Il cigno risolve il problema

CIEL    

-Ciel, qual è "l'imbroglio più arcano"? – mi chiese il ragazzo dagli occhi verde mare, prima di scomparire tra le mie braccia.

Il mio cuore batteva all'impazzata e sentivo le farfalle agitarsi nel mio stomaco. Mi accorsi di star sorridendo. Ne ero sorpreso. Per la prima volta da molti decenni avevo passato del tempo piacevole con qualcuno. Un ragazzo sconosciuto e bellissimo per giunta. Fin dal suo primo sorriso, mi ero sentito attratto da lui come una falena verso la luce. Percy era luminoso, molto più solare di quel falso Sole che illuminava il mio sprazzo di mondo. Non credevo che gli eroi potessero essere così... interessanti. Il tempo insieme era stato breve, troppo breve. Provavo l'ardente desiderio di rivederlo, di sentire di nuovo la sua pelle fresca sulla mia. Sembrava una persona così giusta, leale, onesta, aperta come non lo era mai nessuno dei miei fratelli. Una persona schietta. Mi accorsi di essere arrossito ed il calore si propagò ancora di più sulle mie guance quando mi ricordai le sue ultime parole, pronunciate da flebile voce proveniente da quelle rosee labbra piene e al contempo sottili. L'imbroglio più arcano... l'imbroglio più arcano... parole impossibili da comprendere per una mente inadatta ai sotterfugi come la sua.

-L'imbroglio più arcano, l'amore che ha originato tutto il nostro universo.- mormorai a me stesso.

Fregato fratello frocetto! Mi risuonò la voce di una delle mie sorelle in testa. Doveva essere Lana. Sospirai. Quella era un'altra delle prese in giro che dovevo subire ogni giorno. Non era importante se gli dei, greci e romani, erano bisex. Noi figli di divinità non potevamo e non dovevamo esserlo. Ecco perché ero una delusione. Il più debole. Quello sbagliato, nato dal gomitolo di filo difettato. In altro momento avrei potuto passare ore e giorni a commiserarmi, finché il tempo non fosse continuato a scorrere intorno a me, uccidendo il mio nuovo amico per vecchiaia. Lui non avrebbe mai potuto sapere che non ci avevo neanche provato a salvare gli dei. Eppure, decisi di raccogliere tutto il coraggio che avevo ( molto poco) e riprendere l'aspetto di cigno.

Veramente intendi farlo? Oh, sei proprio un'idiota! Noi non c'immischiamo con gli ero! Lo fai solo perché ti ha fatto gli occhi dolci? È etero, sfigato ed ha pure una bella femmina che lo aspetta a gambe aperte! Continuavano a borbottare malignamente le voci dei miei fratelli nella testa. Sapevo che avevano ragione. Non avevo detto a Percy che con il contatto fisico avrei potuto vedere tutta la sua vita passata. Però l'avevo toccato ugualmente. Una violazione della privacy imperdonabile, lo sapevo, eppure non ero riuscito a trattenermi. L'odore della fresca pelle di quel ragazzo dai capelli scuri mi inebriava. Sapeva di libertà, di brezza marina, di fiducia e coraggio e di potere. Molto potere. Avevo rivissuto le sue imprese eroiche e riso del suo sarcasmo, visto il mondo attraverso i suoi occhi. Nonostante le parole d'incoraggiamento che mi aveva praticamente urlato, anche lui aveva una vena profonda di malinconia per l'inevitabile, di dolore, una pressione tale che faceva sembrare banali i miei problemi. Eppure ero stato io a farmi consolare da lui. Avevo visto le indicazioni che gli avevano dato le Parche. Sapevo che lui non aveva compreso quel verso. Cerca chi può darti una mano ed imprigionalo col l'imbroglio più arcano. Imprigionato dal suo passato, dai suoi occhi e dal suo abbraccio, mi aveva legato a se nel vincolo dell'amore. L'amore, causa di origine universale, ma anche di morte. L'amore che imbrogliò Urano, quando fu attirato da Gea sulla Terra e fatto a pezzi; che imbrogliò Crono, quando credette che Rea gli avesse concesso di mangiare il suo ultimo figlio. Ed ora io stesso ero rimasto vittima di quell'antico sentimento nella sua forma più crudele: l'amore non corrisposto e che mai potrà esserlo.

Volai e cercai a lungo le divinità. Non avrei sopportato di deludere Percy, dopo che aveva detto di fidarsi di me. Pateticamente speravo di renderlo felice, risolvendo il suo problema. Volevo vederlo sorridere. Anche solo un altro abbraccio mi sarebbe bastato. Con questa convinzione sbattei ancora le ali nel mare dai colori incomprensibili del tessuto del tempo.

Infine riuscì a trovarli. Un'enorme tronco che vagava nell'interspazio. Percepivo voci attutite e grande potere al suo interno. Ci volai intorno, ma non vidi aperture. L'inizio e la fine del tronco si perdevano in vortici di oscurità distruttivi. Toccarli avrebbe significato morte certa, anche per me. Atterrai sul tronco, riprendendo la forma umana per poter beneficiare dei pollici opponibili. Passai la mano sul tronco. Sentì le sue fibre cercare di inglobarmi nel suo essere.

