che si stava riempiendo nuovamente, per qualche strana ragione. Per un'attimo ho ceduto di fronte alla possibilità di abbracciare quella felicità momentanea. Ora non posso credere di aver fallito inesorabilmente il mio compito per una caduta di stile così piccola. Di aver perso per sempre una ragazza che finalmente sembrava potermi rendere davvero felice come non lo ero mai stato."
Prima di cedere definitivamente alla stanchezza e di addormentarsi avvolto in quel comodissimo bozzolo di seta, raso e velluto, un ultimo pensiero folgorò la sua mente: "Potrei aver fallito, ma non accadrà più. D'ora in poi..." al che, il suo fisico non resse e cedette all'abbraccio caldo e morbido del materasso e del cuscino di seta, foderato con piume d'oca.
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