Spuntino di mezza notte
WILL
La cabina di Apollo aveva una grande area comune con strumenti musicali leggermente logori appesi alle pareti, un divanetto con un tavolino da caffè, un frigorifero bianco e un grande tavolo di legno scheggiato. Due porte in fondo conducevano una all'area ragazzi, l'altra all'area femminile. Anche i bagni erano due. Di solito eravamo il gruppo più numeroso del Campo insieme a Ermes e Ares e c'era sempre qualcuno a suonare o scrivere poesie o a prendere il sole sul prato antistante o ad aggiustare il suo arco. In quel momento la capanna era silenziosa. Probabilmente le mie sorelle stavano già dormendo in camera. Era piuttosto tardi.
Delicatamente scaricai le chiappe di Leo sul tavolo. Lui si guardò intorno, con le gambe penzoloni.
-Begli strumenti. Li tirate addosso ai figli di Ares?-.
- Ogni tanto, ma la maggior parte di noi li suona.- sorrisi.
-Vi piace la musica eh? Solo classica e canto?-.
-No. ad alcuni di noi piace il pop, il country, il rock e così via. -.
Lui posò lo sguardo su alcuni archi abbandonati e rotti, con frecce.
-Siamo anche abili arcieri.- mi strinsi nelle spalle.
-Ci scommetto.-.
- Davvero! Figurati che qualche giorno fa abbiamo stracciato i figli di Ares in una gara di tiro con l'arco.-.
-Peccato, me la sono persa! Adoro veder ridimensionare quei bisonti sudati!-.
- A chi non piace.- risi. – Resta qui. Vado a prendere il kit di pronto soccorso.-.
-Perché?-.
- Voglio disinfettarti quei graffi.-.
-No, grazie. Il disinfettante brucia.- affermò lui, petulante.
-Non fare il bambino! E poi tu non puoi bruciarti, no?- non riuscì a trattenermi.
-Ah, ah. Anche la simpatia è di casa da queste parti?-.
-No, quella è tutta mia! – ridacchiai, andando in bagno.
Di ritorno, avvicinai una sedia davanti a Leo e posai la cassetta bianca e rossa sul tavolo.
-Togliti la maglietta. Credo che tu la debba solo buttare.- dissi pratico.
-Wow... pensavo che cenassimo prima.- disse Leo, inarcando le sopracciglia.
Feci del mio meglio per non arrossire mentre seguiva il mio consiglio e lanciava la maglietta nel secchio dell'immondizia vicino al frigorifero.
-Canestro! – esultò.
Feci del mio meglio per non mostrare il mio disagio, trovandomi a tu per tu con i suoi pettorali. Non aveva addominali scolpiti e si vedeva vagamente la forma della cassa toracica, ma era piuttosto sodo. Mi si seccò la bocca e non lo guardai in faccia mentre gli passavo dell'ovatta inumidita col disinfettante sui tre graffi. Erano equidistanti e in diagonale. Quello più in alto quasi sfiorava lo scuro capezzolo destro del figlio di Efesto. Smettila Will! È Etero!
-Artigli?- chiesi, più che altro per distrarmi dalla contemplazione del suo torace.
-No. Rastrello.-.
Ridacchiai, ma non ero sicuro che stesse scherzando. Finì di disinfettare, constatando che la ferita non sanguinava più, quindi non servivano i punti. La coprì con una garza color carne che risultava bianca a contrasto con la pelle di Leo. Sentì lo sguardo di quest'ultimo addosso.
-Cosa c'è?- domandai, deglutendo mentre mettevo a posto il tubetto di disinfettante.
Ero molto teso. Avrei avuto bisogno anch'io di un massaggio.
-Nulla. Scusa, sono sovrappensiero.-.
-Figurati. Non c'è problema se mi fissi.-.
Mi morsi la lingua nel pronunciare quelle parole. Dannazione, posso controllarmi meglio!
-No, grazie. Non ci tengo a far levitare il tuo ego.- scherzò Leo con mio sollievo.
-Troppo tardi. So di essere splendente...-.
-... come il sole? – m'interruppe lui – In effetti stai rischiando di accecarmi con quella capigliatura bionda che ti ritrovi.-.
Mi accigliai, indeciso se prenderlo come un complimento o no. Leo sorrideva, con i denti candidi e mi guardò mentre mettevo a posto la cassetta del pronto soccorso e buttavo l'ovatta sporca. In piedi, mi riavvicina a lui, appoggiando il sedere al tavolo. C'era uno strano silenzio, come d'attesa. Leo appoggiò la testa sulla mia spalla ed inspirò rumorosamente.
-Sai d'Estate.- disse buttando fuori l'aria.
-Co...cosa?- balbettai, non riuscendo ad evitare la pelle d'oca che si andava formando sul mio braccio per il suo caldo respiro.
