III. Prime Impressioni
Era stato Aivar a dare al padre e alla madre di Rhynna la notizia delle sue imminenti nozze, ma la principessa chiese di poter essere lei stessa ad annunciare il proprio fidanzamento al gemello.
Sapeva che non l'avrebbe presa bene.
Tuttavia, non aveva immaginato che la sua prima reazione sarebbe stata quella di sputare l'acqua che stava bevendo.
"Edmund Arrethan?" Il principe esclamò, rimasto a bocca aperta. "Davvero, Rhyn? Non riesco ad immaginare quell'energumeno inginocchiarsi di fronte a una ragazza. Tantomeno una Væren."
"Lo so." Rhynna annuì. "Ma, per essere precisi, Lord Arrethan non si è inginocchiato, né mi ha mai chiesto la mano in alcun modo. L'accordo è stato raggiunto fra lui e nostro cugino, con soltanto uno scriba ad annotare i termini del contratto matrimoniale."
"Dunque, non lo conosci neppure?"
Lei scosse la testa. "Soltanto di vista. A meno che tu non voglia contare qualche scambio di cortesie durante i banchetti."
"Ma non puoi sposare un uomo che neppure conosci!" Ragnar esclamò, sbigottito. "Non è naturale... E poi, te ne andrai." La guardò, gli occhi come persi.
Rhynna si chiese se anche i suoi apparissero così al resto del mondo.
"Non puoi andartene. Non siamo mai stati separati per più di qualche ora, noi due. Siamo stati insieme da quando eravamo entrambi nel grembo di nostra madre, e non posso credere che non ti vedrò più."
"Sarebbe accaduto, eventualmente," dovette precisare Rhynna, tanto per se stessa quanto per lui. "E il fatto che mi sposi non vuol certo dire che non mi vedrai più. Sarò sposata, non morta."
Doveva ricordare a se stessa che la sua vita non sarebbe finita davanti a un altare.
Ma la verità, nell'immediato, era che le sarebbe mancato suo fratello.
Una smorfia di disgusto apparve sul volto di Ragnar. "Non riesco a immaginarti al fianco di quello. Dicono che sia un libertino."
Sì, aveva sentito le voci.
"Molti uomini lo sono."
E in fondo, non le interessava. Meno tempo avesse dovuto passare nel letto nuziale, meglio sarebbe stato per lei.
"Ed è probabilmente il doppio di te in altezza. Cavolo, probabilmente anche il doppio di me."
Quelle parole le strapparono una risata. "Non sei tanto più alto di me, Ragnar."
"E non credi che..." Le gote del principe si tinsero di scarlatto. "Vedi..." Poi, scosse la testa, abbassando lo sguardo. "No, dimentica che abbia detto niente."
Ma oramai, aveva risvegliato la sua curiosità. "Suvvia, fratello, dimmelo!"
"Ecco, che..." Si inclinò in avanti, la voce talmente flebile che Rhynna a malapena lo udì. "Che potrebbe farti male..."
Rhynna sentì le guance avvampare.
"Ragnar!" esclamò. E lo colpì sul braccio, incapace di aggiungere altro.
Non poteva credere che lo avesse detto.
"Lo so... Non dovrei essere io a parlarti di simili argomenti. È solo che... mi preoccupo per te."
"Lo so."
Imbarazzo a parte, era ovvio che tenesse soltanto alla sua incolumità.
E prima che Ragnar potesse rispondere, o muoversi in alcun modo, gli gettò le braccia al collo e lo strinse a sé. "Ti voglio bene anch'io." Si lasciò sfuggire una risata. "Nonostante tu debba imparare a tenere a freno la lingua, ogni tanto."
Ragnar si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso.
"E ora,-" Rhynna esalò. "-devo andare. Aivar insiste che io incontri il mio promesso sposo prima delle nozze. Come se potesse cambiare qualcosa." Si lasciò sfuggire un sorrisetto. "Augurami buona fortuna."
Suo fratello ricambiò il suo sorriso. "Sempre."
—
Accompagnata da un'ancella, Rhynna si diresse ai giardini del palazzo.
Suo cugino Aivar non sarebbe stato presente—l'imperatore aveva di certo funzioni più importanti a cui adempiere che quella di intermediario. Al suo posto vi erano i fratelli di lui, Bjaern ed Aeron, i quali al momento si trovavano nei pressi del labirinto di fiori.
