Divento amico di un Cigno
PERCY
Ci accampammo sul lago. Soffiava una brezza leggera ed il terreno era piacevolmente caldo.
-Quindi gli Dei sono in difficoltà.- commentò lui, lanciando dei sassolini nelle placide acque – Non mi sorprende.-.
-Già. Tu li conosci? - .
-Solo di nome e di vista, più o meno. Ho avuto sogni e visioni vivide e talvolta mi perdo nelle trame del loro passato. Però non li ho mai incontrati di persona. Non sono mai sceso sulla Terra.
-Come mai? – mi stupì.
-Le Parche sono gelose della loro progenie. Pochissimi dei miei familiari hanno ricevuto il permesso di immischiarsi con affari mortali.
-Quindi... sei immortale?-.
-No, posso morire. In determinate situazioni.
-Cosa ci facevi all'interno di quella rete?
-Nulla di che. Uno dei miei fratelli mi ha fatto uno scherzo... - arrossì lui.
- Oh, antagonismo in famiglia, eh? So di cosa parli. Comunque, io non ho incontrato nessuno, solo animali.
Lui mi guardò, inarcando un sopracciglio.
-Aspetta, Ciel! Vuoi dire che uccelli e farfalle... sono come te?- chiesi.
Ad un tratto ero piuttosto agitato e mi sentivo osservato.
-Non tutti. Non come me.-
-Ora si che è chiaro!- alzai gl'occhi al cielo. – Scusa se te lo chiedo, ma tu sei un cigno che si trasforma in uomo o il contrario?
-Entrambi.- ridacchiò lui.
Ero quasi sicuro che mi stesse prendendo in giro.
-Puoi almeno dirmi dove siamo? Cos'è questo posto? Perché le Parche mi hanno mandato a cercare aiuto qui? Anzi, più importante, pensi di potermi aiutare a riportare gli Dei in America?-.
- Per rispondere in ordine alle tue domande, questo mondo si trova tra vita, morte e dopo morte. Non è un posto fisso, ma perso lungo le linee del tempo. Ciò che tu vedi non è prettamente reale, ma il tuo intelletto lo interpreta nella maniera più... comprensibile.-.
-Quindi tu non sei un ragazzo dai capelli bianchi e gli occhi rosa?.- gli domandai, squadrandolo.
Lui arrossì di nuovo. – Si, io sono così. Comunque questo luogo è un'Oasi nel flusso del tempo, potremmo dire. Un piccolo pezzo del Caos primordiale sopravvissuto pressoché invariato in tutto questo tempo, dagli albori della Creazione. Quanto al motivo per cui sei qui... i figli delle Parche sono gli unici a poter viaggiare fisicamente nel tempo e quindi raggiungere il posto dove sono segregati gli dei. Però, credimi non sono io colui che può aiutarti.-.
-Perché no?- sbottai.
-Perché non sono molto... ah coraggioso, forte... Insomma, sono la persona sbagliata a cui affidare una missione di vitale importanza come questa.
-Devi solo portarmi dagli Dei e poi riportarci sulla Terra. Puoi farlo, no?-.
-No, io potrei andare, ma tu non puoi giungere alla gabbia dove gli Dei sono intrappolati. Il tuo fisico, il tuo organismo, non può sopravvivere. Perfino in questo luogo le tue cellule iniziano a disgregarsi.
-Cosa vuol dire!- m'allarmai.
Lui mi prese una mano, la sua pelle era calda a contatto con la mia. Me la portò davanti agli occhi. Non mi sembrava diversa, ma guardandola meglio, notai come stesse diventando più chiara, bianca, quasi... traslucida a tratti.
-Cosa mi sta succedendo!- urlai, passando lo sguardo sul mio corpo e notando quel cambiamento a intermittenza.
-I semidei non possono sopravvivere in questa dimensione a lungo. Ti stai... disperdendo. Mi dispiace...- mi disse lui, lasciandomi andare.
Terrorizzato, lo agganciai per una spalla, facendolo girare verso di me. I nostri sguardi si incrociarono.
-Cosa vuol dire? Sto morendo?- .
-No, no. Ti stai solo... ah... scindendo. Direi che ti rimangono solo pochi minuti di coscienza.-.
Lo lasciai andare, troppo stupito per mantenere la presa.
-Devo andarmene di qui! Come posso fare?- gli chiesi.
-Te ne andrai in ogni caso. Non puoi fermare questo processo, ma puoi indirizzare le tue molecole affinché si ricompattino nel tuo mondo.-.
-Come?-
-Devi trovare un appiglio, qualcosa per cui tornare. Un desiderio che vuoi assolutamente realizzare.-.
-Un'ancora.- realizzai, calmandomi.
- Si, decisamente.- .
Infine un'ancora dovrai trovare, se indietro vorrai tornare.
-Ce l'ho.- sorrisi, tranquillizzandomi.
Ripensai ad Annabeth, la mia amica e compagna di tante avventure, la sola ragione per cui sono sopravvissuto ai tormenti di tutti questi anni. Se mi concentravo riuscivo a sentire il suo inebriante profumo, un mix di pesche, miele e carta stampata. Chiusi gl'occhi e sentì la sua voce chiamarmi Testa d'Alghe. Quando li riaprì, notai Ciel che mi guardava intensamente. Si girò di scatto, facendo un balzo all'indietro.
