~ Capitolo due ~

«Nasconditi Clio, io vado a creare le palle di neve» mormorò Erik alla sorellina, indicando il rigido e freddo tronco di un albero che, privo del suo vestito di foglie, assomigliava a una mano raggrinzita e ossuta protesa disperatamente verso l'alto, come se stesse cercando di fuoriuscire dal terreno. Clio scosse la testa più volte.

«No, io ti voglio aiutare! Non sono più una bambina che deve stare ferma a guardare mentre gli altri si divertono!» disse con un'espressione corrucciata che le dipingeva il viso roseo e chiaro, bello come un'ortensia appena sbocciata.

Erik le rivolse uno sguardo tagliente, come a volerla trafiggere con una semplice occhiata: «È già tanto che ti abbia permesso di seguirmi. Ora zitta e obbedisci ai miei ordini».

La principessa abbassò la fronte e obbedì sbuffando. Strinse le mani in due solidi pugni, mentre i denti le formarono un'invalicabile barriera. Il tronco riusciva a nascondere perfettamente il suo corpicino esile e slanciato, fragile come lo stelo di un fiore. Sporse poi il viso lucido, dalla pelle d'alabastro, e rivolse al fratello maggiore una linguaccia.

Erik la ignorò e si concentrò sul suo obiettivo. Rivolse nuovamente un'occhiata al fratello, che sembrava star cercando qualcosa nella neve. Il suo sguardo gelido come la notte era infatti rivolto verso il basso, e ogni tanto si chinava per tastare il terreno. I capelli, corvini e abbastanza lunghi, come quelli di Erik, ricadevano soffici sulle tempie e ondeggiavano al contatto con il vento. Appariva come estraniato dal resto del mondo, come se non potesse sentire né vedere nient'altro, se non quello spesso strato di neve nel quale stava cercando qualcosa di non precisato.

«Bene, non mi ha visto» mormorò Erik con un sorriso furbo. Si chinò e cominciò ad ammucchiare con le mani più neve possibile, suddividendola in più parti. Afferrò poi uno di quei mucchietti granulosi e gli diede una forma tondeggiante comprimendola tra le mani. Sulla pallina cominciò a formarsi un sottile strato di ghiaccio, in modo tale che questa non si sfaldasse durante il volo.

Compiaciuto, il giovane procedette nella creazione delle altre munizioni. Ogni tanto alzava lo sguardo dal suo lavoro per controllare il fratello, che però sembrava ancora non averlo notato.

Clio guardava corrucciata il fratello, mentre una dolce brezza le scuoteva delicatamente i lunghi e sottili capelli biondi. Si sedette poi a terra e cominciò a giocherellare con la neve. Non appena la toccò, una fitta di gelo le attraversò l'esile corpicino. Tremò appena, come un ramoscello scosso dal frizzante vento invernale. Aveva dimenticato di infilarsi i guanti.

«Erik! Ho dimenticato i guanti!» gridò stringendosi le braccia attorno al busto per riscaldarsi.

Il ragazzo alzò la testa, preoccupato che l'urlo della sorella potesse aver attirato l'attenzione di Adrian. Tirò un sospiro di sollievo quando lo vide ancora assorto nella sua ricerca.

Si rivolse quindi alla sorella, sussurrando: «Zitta! Vuoi farci scoprire?»

Clio lo fissò con gli occhi lucidi e cominciò a piagnucolare. Singhiozzi rumorosi le risuonavano in gola come tuoni nel corso di una tempesta.

Erik alzò le mani, per poi guardarla, annoiato. Ruotò gli occhi e disse: «Cosa vuoi che me ne importi se hai dimenticato i tuoi guanti? Sono fatti tuoi. Se proprio li vuoi, valli a prendere. Come puoi vedere, sono nel bel mezzo di un lavoro molto importante».

Clio smise di singhiozzare. «Come no... Fare palle di neve è quello che tu consideri un "lavoro molto importante"?» borbottò, ricevendo in cambio un'occhiataccia da parte del fratello. Rabbrividì stretta da quello sguardo di ghiaccio.

Improvvisamente, cominciò a battere i denti in preda ai tremiti: il freddo aveva cominciato a farsi largo dentro di lei, stringendo le sue membra in una morsa stretta e dolorosa. Le ossa le divennero deboli e cominciarono a cedere sotto il suo peso.

Si rese conto che, oltre ad aver dimenticato i guanti, portava indosso abiti troppo leggeri e inadatti a una giornata gelida come quella: era vestita solo con una morbida camicetta di seta di un bianco luminoso, coperta da un maglione di lana verde come i suoi occhi, decorato con intrigati motivi cashmere a forma di treccia. Le gambe erano protette da un paio di pantaloni di un marrone chiaro, mentre ai piedi portava scarpe di cuoio nere. Non aveva né una giacca, né una sciarpa, né un berretto.

"Sarà stata una semplice coincidenza. Magari prima non ho avuto freddo perchè pensavo ad altro. Però è strano... non ho mai avuto così freddo in tutta la mia vita!" pensò continuando a fremere sempre più forte.

Pensava di essersi abituata al gelo persistente delle Montagne di Ghiaccio: non era la prima volta che usciva con abiti di quel genere. Infatti, prima di quel momento non aveva provato quella sensazione. Era bastato che il fratello le avesse rivolto un'occhiata di ghiaccio, che lei aveva cominciato a tremare.

