X. Disillusioni e discordie
Rhynna non rammentava esattamente quando si era addormentata, ma ricordava che Edmund era stato al suo fianco.
Quando si destò, tuttavia, fu in un letto vuoto.
All'inizio, non volle crederci.
Si strofinò gli occhi, si guardò attorno, in ognuno dei quattro angoli della stanza... ma essa era talmente piccola che, se fosse stato lì dentro, non avrebbe potuto non notarlo.
Esisteva un'unica spiegazione: se n'era andato, e non aveva avuto neppure la decenza di lasciarle un messaggio.
Ripensò alla notte scorsa, alle sue carezze e ai suoi baci... Era stato quasi un perfetto gentiluomo.
Quale sciocchezza.
Doveva aver rifilato lo stesso inganno a chissà quante altre donne. Era stata stupida a credere che quella volta significasse qualcosa per lui.
Con un mugugno, si mise a sedere.
Le coperte le scivolarono di dosso, rivelando la nudità sottostante.
Lo specchio di fronte a lei le restituì il riflesso della sua immagine.
Aveva i capelli spettinati e le palpebre ancora pesanti dal sonno. Avrebbe decisamente desiderato avere una bacinella d'acqua con cui lavare via la stanchezza...
Il suo sguardo scese più in basso.
Sul collo, dove Edmund l'aveva morsa la notte prima, le era rimasto un segno rosso in netto contrasto con il candore della pelle.
Altri segni lasciati dai denti del suo sposo erano cosparsi sul resto del suo corpo, simili a marchi.
Ora sono sua a tutti gli effetti, pensò la principessa con un sospiro.
Ottimo. Oltre il danno, portava sulla carne la beffa che egli si era fatto di lei.
Non era certo così che si era aspettata che andasse.
E tuttavia, non c'era molto che potesse fare al riguardo. Neppure lamentarsi.
Aveva avuto ciò che aveva chiesto, dopotutto, e non poteva negare che le fosse piaciuto.
L'unica cosa che le restava da fare era trovare suo marito.
Si mise in piedi e recuperò il vestito, rimasto spiegazzato ai piedi del letto, e si ravviò i capelli con le dita come meglio poté.
Era stata meglio, ma per lo meno era presentabile.
Dopo che ebbe finito di sistemarsi, lasciò la stanza e scese le scale che portavano al pianterreno.
Se Lord Edmund non era con lei, aveva ragionato, doveva trovarsi con qualcuno dei suoi compagni. Magari con suo fratello.
Nella sala principale della locanda, però, degli uomini di Estelle non c'era traccia.
Rhynna si mosse dunque in direzione del bancone del locandiere.
Con la coda dell'occhio colse gli sguardi curiosi di alcuni avventori al suo passaggio, ma tentò di ignorarli.
Se li avesse uditi parlare del segno che aveva sul collo, era certa che avrebbe pagato in oro purché la terra la inghiottisse all'istante.
Quando giunse a destinazione, scoprì che al bancone non c'era l'uomo pasciuto della notte scorsa, ma la ragazza dagli occhi azzurri che li aveva accompagnati alla stanza, chinata su una pergamena a scribacchiare qualcosa.
Un po' ne fu sollevata.
Non era certo suo desiderio far capire che non aveva idea di dove si trovasse suo marito, ma dato che non aveva scelta... Un'altra donna avrebbe compreso meglio la situazione, forse.
"Salve," Rhynna la salutò, forzando un lieve sorriso sulle labbra. "Mi chiedevo se mio marito fosse passato di qui, questa mattina. Sapete, l'uomo di ieri sera. Immaginavo che sarebbe stato affamato... Eppure non lo vedo nei paraggi."
Si costrinse a mantenere un tono pacato. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era dare spettacolo.
La ragazza sollevò immediatamente lo sguardo quando la udì.
"Milady!" Cercò di piegarsi in una goffa riverenza. Alcune ciocche dei suoi capelli color miele le ricaddero sulla fronte a quel movimento.
"Vostro marito, dite?"
Si guardò attorno, una ruga di concentrazione che le corrugava la fronte.
