VII. Le Nozze D'Oro

Due mesi passarono più rapidamente di quanto Rhynna avrebbe mai potuto aspettarsi.
Ebbe altre occasioni di incontrare Lord Arrethan durante il periodo di fidanzamento, nessuna delle quali fu in grado di farle cambiare idea sul suo conto: era insopportabile e allo stesso tempo affascinante, il che a sua volta lo rendeva soltanto più insopportabile.
E il pensiero che avesse possibilmente avuto a che fare con la morte di suo zio Ragnar non le rendeva certo più facile apprezzarlo.
Tuttavia, con il trascorrere delle settimane, erano arrivati ad una sorta di mutuo rispetto.
Era partito tutto dalla sera del secondo banchetto, credeva.
Lei aveva acconsentito alla sua richiesta e gli aveva raccontato ciò che conosceva delle stelle e delle costellazioni. Lo aveva fatto per disperazione, perché stare lì a guardarlo stava diventando imbarazzante, ma lui l'aveva sorpresa. L'aveva ascoltata. L'aveva trattata da persona intelligente invece che da ragazzina, per la prima volta. E sulla scia della conversazione, la principessa aveva potuto constatare che il suo promesso sposo non era stupido.
Ancora non le piaceva, ma si era trovata a dover riconoscere la sua intelligenza e il suo spirito, ed Edmund quelli di lei.
Si erano tollerati con successo durante i seguenti banchetti e balli che Aivar aveva organizzato per celebrare l'imminente matrimonio, pur con qualche scambio di battute—ma davvero, a quel punto Rhynna era certa si divertissero entrambi.
E ancor prima di ciò l'aveva aiutata. Era restia ad ammetterlo, ma così era stato. Lo ricordava, benché ricordasse poco di quella notte in città.
Tutto considerato, il suo rapporto con Lord Arrethan era migliore di quanto si era permessa di sperare all'inizio.
Ma ora era lì, e...
Per tutti gli dei, il bianco la faceva assomigliare a un fantasma, fu la prima cosa a cui Rhynna pensò quando vide il suo riflesso allo specchio. L'abito candido, ricamato d'argento, sembrava essere un tutt'uno con la pelle eburnea e i capelli biondo-argentei. 
O forse era semplicemente il suo volto ad essere più pallido del solito con indosso quel vestito, la prova tangibile che le sue nozze non erano soltanto un brutto sogno.
Non poteva certo dire di essere la sposa raggiante che il mondo intero si aspettava.
In quel momento, tutto ciò di cui aveva tentato di convincersi crollò. Essere riuscita a condurre qualche conversazione civile con Edmund—più o meno—non era abbastanza. Neppure si piacevano, la maggior parte delle volte. Non avrebbe voluto che fosse così, il suo matrimonio.

"È normale avere paura, sai?" le disse sua madre mentre le intrecciava i capelli, distogliendola dai suoi pensieri.
Rhynna tentò di voltarsi, ma sua madre glielo impedì, spostandole dolcemente il viso nella posizione originaria.
"Ferma, mio piccolo drago, o rovinerai l'acconciatura."

Lei ubbidì, ma comunque non poté trattenere la curiosità. "Che cosa volevi dire? Perché dovrei avere paura?"

"Per il matrimonio, cara." Nel mentre, Aerya continuò a pettinarla. "Quando sposai tuo padre, anche io ero spaventata. Ma in vero, con il tempo, inizi a farci l'abitudine. Avrai molta più libertà come Gran Duchessa, sarai padrona di un castello e un giorno avrai dei figli... Spero che ne sarai felice come lo sono stata io, quando nasceste tu e Ragnar."

Rhynna sentì gli angoli della bocca curvarsi verso l'alto. "Tu e mio padre eravate cugini, però. Vi conoscevate e vi volevate bene, non è vero?"

"E tu e Lord Arrethan potreste imparare a volervene. L'amore va costruito, e necessita di lavoro da entrambe le parti per resistere alle difficoltà."

