Valdez, sei la mia condanna!
NICO
-Padrone, ci... sono dei ... problemi... con il... il grande... Cerbero- ansimò Paul, uno degli zombie messaggeri.
Dopo quelle due settimane passate negli Inferi, mi ero abituato alla loro puzza di cadavere putrescente meglio di Hazel, che invece esaminava dei fascicoli ad un tavolo all'altro capo della stanza. Io invece ero seduto ai piedi del trono di mio padre, a gambe incrociate sul gradino. La mia matrigna, Persefone, mi aveva proposto di usare almeno una sedia, ma io stavo comodo così.
-Cosa gli è successo? Ha bevuto di nuovo le acque dello Stige?- domandai, sbuffando.
-L'ultima volta che è successo ha avuto problemi intestinali per settimane!- impallidì Hazel, che si era avvicinata per ascoltarci.
-No... corre... schiaccia gli spiriti... le... anime. Qualcuno gli ... dà ... ordini.-.
-Dev'esserci un intruso! Male... Cerbero è altamente addestrato.- commentò mia sorella.
-Dev'essere un nemico molto potente.- mormorai. – Sarà meglio che me ne occupi di persona. Hazel, credi di potertela cavare da sola per un po'? -.
Hazel annuì ed io mi alzai, schioccando le articolazioni. Avevo proprio bisogno di un po' d'aria fresca, per quanto possa esserlo quella che si respira negli Inferi. Avevo anche parecchia voglia di combattere. La burocrazia, assegnare pene, ascoltare le lamentele dei servitori sugli stipendi e delle anime sul loro castigo... era stancante e di una noia mortale. Non ero per nulla preparato a chi vidi arrampicato sul collo della testa centrale del cane di mio padre.
- Leo?! – sbottai come fosse un'imprecazione.
-Ehilà, Re degli spettri! Come butta?-.
I suoi vestiti erano logori e sporchi di cenere e fuliggine ed aveva il volto macchiato di grasso come al solito.
- Valdez! Scendi subito dal Guardiano degli Inferi !-.
- Suvvia, il cucciolone vuole giocare un po'. Si sente solo, per questo è così scontroso. Vero mio bavoso amico?- replicò, grattando Cerbero dietro un orecchio.
Il cane scodinzolò felice.
-Non chiamarlo così!-.
- Guarda cosa gli ho insegnato.-.
Leo iniziò a fischiare. Ogni volta che finiva di fischiare, Cerbero cercava di mettersi in piedi sulle zampe posteriori, ricadendo poi e schiacciando diversi spiriti.
- Tu si che sei intelligente!-.
-Falla finita! Non insegnare giochetti stupidi a Cerbero!-.
-Che bravo cucciolone!- m'ignorò lui.
Si lasciò scivolare a terra, venendomi incontro. I suoi capelli ricci e scuri erano più scompigliati del solito, ma il sorriso da elfo gli illuminava il viso e gli faceva scintillare gli occhi come due carboni, facendolo apparire come un folletto maligno. Era oggettivamente bello, ma era anche la persona che mi irritava più al mondo. E mi irritava anche aver pensato che fosse bello. Dannato, Valdez!
-Perché sei venuto a tormentarmi? Questo è il mio mondo di pace e tranquillità, di tenebra e disperazione. Quel tuo stupido sorriso stona con l'ambiente, per cui vattene!-.
-Come siamo irritabili! Hai le tue cose?- mi chiese trattenendo una risata per la stupida battuta.
Si credeva tanto spiritoso, quell'idiota!
-Valdez, dacci un taglio con questa storia! Io sono un uomo.-.
- È una cosa a cui penso spesso...- mugugnò lui, talmente piano che per un secondo credetti di essermelo immaginato.
-Cos.. come?-.
-Niente, lascia stare. Allora, nessun banchetto di benvenuto?-.
- Non spererai che ti offra il pranzo?! Chi mangia il cibo degli Inferi è obbligato a restare qui per sempre. Sarebbe la mia condanna vederti tutti i giorni e non credo di meritarmi di soffrire così tanto.-.
- Peccato. Ehi, dov'è Hazel?-.
-Nella sala del trono.-.
