-Capitolo 31-

Si consiglia la lettura con il sottofondo musicale...

Buon martedì ...

LEXY

La stanza è sprofondata nel silenzio, Cory ha uno sguardo soddisfatto, non mostra nessun briciolo di pentimento.
Tom di contro ha l'espressione trasfigurara del dolore continua a proferire, con voce flebile, parole di scuse verso quell'uomo ancora poggiato alle sue gambe.

J, è impassibile, non un mutamento dell'espressione, nessun respiro irregolare e come evocato dal mio sguardo che fisso lo rimira, volge il capo nella mia direzione.

«Che diavolo è succeso? Volete spiegarmi perché sono qui?» sovviene drasticamente, e quel tono di voce imperioso mi induce a far scattare  le spalle che, dopo gli spari, si erano ricurvate senza rendermene conto.

Cory, riacquistata una folle lucidità, scatta repentinamente gli occhi verso l'uomo e, carico di un bagliore risoluto, afferma: «Oh, J, tu con tutto questo hai a che vedere, io e Lexy abbiamo voluto questa vendetta. Il fatto che tu non riesca a spiegarti il perché ti trovi qui, è presto spiegato: quello che hai davanti non è solo mio fratello ma colui che ha abusato di Lexy ai tempi della clinica. Insieme abbiamo orchestrato i messaggi da far recapitare a Tom, sapevamo già che lui stava reperendo informazioni su Lexy, eravamo a conoscenza di ogni più piccolo particolare gli riguardasse.Padrona, è il momento.» termina quel monologo lento con un sorriso beffardo.

Benché ne avessimo parlato il giorno in cui mi recai alla caffetteria e scoprii che, non solo quell'uomo era il fratello di Cory:  per di più era il medesimo ragazzo che osò abusare del mio corpo; contestualmente distrusse la mia smania di manipolare e infine indusse a consegnarmi nelle mani del mentore, mani che mi annullarono. Decidemmo infine di coinvolgere a sua insaputa J, sfiancata da quel suo modo esclusivo di volermi avere; stanca di essere stata frettolosamente fiduciosa in lui; estenuata da tutti quegli anni a non ricevere altro che sottomissione.

Pregusto l'attimo in cui vedrò i suoi occhi di cerulei velarsi di bianco morte.

Se, dapprima, quel suo modo mi ricompose dall'altro tarpó la mia essenza, esclusivamente grata a Cory per aver assecondato la mia natura, la mia follia.

Sono dodici anni che vivo in un'altalena di sentimenti contrastanti: un tiro alla fune che mi ha sempre spostato verso uno e talvolta verso l'altro, l'artefice di questa condizione è stato solo lui, l'unico colpevole: Tom.

Rendendomi di fatto insoddisfatta di tutto; inetta; ridotta a vivere per inerzia i sentimenti: divisa tra comando e sudditanza.

Quel divagare dei pensieri, ha distolto l'attenzione dai due che, continuando a guardarsi in tralice, di tanto in tanto gettano un'occhiata alla sottoscritta.
Sento montare, dapprima lieve e poi sempre più intensa, la necessità di vuotare il sacco, di liberarmi definitivamente.

Prendo un respiro profondo; mi passo le mani sul volto come a scacciare l'indecisione; mi passo la lingua sulle labbra per levar via la secchezza e prepararle a decantare la verità, infine voltando le spalle ai due, mi appresto a rivelare ciò che penso.

«È vero, J, quello che hai di fronte è Tom, quel Tom. Ricordi quando qualche settimana fa ci trovammo in casa mia tutti e tre? Il mio cagnolino aveva importanti rivelazioni da fare -indico- sull'uomo delle peonie? Sapevo già si trattase di lui, lo scoprii per caso, quando il mio sottomesso, mi mandò alla caffetteria per vedere coi miei occhi il consanguineo che era stato causa della rottura con suo padre. Non era cambiato ma, sebbene fossero passati anni, non avrei mai cancellato dalla mente i suoi occhi. Iniziammo così a ideare una sorta di circuito chiuso di vendetta prendendo due piccioni con una fava, avremmo così ottenuto la rivalsa su Tom e te. Ovviamente non ci aspettavamo l'entrata in scena del padre ma poco male.».

Voltandomi nuovamente verso J, mi prendo del tempo per analizzare la sua reazione dapprima salta all'occhio la confusione per poi virare allo sbigottimento, grazie  alla visione periferica in quell' attimo scorgo Cory muovere dei passi per portarsi dietro di me poggiando, infine, la mani sulle mie spalle.