Il problema era che sua madre non sapeva. Non sapeva che cosa Aivar le aveva chiesto di fare, non sapeva come Lord Arrethan parlava della loro famiglia.
"Io non ho paura," confessò a sua madre. "Lui non mi fa paura. Soltanto... non vorrei sposare qualcuno di cui non so quasi niente."
Ma sarebbe stato meglio non conoscerlo affatto. Allora, forse avrebbe potuto credere alle parole di sua madre. Invece, se c'era una cosa che Rhynna sapeva di Edmund Arrethan, era che lui non l'avrebbe mai amata. E come avrebbe potuto lei amare un uomo che non intendeva ricambiarla?

"Lo capisco, mio piccolo drago." Aerya le accarezzò la guancia. "Lo capisco."
Ma il matrimonio si sarebbe tenuto comunque, lo sapevano entrambe.
Così tornarono alla pettinatura e al trucco.
Per lo meno, Rhynna pensò, non sarebbe apparsa tanto angosciata quanto si sentiva.

Poco prima che fosse tempo di avviarsi verso la cerimonia, le ancelle annunciarono la visita di Aivar. 
S'inchinarono tutte al suo cospetto mentre l'imperatore si avvicinava a Rhynna, osservandola con cura.
"Sei perfetta," constatò infine, pragmatico come sempre.
Non mi sento perfetta, avrebbe voluto replicare, ma si trattenne.
E poi suo cugino le prese le mani con gentilezza, sorprendendola.
"Grazie," le sussurrò, così che lei sola potesse udirlo. "Lo stai facendo per tutti noi, e te ne sono grato. Mi dispiace averti dovuta costringere. Ma sappi che ci sarà sempre un posto sicuro per te, qui, dovessi mai averne bisogno."

Si era aspettata raccomandazioni, ordini, comandi, non di certo un ringraziamento e delle scuse... e il fatto che Aivar gliele avesse porte nonostante non vi fosse stato costretto le strappò un sorriso.
La principessa lo abbracciò di getto. Dopo un attimo di stupore, egli ricambiò.
Sapeva che Aivar le volesse bene, ma soltanto in rare occasioni lo dimostrava così apertamente. Lui era stato cresciuto per tenere saldo un impero, d'altronde, e ciò richiedeva un pugno di ferro. Rhynna non poteva biasimarlo.
"Non ti odio per avermi ordinato di sposarlo, comunque," gli sussurrò di rimando prima che si staccasse dall'abbraccio. Si sentì in dovere di farglielo sapere. "Forse sono ancora un po' arrabbiata con te, ma non potrei odiarti."

Aivar parve sollevato. Rhynna vide persino un accenno di sorriso far capolino sulle sue labbra. "Ne sono felice."
Poi fece un passo indietro, raddrizzando la schiena e tornando ad essere l'imperatore Væren, l'uomo che dava i comandi. Doveva esserlo, suppose Rhynna.
"Sarà presto ora della cerimonia," disse Aivar. "Dovremmo tutti avviarci."
I suoi occhi si fissarono in quelli di lei, un po' addolciti ma non per questo meno seri. "Rammenta, sii cortese con Lord Arrethan. È anche per il tuo bene."

"Sarò l'immagine della gentilezza, cugino," promise lei.
D'accordo, forse non sarebbe stata così perfetta, ma ci avrebbe provato.

"E ricorda, niente drago," la ammonì. "Non vogliamo che tuo marito si senta intimorito."

Rhynna fece spallucce. "Se si sentisse intimorito, non sarebbe degno di essere mio marito."

"Rhynna."

"Prometto che farò ciò che ritengo saggio."

"Ciò che tu ritieni saggio è spesso sinonimo di disastro, cugina."
Aivar sospirò, portando la sua attenzione su Aerya. "Oh, a volte mi chiedo come tu e zio Vissar abbiate fatto a sopportarla per diciotto anni."

Aerya si lasciò sfuggire una lieve risata, anche quando la figlia la infilzò con lo sguardo. "L'amore dei genitori, caro nipote, è un'arma molto potente."

