"LA PROMESSA DEL CAPITANO"

Il gioco è stato compiuto, i dadi sono stati tratti manca solo il verdetto.

1 mese dall'omicidio:

Ieri i miei genitori me lo avevano detto, mi avevano avvertito che stavo sbagliando qualcosa e che l'avrei pagata. "Non fino a questo punto" pensai tra me e me. -È incredibile che lo hai fatto davvero, Riccardo-. "Io l ho fatto perché volevo farlo non per altri motivi" pensavo. Questo è mio padre, Samuele: può sembrare scorbutico, un po' sulle sue. Insomma, diciamo che il suo segno zodiacale (che è leone) lo definisce proprio bene. Però comunque ci tiene sia a me che alla famiglia. A lui spettano le decisioni più difficili perché, pur non essendo sensibile, ragiona molto per cosa è meglio per lui e quindi per la famiglia. Arruffandosi i suoi pochi capelli scuri tra le dita continuò a rimproverarmi. -Dicci perché lo ho fatto, avanti-. Non lo disse proprio così. Usò il suo dialetto brianzolo per dirlo e io non capivo molto ma lasciavo scorrere.

due settimane fa sono stato eletto miglior marcatore del campionato in cui gioco. Era tanto per me. Era un grande obiettivo che mi sono tolto dalla mente. "Sarà stato un colpo di fulmine" pensavo. Ma io alla fortuna non ci credevo e non avrei mai creduto nemmeno se fosse stata irascibile con me. Il mio mister, un certo Alessio, con i capelli brizzolati e di altezza media mi aveva lasciato in disparte per gran parte del campionato. Poi mi sa che aveva capito l'errore che aveva fatto e mi ha fatto giocare sempre. Sono molto grato a lui. Ho imparato molte cose da lui sia a livello umano che a livello sportivo ovviamente.
Perciò tutti volevano che io offrissi una cena alla squadra per l'anno trascorso e quello che avremmo passato insieme l'anno dopo se io non avessi fatto una grandissima cazzata. Andiamo per gradi. Alla cena di squadra, Gianni, il presiedente della squadra, si era congratulato con me per il record di goal e il premio che avevo preso. Mi fece strano. Non si era mai congratulato con nessuno, ma davvero mai. Era un uomo vecchio con i capelli bianchi molto selettivo. Lo chiamavamo "il mago". Si perché lui faceva i magheggi. Quando la squadra stava andando male riusciva sempre a fare meglio la volta dopo. Quando la società stava per fallire, lui in due giorni è riuscito a tirare su la baracca con tre accordi con altre squadre vicine (anche quella rivale). Erano i magheggi del Gianni. -Come lo hai vinto?- mi chiede lui. -Sono stato bravo-. Gli risposi sorridendo. -Ecco continua così mi raccomando-. E poi lo allontanai con un fatidico -Arrivederci-. Misto ad un sorriso senza denti. Appena mi girai il capitano della squadra, Matteo mi prese in disparte per parlarmi di una cosa importante. Era un tipo molto strano ma capace. Non bisognava mettersi contro di lui, te l'avrebbe fatta pagare in qualunque modo. I suoi capelli ricci mi confondevano e non capivo bene quello che stava dicendo. Aveva, però, ottime capacità adulatorie, forse per colpa dei suoi occhi neri neri profondi. La sua R moscia (molto più moscia della mia) mi faceva ridere ma mi trattenni per non farlo incazzare. Una volta uno gli aveva riso in faccia e lo aveva preso a pugni. -Ascoltami, ho bisogno di un favore- lo guardai quasi sbalordito. -Spiegati meglio- gli dissi. -La mia famiglia è in condizioni disastrose, Riccà- lo guardai mentre stava per piangere. -Mi spiace ma io cosa posso fare?- non dovevo fargli questa domanda. -Dobbiamo rubare dei soldi- ed era serio. Il capitano della mia squadra di calcio mi ha chiesto di commettere un reato.  -Stai scherzando?- gli sorrisi. -Secondo te?- mi stava per mettere le mani addosso, perciò capii che non avevo via di scampo e perciò accettai. Fu l'errore più grande della mia vita.
Sebbene fosse il capitano della mia squadra io e lui non andavamo molto d'accordo. Quando arrivai nella squadra mi aveva preso come "il piccoletto" del gruppo solo perché ero arrivato per ultimo. Avevamo litigato diverse volte, sia per i suoi comportamenti sia per l'andamento della squadra in molte occasioni. Una volta eravamo sotto di tre goal in casa a fine primo tempo: -Ti dai una svegliata la davanti, o no?- me lo aveva detto negli occhi prendendomi il braccio. -Cosa devo fare? non mi arriva un pallone. Cerca di passarmela di più- io ero calmissimo stranamente. Quando perdo, però, non sono così. Di solito prendo a pugni la porta dello spogliatoio per sfogarmi un po'. Insomma quello fu un episodio ma ce ne furono degli altri. Non diventammo mai dei veri amici e ora mi ha chiesto ciò.
A fine serata stavo aspettando che mio padre mi venisse a prendere con la macchina quando Matteo si sedette vicino a me. -Oh Ri-. A me non piacevano questi diminutivi. Tutti mi chiamavano "Ricky" al massimo. -Senti perché mi hai chiesto ciò- non eravamo nemmeno in confidenza ma non glielo volevo dire perché era già arrabbiato. -A mio modo di vedere se mi molto scaltro. Mi devi aiutare.- Io annuì. -Da dove ruberemo?- gli chiesi. -Dal Shop and Sport- mi rispose. -Dal negozio in cui lavori?- Matteo lavorava lì per prendere qualche soldo, seppur poco. -Si durante il mio servizio- Avevo capito dove volesse andare a parare. Lui lavorava di notte perché era l'unico momento disponibile ma veniva molta poco gente. "È un buon piano" pensai. -Ti dirò tutto io, so dove sono le telecamere e come farai ad entrare- poi mi tenne per il braccio e con occhi dolci mi disse -Grazie, Ri, ti devo un favore-. Non gli risposi perché dalla lontananza sentivo il rumore inconfondibile della macchina di mio padre che stava arrivando. Lo salutai e presi appuntamento con lui il giorno dopo. Poi salii in macchina e con gli occhi stanchi misi un disco di Emis Killa per stare meglio.

LA SECONDA PARTE ARRIVERÀ DOMANI!

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