- Forte! Andiamoci. Fammi strada.- disse lui, avviandosi verso il palazzo.
Esasperato corsi per raggiungerlo -Dovrei stare io davanti per farti strada.-.
-Allora allunga il passo o devi per forza camminare come uno zombie paraplegico?-.
-Perché sei venuto a rompermi?- mi lamentai, rimpiangendo la noia.
-Sono solo un messaggero. Percy ha detto che hanno trovato gli dei. -.
-Quando?- chiesi, entusiasmandomi al pensiero che avrei potuto abbandonare quell'incarico.
-Qualche giorno fa. Percy e Annabeth sono in missione per recuperarli. Questa storia si avvia alla fine. Io ho lasciato il laboratorio a mia sorella Mina e sono corso ad avvertirti il prima possibile, tanto mi eri di strada dato che sto tornando al Campo. L'avresti saputo prima, se non avessi rimandato al Campo sia il figlio di Apollo che quello di Ermes e Atena. A proposito, mi hanno detto che Dave non la smette di urlare la notte.-.
-Colpa sua. Si è perso nel Corridoio delle Torture. L'avevo detto a Will che non volevo nessuno con me.-.
-Corridoio delle Torture? Che bel nome! È da là che provengono queste grida?-.
-No, il Corridoio è solo un museo. Le grida sono dei Campi della Pena. Se non sbaglio ti avevo promesso di portartici. Vuoi visitarli?- proposi, ironicamente.
- Mi stai veramente invitando ad un secondo appuntamento?- mi chiese, fermandosi di scatto e girandosi a fronteggiarmi - Pensavo che ti avessi annoiato al primo. Ne sono felice!- batté le mani.
-Ovvio, perché io ti piaccio!-. dissi con acre sarcasmo.
-Si, mi piaci Nico. Sei una persona difficile, ma io amo le sfide.-. affermò, facendomi l'occhiolino.
Arrossì mio malgrado. Questo ragazzo è strano! Pensai, riprendendo a camminare.
- Come sta la mia tesoriera preferita? Ti sono mancato? – chiese Leo ad Hazel, correndole incontro.
- Leo! Che bello vederti!- esclamò lei, abbracciandolo.
-Wow, sei ghiacciata! Inizi anche ad essere un po' pallida. E sei dimagrita! Nico, non ti stai prendendo buona cura di lei!- mi criticò Leo.
-Sono giorni che cerco di convincerla a tornare in superficie, ma non mi dà retta.- mi difesi.
- Non posso lasciarti da solo. Hai bisogno di parlare con qualcuno a parte zombie e fantasmi.-.
-Concordo, altrimenti finirai per perdere quel po' di umanità acquisita con duri sforzi.- commentò il figlio di Efesto, seriamente, ma con il solito scintillio nello sguardo furbetto.
-Starò bene! Torna al Campo con Leo, Hazel!-.
-Ah, no! Non ti abbandonerò all'oscurità.-.
- Ehi, che ne dici se resto io con Nico?- propose improvvisamente Leo.
Ci limitammo a guardarlo, io stupefatto. Hazel sospettosamente pensierosa, come se stesse valutando seriamente la proposta.
- No!- mi opposi io, indignato.
Non ero un marmocchio che aveva bisogno della babysitter!
- Sul serio lo faresti?- gli chiese Hazel, senza ascoltarmi.
- Non voglio!- ribadì più forte.
-Certo che si! Questo ed altro per l'ex ragazza del mio bisabuelo.-.
- Non puoi restare!-.
-Grazie, grazie mille, mille volte grazie!- urlò Hazel, saltando al collo di Leo. – Non vedo l'ora di rivedere Frank!-.
-Hazel, portatelo via!- m'intromisi, indicando il figlio di Efesto.
- Salutalo da parte mia e sta attenta al viaggio.-.
Ero diventato invisibile o che?!
-Tranquillo. Ciao fratello !- disse, dandomi un bacio con sulla guancia e scappando via in direzione dell'uscita dal palazzo.
-Hazel, torna indietro! Hai dimenticato il meccanico!- le urlai dietro.
-Bene, bene.- disse Leo, appoggiandosi alla mia schiena e circondandomi il collo con le braccia – che ne dici di mostrarmi la mia stanza?-.