Il tempio di Ahmmara, addobbato a festa con stendardi di seta dorata e candele che illuminavano le pareti di bianco marmo, era colmo di nobili venuti da ogni parte dell'impero per presenziare alle nozze fra Lord Arrethan e la principessa Rhynna.
I Væren al completo sedevano in prima fila, e sulle panche poste dall'altra parte della navata vi erano i parenti di Edmund che, il Signore di Estelle non poté fare a meno di notare, erano decisamente meno numerosi.
Soltanto il padre della principessa, a quanto lui potesse vedere, non si era ancora accomodato. Come da tradizione, suppose che egli la stesse aspettando all'infuori delle porte per condurla da suo marito.
Il Gran Duca di Estelle si trovava già al suo posto di fronte all'altare.
Una sacerdotessa della dea del matrimonio e della famiglia, colei che avrebbe officiato la cerimonia, stava in piedi al suo fianco.
Erano lì da qualche tempo ormai, eppure della sua futura moglie ancora non vi era traccia.
Edmund iniziava a spazientirsi.
Un ennesimo esempio dell'arroganza Væren, ecco cos'era. Quale donna con un briciolo di educazione sarebbe giunta in ritardo al proprio matrimonio?
Egli si sistemò il colletto della tunica, continuando a fissare le porte.
Il mondo intero attendeva la sposa.
Lei sarebbe arrivata, prima o poi. Non avrebbe disonorato se stessa e la sua famiglia di fronte agli uomini e donne più influenti di tutto l'impero.
E tutto ad un tratto, la terra stessa tremò quando un possente ruggito fremette nell'aria.
Dei sussulti si fecero largo tra i presenti, che guardando da un lato e dall'altro cercavano di scovare l'origine di tale mostruoso suono. Tutti eccetto i Væren, i quali piuttosto sembravano... rassegnati?
Edmund non credeva di aver mai visto uno di loro tantomeno afflosciarsi sulla sedia prima di quel giorno, e ora l'intera famiglia imperiale pareva aver tirato un collettivo sospiro di stanchezza. Mai avevano perso la propria compostezza in pubblico come in quell'istante.
Egli conosceva soltanto una persona che potesse provocare un simile caos ad un simile evento e cavarsela con così poco: la sua sposa era giunta.

Rhynna atterrò di fronte al tempio sulla groppa di Reghyos, i capelli leggermente smossi dal vento dei cieli.
Suo cugino non aveva voluto che lei giungesse in tal modo alle proprie nozze, ma la principessa non aveva potuto rinunciarvi.
Aveva rispettato in tutto e per tutto il volete altrui per quanto riguardava il suo stesso matrimonio. Per lo meno, aveva voluto mantenere quella tradizione—se fosse stata data in sposa a qualcuno dei suoi cugini, come la sua famiglia era solita fare, non le sarebbe mai stato proibito. E poi, volare l'aveva calmata.
Dall'alto, il tempio di bianco marmo dedicato alla dea del matrimonio e della famiglia le era parso quasi piccolo, insignificante. Una preoccupazione da niente.
Ora, tuttavia, esso si stagliava di fronte a lei in tutta la sua gloria e la costringeva a guardare in faccia la realtà. Lei non era un drago. Era soltanto una ragazza, e aveva imparato che non poteva volare per sempre.

Quando discese, Reghyos le diede un buffetto sul braccio con il muso.
"Buona fortuna, principessa," la sua voce le risuonò nella testa.

Forse la creatura aveva percepito il suo disagio.
Anzi, ne era quasi certa.
Rhynna era convinta che vi fosse una sorta di legame fra drago e cavaliere, qualcosa che andava oltre il semplice udire l'uno i pensieri dell'altro, anche se nessuno aveva mai saputo spiegare come funzionasse esattamente.
Riuscì a rivolgere a Reghyos un lieve sorriso. "Grazie."
Gli dei sapevano che ne avrebbe avuto bisogno, di fortuna.
Con quel pensiero in mente, fece il suo ingresso.

Nell'anticamera del tempio, suo padre la attendeva. Era vestito con una tunica color blu notte e ricamata d'argento, e i capelli argentei gli scendevano liberi sul capo, raggiungendogli le spalle.
Le fece un sorriso di incoraggiamento. "Sei bellissima, figlia mia."

