Non sono uno stalker! Sul serio...

WILL

Dopo qualche ora dall'inizio del mio turno in infermeria, Giò aveva dovuto cacciarmi perché ero distratto. A tutti può capitare di scambiare il disinfettante col succo di mela. Non era colpa mia se Dave non l'aveva notato prima di cospargere di succo la ferita di un figlio di Ermes, no?! Comunque dopo che avevo applicato dei cerotti con Hallo Kitty sui graffi di Clarisse, ero stato costretto ad allontanarmi in fretta dall'infermeria, lasciando Giò alle prese con una figlia di Ares ringhiante. Avevo deciso di sfruttare quel riposo inaspettato per fare surf, sport che mi aveva sempre rilassato. Non era servito a molto e, dopo l'ultima volta che la tavola mi era schizzata in faccia, avevo deciso di tornare al campo. Sulla strada avevo incontrato Percy, ma la chiacchierata su Leo con lui non era servita a tranquillizzarmi. Non facevo altro che pensare al figlio di Efesto che era sgattaiolato via quel giorno e che non si era neanche fermato a parlare con me fuori dalla Casa Grande. Prima di andare in spiaggia ero anche passato alla casa 9, ma lui non c'era, o meglio mi avevano detto che si era buttato dalla finestra nella fretta di andare a controllare un lavoro nella fucina... Avevo capito l'antifona! Eppure volevo parlargli, chiarire. Uno non può baciarti in quel modo e poi sparire! Non che pensassi che ora il nostro rapporto avesse potuto essere più intimo... cioè si, un po' ci speravo, ma non lo credevo possibile. Comunque l'incertezza mi stava uccidendo, per cui andai alla fucina.

-Strano che non l'hai incontrato.- mi disse Mike - Leo è appena uscito. Aveva i vestiti sporchi, quindi credo sia tornato in cabina a cambiarsi.-.

Questa era l'ultima goccia. Ora ero arrabbiato. Che Immaturo! Avrei scommesso che si era nascosto dietro un albero pur di evitarmi! Stizzito, andai in infermeria per il turno di notte. Questa volta mi concentrai al massimo e non feci errori. Ce ne vuole per far incazzare un figlio di Apollo, ma quell'irritante meccanico c'era riuscito. Avevo deciso: non l'avrei cercato più!


-Perché sono così debole.- sospirai, mentre ero appostato dietro un cespuglio fuori dal Bunker 9.

Avevo già cercato Leo in cabina, nella fucina e sui campi d'addestramento. Quello era l'ultimo posto dove avrebbe potuto stare. Non sapevo come entrare e non c'erano finestre dai cui sbirciare per assicurarmi che fosse lì. Si, mi sentivo uno stalker a nascondermi vicino al masso d'entrata con l'umidità delle sei del mattino che mi penetrava fin dentro le ossa. Si annunciava una giornata più fresca della precedente. Il mio turno in infermeria era finito all'una, ma mi ero rigirato nel letto tutto il tempo, così dopo una notte insonne, ero uscito a cercare la causa del mio pessimo umore senza neanche fare colazione.

Per più di un'ora cercai di convincermi ad andarmene. Avevo indossato il camice da sopra i jeans e la maglietta arancione, così da poter andare direttamente al mio turno d'infermeria senza passare per la cabina. Mi ripetevo che ero un'idiota, che ero troppo insistente. Eppure DOVEVO sapere se io e Leo eravamo ancora amici, se lui aveva bisogno di tempo per riflettere, se si era pentito di quello che era accaduto, se mi odiava... L'ultima supposizione mi faceva sperare di essere inghiottito dalla terra.

Ero così teso, che quando la pietra/porta del Bunker si aprì con un soffio, caddi all'indietro col sedere sulle foglie gelate.

-Chi c'è?- domandò Leo, facendo guizzare delle fiammelle sulla mano - Connor, se vuoi rubare qualcosa sappi che ho dotato il bunker di un nuovo sistema di allarme che ti registrerà mentre ti contorci sotto una rete elettrificata.-.

Il mio cuore batteva all'impazzata mentre mi alzavo in piedi dalla boscaglia. Leo mi vide, il volto e gli occhi illuminati da striature arancioni per il riflesso del fuoco. Credetti volesse scappare, ma poi mi sorrise.

-Ehi, doc. Mi stavi spiando?- mi chiese, spegnendo il fuoco.

-No, affatto! Non hai le finestre...- mormorai, mordendomi la lingua - Cioè, stavo andando in infermeria e mi trovavo a passare di qui...-.

-Per arrivare all'infermeria da qui devi attraversare il bosco, la mensa, tutte le cabine e la casa Grande.- mi sorrise lui.

-Si... mi sono perso. Sono uscito dalla Cabina e ho girato a sinistra invece che a destra.-.

-Oh, si. Capita a tutti specie dopo sette anni in cui vivi nello stesso posto.- ghignò lui.- Dai, vuoi entrare?-.