-Seguimi!- sospirai, divincolandomi e avviandomi nell'ala ovest, rassegnato.
Gli diedi la camera di fronte alla mia. Era tutta nera con due porte, una dell'armadio e una del bagno. Faceva freddo, ma il letto era grande, sebbene nero. C'era anche una scrivania con una lampada accesa.
-Carina, credo che perfino io potrei assumere un colorito pallido qui dentro.- commentò lui, guardandosi intorno, le sopracciglia inarcate. La sua maglia arancione spiccava come una fiamma nel buio assoluto.
-C'è la luce.- commentai, battendo le mani.
Subito la stanza s'illuminò di fredda luce bianca, rendendo i contorni più definiti.
-Grande, alta tecnologia!-.
-Non siamo arretrati come il Campo.- alzai gl'occhi al soffitto d'ossa.
-Dov'è la tua camera?-.
-Cosa t'importa?-.
-Devo sapere dove venire a lamentarmi se la doccia è ghiacciata.-.
-La doccia funziona bene. Potrai trovarmi sempre nella sala del trono. Se ti perdi, non aspettarti che setacci il palazzo per trovarti. Ricorda sempre che potrei in qualunque momento farti sbranare dagli zombie.-.
- Vuoi tenermi il broncio? Dovresti sorridere un po' di più, invece.- ridacchiò lui.
-Cosa t'importa di cosa faccio?-.
-Nico – mi chiamò, avvicinandosi a me.
Fissò i suoi occhi nei miei. Erano sempre stati così profondi e scuri? Si riusciva a malapena a scorgere fiammelle che sembravano rosse, o forse era solo un riflesso? Comunque erano davvero splendidi. Mi assestai un ceffone mentale, distogliendo lo sguardo. Mi stavo ancora leccando le ferite provocatemi dalla delusione con Percy, non dovevo compiere un altro sbaglio. Io ero destinato a stare da solo. Fine della storia. Le Pache avevano già finito di tessere il mio arazzo, filo tagliato, tessuto inscatolato e spedito.
-Tu fai parte della nostra strampalata famiglia di semidei. Come potrei non preoccuparmi per te?!-. mi sorrise Leo, riportandomi al presente.
-Famiglia?-.
Da quanto tempo non sentivo questa parola. In qualche modo, mi faceva sentire caldo, protetto. Le lacrime stavano per lasciare i miei occhi, ma io le ricacciai indietro. I figli di Ade non piangono per le parole carine di cortesia di un figlio di Efesto. Piuttosto, sorrisi. Leo era dolce a dirmi una cosa del genere. Forse percepiva più di chiunque altro quanto ne avessi bisogno. Anche lui era solo al mondo, come me.
-Ah! Era un sorriso quello? Sapevo di poter riuscire a risollevarti l'umore, ragazzo tenebroso!- esultò Leo.
-No, non lo era!- negai.
-Si, lo era!- ribadì lui, ridendo e trattenendomi per un braccio.
-No, invece! Lasciami, maledetto piromane!- mi divincolai.
Lui rinsaldò la presa, io mi divincolai con più forza e mi spinsi in avanti, ma inciampai. Caddi sul letto e Leo mi seguì. Ci ritrovammo io disteso supino, con Leo carponi sopra di me. Il suo petto pressava il mio, lo sentivo ansimare leggermente. Ad un tratto, sentì le sue labbra calde sulle mie. Il bacio durò meno di un secondo, uno sfioramento di labbra, ma quando Leo si alzò appariva sconvolto. Lo vidi arrossire per la prima volta da quando l'avevo conosciuto.
-Scu... scusa, Nico. Sono inciampato. Ehm... vado a fare un bagno!- mi disse, alzandosi di scatto e sparendo dietro la porta nera.
-Uhm...- disse, riaprendola ed uscendo fuori, senza guardarmi – armadio a muro, eh?! Vado...-.
Sparì nella porta affianco, quella del bagno. Sulle labbra avevo il suo sapore di cioccolata, ma il mio cervello non aveva ancora realizzato cosa fosse successo. Era ancora bloccato su Eh?
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