Lei non trovò la forza per rispondere, se non con un sorriso appena accennato.
Tentò di concentrarsi su ciò che doveva fare. Se doveva sposarsi, avrebbe per lo meno affrontato la cerimonia con dignità.
E, pensò per consolarsi, se Lord Arrethan l'avesse trattata male, avrebbe sempre potuto convincere Reghyos a mangiarlo.

"Dovrai solo chiedere, principessa," udì la voce del drago echeggiare nella sua mente.

Un vero sorriso si formò sulle sue labbra a quelle parole.
Tanto valeva concludere quella cerimonia e andare avanti.
Prese il braccio che suo padre le porse, e attese che le trombe iniziassero a suonare.
Quando lo fecero, Rhynna udì gli araldi muoversi per aprire le porte dall'altra parte della parete.
Prese un respiro profondo, abbassandosi il velo sugli occhi.
Presto, sarebbe stata ufficialmente Lady Arrethan.
E a discapito di tutto ciò che aveva detto a sua madre soltanto poche ore prima, ora che era lì aveva paura.
Ma si rifiutava di darlo a vedere, soprattutto a colui che di lì a breve sarebbe stato suo marito.
Avrebbe avuto bisogno di tutto il coraggio che poteva trovare per percorrere quella navata.

Le porte si aprirono e, in fondo alla sala dorata del tempio, Edmund era in piedi ad attenderla. La sua tunica color verde delle foreste, ricamata con filo ramato, lo faceva risplendere anche da quella distanza.
I capelli e la barba, di un castano quasi nero entrambi, apparivano lisci e pettinati.
Rhynna non sapeva se fosse un bene o un male che lo trovasse bello.
Indipendentemente, le sarebbe servito molto coraggio per sposarlo di certo, pensò. E un altro po' per ciò che sarebbe venuto dopo.

Le porte si spalancarono al suono delle trombe, mostrando la principessa aggrappata al braccio del principe Vissar.
Ella era vestita completamente di bianco, con un velo a coprirle il volto che non permetteva a Edmund di distinguere la sua espressione.
Oltre le porte, poté vedere la bestia verde della fanciulla accucciarsi sull'ampia balconata che precedeva il tempio vero e proprio. La cosa non lo sorprese. Nient'altro avrebbe potuto produrre un simile ruggito e, per quanto ne sapeva dei draghi, era naturale che la creatura fosse lì per proteggere la propria signora.
Poi, il tempio venne chiuso, e Edmund non ebbe altra scelta se non guardare in direzione della sua sposa.
L'abito le stava bene, si trovò a pensare in un attimo di follia. La gonna ricamata d'argento era ampia, scorreva lungo il pavimento dietro di lei, ma il corpetto stringeva la sua figura al punto giusto, mettendo in evidenza le curve del suo corpo.
Forse non sarebbe stato un completo disastro essere sposato a lei.
Il pensiero gli balenò per la testa tanto rapidamente quanto scomparve.
Certo, non poteva negare che sarebbe stato piacevole giacere con lei, ma i lati positivi finivano lì. Non appena apriva bocca, o muoveva un passo, quella donna diveniva il tedio della sua esistenza.

Senza che Edmund neppure se ne rendesse conto, mentre si trastullava con quei pensieri Rhynna era giunta di fronte a lui. Ed era, se possibile, ancora più splendida di quanto avesse creduto poco prima.
Vissar Væren baciò la figlia su ambo le guance, poi la principessa posò il proprio braccio su quello di Edmund.
I passi successivi furono seguiti con il rigore tipico della cerimonia.

Insieme i due sposi si rivolsero alla sacerdotessa, la quale con un nastro legò le loro mani l'una con l'altra.
Ella pronunciò le formule di rito: "Che quest'uomo è questa donna siano da oggi un tutt'uno. Un solo corpo, un solo cuore, una sola anima. Che Ahl'ner doni loro la forza e la salute, che Cah'len doni loro l'amore, che Ahmmara doni loro un matrimonio felice e dei figli."