Quelle carezze, mi infondono la giusta calma per proseguire: «J, questa vendetta vede anche te coinvolto, sebbene inizialmente, il nostro rapporto andava bene a entrambi, ne ho dedotto che non è più quello di cui necessito. Sono stufa della tua presenza, del modo in cui comandi e dei tuoi modi con il mio sottomesso, Cory. Io sono nata per essere venerata non umiliata, per essere manipolatrice non per compiacere. Quello che sono, J, quello che voglio essere, viene fuori solo grazie a  Cory. Tu ti sei approfittato di una ragazza, hai abusato della tua professione medica che , anziché essere di aiuto, è servita per dar libero sfogo alle tue pulsioni ma, sebbene abbia sopportato per anni questa condizione, ho sempre pensato di fartela pagare» un riso mesto arriva alle mie spalle.

Credo che, Cory, aspettasse questo momento da sempre e per di più questa, per lui, ha la valenza di una dichiarazione d'amore.

«Visto, J, lei preferisce me» asserisce, portandosi dinanzi a me e suggellare, con un bacio lento accompagnato da carezze, quelle mie parole. Io, a mia volta, passo le mani sulle sue spalle per discendere fino alle mani, accorgendomi che alla destra tiene ancora la presa sulla pistola.

Avviene in un attimo, J si scaglia su Cory tirandolo indietro e gettandolo in terra, riesco a malapena ad allontanarmi prima di finire travolta dalli'rruenza dei due che, con sforzo, nella colluttazione tentano di avere la meglio l'uno sull'altro.

«Tu non l'avrai mai, Cory, lei è mia... » afferma J che, sovrastandolo,  si trova cavalcioni su di lui e ha entrambe le mani intente a sottrargli la pistola.

Serro gli occhi un attimo prima di sentire degli spari: non voglio vedere, non posso. Acuendo l'udito avverto dei passi che mi raggiungono. "Fa che sia Cory, fa che sia Cory" ripeto come una preghiera accorata ma giunge prepotentemente all'olfatto quel profumo che riconoscerei tra mille, quell'aroma che sovviene come memento al nostro primo incontro.

Esso porta le mani sul mio volto, sento il calcio della pistola lambire lo zigomo, a occhi chiusi nel silenzio che mi abbraccia; nel mix di odore di lui; di sangue; di morte e di vendetta, avverto la necessità di voler mettere definitivamente la parola fine all'intera vicenda.

Dischiudo piano le palpebre, e quel cristallino che odio mi investe, J mi guarda con apprensione studia e scruta la mia anima, chiude gli occhi, poggia la fronte sulla mia e afferma: «Lexy, Lexy, dimmi che non è vero, dimmi che non è vero quello che hai detto. Sì, io ho approfittato di te, ma... ma... » abbassa il capo sconfitto non trovando parole per descrivere il suo stato d'animo: è incredulo.

Mi distacco da lui quel tanto che mi permette di poter guardare Cory, esanime giace a pochi passi da noi e contemporaneamente un istinto di rivalsa scorre fluido nelle vene corrodendole: «Mi hai tolto tutto, J, hai ucciso Cory nella speranza che io avrei potuto volere solo te. Sai che ti dico? Hai ragione J, è solo te che voglio!» la sua espressione vira alla felicità in tempo breve, mi raggiunge e mi scruta tra il compiaciuto e l'adorante.

«Mentore, mi dia la pistola, per favore» affermo con il capo chino e la voce servile, porgo le mani avanti, unite con i palmi rivolti verso l'alto, attendendo che quella richiesta venga esaudita coadiuvata dalla posizione e dal tono di sottomissione.

Sono in trepidante attesa ma, J impiega poco tempo a soddisfare la mia richiesta, sento il peso dell'arma gravare e il freddo metallo scaldarmi il corpo. Isso il capo: guardo J; rimiro l'arma in mio possesso; affero il calcio della pistola nella mano destra e rigirandola soggiungo: «Mossa errata, J, con troppa facilità me l'hai consegnata, credevi davvero che così repentinamente cambiassi idea? Mi hai tolto Cory, mi hai tolto ciò che mi rendeva felice, mi hai resa ciò che non sono e pensi davvero io possa soprassedere a questo facilmente? Sei uno stupido. La tua ora è giunta».

Velocemente mi metto in posizione e sparo, colpendolo al centro del petto.
In quella revolverata mi svincolo dal fardello dell'ubidienza e immediatamente mi sento libera.

