-Capitolo 20-
Si consiglia la lettura con il sottofondo musicale
⚠️Fate attenzione al salto temporale⚠️
Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
(Paulo Coelho)
Dodici anni prima...
TOM
Aiuto l'ho fatto di nuovo, ma è stata tanta la paura che non ho resistito.
Sono tra sogno e veglia, un limbo creato dalla mia mente sono qui ora ma il corpo non risponde, le palpebre serrate e la labbra screpolate.
Vorrei dell'acqua ma sento di essere in uno stato di profondo intorpidimento, l'orecchio è teso all'ascolto, la mente è ricettiva.
Sento la dottoressa Donovan parlare con qualcuno sul mio stato di profonda depressione, odo proferire "è una personalità al limite" da qualcuno la cui voce non riesco a ricollegare ad un volto in particolare: so solo che è un uomo.
Non avverto né caldo né freddo, non avverto le mie estremità rispondere agli input celebrali,"cosa mi hanno dato?"... poi sprofondo, cado in un vortice discendente.
Riapro gli occhi, piano piano, ammicco per acuire la vista che resta sfocata, è una visione a caleidoscopio.
Scorgo casa mia ed io sono sull'amaca, è una giornata calda e soleggiata, mi lascio avvolgere e dondolare da quella lieve brezza tiepida.
Studio i dettagli di quell'abitazione che conosco a menadito ma, adesso ne sono certo, nasconde segreti; sofferenza; paure e malattia.
Devo avere all'incirca cinque anni, me ne rendo conto indosso le scarpe da ginnastica che ho tanto desiderato, che non volevo togliere mai.
La mamma non è con me, l'ho lasciata dormire in camera sua, improvvisamente ho fame, vorrei dei biscotti così scendo dall'amaca e corro verso la porta che da sulla cucina.
Iniza la mia missione segreta, la mamma si arrabbia se mangio i biscotti perché dice mi guastino l'appetito, cammino in punta di piedi per non farmi cogliere sul fatto.
Arrivato dinanzi il ripiano mi rendo presto conto che sono troppo basso per giungere in prossimità del contenitore dei biscotti, tento allungando le mani ma mi arrendo all'evidente dell' impossibilità.
Sento la porta di casa sbattere violentemente e dei passi che si fanno spazio nel silenzio, mi protendo oltre la soglia della cucina che da sul soggiorno, sono accorto non voglio farmi scoprire.
È mio padre, si sta allentando la cravatta ha tra le mani la sua borsa a mano dove tiene i suoi strumenti, mentre incede velocemente verso il primo scalino che porta alla zona notte.
Appena sparisce dalla mia visuale, seguo i suoi passi facendo sempre attenzione a non produrre rumore alcuno, la porta della loro camera da letto è socchiusa, so che spiare è sbagliato ma io sono l'ometto di casa e devo badare alla mia mamma.
Vedo mio padre scuoterla, cerca di svegliarla ma non ci riesce, comincia a gridare il suo nome:<<Lily, Lily svegliati... cos'hai preso Lily!>> pronuncia come in disco rotto quella sequenza, un loop che mi tormenta "perché la mamma non si sveglia?".
La bacia e poi le preme sul petto, papà è un dottore, sarà come il bacio dei principi delle favole, però o la mia mamma non è una principessa oppure lui non bacia come i principi perché lei non si sveglia.
Le afferra il polso, gliel'ho visto fare diverse volte poi apre la borsa ed estrae lo stetoscopio poggiandolo sul suo cuore.
È disperato, si porta le mani ai capelli tirandoli, urla animalesche escono dalla sua gola e continuando a smuoverla dice:<No, no, no Lily svegliati>> mi accorgo che la rugiada bagna il mio viso, ho tanta paura.
Mio padre agguanta la cornetta del telefono e digita tre numeri, mentre attende la risposta dall'altro capo si tocca il viso, il collo e gli occhi, è agitato.
Ecco che pronuncia:<<Si, sono il dottor Phil Carter la chiamo dalla mia abitazione, mandate subito un'ambulanza... mia moglie.. si non so da quanto tempo è incosciente...le ho praticato la respirazione bocca a bocca... si vado>> si dirige nel bagno in camera e torna poco dopo con un flacone di medicinale vuoto e poi prosegue:<<Si il flacone di Norpramin* è vuoto, stamattina sono sicuro di averlo visto pieno, bene vi aspetto fate in fretta>>.
Si dirige nella mia direzione e io sono talmente sconvolto che non riesco a scappare, si blocca vedendomi si porta alla mia altezza e prendendomi per le spalle afferma:<<Tom, va dai Bret la mamma non sta bene, appena si riprenderà verrò da te>>.
Scuoto il capo affermativamente, ma non riesco a muovermi, voglio andare dalla mia mamma, se la bacerò io sicuramente si sveglierà.
Mio padre con la mano poggiata alla mia schiena mi accompagna verso le scale, io non voglio andare via da lei, mi accorgo di avere ancora gli occhi pieni di rugiada, mi smarco dalla sua presa e corro indietro verso la mia mamma.
Salgo sul letto, mi avvicino al suo volto e inizio a baciarla, accarezzarla, chiamarla, nulla lei non si sveglia.
<<Mamma, ti prego svegliati giuro che non mangerò più i biscotti, che farò il bravo e che metterò in ordine la mia cameretta... mamma svegliati>> i singulti disperati mi mozzano il fiato, con l'ultimo anelito richiamo colei che mi ha dato la vita ma ancora una volta non si ridesta.
Mio padre mi tira per le spalle, inizia una lotta impari, lui è più forte di me ma io voglio stare con la mia mamma urlo, scalpito, mi dimeno, mi aggrappo con tutte le energie alle coperte tento qualunque cosa pur di non allontanarmi da lei.
Sento le sirene spiegate, lui desiste dal tirarmi a se e si dirige di gran carriere verso la porta d'ingresso, le voci dei paramedici giungono lontane, mi distendo accanto a lei, le accarezzo le mani, inspiro il suo profumo dolce di peonie e mi acquieto, la tempesta nel petto si placa e dolcemente naufrago nel buio...
Sono tornato, sono qui, il puzzo di disinfettante e malattia mi conferma che sono ripiombato nel mio oscuro presente, avverto una presenza, avverto degli occhi scavare nella mia carne, alzo di colpo il capo ed è ancora lei, è stata una frazione di secondo ma so che è lei.
Odo quella che deve essere una corsa, dev'essere scappata, ripongo il capo sul guanciale madido di sudore e di cose rivenute a galla.
Piccoli tassello della mia memoria tornano al loro posto mossi, ne sono certo dalla mano di mia madre, tentò il suicidio ingerendo una dose massiccia di antidepressivi, ecco perché dice che siamo stati generati e plasmati dalla stessa malattia mentale.
Anche mia madre, come me, era pazza.
Eccoci al secondo aggiornamento... altri tasselli sono stati messi al loro posto e altrettanti devono ancora trovare la loro collocazione...
Spero siano stati di vs gradimento...
Vi ringrazio immensamente...
STAY TUNED
SEPMGG
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