IV. Le Luci di Città Bassa

Rhynna aveva creduto che sarebbe tornata a casa, al castello di suo padre, per le settimane che precedevano le nozze.
Scoprì presto di essersi sbagliata.
Aivar aveva organizzato una serie di celebrazioni per cui la sua presenza era, a detta dell'imperatore, indispensabile.
Essendo la futura sposa alla quale i banchetti erano stati dedicati, la principessa non aveva trovato modo di contraddirlo.
Così, per la sua festa di fidanzamento si era ritrovata in un ricco abito color porpora, aveva mangiato e bevuto e danzato—fortunatamente, non soltanto con Lord Arrethan.
Non era stata una serata spiacevole, nel complesso, ma fu felice quando poté ritirarsi nelle sue stanze, indossare una morbida veste da notte e infilarsi sotto le coperte.
Ma non si addormentò.
Non aveva idea del perché, ma non fu in grado di prendere sonno.
Si avvicinò al balcone, separato dalla sua stanza da delicate tende che ondeggiavano con la brezza estiva.
Fuori poteva vedere le luci della città bassa, dove gli uomini e le donne bevevano fino all'ebrezza, giocavano d'azzardo e consumavano incontri d'amore sotto la protezione della notte. E delle maschere, per coloro che più desiderassero nascondersi.
Rhynna non vi era mai stata, ma poteva immaginare la musica e le risate, le danze fra i giovani del popolo, senza secondi fini.
La luna piena splendeva in cielo sopra tutti loro, illuminando le acque del fiordo di riflessi argentei.
Sarebbe stato bello passeggiare sulla riva del mare, pensò.
Sarebbe stato bello vedere la città, vederla davvero...
E chi aveva detto che non poteva?

Prima di poterci riflettere sul serio, si era vestita: un abito semplice, blu di mezzanotte, che non avrebbe dato nell'occhio, abbinato a un mantello dello stesso colore. Con il cappuccio, si coprì i lunghi capelli che aveva legato in una crocchia. Quel colore biondo-argenteo sarebbe stato semplice da riconoscere, persino tra gli strati inferiori della popolazione.
E si diresse verso le stanze di Ragnar.
Avrebbe voluto poter affermare di sapere dove l'avrebbe trovato... ma no, non era onnisciente, neppure per quanto riguardava suo fratello gemello.

Bussò una, due, tre volte prima di udire una voce ancora impregnata di sonno borbottare: "Chi è a quest'ora?"

Rhynna ridacchiò fra sé e sé. "Indovina?"

La porta si aprì. "Che cosa ci fai tu qui?"
Ragnar aveva i capelli scompigliati, e indossava soltanto una camicia da notte.
"Dovresti dormire. Io lo stavo facendo."
Le lanciò un'occhiataccia, ma Rhynna lo conosceva meglio di chiunque altro, e sapeva che non era davvero adirato.

"Io no." Gli sorrise. Si chinò in avanti, e gli sussurrò nell'orecchio: "Andiamo in città."

Ragnar si ritrasse. "In città?"
Poi, i loro occhi si incontrarono. E lui sorrise. "Hai quel luccichio negli occhi... Cosa stai pianificando?"

"Te l'ho detto. Andiamo in città. Andiamo a una festa, entriamo in una locanda. Voglio vedere tutto ciò che Elythen ha da offrire..."

"E dove vorresti andare? Le guardie ci spediranno dritti nei nostri letti non appena ci vedranno uscire."

Rhynna fece spallucce, un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra. "Questo è il bello. Non devono vederci."

Seppe di aver fatto breccia nella sua curiosità quando suo fratello le fece cenno di entrare nella stanza.
"Come?" chiese, dopo essersi assicurato di chiudere la porta.

"Indossa un mantello, qualcosa di scuro," spiegò. "Possiamo uscire dall'entrata della servitù. Le guardie non s'interessano di controllarla così spesso, non ci noteranno."

"È proprio una cosa da te." Ragnar scosse la testa, lottando con se stesso per trattenere una risata—e perdendo. "Per questo so che farai esattamente ciò che dici. E non posso lasciarti vagare per la città bassa da sola in piena notte, non è vero?"

Rhynna gli mise un braccio attorno alla spalla e gli diede una stretta. "Sono tutte scuse," lo provocò, ridacchiando. "So che sei altrettanto curioso di vedere com'è la vita laggiù."

Le labbra del principe si curvarono verso l'alto. "Non siamo mai stati bravi a mantenere segreti l'uno all'altra."

"No, è vero." Lo liberò dal suo abbraccio, dandogli una leggera spinta. "Va' a prepararti. Ti aspetto fuori dalla porta."