J, si getta in ginocchio, porta le mani sul punto d'impatto, esse si tingono di sangue, l'espressione smarrita è quello che rimane di lui prima di cadere in avanti e spirare.

Mi ridesto dalla trance nella quale sono caduta quando un respiro irregolare giunge alla mia sinistra, Tom ha una ferita all'addome, dalla quale esce fluido purpureo a fiotti creando ai suoi piedi una pozza.

In un attimo di estremo istinto, mi appropinquo al suo cospetto valutando le sue condizioni. «Tom, Tom... » non reagisce al mio richiamo, inizio a colpire lievemente le sue gote per ridestarlo.
Ha perso i sensi a causa delll'emorragia e, io lotto tra salvarlo, con la speranza che una volta ripreso possa perdonarmi e diventare nuovo gioco lasciandosi malleare, e scappare via.

Ecco a cosa ha portato la smania di vendetta ma, pur avendomi tolto tutto, mi sta ridando Tom. Tutto ritorna e riconduce a lui, l'uomo che ha segnato negativamente la mia vita facendomi abbracciare l'idea di rivalsa, adesso mi da uno spunto per un riscatto.
"Se lo salverò sarà probabilmente il mio nuovo sottomesso" penso follemente.

Mi dirigo fulminea muovendomi carponi verso J, afferro il telefono che risiede nella tasca posteriore dei jeans, e compongo il 911.

«Tranquillo, Tom, adesso arrivano i soccorsi» asserisco una volta terminata la chiamata e nel tentativo di tenerlo sveglio, contemporaneamente vaglio velocemente con gli occhi la stanza in cerca di un tessuto per tamponare la ferita.

Su uno scaffale è riposto uno straccio, mi alzo immediatamente per raggiungere quel lembo di stoffa che mi permetta di ternerlo in vita.
«Mamma, mamma vieni a prendermi... » afferma, giuntagli in prossimità porto entrambe le mani sulla lesione e una smorfia di dolore si palesa sul suo volto, ha il respiro mozzato e aggiunge:«Lasciami... morire... »

Passano svariati minuti, le mie mani sono tremanti e tinte del suo fluido sanguigno, in lontananza odo le sirene farsi sempre più vicine, porto la mano sinistra sul suo volto, lo percuoto e asserisco: «Tom, non ti lascio, resta sveglio l'ambulanza è vicina. Su svegliati, apri gli occhi... »

Tom, a quella richiesta li apre, mi immergo in quelle iridi appese tra la vita e la morte, un riso mesto accarezza le sue labbra turgide e ho come l'incontrollato impulso di assaggiarle.

«Grazie, Lexy, adesso sono libero dal senso di colpa per quello che ti ho fatto» asserisce, avverto movimenti al piano di sopra, urlo per aiutare i soccorritori a individuare il punto esatto in cui siamo.

Guardo Tom, è bello nonostante la sofferenza, mi porto alle sue labbra lasciandovi un bacio a fior di labbra.

«Non dirmi grazie, Tom, tutto quello che voglio è la tua sottomissione... dí che ti sottometterai... dillo!»

Vedo entrare i paramedici seguiti da tre agenti della polizia e, mi accorgo solo adesso che per tutto il tempo ho avuto tra le mani la pistola, quest'ultimi si avvicinano lesti per disarmarmi.

Il rumore metallico delle manette che scattano intorno ai polsi segna che la vendetta mi toglierà anche la libertà, con ancora lo sguardo agganciato a lui, attendo che dia assenso alla mia richiesta.

«Dillo, Tom, sottomettiti!» affermo prima di essere condotta dagli agenti a piè sospinta dalla tiritera sui miei diritti.

Odo i paramedici scambirsi concitatamente valutazioni sul suo stato: «Paramentri instabili, flebo, arginare emorragia... tamponare presto, va intubato... avvertite di preparare la sala operatoria».

Ci fermiamo, in prossimità della soglia per permettere di velocizzare il passaggio della barella, e dalle mie labbra esce nuovamente quella richiesta: «Sei mio, Tom, tornerò per prendermi ciò che mi spetta!».

Grazie come sempre di aver letto, scusate l'attesa, ma ho incontrato il fantomatico e meglio noto blocco.

A questo punto della storia credo, per quel che mi riguarda, che dovesse essere un passaggio necessario.

Ma io sono ancora qua... eh già...
Detto ciò, nella speranza che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, vi do appuntamento a più tardi con la chiusura del cerchio... avete capito bene sì l'epilogo.

STAY TUNED
SEPMGG

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