Prologo

Sono stato un'intera notte a fissare il soffitto pensando a te. Mi sono rigirato e rigirato per ore, ma ogni cosa mi riportava alla mente dei tuoi particolari; persino le pieghe del cuscino si sono trasformate, in un modo così surreale, nel tuo sorriso.

Contavo i minuti aspettando te, nel vano tentativo di tornare a respirare.

Se avessi saputo prima che mi avresti sconvolto al tal punto sarei stato più cauto, avrei fatto maggiore attenzione ai passi che compievo nella tua vita; perché ora non so più chi sono. In poco tempo mi hai reso incapace di lasciarti, poiché la tua sola presenza mi completa in un modo così perfetto da rendermi impaurito: mai nessuno ha avuto un potere tanto grande e forte come lo stai avendo tu.

Tra queste lenzuola mi sono torturato con le mie stesse parole, trafiggendo sempre più la mia anima con i dubbi. E in mezzo a quel caos una domanda è sorta con sicurezza, scatenando un uragano: dove sei, Grace?

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Era tarda notte, ma la vita non si fermava mai nella città più grande del Colorado. Le macchine sfrecciavano indisturbate per le lunghe strade, le insegne di alcuni negozi erano ancora accese, eppure di tutto quel quartiere di periferia solo un bar interrompeva il solito silenzio.

L'Hamilton come ogni sabato sera splendeva. Quel giorno era stato trasformato in una discoteca: la maggior parte dei tavoli era stata spostata, ne rimaneva solo qualcuno negli angoli per permettere una pausa prima di ritornare a scatenarsi; mentre una strobosfera era stata appesa al centro della sala per creare la giusta atmosfera. Le luci colorate erano puntate sulla pista dove le persone si accalcavano muovendo i loro corpi a ritmo. Nell'insegna elettronica dell'ingresso, era riportata la scritta "Serata anni settanta"; lì vicino una lunga fila si diramava in attesa di potersi divertire. Ben poche persone continuavano a rimanere sedute ai tavoli, la musica degna del film "La febbre del sabato sera" era travolgente e prima o poi convinceva tutti a scatenarsi in pista.

«Mike! Mike!» urlò un ragazzo moro con degli occhiali dai margini della sala, tentando di sovrastare il rumore della musica.

Poco più in là un altro ragazzo si stava avvicinando facendosi strada tra la folla, spingendo le persone come se niente fosse. Era palese per tutti l'incredibile somiglianza tra i due, non avevano quasi differenze.

«Josh, sono qui! Smettila di urlare, razza d'imbecille!» lo rimproverò quello che sembrava chiamarsi Mike. I capelli castani venivano illuminati dalle luci colorate, mentre gli occhi dalla forma sottile osservavano dalla testa ai piedi il suo interlocutore, arrivato ormai di fronte a lui.

Mike fece segno di sedersi a un tavolo e, poco dopo, entrambi stavano ordinando dei cocktail.
La cameriera, con indosso la divisa rossa dell'Hamilton, stava prendendo l'ordinazione e continuava a sorridere a Josh in modo ammiccante ma anche un po' nervoso. Dietro l'orecchio, visibile per la coda di cavallo, teneva il tappo della penna che continuava a torturare con le dita, probabilmente per il nervosismo o il disagio.

«Vi serve nient'altro?» chiese cordialmente. Per fortuna in quel punto la musica risuonava a un livello più sostenibile e non c'era bisogno di urlare per comprendersi.

«Oh no, grazie di tutto, Lara» disse il ragazzo con gli occhiali, rispondendo con un'occhiata al pari di quella lanciatagli dalla cameriera.

«Per l'amor del cielo, prendetevi una stanza! Josh, mi stupisco di te. Sei mio fratello e ancora non ti sei deciso a invitarla a uscire» commentò Mike, stanco del solito teatrino. Quella frase, come era prevedibile, scatenò un tremendo imbarazzo nei due e Lara per fuggire da quella situazione, raccolse velocemente il menù e si diresse verso il bancone.