-So cosa devo fare per tornare indietro. Però intendo completare la mia missione. Sono convinto che tu sia la persona giusta! L'unica che può aiutarmi, ti prego.- lo implorai.
Non me ne intendevo di inganni io, ero più una persona dalle azioni dirette. Per di più non avevo molto tempo a disposizione.
-Spiacente. Non posso.- scosse la testa lui, alzandosi in piedi. – Non che non ti sia grato per l'aiuto di poco fa, ma semplicemente non sono in grado di aiutarti. Sarei un fallimento. Lo sono sempre stato.-.
Mi alzai, trattenendolo per un braccio.
-Perché dici così? Cosa ti è successo?- m'incuriosì.
Lui mi fissò, come valutandomi. Poi abbassò lo sguardo e chiuse gl'occhi.
-Non sono coraggioso come voi eroi. Non so combattere, né maneggiare una spada o scagliare una freccia. Sono colui che le prende sempre dai fratelli maggiori. L'escluso, l'emarginato, il buono a nulla. La tua missione non può riguardare me.-.
-Forse si, invece!- scattai, avvicinando il mio volto al suo. – Magari le Parche hanno voluto darti un'occasione per dimostrare il tuo valore! Anzi, come fai a sapere che sei un inetto, se non hai mai provato a fare qualcosa di davvero importante?-.
-E se fallissi? E se per colpa mia il tuo Universo venisse distrutto?- apri gl'occhi lui.
-E se riuscissi nell'impresa?- replicai.
-Come, come fai a vivere con un tale peso sulle spalle? - .
-Non lo so. Ci convivo, lo affronto e faccio del mio meglio.- mi strinsi nelle spalle.
- E se il tuo meglio non bastasse? Se prendessi la decisione sbagliata? Se..?-.
Lo bloccai posandogli una mano sulla bocca. Le sue labbra erano così soffici che mi distrassero appena.
-Credi che le mie scelte siano state tutte giuste? Per colpa di errori miei o di altri, persone a cui tenevo sono morte. Eppure non penso mai di tornare indietro, proprio perché cambiare le mie scelte avrebbe potuto portare ancora più morti, o chissà ad evitarne alcune. Non lo so ed è inutile pensarci dato che il passato è inciso su pietra! Non il Futuro! Noi semidei combattiamo con le scelte ogni giorno. Il mondo è crudele, la vita è crudele. Io non sono assolutamente sicuro di nulla e ci sono molte cose di cui non so nulla. Non devo avere per forza una risposta. Sai cosa mi fa andare avanti? Il pensiero che la vita riguarda il non sapere, il dover cambiare, vivere il momento e prenderne il meglio, senza poter sapere cosa succederà dopo. Crescere vuol dire anche questo, è la capacità di sopportare l'incertezza. La morte peggiore è quella lenta di chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati, di seguire il proprio cuore, fregandosene di tutto il resto. Commetti questa pazzia senza pensare che non sei adatto. Io so che tu riuscirai nell'impresa, lo sento. Però non ti obbligherò a rischiare la tua vita per me, per noi, per un mondo che non hai mai visto. È una tua scelta. Fai ciò che credi sia giusto.- conclusi, col fiatone.
Stette in silenzio così a lungo che pensai di averlo offeso. Per di più mi sentivo sempre più volatile. Come se stessi diventando io stesso la brezza di quel posto.
-Nessuno mi ha mai rivolto simili parole, anche se non ho capito molto. – mi sorrise lui.
Ridacchiai – Io non sono bravo con le parole. Se ti capiterà di scendere sulla Terra, ti presenterò Annabeth. Lei è molto più in gamba di me. Io sono quello irritante che parla prima di pensare.-.
-Non ne dubito. Va bene, Percy Jackson. Non credo che avrò successo, ma proverò a riportarti gli Dei.- acconsentì lui.
Un'onda di felicità e speranza mi scosse. D'istinto abbracciai quel ragazzo. Lui s'irrigidì, stupito. Poi ridacchiò e mi strinse a se brevemente. Mi stacca, tenendogli le mani sulle spalle.
-Grazie! Mi fido di te, Ciel.- gli dissi, perdendomi nei suoi occhi dal colore così innaturale.
Cerca chi può darti una mano ed imprigionalo col l'imbroglio più arcano.
La tensione mi abbandonò e mi sentì svenire.
-Credo che tu te ne stia andando. Stai attento! – mi ammonì lui.
Io annuì e pensai ad Annabeth, intensamente.
-Ciel? Cosa vuol dire "arcano"? – mugugnai, sentendomi prossimo ad addormentarmi.
-Vuol dire antico.- mi rispose lui, ma la sua voce suonava bassa.
Sentivo solo vagamente le sue mani intorno ai miei fianchi.
-Ciel, qual è "l'imbroglio più arcano"? –.
Quell'indovinello mi stava facendo impazzire! Lui mi sorrise, ma non sentì la sua risposta. Chiusi gli occhi e vidi Annabeth. La mia Sapientona. Mi risvegliai accanto a lei sul divano della Casa Grande.
-Cos...cos'è successo? Come abbiamo fatto a tornare al Campo?- chiese lei, guardandosi intorno.
Io le presi la mano. Più tardi le avrei raccontato tutto, ma prima avevo bisogno di sentire la sua calda pelle a contatto con la mia, per ricordarmi di essere vivo solo grazie a lei, ancora una volta.
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