"Io non saprei..." Si mordicchiò il labbro inferiore. "Ma in effetti, mio padre... Lui ha visto milord andare fuori, nelle stalle forse. Così ha detto. Sono proprio qui fuori, a destra, se volete cercarlo."
Rhynna annuì. "Ti ringrazio."
E poi voltò i tacchi e si fece strada all'esterno.
Nessuno nella taverna sapeva ciò che era accaduto, eppure non poté scrollarsi di dosso l'umiliazione del dovergli correre dietro come un cagnolino sotto gli occhi di tutti.
E la cosa peggiore era che, anche se non lo avesse fatto, avrebbe dato pur sempre la stessa impressione: una mogliettina fedele che attende il ritorno del suo sposo.
Ne detestò il solo pensiero.
Si era preso la sua verginità, e poi l'aveva abbandonata prima che venisse giorno.
Che essere meschino!, lo maledisse fra sé e sé.
Aveva anche altri aggettivi per descriverlo sulla punta della lingua, parole che una nobildonna non avrebbe neppure dovuto pensare... ma avrebbero dovuto aspettare.
Edmund si trovava difatti presso le porte di un semplice edificio di legno che doveva essere le stalle, ma non era solo.
Conversava con suo fratello e qualche altro dei suoi uomini, mentre altri soldati nei paraggi erano intenti a strigliare i cavalli e a prepararli per il traino delle carrozze.
Quando si accorsero di lei, alcuni si misero a sogghignare.
Credevano che non avrebbero ottenuto alcuna reazione, forse.
La principessa lanciò loro un'occhiataccia, tuttavia, e quelli si irrigidirono visibilmente.
Uno dei molti lati positivi dell'avere un enorme drago sputafuoco al seguito. Le persone ci pensavano su due volte prima di farla arrabbiare sul serio.
Un sorriso divertito nacque sulle sue labbra... soltanto per sbiadire non appena si trovò faccia a faccia con il Signore di Estelle.
Nessun drago poteva liberarla da lui.
Per quanto camminasse a testa alta, egli la sovrastava comunque di almeno tre o quattro spanne. Aveva quel cipiglio regale che intimidiva la gente, e Rhynna sapeva che se avesse voluto avrebbe potuto farle del male.
E il modo in cui la squadrò dall'alto in basso era chiaro segno che non fosse felice di vederla.
La principessa gli si parò davanti.
"Edmund." A malapena inclinò il capo a dimostrazione del fatto che riconosceva la sua presenza.
Agli occhi di tutti, egli si comportò come il perfetto sposo.
Le baciò il palmo della mano, accogliendola con un gentile "Dormito bene, mia signora?"
Puro spettacolo.
Ebbene, entrambi potevano giocare a quel gioco.
Lei gli sorrise con finta dolcezza.
"Perfettamente, mio signore. Se non per il fatto... Era un po' freddo questa mattina, non trovate?"
Edmund sollevò un sopracciglio.
Rhynna fece spallucce. "No, immagino non abbiate notato, occupato com'eravate con i cavalli piuttosto che con vostra moglie."
Eric Arrethan soffocò una risata.
Lei fece finta di niente, e tenne gli occhi sul Gran Duca.
Entrambi potevano giocare al suo gioco, sì... ma non voleva dire che non potesse essere perfida.
Soltanto un po'.
Lui se lo meritava.
Edmund non rispose.
Per un breve attimo, la principessa poté godere della sua piccola vittoria.
Non a lungo, però.
Lo aveva previsto dal momento stesso in cui le parole avevano lasciato le sue labbra.
Prendendola a braccetto, il Gran Duca si scusò dalla conversazione con i compagni e la condusse con sé.
Parve che si stessero dirigendo verso la carrozza, ma in verità si fermarono prima.
Pur sempre fuori dalla portata d'orecchio degli uomini estellensi, tuttavia.
"Che cosa credi di fare?" Edmund le domandò allora, la voce dura nonostante il basso volume,
Lei roteò gli occhi. "Ti cercavo, non è evidente?"