In tutto ciò, Mike non fece altro che portare le mani dietro la testa e dondolarsi con la sedia in un atteggiamento superiore, come si fosse posto in un gradino più elevato della sua scala immaginaria delle relazioni amorose. La sua fama di spezza cuori spesso lo precedeva ed era ormai divenuto famoso fra le ragazze dell'Hamilton e dintorni; anche se girava voce che la sua ultima conquista avesse spezzato a lui il cuore.

«Oh, grazie tante!» disse Josh, gesticolando in modo esasperato con le mani.

«Lo so che mi adori» ammiccò Mike nella sua direzione, rivolgendo poi al fratello un ghigno divertito.

«Sì, certo...» confermò scettico l'altro. Josh rivolse lo sguardo verso il soffitto e sospirò affranto: ora sarebbe stato ancor più difficile intavolare una conversazione con Lara.

«Comunque, non riesco a capire perché non ti sei ancora deciso a fare il primo passo, si vede a chilometri di distanza che ti piace» parlò Mike, sperando di spronarlo.

Josh, in un primo momento, evitò la domanda per seguire i passi della bionda e il movimento leggero della sua coda, quando però anche lei fu svanita in mezzo alla folla si trovò costretto a degnare il ragazzo della sua attenzione. «Potremmo parlare d'altro? Non sei la persona più adatta per fare questi discorsi.»

«Ma la mia situazione è diversa! Misa sembra tutto tranne innamorata di me e crede che io stia ancora male per Samantha. Chiederle di uscire sarebbe una missione suicida, mi riderebbe in faccia» spiegò Mike avvilito, mentre osservava la sala; le iridi scure però non si soffermavano più di tanto sulle persone: era come se cercasse il volto di qualcuno sapendo che lì non lo avrebbe trovato.

«Va bene, convinto tu...» borbottò Josh, spingendo un po' più in alto i suoi occhiali. «Sbaglio o sono venuto qui perché mi dovevi dire qualcosa di urgente? Non pensavo avremmo perso tempo a parlare della nostra penosa situazione amorosa. E, cosa più importante, dov'è Grace? Non l'hai lasciata sola da qualche parte, ‒ il suo sopracciglio si incurvò indagatore‒ vero?» chiese piegandosi un po' sul tavolo; scrutava il fratello cercando di carpire qualche particolare che gli facesse comprendere il motivo del loro incontro.

«Oddio, mi stavo quasi dimenticando di lei. Dobbiamo fare in fretta se vogliamo che la mamma non mi uccida» disse Mike, fermando di colpo il dondolare della sua sedia.

I due si guardarono negli occhi e Josh fu quasi spaventato dell'altro: non sapeva descriverlo, ma la sua inusuale serietà non gli prometteva nulla di buono.

Nel frattempo, dall'altra parte della sala, una ragazza dai tratti dolci, molto simili a quelli di Josh e Mike, fermava ogni persona con cui si imbatteva per chiedere informazioni. Era di bassa statura ma, in quel momento, sarebbe riuscita a intimidire anche un energumeno.

«Ma dove si è cacciato⁈ Stupido Mike! Ti ucciderei. – entrambe le sue mani strinsero il manico della borsa‒ La farò pagare cara a te e agli altri gemelli» mormorò tra sé e sé la ragazza in modo stizzito.
Cercò il fratello per alcuni minuti, poi si diresse verso l'uscita. Sperava che, con un po' di fortuna, avrebbe trovato qualche suo amico in giro disposto a riaccompagnarla.

«Lo ammazzo.» Aveva spalancato la porta del locale e quella frase era stata in grado di sbigottire molte delle persone vicine. La gente, ancora in fila per entrare, la fissava impaurita, come se dentro di lei fosse presente un demone pronto a scatenare la sua furia su di loro.

«Cosa avete da guardare?» esclamò rabbiosa rivolta a quella folla; i ciuffi mori sfuggiti dal suo chignon le ondeggiarono sulle spalle procurandole un leggero solletico. Si mise in punta di piedi per guardare meglio intorno, purtroppo però nessun viso le sembrava familiare.