"Per facilitare le presentazioni," le aveva detto Aivar quando l'aveva informata, "e per assicurarci che Lord Arrethan non tenti niente di inappropriato."
E accanto a loro vi era un uomo imponente, dai capelli di un castano tendente al nero e la barba curata, che indossava un farsetto color smeraldo e aveva l'aria di qualcuno che avrebbe preferito essere ovunque piuttosto che lì.
Lord Edmund, senza alcun dubbio.
Per lo meno, pensò la principessa, non sarebbe stata l'unica ad essere miserabile quel dì.
Quando fu abbastanza vicina, fissò sul proprio volto una maschera di cortesia.
"Milord." Gli rivolse un cenno del capo per dimostrare che riconosceva la sua presenza, ma non s'inchinò. In quanto principessa imperiale, non era tenuta a mostrare deferenza verso un nobile di rango inferiore. "Sono... lieta di conoscervi."
E nel mentre, non desiderava altro che voltarsi e correre il più lontano possibile.
L'accenno di sorriso che si stava costringendo a mantenere probabilmente somigliava più ad una smorfia di disgusto. Se fosse stata fortunata, forse il Gran Duca l'avrebbe presa come una manifestazione di imbarazzo.
Rivolse allora la sua attenzione a Bjaern ed Aeron, sperando di poter scogliere il nodo che si era formato nel suo stomaco.
"Cugini," li salutò. "Vi trovo bene."
"Rhynna." Bjaern chinò il capo in segno di saluto. Aeron lo imitò.
Tuttavia, si fecero presto da parte, costringendola a concentrarsi sul Signore di Estelle.
Egli le prese la mano, ne baciò il dorso. "Principessa," disse, la voce dura e profonda quasi quanto gli occhi scuri che guardarono in quelli di lei. "Il piacere è mio."
Ed era evidente che così non fosse.
Rhynna non aveva idea di che cosa avrebbe dovuto dire. I suoi cugini e l'ancella li stavano fissando. Avrebbe desiderato che la terra la inghiottisse in quel momento.
E, a giudicare dall'espressione sul volto di Lord Arrethan, egli la pensava allo stesso modo.
Infine, Bjaern dovette essersi stancato di quel silenzio imbarazzante, poiché suggerì: "Perché non fai vedere al nostro ospite i giardini, cugina?"
Rhynna si guardò intorno, considerando le sue opzioni. Niente che potesse salvarla apparve all'improvviso di fronte ai suoi occhi—e in vero, ne fu piuttosto delusa.
A poco servivano le innumerevoli preghiere che aveva imparato a recitare, se gli dei non l'ascoltavano quando più aveva bisogno di loro.
"Certo," si trovò così ad acconsentire.
In fondo... Dovette ammetterlo, non aveva un'idea migliore.
Lanciò una rapida occhiata a colui che ormai era a tutti gli effetti il suo promesso sposo. "Sempre che i fiori non vi annoino, milord."
"No, andrà più che bene," il Signore di Estelle fu rapido a concordare.
Rhynna annuì, rigida. "Bene."
Lui le offrì il braccio, che lei prese com'era consuetudine, ma fu la principessa a condurre la passeggiata.
Il labirinto si trovava al centro dei giardini, e a partire da esso si diramavano quattro sentieri di pietra, ognuno diretto verso uno did punti cardinali.
Andarono a sud, dando le spalle dal castello. Passarono accanto a cespugli di rose vermiglie e candide disposti in forma circolare, accompagnati dal dolce aroma dei fiori.
Vi era silenzio fra loro, ma Rhynna avrebbe anche potuto farsene una ragione... se non fosse stato per le occhiate dei due cugini che non sembravano volersi distogliere dalla sua nuca.
Forse, avrebbe anche potuto iniziare una conversazione se non le fossero stati col fiato sul collo.
Per qualche minuto, attese. Tentò di scambiare qualche parola con Lord Arrethan, benché non riuscissero ad andare oltre le chiacchiere di poco conto, ma quando divenne evidente che Bjaern ed Aeron non avevano alcuna intenzione di andarsene, Rhynna arrestò il suo passo, districandosi dal Signore di Estelle.