"Perché mai-"
"Quando dicesti che tua moglie meritava un trattamento migliore per la prima notte di nozze, speravi soltanto di ammansirmi?" lo interruppe, ormai priva di pazienza. "O di prenderti gioco di me, magari. Non sarebbe la prima volta."
"Che Börljn mi aiuti se dovrò stare ad ascoltare le tue folli accuse per il resto della vita..." sibilò Edmund.
"Folli?" L'ira trapelò dalla voce di Rhynna. "Adesso mi dai della pazza perché non vuoi ammettere di aver mentito... Bene, d'accordo! Non vedo perché continuare a discutere, se le cose stanno così!"
Fece per voltarsi, ma Edmund le afferrò il viso per tenerla ferma. Le sollevò il mento con le dita, costringendola a mantenere il contatto visivo. "La ragione per cui mi sono allontanato senza svegliarti, principessa, è che non ritenevo necessario averti attorno per tormentarmi sin da prima della partenza."
Le strinse le guance ancora un po' prima di lasciarla andare. "Sarebbe stato meglio per entrambi se fossi rimasta a letto."
Rhynna gli lanciò uno sguardo truce, ma il Gran Duca non si ritrasse di un passo.
"Tu mi odi davvero, non è così?" gli domandò, ma era più una constatazione.
"Più che altro, ti trovo estremamente irritante."
Proprio come immaginavo.
Eppure, Rhynna si sentì ribollire dalla rabbia alla sua conferma.
In fondo non l'aveva mai molto sopportato quando le parlava così, ma in quel momento...
"Io non ho scelto di diventare tua moglie, ti ricordo!" sbottò.
Forse qualcuno degli uomini la udì. Poco importava.
"Non ho mai voluto tutto questo, ma non ho avuto la possibilità di rifiutarmi, e dunque ho fatto il mio dovere. Questo matrimonio è stato una scelta tua. Se mi trovavi tanto insopportabile, avresti dovuto sceglierti un'altra sposa!"
Edmund rise di scherno. "Tu non hai la benché minima idea di ciò che stai dicendo."
"Me lo dici spesso." Rhynna fece una risata sbuffata, pregna di fastidio. "Perché non mi spieghi, allora? Spiegami che cosa sto dimenticando, e lascia che sia io a decidere se posso comprendere."
"Non c'è niente da spiegare che tu già non sappia. Le nostre nozze sanciscono un'alleanza politica. Doveva essere un membro della tua famiglia. Che la sposa fossi tu o una delle tue cugine avrebbe fatto poca differenza, salvo per il fatto che tu per lo meno hai l'età per avere figli."
Soltanto i traditori hanno bisogno di accordi per mantenere la fedeltà all'impero.
Ma questo, a Lord Edmund non avrebbe osato dirlo.
"Questo lo capisco," rispose invece.
Ma ancora non capisco perché tu insista a comportarti come un vile se il matrimonio l'hai voluto tu.
Avrebbe voluto urlarglielo contro, davvero, ma...
No.
Inspirò profondamente, imponendosi di ritrovare la calma.
Sono legata a lui per la vita, rammentò a se stessa, e devo imparare a conviverci.
"Vorrei soltanto... che facessi uno sforzo per essere più cortese," gli disse. "Mi hai mostrato rispetto la notte scorsa, ma non basta. Ricorda che sono tua moglie ad ogni ora del giorno."
"Ti aspetti troppo." La voce di Edmund era dura, disillusa. "Posso darti piacere a letto, ma non sarò mai il tipo di uomo di cui cantano i trovatori. Non sono un cavaliere dalla bianca armatura, Rhynna."
Perché non puoi tentare?
Ma forse conosceva la risposta.
"E allora sii soltanto te stesso: un lord. Un lord dovrebbe mantenere sempre le proprie responsabilità, non è così?"
Non attese la sua risposta. Si scostò i capelli, rivelando i segni che le aveva lasciato sulla gola.
"Io sono una tua responsabilità, adesso. Hai segnato il tuo fato nel momento in cui hai consumato il matrimonio, e ora non puoi continuare a trattarmi come una bambina irritante con cui non vuoi avere niente a che fare."