Dopo qualche minuto, trascorso a rimuginare sulle possibilità che aveva per tornare alla sua dimora, le venne un'idea. Diede allora le spalle a quella lunga coda, prese il telefono e iniziò a digitare una serie di numeri con l'intenzione di chiamare Joy: conosceva abbastanza bene il suo migliore amico da sapere che sarebbe stato lì con qualcun'altro.

«Grace, eccoti!» disse Mike uscito dal locale in tempo per impedirle di schiacciare sul tasto "chiama"; dietro di lui Josh stava chiacchierando con Lara. Grace, sentita la voce del fratello, riposò il telefono nella borsetta e la impugnò come una spada: era pronta a lanciarsi all'attacco.

«Stupido di un fratello. È da venti minuti che ti cerco!» urlò Grace infuriata, dando spettacolo di sé alle persone nei dintorni. «Sai che odio mettere le gonne e questa è particolarmente scomoda» dichiarò mentre brandiva ancora la sua tracolla nera.

«Ma se odi metterle- si grattò la testa- perché hai deciso d'indossarla proprio sta sera?» chiese ingenuamente Mike.

«Perché forse tu mi hai trascinato via da casa di Misa e mi hai detto di dover fare una cosa urgente all'Hamilton?» domandò in modo retorico Grace, purtroppo sapeva bene quanto la memoria di Mike fosse paragonabile alla capacità di un muro di parlare. Perlomeno era tornata in una posizione più naturale, ma la rabbia traspariva ancora dai suoi occhi verdi.

«Giusto! Ti ha prestato lei i vestiti vero?» Il fratello le sorrise; sembrava non notasse la sua ira prorompente, cosa che non contribuì affatto a calmarla.

«Mi ha praticamente obbligata a metterli! Sono riuscita per miracolo a non farmi dare le sue scarpe col tacco!» esclamò Grace; raccontava l'avvenimento con un certo fastidio mentre batteva freneticamente il piede contro l'asfalto del vialetto.

Josh, terminata la sua chiacchierata con Lara, era raggiante e li aveva raggiunti con un sorriso smagliante sulle labbra. «Cosa dicevi, Mike?» Teneva tra le mani un fogliettino che sventolò contro il volto dell'altro, evidenziando la sua soddisfazione.

«Cominciamo tra una settimana?» rispose l'interpellato senza rendersi conto che ci fosse anche la sorella.

«Non quello! Come faccio a essere il tuo gemello?» si chiese Josh schiaffeggiandosi la fronte rassegnato. Le persone in fila continuavano a osservarli, probabilmente erano l'unico divertimento in quelle ore d'interminabile attesa.

Grace alternò gli occhi tra i due fratelli, in realtà non era stata attirata troppo da quello che aveva detto Mike: i suoi fratelli avevano le loro vite e sapevano autogestirsi; se fosse stato qualcosa di importante non avrebbero esitato a parlargliene.

«Intendevo che ho finalmente il numero di Lara» disse, avvicinando il foglietto agli occhi dei suoi fratelli con l'intenzione di fargli leggere le cifre scritte sopra.

«Ci sei riuscito⁈» esclamò allibito Mike, mentre iniziavano a incamminarsi verso la macchina. Sia per Mike che per Grace quella notizia li stupì: Josh era così pessimo nelle relazioni umane che non credevano sarebbe mai stato capace di compiere un gesto così audace con qualcuno.

«Me lo ha dato direttamente lei» mormorò osservando il biglietto con occhi sognanti. Fu così che l'ammirazione di Grace verso il fratello scemò di colpo e la sua espressione allegra divenne delusa.

«Non hai avuto il coraggio di chiederglielo? Sul serio?» domandò lei ormai disperata: era un caso perso già in partenza.

«Fa lo stesso no? Ho comunque il suo numero!» rispose felice Josh.

«In effetti... la prossima volta però non sbandierare ai quattro venti che te lo ha dato lei, ‒ la sua voce si fece più sottile, fino a diventare un sussurro‒ è imbarazzante.» In fondo, non importava davvero come lo avesse ottenuto.

Mike li condusse verso la macchina che era stata posteggiata nello spiazzale esterno al locale, divenuto un parcheggio; come al solito Grace si posizionò nei sedili posteriori e allacciò la cintura. Compiere quell'azione era ormai un'abitudine, sin da piccola si rintanava in quel posto con la sola compagnia della musica e del suo telefono.