-Ok- annuì, consapevole di essere rosso di vergogna.

-Preparati alla visita turistica del Magnifico Mondo di Leo!- annunciò lui, illuminandomi la strada all'interno del bunker.

-Tipo Paese delle Meraviglie?-.

-Si. Il maggiordomo Bianconiglio non è ancora pronto, ma posso offrirti dell'ottimo tè. La grotta aveva le dimensioni di un hangar d'aeroplano, fornito di una quantità infinita di tavoli da lavoro e magazzini, file di serrande di metallo su tutte le pareti e scalinate che conducevano a una rete di passerelle che si intrecciavano sul soffitto. C'erano attrezzature e apparecchi ovunque: montacarichi idraulici, cannelli per saldature, tute di protezione, compressori, carrelli elevatori, più un aggeggio che somigliava in modo alquanto sospetto a un reattore nucleare. E poi bacheche tappezzate di progetti laceri e scoloriti. E armi, armature, scudi, equipaggiamenti militari sparsi dappertutto. Su una piattaforma rialzata c'era un tavolo di metallo con tutto l'occorrente per fare il thè e ai lati due sedie. Accatastato in fondo alla grotta, vicino una scrivania ingombra di materiali, c'era una branda con una coperta verde ed un cuscino bianco. Ora sapevo dove dormiva Leo la maggior parte del tempo. Il figlio di Efesto si avvicinò alla teiera sul tavolino.

-Mrs. Bric, due tè al limone, prego.- disse.

Con mio stupore la teiera si alzò due sottili zampe meccaniche e, con braccini di ferro, iniziò a preparare il tè.

-L'hai chiamata come la teiera de La Bella e la Bestia?-.

-Fu uno dei primi film che vidi con mia madre.- si strinse nelle spalle.

Ci sedemmo al tavolino, l'uno di fronte all'altro.

-Dimmi, Pierce è venuto in infermeria oggi?-.

- Il figlio di Demetra? Non, l'ho visto. Perché?-.

- Ha fatto arrabbiare Butch con una battuta sul tatuaggio dell'arcobaleno che ha sul bicipite. Era davvero divertente, ma il figlio di Iride non ha gradito e l'ha rincorso per tutto il Campo. Io e Clarisse siamo dovuti intervenire per tenerli separati. Guarda che livido!-.

Mi sollevò il braccio davanti al volto. Io alzai la mano e la posai su quella macchia viola. Iniziai a canticchiare a bassa voce e il livido divenne verde, poi schiarì fino a scomparire. Sentivo la pelle bollente e liscia di Leo. Mi ci volle parecchia forza di volontà per staccarmi da quel contatto che aveva suscitato il ricordo di labbra ancora più calde sulle mie.

-Wow. Sei bravo.-.

-Posso darti un'occhiata ai graffi per vedere se si sono ben rimarginati...- proposi.

Lui si alzò la maglia.

-Dov'è il cerotto?-.

-Uh... bruciato stamattina.- mi sorrise.

Alzai gl'occhi al cielo. Me l'aspettavo. Constatai che i graffi erano quasi guariti, passandovi sopra un dito. Notai che Leo era arrossito, quindi tolsi la mano e distolsi lo sguardo. Probabilmente lo disgustava quel contatto...

-Sai... forse ti stavo spiando...- decisi di affrontare la questione.

Sarebbe stato come togliersi un cerotto, rapido e doloroso solo dopo.

-Ma va, sul serio?- ghignò lui.

-Il fatto è che tu mi hai evitato tutta la giornata di ieri.-.

Lui non negò né mi guardò, mentre osservava le sue dita giocare con dei bulloni.

-Come mai? Insomma... non voglio che ti preoccupi per l'altra sera. Anzi, dimenticatene. Io voglio continuare ad essere tuo amico. Ciò che è successo è stato un errore. Me ne pento anch'io.- conclusi, cercando di mostrarmi convinto.

-Davvero te ne penti?-.

-Non proprio.- ammisi - ma capisco che tu...-.

-Io non riesco a pentirmene e non credo sia sbagliato.- mi disse lui, fissandomi.

-Cosa?- domandai, avendo perso il filo del discorso per aver fissato i suoi bellissimi occhi.

-Questo.-.

Mi prese per il colletto della maglia e mi attirò a se, obbligandomi a distendermi quasi sul tavolo. Balzai in piedi e lo abbracciai, tirandolo a me. Le nostre labbra sembravano incollate e la bocca di Leo era rovente. Le nostre lingue si scontrarono e giocarono ad un ritmo incalzante. A Leo sfuggì un mugolio di piacere mentre gli mordicchiavo il carnoso labbro inferiore. Sentivo altre cose premere tra i nostri corpi. Ci staccammo, ansimanti.

-Come può essere sbagliato qualcosa di così bello?-.

-Leo... quindi io ti piaccio?- sussurrai, quasi prossimo alle lacrime.

Quel momento era davvero perfetto.


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