Il mio stomaco stava letteralmente facendo le capriole.
-La tua pelle.- continuò lui, incurante di quello che il suo tocco mi provocava. – Hai l'odore di Sole e fragole e anche di salsedine. L'odore dell'Estate. Mi mancava dopo aver passato giorni nell'officina 2 , accerchiato da fumo, fuliggine e ciclopi sudati.-
-Siamo ancora in Estate. Sarà per quello.- mormorai.
-No. è il tuo odore. Ce l'hai sempre. È rilassante.-.
Rimanemmo così per un po' e, per quei pochi minuti che seguirono, mi rilassai anch'io. Poi il mio stomaco brontolò.
-Non sono l'unico ad essere affamato, vero Will? Che c'è per cena?-.
-Più che altro spuntino di mezzanotte.- commentai, spostandomi a malincuore verso il frigo.
Sentì Leo ridacchiare. Il mio cuore non ha smesso di battere all'impazzata mentre tiravo fuori dal frigo gli ingredienti per tramezzini al prosciutto e formaggio light. Posai tutto sul tavolo. Leo si alzò solo per sedersi su una sedia ed io presi quella accanto a lui.
-Allora, com'è andata la tua vacanza negli Inferi?-.
Mentre ci preparavamo i panini, Leo mi raccontò di come aveva reso la vita impossibile a Nico. Quasi provavo pena per lui.
-Nico come sta? - .
-Sta bene. Tetro come al solito e con poco senso dell'umorismo. Mi ha proibito di dirti che in un paio di occasioni ha dovuto utilizzare la magia dell'Oltretomba. Ops!-.
- Argh...quell'irresponsabile! Si consumerà di questo passo. Quella magia è troppo potente.- sbuffai, preoccupato mentre azzannavo il mio secondo tramezzino.
-Nico è in gamba. Se la caverà.- replicò Leo, pensieroso.
Ero restio a fare quella domanda che mi premeva sulla punta della lingua, ma lo chiesi comunque. – Nico... ha superato la delusione per Percy?-.
-Uhm... credo di si. – tentennò Leo. – Ehi, posso farti una domanda?-.
-Dimmi pure.- replicai, portandomi il bicchiere d'acqua alle labbra.
-Come hai capito di essere gay?-.
L'acqua mi andò di traverso. Tossì e sputacchiai, con le lacrime agli occhi. Certo, erano in parecchi del Campo a sapere che ero stato con dei ragazzi, ma mai avrei creduto che la voce fosse giunta fino a Leo. Arrossì, nascondendomi dietro un fazzoletto per asciugarmi la bocca.
-Troppo personale?-.
-Appena un po'.- tossì.
-Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Se vuoi puoi non rispondermi.- si strinse nelle spalle lui, continuando a mangiare come nulla fosse.
-Ecco...- mi decisi a rispondere – in realtà è successo in modo un po' improvviso. Ero giovane e non sapevo ancora che il mio genitore divino era Apollo. Vivevo con mia madre e mio fratello minore. Cioè fratellastro. Mia madre si è risposata. Comunque... avevo molti amici, tra i quali Robert. Io e lui stavamo veramente sempre insieme. Ci abbracciavamo spesso ed era l'unico che salutavo sempre con un bacio sulla guancia. Poi, giocando al gioco della bottiglia, i nostri amici ci obbligarono a baciarci. Da quella... sensazione... da quell'emozione che provai, da come reagì il mio... corpo... ecco qui.- conclusi, imbarazzato come non mai.
Pensai di averlo disgustato, perché stesse zitto molto a lungo.
-Grazie della risposta.- mi sorrise infine ed io tirai un sospiro di sollievo.
Non avevo mai raccontato a nessuno quella storia, d'altronde nessuno era mai stato così diretto con me. Anche per questo amavo Leo. Era così schietto e sincero... brillava a modo suo.
-Non avresti della Coca in frigo?-.
-No. Le bevande gasate fanno male. Il nostro corpo è un tempio.-.
-Sul mio tempio mi piace offrire in sacrificio Sprite e patatine al formaggio. – commentò lui.
-Ti ucciderà a lungo andare.- ridacchiai.
-Ehi! Sono sopravvissuto a Gea, a un'esplosione che avrebbe distrutto chiunque altro, agli inferi e ai biscotti cucinati da Angel. Ormai sono immortale!-.
-Oh, no! Perché li hai mangiati? Mio fratello è una frana con la cucina....-.
Continuammo a scherzare e a parlare del più e del meno fino alle due.
-Allora – disse Leo – andiamo a letto?- mi chiese, fissandomi divertito.
Il mio cuore perse un altro battito. Questo ragazzo mi ucciderà.
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