«Ora che ci penso... Josh tu da dove sei spuntato?» chiese Grace, ricordandosi di essere andata all'Hamilton solo con uno dei due fratelli.

«Mi hanno dato un passaggio. Non potevo perdermi questa serata» mentì spudoratamente Josh. Mike dal posto guida impallidì leggermente, era risaputo che il fratello fosse incapace di dire bugie e non potevano permettersi che la loro sorellina li scoprisse.

«E tu, Mike? Che dovevi fare di urgente?» domandò non comprendendo molto la situazione.

«Dovevo incontrare un mio amico per una proposta di lavoro, calma» rispose in modo sbrigativo.

Grace sapeva ci fosse qualcosa che non andasse: Josh odiava gli anni settanta ed entrambi erano troppo nervosi. «Va bene» rispose tranquilla; in quel momento non riusciva neppure a pensare a quello che le stavano nascondendo, sentiva l'unico bisogno di andare a casa e dormire.

Mentre Mike metteva in moto, la castana controllò l'ora nel telefono: fortunatamente l'indomani sarebbe stata domenica e la scuola per le prossime tre settimane non avrebbe avuto inizio. Stava per bloccare lo schermo quando le arrivò una notifica: un nuovo messaggio da Joy.

Mi avevi detto che stasera non saresti andata all'Hamilton,
invece ti ho vista urlare contro un tizio.

Mike mi ha trascinato via da casa di Misa per non so cosa.

Scusa Spark per non avertelo detto.

Non preoccuparti, però la prossima volta ci andiamo assieme.

E la smetti di chiamarmi così? Mi innervosisce.

Allora funziona.

Dovrei farti un corso di
buone maniere.

Quando le imparerai anche tu potrai farmelo.

Ma dove stavi? Volevo andarmene e non ti trovavo.

In giro con un tipo, nulla di serio però.

Non voglio approfondire.

Sono troppo stanca.

Buonanotte Spark.

Buonanotte rompiscatole.

Grace spense il telefono per poi sorridere, adorava il suo migliore amico, anche se certe volte si prendevano in giro; però un'amicizia senza degli scherzi non poteva definirsi tale.

«Kyle è a casa?» chiese per rompere il silenzio che si era creato nella vettura.

«Sai che non gli va mai di uscire» rispose Mike con lo sguardo fisso sulla strada. Una delle poche volte in cui lo potevi vedere concentrato era proprio mentre guidava, soprattutto se aveva dei passeggeri con sé.

«Forse volevi dire che non gli va mai di uscire con noi» puntualizzò Josh, scoppiando a ridere e facendo un po' d'ironia sul loro rapporto particolare.

«Io non vi capisco: siete tutti e tre gemelli, ma avete caratteri così diversi! Un mistero, persino per me che sono vostra sorella» disse Grace. Si volevano tutti un mondo di bene e provavano l'uno per l'altro una stima e un sentimento di protezione incommensurabili, eppure certi loro atteggiamenti potevano essere spesso fraintesi.

«Che posso dire, non ci piace la monotonia» spiegò Mike aspettandosi una risata dai suoi passeggeri, che però non arrivò. Josh infatti aveva attirato tutta l'attenzione su di sé urlando.

«Il biglietto!» farfugliò disperato mentre lo cercava tra le fessure della macchina.

«Lo hai perso?» domandò sconvolta Grace.

«Sì! Non ci credo» piagnucolò Josh già sconfortato.

«E poi sarebbe lui quello intelligente» commentò sottovoce Mike; il ghigno di scherno che si venne a formare sul suo volto non contribuì a sistemare la situazione.

«Ti ho sentito‒ lo fulminò con lo sguardo‒ e saresti pregato di non infierire» rispose l'altro. Avrebbero sicuramente iniziato il loro ennesimo quanto stupido battibecco se non fosse stato per l'intervento della sorella.

«Ho io il suo numero, ricordami d'inviartelo» dichiarò Grace per rassicurarlo.