Pochi minuti dopo, principe e principessa erano avvolti nei loro scuri mantelli e percorrevano i corridoi deserti del palazzo, ridacchiando nonostante le loro migliori intenzioni.
Giunsero all'area riservata alla servitù senza incrociare nessuno.
Prima di raggiungere l'uscita, tuttavia, udirono un lieve vociferare.
Rhynna afferrò la mano del fratello, trascinandolo con sé dietro l'angolo. Si portò il dito indice alle labbra, segno di non fare alcun suono.
Non poterono fare a meno, tuttavia, di spiare le persone da cui provenivano le voci.
Una ragazza vestita di leggeri drappi che non lasciavano molto all'immaginazione accompagnava una guardia, accarezzandogli il petto e sussurrandogli qualcosa nell'orecchio.
Egli portava una lanterna con sé, creando giochi di ombre dove la luce si rifletteva sulla pietra. 
Fratello e sorella di scambiarono un'occhiata. Rhynna vide che, come lei, Ragnar aveva gli occhi strabuzzati e le labbra semiaperte per la sorpresa.
Non avevano mai saputo che cosa avvenisse fra le mura della loro stessa casa quando i nobili si ritiravano per la notte.

Poi, l'uomo pronunciò qualcosa di più chiaro. "Aspetta qui," disse alla sua compagna, allontanandola delicatamente. "Mi è parso di sentire qualcosa."
Rhynna e Ragnar si irrigidirono immediatamente, ritirandosi nelle ombre.

"Te l'avevo detto che ci avrebbero trovati..." sibilò lui.
Rhynna gli tappò la bocca prima che potesse aggiungere altro.

La guardia si avvicinò, preceduta dalla sua ombra allungata.
E, per loro sfortuna, si si voltò proprio verso l'angolo in cui erano rannicchiati.
"Ragazzini, che cosa-" Poi li guardò per bene, e Rhynna poté giurare che sobbalzò indietro. "Oh, per tutti gli dei! Principe, principessa? Non... non mi aspettavo di trovarvi qui a quest'ora della notte."

Rhynna e Ragnar si guardarono l'un l'altra.

"Beh," esordì infine lei, per prendere tempo. E nel momento stesso in cui il suono lasciò le sue labbra, le sovvenne. Sollevò un sopracciglio, e replicò: "Potremmo dire la stessa cosa di voi, Ser Osrik."
Lo aveva riconosciuto. Accompagnava la famiglia imperiale come scorta, ogni tanto, durante le loro visite a Karsig.

Ragnar annuì, reggendole il gioco. "Potreste finire nei guai per aver condotto una prostituta all'interno del palazzo imperiale, sapete?"
Negli occhi di Osrik passò un lampo di preoccupazione. Fece come per rispondere, ma il principe lo batté sul tempo: "Ma non devono per forza venire a saperlo, credo."
Rhynna non poté fare a meno di sorridere per come aveva riutilizzato le sue parole.
"Potremmo semplicemente... dimenticare di esserci incrociati. Divertitevi con la vostra donna, e noi andremo per la nostra strada. A patto, ovviamente, che anche voi manteniate il silenzio."

"Sì, sì." Sir Osrik annuì, piegandosi in un inchino. "Certo, Altezza." Rivolse lo stesso gesto alla principessa. "Vostra Altezza."

Non vi era altro da aggiungere.
"Passate una buona serata, Sir." Rhynna gli sorrise, e non perse altro tempo.
Afferrò Ragnar per il polso e lo trascinò con sé verso le cucine.

Proseguendo in assoluto silenzio, riuscirono ad uscire senza ulteriori intoppi, e oltrepassarono le mura senza essere visti dalle sentinelle.

Una volta fuori, si assicurarono le maschere attorno al viso, legandole con una cordicella dietro la nuca.
Da quel punto, la città intera fu a loro disposizione.
Le zone vicine al palazzo erano quelle delle abitazioni dei ricchi, dei mercanti e dei banchieri.
A nord sorgevano i templi, ognuno dedicato ad una delle dodici divinità venerate ad Ælfrich, con le fiamme tenute in vita dai rispettivi sacerdoti e sacerdotesse anche in piena notte.
Ma nel mezzo, da eat ad ovest, la città brulicava di vita.
Man mano che si addentrarono per le strade e i vicoli di Elythen, la musica si fece sempre più vivida.
Alle loro orecchie arrivarono le melodie di un canto di marinai.

"Credi che Sir Osrik manterrà la parola?" le chiese Ragnar tutto ad un tratto.