Il Gran Duca la guardò negli occhi.
Per un attimo, Rhynna credette di vedere una punta di pentimento nel suo sguardo...
Svanì immediatamente, lasciandola a domandarsi se non fosse stata un semplice frutto della sua immaginazione.
"Va' nella carrozza," le ordinò suo marito. "E restaci. Fra la nostra discussione e i tuoi capelli, abbiamo già attirato sin troppa attenzione. Ti raggiungerò a breve."
I capelli.
In preda alla rabbia, aveva dimenticato di indossare il mantello quando si era precipitata fuori.
Deve essere per questo che tutti mi fissavano.
Ora come ora, era l'ultima delle sue preoccupazioni. Se anche l'avessero presa e avessero tentato di rivenderla alla sua famiglia come riscatto, non poteva essere peggio che restare con Edmund.
In ogni caso, era in trappola. In una gabbia dorata, forse, ma pur sempre in trappola.
"Risparmiati pure," gli rispose con durezza, voltandogli le spalle. "Nessuno di noi desidera davvero che tu mi raggiunga."
Si mosse verso la carrozza, se non altro per allontanarsi da lui, ma i suoi occhi erano puntati al cielo.
Reghyos doveva trovarsi da qualche parte lassù, oltre le nuvole. Non era solito riposare in luoghi sconosciuti.
Ma lei si sentiva terribilmente sola... Avrebbe tanto desiderato poter giungere al castello di Arrethan sulla sua groppa.
Allora sì che non avrebbe corso pericoli... E avrebbe avuto un amico. E non avrebbe dovuto avere a che fare con Edmund.
Mentre lei tentava di scorgere la figura del drago fra le nuvole, sir Eric le si appostò accanto.
"Principessa, vi consiglio di fare come vi dice," disse a bassa voce. "Un consiglio per la vostra vita matrimoniale: mio fratello non ama essere ignorato."
Rhynna non lo degnò di una seconda occhiata. "Vi consiglio di non darmi ordini. Riferitelo pure a vostro fratello."
"Capisco perché Edmund si lamenta. Siete impossibile."
Una risata sbuffata, priva di umorismo, lasciò le labbra della principessa. "Se il Gran Duca non intende mostrami alcuna cortesia, perché dovrei farlo io?"
Egli aprì la bocca per replicare—qualcosa sul suo dovere di consorte—ma Rhynna non lo stava più ascoltando.
Il suo sguardo era fisso sull'uomo dietro di lui, che in poche falcate gli era arrivati affianco.
Iniziava davvero ad essere fastidioso.
"Eric, vai pure," ordinò Edmund. "Di mia moglie mi occuperò io."
Il cavaliere le rivolse un'ultima occhiata compresa di mezzo sorriso e spallucce, come a volerle dire "Te l'avevo detto" prima di voltarsi e riunirsi agli uomini del seguito.
Rhynna continuò a fissare il suo sposo, gli occhi ridotti a due fessure. "Che cosa-"
Non fece in tempo a finire la frase che il Gran Duca l'aveva afferrata per un braccio e la stava trascinando alla carrozza.
"Ahi! Lasciami!" si lamentò, ma per quanto tentasse di liberarsi, lui era decisamente troppo forte.
"Che cosa vuoi ancora?" poté soltanto sibilare, la voce pregna di veleno. "Non hai già fatto abbastanza?"
"Ti ho detto di andare nella carrozza. Non sono forse stato abbastanza chiaro?"
"Ma perché?"
"Non piagnucolare," le intimò lui con durezza. "Se non vuoi essere trattata da bambina, non comportarti come tale."
Rhynna sbuffò. "Ti detesto."
"Preferiresti essere presa come ostaggio da qualche pezzente malintenzionato?" Edmund praticamente la sollevò per farla entrare nel cubicolo. "Credimi, non lo vuoi. Non sarebbero gentili."
In tal caso la mia situazione non cambierebbe poi molto, pensò.
Ma discutere con lui non avrebbe portato a nulla, così la principessa si lasciò cadere sul sedile.