«Per tutto questo tempo hai avuto il numero di Lara e non me lo hai mai dato?» Josh si girò verso di lei sconvolto, credeva che lo avrebbe aiutato in qualsiasi situazione e, proprio in quella faccenda, lui aveva bisogno di molta solidarietà.

«Ehm... Sì?» sussurrò Grace insicura, in quei momenti il fratello sapeva essere davvero imprevedibile.

«Mi dissocio» quasi urlò Josh «Mike fammi scendere, adesso!» teneva la mano già pronta sulla maniglia per aprire lo sportello.

«E come ci arrivi al college?» disse divertito il guidatore, non arrestando la macchina «Mancano ancora dieci chilometri, non credo ti convenga scendere qui.»

Josh ritirò indietro la mano «Non avrei mai pensato di dirlo ma, Mike, hai ragione» ammise, abbandonando l'idea di tornare al college da solo. Rimase però offeso con la sorella palesandolo con un'espressione che avrebbe dovuto farla sentire in colpa, ma la faceva solo ridere.

Grace guardò i suoi fratelli chiacchierare; la stanchezza la invase, così gli occhi le si chiusero facendola finire ad assopirsi contro il vetro del finestrino.

‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒

Circa venti minuti dopo si svegliò tra le braccia di suo fratello Mike che tentava malamente di aprire la porta di casa.

«Ehi, bella addormentata» la salutò quando, dopo essere riuscito vittoriosamente nella sua impresa, distolse lo sguardo dalla serratura per osservarla.

«Hai accompagnato Josh al college?» chiese Grace con la voce ancora impastata dal sonno.

Mike annuì continuando a guardarla, sembrava avesse qualcosa d'importante da dire.

«Grace, tu sei nostra sorella minore. Dovresti smetterla di preoccuparti e vivere un po' di più per te stessa. Hai mai pensato che potremmo anche approfittarcene?» Era così distante mentre esprimeva questi suoi pensieri che Grace, per un attimo, volle entrare nella sua testa e capire cosa stesse accadendo. Nonostante per tutta la serata si fosse ripetuta che non erano affar suoi, sentiva che tutto ciò non fosse un comportamento adatto a lui.

«Non potreste mai farlo, perché anche voi vi preoccupate per me» sorrise sincera, tentando di nascondere il suo bisogno di spiegazioni. Non si aspettava quella domanda, eppure quello che diceva lo pensava davvero: i suoi fratelli non l'avrebbero mai tradita.

«Spero che per prenderci cura di te non ti trascineremo nei nostri guai» disse con un tono amaro. Mike era arrivato fino alla camera da letto e solo a quel punto l'aveva fatta scendere dalle sue braccia, anche se i suoi occhi lasciavano intendere di voler tenere la sorella stretta a sé ancora un po'.

«Che intendi?»

«Oh, lascia perdere. È tardi e dico cose stupide, mi conosci.»

Sì, lo conosceva, lo conosceva meglio di chiunque altro eppure a Grace quella risposta non le piacque per niente perché, per quante cose insensate avesse detto nella sua vita, sapeva che in quel momento non poteva essere più serio di così.

Mike stava sbagliando ma, nonostante ne fosse conscio, voleva andare fino in fondo; sentiva di voler aiutare tutti come loro avevano fatto con lui per tutta la sua vita.

Certe volte, però, si cerca di fare del bene e invece si distrugge tutto quello che si ha.

Nota autrice
Grazie per aver letto fino a qui, spero di averti incuriosito almeno un po', chiunque tu sia.

La storia è ambientata a Denver, ma solo alcuni luoghi esistono veramente e l'Hamilton non è tra questi.

Siete entrati nello strano mondo di Grace, che convive con tre fratelli gemelli uno l'opposto dell'altro, e spero non vogliate uscirne tanto presto.
Tengo a fare un annuncio, questo è il primo prologo che scrivo degno del suo nome! Mi sono divertita come non succedeva da tempo.
Inoltre, siccome pongo molte aspettative su questa storia, ho deciso di farla partecipare a qualche concorso e chissà magari vincere qualche premio.

Ringrazio chiunque abbia letto fino alla fine, abbia votato o commentato.

Al prossimo capitolo,

GAIA

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