Rhynna sorrise. "Sì. Non è stupido, e poi-"
Ma non finì mai la frase.

Di fronte a loro si era aperta una scena che mai avrebbe creduto di vedere con i propri occhi.
Una taverna sorgeva a lato della strada, con un cartello in legno che ne indicava il nome: 'L'Allegro Vinaio'.
E un uomo enorme era appena stato gettato fuori dallo stabilimento da un altro ancor più grasso, atterrando in pieno viso su una pozza di acqua stagnante... O per lo meno, Rhynna sperava che si trattasse di acqua.
Poi, in un battito di ciglia, l'uomo si gettò sulla vittima e gli assestò un pugno in pieno viso.

"Oh!" Rhynna sobbalzò, pur mantenendo gli occhi sulla rissa. "Quei due non sembrano molto allegri, non trovi?"

Ragnar la strattonò per la manica. "Vieni. Non è posto per una ragazza."

"E per te sì?" Si voltò, incapace di resistere all'occasione di prenderlo in giro. "Quegli uomini peseranno quanto un bue. Ti stenderebbero con un solo colpo."

Ragnar si morse il labbro, come se non volesse ridere, ma una risata nasale sfuggì comunque al suo controllo. "Se nostro padre sapesse che siamo qui, ci chiuderebbe in camera per il resto delle nostre vite. Sempre che non ci facciamo ammazzare prima."

"Vero," gli concesse la principessa, inclinando il capo di lato. "Ma ormai siamo qui. Non può essere così male, dentro. Senti? Stanno cantando."

"Va bene, va bene..." borbottò lui, ma Rhynna aveva già iniziato a trascinarlo verso l'ingresso. "Basta che rallenti prima di farmi finire a terra. Scommetto che la servitù non riuscirebbe a lavare via la puzza di quella melma dai nostri abiti neppure se accadesse un miracolo."

Quando aprirono la porta, furono travolti da un'ondata di suoni e colori.
Sulle panchine di legno sedevano uomini e donne di tutti i tipi, dal più rozzo dei marinai al ricco commerciante con le sue vesti sgargianti.
Alcuni avevano le proprie cortigiane con sé, belle e raffinate, come la donna con cui avevano visto Sir Osrik a palazzo, ma vi erano anche donne sole, per lo più popolane.
Alcune, però, indossavano delle maschere per coprirsi la parte superiore del volto, lasciando intravedere solo gli occhi come avevano fatto i due principi. Anche alcuni uomini fra quelli che apparivano più benestanti parevano aver preferito nascondere la propria identità.
Rhynna si chiese chi ci fosse sotto alle maschere. Forse, persino qualcuno che conosceva.
Le cameriere portavano caraffe di vino e birra su tavoli, fermandosi ogni tanto per salutare qualche avventore in modo piuttosto intimo—e ricevendo qualche moneta in mano subito dopo.
Attorno ai tavoli e al banco, le persone danzavano al ritmo vivace di un liuto.
Si prendevano per mano, formando cerchi, poi si lasciavano andare e volteggiavano gli uni attorno agli altri, le donne facendo frusciare le lunghe gonne.
E tutto ad un tratto, vi furono dentro.
Rhynna non fu certa di come avvenne.
Un attimo prima, lei e suo fratello stavano percorrendo la sala diretti ad un tavolo vuoto, e l'attimo dopo una ragazza le aveva preso la mano e l'aveva trascinata nella mischia.
Avendo ancora la mano intrecciata con quella di Ragnar, così da non perdersi fra la folla, anche il principe finì coinvolto nelle danze.

Dopo i cinque minuti più folli della sua vita, passati a danzare fra gli avventori battendo le mani a tempo con la musica, Rhynna si lasciò cadere senza fiato su una panca. Ragnar si sedette presto accanto a lei. In qualche modo, si era procurato due boccali di birra.
Gliene porse uno, rivolgendole un sorrisetto. "Vuoi?"

Senza dire una parola, Rhynna afferrò il boccale e ne trangugiò il contenuto.
Suo fratello scoppiò in una risata simile all'ululato di un lupo.

"Che c'è?" Lei fece spallucce, un mezzo sorriso sulle labbra. Si leccò la schiuma dalle labbra. "Avevo sete."