Edmund a malapena ascoltò la predica della donna.
Gli dei di Ælfrich non erano i suoi dei, né quelli di molti altri nobili del Continente. Tuttavia, benché l'impero di Ælfrich permettesse la libertà religiosa, i riti ufficiali venivano condotti nel nome degli dei principali. Quelli dei Væren.
Ne fu grato quando venne il tempo del giuramento.
"Io, Lord Edmund della casa Arrethan, al cospetto delle Dodici Fiamme prendo la principessa Rhynna della casa Væren come mia legittima sposa, per proteggerla e rispettarla fino alla fine dei miei giorni," dovette ripetere le parole indicategli dalla sacerdotessa.
Fu grato che il suo dio non fosse stato invocato ad udirlo, perché sapeva che quel voto prima o poi sarebbe andato spezzato.

"Io, Rhynna della casa Væren, al cospetto delle Dodici Fiamme prendo Lord Edmund della casa Arrethan come mio legittimo sposo," cominciò poi la principessa, la voce cristallina e alta, di modo che tutti la udissero, "per rispettare il volere del mio imperatore e onorare il mio dovere fino alla fine dei miei giorni."

Al Gran Duca di Estelle non sfuggì il cambiamento che la fanciulla aveva imposto alle proprie parole.
Per rispettarlo e onorarlo fino alla fine dei miei giorni, avrebbe dovuto dire.
Avrebbe dovuto giurare fedeltà a lui, non all'impero e al dovere, ma Edmund suppose che non sarebbe stata Rhynna Væren se avesse accettato di sottomettersi a lui di fronte ai suoi dei del fuoco.
La variazione della promessa di rito non sfuggì neppure al resto dei presenti. Nessuno osò fiatare, ma il modo in cui si guardarono gli uni con gli altri e guardarono verso l'altare fu sufficiente.

La sacerdotessa prosegui nel suo monologo come se nulla fosse avvenuto: "E dunque di fronte agli dei e agli uomini, in virtù del potere conferitomi dai Dodici e dalla Corona, io vi dichiaro marito e moglie."
Rivolgendo lo sguardo a Edmund, fece un cenno in direzione di Rhynna. "Mio Signore, potete baciare la sposa."

Edmund sollevò il velo dal volto della giovane. Aveva appena diciotto anni, e in quel momento era impossibile non notarlo.
Si sarebbe aspettato disprezzo, uno di quegli sguardi che sembravano abbastanza affilati da uccidere un uomo.
Invece, Rhynna sembrava soltanto spaesata. I suoi occhioni di un azzurro quasi indaco lo fissarono. Pareva una cerbiatta di fronte al cacciatore. Forse aveva sperato che le sue parole ponessero il fermo alla cerimonia, capendo soltanto a cose fatte che non era stato sufficiente.
Ma non una parola sfuggì alle sue labbra contratte, neppure un lamento, né mosse un muscolo.
Anche quando Edmund si chinò per deporre un bacio sulla sua bocca, lei non fece nulla per scostarsi.
Egli compì quell'ultimo atto di rito in fretta. Le labbra  della fanciulla erano soffici e, ora che le si era avvicinato, il Gran Duca aveva sentito il suo lieve profumo di vaniglia... e poteva immaginare ancor meglio di prima che sarebbe stato un piacere averla nel suo letto, ma avrebbero avuto tempo di abituarsi l'uno all'altra più tardi. In privato. 
Dopo che si fu staccato da Rhynna, la sacerdotessa slegò le loro mani.
Uno scroscio di educati applausi pervase la sala.
Non rimase loro altro da fare che percorrere nuovamente la navata, verso le porte del tempio, oramai come coppia sposata.

Mentre camminavano, tutto ad un tratto la sua nuova moglie gli sussurrò—le prime parole che gli aveva rivolto quel giorno—: "Mio cugino ha organizzato un banchetto per celebrare il matrimonio."

Edmund lo aveva immaginato, ma non ne aveva saputo niente ufficialmente.
"Suppongo che non ti sia stato possibile informarmi prima?"

"Mio cugino non voleva che partissimo senza che la mia famiglia potesse salutarmi come si deve."

E non lo voleva neppure lei.
Non aveva bianco di conoscerla bene per capirlo.
Si limitò ad annuire. Questa piccola grazia poteva concedergliela.
"Assicurati di fare tutto ciò che devi," le disse. "Partiremo questa sera stessa. È un lungo viaggio fino al mio castello."

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