Si voltò a fissarli negli occhi, prima uno e poi l'altro, e si schiarì la voce. "Forse, dato che il nostro fidanzamento è ormai finalizzato, potreste concederci qualche minuto da soli."
In fondo, non vi era certo il rischio che fra loro accadesse qualcosa di sconveniente.
Avrebbe solamente preferito conoscerlo prima di essere costretta a promettere di passare il resto della sua vita al suo fianco.
Aeron sollevò un sopracciglio, chiaramente scettico. "Aivar ci ha ordinato di tenerti d'occhio."
"Aivar si fida abbastanza da darmi in sposa a quest'uomo," non resistette a fargli notare. "Di certo potrà fidarsi abbastanza da permettermi qualche attimo da sola in sua compagnia. Presto non sarò più un vostro problema, in ogni caso."
Si voltò verso Lord Arrethan. "Voi avete qualcosa in contrario?"
Il Gran Duca sgranò lievemente gli occhi. "Chiedo scusa?"
Soltanto in quel momento, Rhynna si rese conto di quanto doveva essergli parsa disperata—forse addirittura folle. Sentì un formicolio sulle guance, e sospettò che il rossore avesse iniziato a espandersi.
Tuttavia, non aveva ragione di ritrattare sulla sua richiesta. Non era sbagliato, voler conoscere meglio il proprio futuro marito.
"Ebbene, desidero continuare la nostra passeggiata senza l'interferenza dei miei cugini. Mi chiedevo se aveste qualche obiezione a riguardo."
Era stata intenzionata a mantenere gli occhi su quelli di lui, ma il suo sguardo fu catturato dal curvarsi delle labbra dell'uomo. Le parve quasi che Lord Arrethan stesse per mettersi a ridere.
È forse una richiesta così divertente? una parte di lei avrebbe voluto replicare.
Fra sé e sé, egli si stava prendendo gioco di lei. Ne era quasi del tutto certa.
Poi, però, l'espressione sul volto di Lord Arrethan mutò. E infine, con sorprendente candore, scosse la testa. "No, in vero. Alcuna obiezione."
Rhynna fu sorpresa che non avesse opposto resistenza, ma se la scrollò presto di dosso.
Era ancora sicura di non piacergli.
Tuttavia, iniziò a sospettare che i due uomini che li accompagnavano gli piacessero ancor meno.
Lanciò un'occhiata ai due.
"Rimarremo nei paraggi," cedette infine Bjaern.
"Se dovesse accadere qualcosa, basterà soltanto che tu ci chiami."
—
Si aggirarono per il giardino in silenzio, sempre sotto l'occhio vigile dei principi Væren.
Erano finiti per camminare fianco a fianco, ma senza più intrecciare le braccia.
Rhynna non poteva dire che le dispiacesse, sia per la quiete che per la mancanza di contatto fisico.
Forse, la vita da donna sposata non sarebbe stata poi così terribile se le interazioni con il suo futuro sposo fossero state limitate alle occasioni formali, così com'era per molte coppie di nobili.
Tuttavia... C'era ancora una questione che non era in grado di spiegarsi.
E, pur essendo arrivata alla conclusione che avrebbe dovuto accettare il destino che le era stato imposto, desiderava ancora ottenere risposta.
Vi era un laghetto, lì vicino, circondato di tigli e gelsomini.
Alcune anatre e cigni lo popolavano, e quando Rhynna veniva in visita a corte le piaceva sedere su una delle panche sulla riva con un bel libro e lanciare loro le molliche di pane.
Non avrebbe potuto fare nessuna delle due cose, questa volta, ma il posto era abbastanza privato e distante dai suoi parenti che la possibilità di essere sentiti non sarebbe più stata un problema.
Condusse Edmund fin lì, e allora gli pose la domanda che la assillava ormai da giorni: "Per quale motivo avete acconsentito a sposarmi?"
Fu la prima cosa che gli disse da quando si erano separati da Bjaern e Aeron. Nel momento in cui la udì, Lord Arrethan si fermò nei pressi di un dolce cespuglio di gelsomini.
Quando non le rispose immediatamente, Rhynna continuò, imperterrita: "So che non provate alcun affetto per la mia famiglia, quindi perché? Sono certa che avreste potuto scegliere chiunque altra, dopotutto. Molte ragazze vorrebbero sposare un Gran Duca."