-Perché ti ostini a lottare da solo? Unisciti a noi. Insieme saremo più forti.- mi sussurravano nelle orecchie.

-Perché dovete essere più forti?- chiesi, cercando di leggere i recessi dei pensieri più scuri di quella voce.

Vidi tenebre, sprazzi di luce colorata, sogni, risveglio, dolore, umiliazione, sonno. Poi ira. Quel tronco era stato forgiato dall'ira e dall'odio più immenso. Era l'odio di Gea. La voce che proveniva da quella piccola parte di lei era così melliflua, che mi dava la sensazione di sciogliermi. Anzi, mi stavo veramente sciogliendo!

-Cavolo!- imprecai, staccando il viso dal tronco. Pensai al mio di dolore, al mio essere, a Percy.

Quel ragazzo non si sarebbe mai lasciato sopraffare dalla meschinità di una simile creatura. Neanch'io avrei dovuto. Eppure, accettai lo sfogo d'ira che quell'ultimo gesto disperato rappresentava. Mi lascia sciogliere, lasciai che le mie cellule si fondessero con quelle del tronco e percepì l'umidità e l'oscurità intorno a me. Ero nella materia stessa del tronco. Coscientemente mi spinsi sempre più dentro, più in fondo a quella massa d'odio tanto bollente da poter ustionare, poi, quando sentì di esserne fuori, mi ricompattai con fatica, focalizzandomi sul mio passato e su quel punto di luce che Percy, in così poco tempo, aveva fatto nascere nel mio cuore malandato e schiacciato dalla solitudine che rendeva ogni cosa più cupa. Fui vivo, integro e sospeso in aria. Intorno a me delle voci. Mi focalizzai su quelle e su un leggero profumo di brezza marina. Aprì gl'occhi, sentendomi a mano a mano più concreto.

-Ti pareva, un altro marmocchio!- sbuffò Ares, incenerendomi con uno sguardo.

-Veramente sono più vecchio di te...- mormorai, imbarazzato distogliendo lo sguardo.

-Cosa hai detto?!-.

-Nulla, nulla.- replicai, alzando le mani aperte davanti a me e scuotendo più volte la testa.

L'ultima cosa che avrei voluto, era far arrabbiare il Dio della Guerra.

-Fammi indovinare – sbuffò Zeus – ti manda Percy Jackson.-.

Annuì.

-Mio figlio sta bene? – mi chiese Poseidone.

-Si, sta con la sua Annabeth.- confermai con una punta di amarezza.

-Percepisco della gelosia nell'aria? – domandò Afrodite, ammiccando nella mia direzione.

Arrossì tanto che credetti di prendere fuoco. Preferì ignorarla, focalizzando la mia attenzione sui tralci di legno che imprigionavano gli dei. Erano robusti. Mi avvicinai a quello che avvolgeva il polso di Zeus.

-Attento, risucchiano energia.- mi avvertì Atene.

Lo sapevo, ma il tatto era il mio maggior potere. Toccando quell'estensione del tronco, percepì che era dotata di molto potere. Con attenzione e concentrazione, riuscì a fondermi con essa e ad ordinane al tronco di lasciare andare gli dei. Il processo durò parecchio ed esaurì quasi tutto il mio potere, ma ci riuscì. Gli dei erano liberi. Avevo compiuto la missione. Non avrei deluso Percy ed in più, avrei potuto vederlo. Non desideravo null'altro.

-Quindi...- mi apostrofò Apollo, mettendomi una mano sulla spalla - ... tu e Percy l'avete già fatto?-.

-Cosa? No, no, no, assolutamente no!- squittì spaventato.

-Calmati, era solo per sapere se qualcuno fosse riuscito a prendere spazio nel suo cuore.-.

-Lo spazio è tutto occupato dalla sua ragazza.- mormorai a stento.

-Mia figlia ha un pessimo gusto per i ragazzi.- borbottò Atene.

-Che coincidenza, anche mio figlio per le donne.- le fece l'occhiolino Poseidone.

-Non riesco proprio a capire cosa ci trovino tutti in quell'impertinente!- sbuffò Ade.

- Oh, scommetto che il nostro ragazzo qui te lo saprebbe dire- sorrise Afrodite.

Ares alzò gl'occhi al cielo.

-Vogliamo rimandare a dopo i commenti su Jonson? Andiamocene da qui!- disse Dioniso.

-Sono d'accordo. - approvò Ermes.- Avrò un casino di posta da consegnare e chissà cosa avranno rubato i miei figli!-.

-Portaci via da qui, ragazzo!- mi ordinò Zeus.

Annuì.

-Posso portarvi fuori da qui, ma per riconnettervi al mondo solido e reale ci vorrà del tempo.-.

-Si, conosciamo l procedura, non devi spiegarla a noi- brontolò Efesto.

Capì che sarebbe stato un lungo viaggio... 

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