"Possiamo andare ora, dunque? Prima giungeremo al castello, prima potremo liberarci l'uno dell'altra."
—
Infine, Edmund l'aveva ascoltata.
O per lo meno, si trovò d'accordo con il suo desiderio di mettere distanza fra loro.
Prima che fosse passata l'ora, si trovavano già sulla strada per la residenza del Gran Duca.
Lei sedette di fronte a suo marito, mentre sir Eric aveva scelto di proseguire a cavallo.
Rhynna sarebbe stata tentata di seguire il suo esempio, ma non osò neppure domandarlo.
Non ne aveva bisogno per sapere che Edmund non le avrebbe dato il permesso.
Troppo rischioso, avrebbe sostenuto, nonostante lei non avesse idea del perché gli importasse tanto della sua incolumità.
Appoggiò la testa contro il finestrino, rassegnandosi alla sua posizione. Probabilmente, a quel dubbio non avrebbe mai trovato risposta.
Tanto valeva godersi quel che restava del viaggio.
Gli alberi e i campi coltivati si estendevano fuori dai vetri, tingendo il paesaggio di verdi e rossi e gialli.
Aveva un suo fascino, la campagna. Era molto diversa dalle città che conosceva e amava, con i loro colori vibranti e le luci e le musiche che le ravvivavano, eppure lì la semplicità, la quiete sembravano giusta.
Poté persino scorgere qualche contadino lavorare la terra, e le madri con i figli che raccoglievano le messi mature.
Tutto pareva al suo posto.
Tutto, eccetto lei.
Quando sentì il sospiro sfuggire dalle sue labbra, fu ormai troppo tardi per tentare di trattenerlo.
Non che a Edmund sarebbe dovuto importare, ma egli aveva un talento naturale per infastidirla.
"Che cos'hai adesso?" le chiese.
L'accondiscendenza dietro il suo tono era impossibile da ignorare.
Sono sposata a un bruto insensibile, oltre che probabile assassino di mio zio, e non posso neppure pensare senza essere interrogata. Ecco che cos'ho.
La sua lingua ardeva per poter pronunciare quelle parole, ma si contenne.
"Sono soltanto stanca."
"Stanca di me, presumo."
Rhynna roteò gli occhi, e sorrise senza alcuna ilarità. "Stavo tendando di essere cortese ed evitare di menzionarlo, milord."
"Ma certo."
Il suo viso, come la sua voce, rimase impassibile.
Continuò con lo stesso tono pratico: "Giungeremo al castello entro due ore. Dopodiché, sarai libera di andare dove vuoi purché tu rimanga all'interno delle mura. Non saremo costretti a sopportarci per il resto della giornata."
Lei lo guardò, senza curarsi di raddrizzare la schiena. "Davvero? Devo supporre che acconsentirai così facilmente a lasciarmi in pace?"
"Per quanto sia possibile." Edmund alzò le spalle. "Tuttavia, presumo non ti dispiaccia se verrò al tuo letto, la notte. Non è necessario che parliamo per svolgere i nostri doveri coniugali."
E come se quelle parole non fossero state sufficienti ad esprimere la portata del suo disprezzo, proseguì: "È forse l'unica cosa che possa mantenere a galla questo disastro di matrimonio. Non trovo saggio privarcene."
Rhynna arricciò le labbra in disappunto.
Lord Edmund non avrebbe potuto essere più chiaro.
Nonostante ciò, la sua parte razionale conosceva la risposta che doveva dare: "No. Non mi sottrarrò al mio dovere di moglie. Questo è il massimo che posso prometterti."
Non le piaceva l'idea di avere un marito che di lei apprezzava soltanto ciò che aveva fra le gambe, ma era meglio che la volesse.
Avrebbe reso il suo compito più facile...
E per gli dei, quando la guardava a quel modo, con quel luccichio di lussuria negli occhi, quasi dimenticava tutto ciò che odiava di lui e tutti gli insulti che le aveva rivolto.
Chiuse gli occhi, lasciando uscire un sospiro.
Quasi.
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