Non vi erano orologi nella locanda.
Forse passarono minuti, forse ore. Rhynna aveva perso il conto del tempo, e la coscienza delle nozze che da lì a poco l'avrebbero incatenata a vita.
Per quella serata, era soltanto una ragazza in cerca di divertimento.
In qualche momento, aveva perso di vista Ragnar. Aveva bevuto quanto lei, probabilmente... Quanti calici? Tentò di contarli nella sua testa, ma il tentativo la lasciò soltanto più confusa di prima.
Mai così tanti. Questo pensava di ricordarlo. Non aveva mai bevuto così tanto.
Guardandosi attorno, le parve di scorgere un lembo del mantello di suo fratello sparire su per le scale, seguito da un bel ragazzo.
Ridacchiò fra sé e sé, appoggiandosi alla parete.
Forse sapeva dov'era.
Il mondo pareva più luminoso attorno a lei. I colori erano più vibranti, la musica più estasiante, il vino più dolce. Avrebbe potuto volteggiare in eterno, soltanto che provandoci si era sentita le gambe molli, e aveva abbandonato il proposito.
Dalla sua posizione si sentiva più stabile... e poteva vedere le danze.

Fino a quando un volto le si appostò davanti all'improvviso, oscurandole la visuale. Forse era arrivato da qualche ballo.
Lo vedeva sfocato, così assottigliò gli occhi.
La figura—quella di un ragazzo, notò guardandolo con più attenzione—le rivolse un sorriso smagliante. "Ciao, dolcezza."

Rhynna sbatté le palpebre. La testa le era leggera sulle spalle, faceva fatica a concentrarsi sul viso del suo interlocutore.
"Hm..." mormorò.

"Che ci fai tutta sola qui?"

Aveva un'espressione divertente, con quegli occhi semichiusi e il sorriso sbilenco...
Rhynna rise, inclinando la testa da un lato.

Il ragazzo si avvicinò, le solleticò il mento con le punte delle dita. "Dimmi, diamante, ce l'hai un marito? Un fidanzato?"

"Hm..."
Un fidanzato... Perché avrebbe dovuto interessargli? Beh, più o meno...
Fece di sì con la testa, incapace di mettere in parole ciò che pensava.
Sentiva la lingua pesante.

Lui si limitò a fare un altro passo in avanti, e ad avvolgerle un braccio attorno alla vita.
Come un fulmine, il pensiero attraversò la sua mente: Troppo vicino.
Rhynna fece un lieve tentativo di divincolarsi, con le poche forze che si sentiva in corpo, ma il ragazzo strinse più forte.
"E credi che gli dispiacerebbe se ti prendessi in prestito, per una notte?" le sussurrò.

"Uh..."

Poi, una voce profonda da dietro le sue spalle la interruppe. "Sì. Sì, mi dispiacerebbe."
L'uomo che aveva parlato la oltrepassò, poi, e afferrò il ragazzo per il collo della camicia. 
Era molto alto, notò Rhynna, guardandogli la schiena.
Egli assestò un pugno dritto sul naso dell'altro.

"Vaffanculo!" imprecò quello. "Che cazzo hai? Prenditela con la tua donna, se voleva tradirti."

L'uomo alto non si preoccupò di replicare. Invece, afferrò un boccale di birra dal vassoio di una cameriera che stava passando di lì e lo colpì in testa con esso.
E continuò a colpire, finché il ragazzo non cadde a terra, con il volto insanguinato.
Il sangue gli colava dal naso. Gemeva, coprendosi le parti basse con le mani.
Forse l'uomo alto lo aveva colpito anche lì. Rhynna non aveva visto con chiarezza.
Ma non ebbe la forza di distogliere gli occhi dalla scena.

Poi, si sentì prendere per mano. La mano era bagnata, e appiccicosa.
Sollevò la testa—il massimo che riuscì a fare.
L'uomo alto aveva i capelli scuri. Il suo volto appariva sfocato ai suoi occhi.

"Muoviti," le ordinò.

Lei cercò di liberarsi dalla sua presa. Scosse la testa. No. Le avrebbe fatto del male, come lo aveva fatto a quel ragazzo.
L'uomo grugnì. "Sono Edmund. Edmund Arrethan," le sussurrò nell'orecchio. "E tu, cazzo, sei ubriaca fradicia. Adesso muoviti, prima che debba pestare qualcun altro per difenderti."

"Ragnar..." biascicò Rhynna.
Dov'era suo fratello?

"Tuo fratello dovrà cavarsela da solo," tagliò corto lui.
E quando fece di nuovo per trascinarla via, Rhynna non si oppose.
La testa le girava con ogni passo che mosse. Fu sollevata quando si sentì prendere sottobraccio.
"Torniamo a palazzo, immediatamente," le disse Edmund.

Le luci della città bassa erano diventate brillanti come cento soli in piena estate.
Si trovò a ridacchiare.
Forse, tornare a palazzo era una buona idea...

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