Egli si voltò con una lentezza disarmante, forse persino intenzionale, e la guardò con un'espressione indecifrabile.
"Vedo che non vi fate remore a dire ciò che pensate, principessa."
Le sue labbra lottarono per aprirsi e ribattere, ma Rhynna si costrinse a mantenere un'espressione neutrale. Sollevò il mento—l'intenzione era quella di ostentare sicurezza, ma si trovò presto a dover ammettere che non ci sarebbe stato altro modo di guardarlo negli occhi—, e con il tono più regale di cui era capace rispose: "Non sono nata per essere ingabbiata."
Egli parve considerare le sue parole per qualche secondo. "Sapete," disse infine. "Ero venuto qui oggi con l'aspettativa di incontrare una fanciulla quieta e indifesa. Non avrei immaginato che avreste ordinato ai vostri cugini di andarsene—o che loro avrebbero ubbidito, in effetti. Nè mi aspettavo che foste così diretta in mia presenza. L'errore è stato mio. Vi immaginavo come una qualsiasi altra donna, ma voi siete una Væren in tutto e per tutto, non è vero?"
"Ho come la sensazione che non si tratti di un complimento." Fece spallucce, voltandosi ad ammirare il leggero incresparsi dell'acqua. "E comunque, non avete ancora risposto alla mia domanda."
"Vi sposerò perché è conveniente. Più di quanto potrebbe esserlo unirmi alla figlia di qualche altro nobile Signore." Non trapelarono emozioni sul suo volto. "Ma devo ammettere, ammiro chiunque riesca a dare una lezione a quei due." Fece un cenno del capo in direzione di Aeron e Bjaern.
Per i principi, dalla loro distanza, il movimento sarebbe stato impercettibile.
"Gli dei sanno che ne hanno bisogno."
Rhynna avrebbe quasi potuto sorridere se fosse stato chiunque altro a prendersi gioco di loro.
Ma non Lord Edmund Arrethan. Perché quando egli insultava la sua famiglia, ciò che diceva lo intendeva sul serio.
E dunque fu fredda quando rispose: "Io e i miei cugini ci punzecchiamo a vicenda, ma non vi conviene tentare di unirvi. La comicità non fa per voi."
"Pare che io non vi piaccia tanto quanto la vostra famiglia non piace a me."
La principessa gli rivolse un sorriso mellifluo. "Perspicace, milord."
"Dunque perché avete tanto insistito per restare sola con me?"
Perché, esattamente, aveva pensato che sarebbe stata una buona idea?
Avrebbe dovuto lasciar perdere.
"Speravo che, conoscendovi, avrei scoperto di essermi sbagliata su di voi."
"Siete in grado di concepire la possibilità di essere in errore, principessa?" La sua risata fu una di scherno. "Questo mi sorprende. Non ho conosciuto molti nella vostra famiglia che potrebbero dire lo stesso."
"Evidentemente, non debbo preoccuparmene," constatò. "Avevo ragione. Siete piuttosto insopportabile."
"Parlate come se foste il modello della cortesia," ricambiò l'uomo.
"Sono lieta che la pensiamo allo stesso modo. Visto come stanno le cose, suppongo che non ci sarà un matrimonio dopotutto."
Rhynna incrociò le braccia al petto e lo guardò, attendendo la sua conferma.
Invece, Lord Arrethan scosse la testa.
"Oh, temo che abbiate capito male. Potrete anche essere la donna più insoffribile con cui io abbia mai avuto a che fare, ma fra meno di due mesi avrò il piacere di chiamarvi Lady Arrethan. Farete meglio a farci l'abitudine."
E quella fu la fine.
Non lo ammise di fronte a lui, ma su questo aveva ragione. Non poteva ribellarsi, non poteva fuggire. Avrebbe soltanto peggiorato le tensioni già esistenti fra i Væren e gli Arrethan.
"Che così sia," dichiarò dunque. "Vi auguro buona giornata, milord."
E, sollevandosi l'orlo della veste così da non inciampare, si allontanò, lasciandolo piantato nel bel mezzo dei giardini imperiali.
Il minimo che poteva fare era costringerlo a ritrovare la strada verso il palazzo da solo.
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