«F-forse è meglio che vada a p-prendermi qualcosa per co-coprirmi. Brr...» balbettò, mentre il gelo cominciava a pungerle dolorosamente gli occhi. Minuscole lacrime perlacee le inumidirono le palpebre, cristallizzandosi al contatto con l'esterno.

«Brava. Vai» esclamò Erik non separando lo sguardo dal suo lavoro. Accanto a lui si era già creato un bel mucchio di gelide munizioni.

"Adrian deve essere proprio sordo per non aver fatto caso a tutto questo baccano. Saremo anche nascosti dalla nebbia, ma questa di certo non attutisce i suoni. Ho fatto male a permettere a Clio di seguirmi" pensò. Continuò ancora per qualche secondo, finché non sentì la voce di Clio.

«Sono tornata!» esclamò la ragazzina.

Il giovane non si aspettava che la sorella finisse così in fretta di vestirsi. Che fosse così veloce? Non se ne era mai accorto e, sinceramente, non aveva mai prestato particolare attenzione a ciò.

Si girò e vide Clio imbacuccata come se fosse stata pronta per una passeggiata tra i ghiacci. Sulla testa portava un caldo cappellino di lana azzurro, appositamente calato in modo tale da proteggerle anche le orecchie, decorato in cima con un soffice batuffolo bianco, mentre ai lati pendevano due graziose treccine. Attorno al collo indossava una morbida sciarpa rosa, da cui spuntavano sottili fili d'oro e d'argento, mentre le mani erano riscaldate da due guanti neri ornati di piccole gemme preziose di svariati colori, tra cui spiccavano smeraldi, rubini e diamanti. Ai piedi aveva infilato stivaletti argentati, imbottiti di lana. Infine, il corpicino slanciato era avvolto in un tiepido abbraccio da un confortevole cappotto color rame dai bottoni di pregiato avorio.

Il raffinato indumento era stato realizzato nel lontano Villaggio della Rosa del Deserto, situato nella remota regione dell'Oasi di Cristallo, quando loro padre, il re, vi si era recato per un viaggio di affari che avrebbe potuto dare inizio a un'alleanza commerciale. Erik sapeva che la distanza tra i due territori dei Colli Rocciosi, dove vi erano le Montagne di Ghiaccio, e della Terra delle Sabbie, dove si trovava l'Oasi di Cristallo, era molto elevata e non riusciva a capire come potessero avvenire commerci tra popolazioni così lontane anche dal punto di vista culturale.

Alla fine, in onore dell'inaugurata alleanza, il re di quel popolo aveva donato al nuovo amico, in segno di gratitudine, un cofanetto contenente oro e gemme preziose, un diadema tempestato di diamanti e orecchini d'avorio per la regina, lenzuola di raso ricamate d'oro, e quel pregiato cappotto che, prima di essere stato portato da Clio, era appartenuto a Erik e prima ancora ad Adrian. Nonostante cominciasse ad avere un buon numero di anni, sembrava rimanere bello come quando era stato appena realizzato. Come se il tempo e il deterioramento non avessero effetto su di esso.

Era però un'altra la peculiarità principale di quel cappotto: l'Oasi di Cristallo era nota per essere molto calda, costituita da infinite distese di sabbia il cui colore virava sull'ocra e sull'ambrato. I suoi abitanti indossavano indumenti freschi e leggeri, che permettevano loro di difendersi da quel calore opprimente. Quella terra era praticamente l'opposto delle Montagne di Ghiaccio, perennemente avvolte dal gelo.

Erik si chiedeva dove avessero trovato il materiale per creare un indumento tipico dei luoghi più freddi. La risposta finiva per essere sempre la stessa: "Avranno intuito facilmente il clima delle Montagne di Ghiaccio dal loro nome. E per quanto riguarda i tessuti, li avranno sicuramente ottenuti tramite il commercio". Però il dubbio continuava a persistere, come una fiammella che non si voleva spegnere.

«Già di ritorno?» chiese Erik alla sorella che era già tornata a nascondersi dietro l'albero.

Clio annuì convinta, guardando il fratello come a dire: «Hai visto? Non sono così imbranata come pensi».

«Bene. Ora che sei al calduccio resta là dietro e non mi disturbare più» disse il ragazzo, scorbutico.

Clio, offesa, si sedette a terra, appoggiando la schiena contro il tronco dell'albero. Incrociò le braccia e sporse in avanti il labbro inferiore. Questa espressione, però, non la rendeva minacciosa. La rendeva, bensì, ancora più dolce, come se fosse stata un cucciolo di cane a cui avevano rubato l'osso.

"Uffa. Io volevo solo aiutarlo..." pensò tirando su col naso. Le venne poi un'idea e il suo viso si illuminò. Un'espressione furba si dipinse su di esso e una risatina sommessa le rimbombò in gola.

"Ora imparerà a trattarmi come una bambina incapace" si disse.

Appallottolò un po' dei gelidi cristalli bianchi di cui era fatta la neve e creò una pallina. La schiacciò per renderla bella dura e resistente. Quando fu pronta, si sporse poi da dietro l'albero e la lanciò nella direzione di Erik che, girato di spalle e inginocchiato accanto alle sue munizioni, non l'aveva notata.

Quando il giovane dai capelli corvini voltò il viso nella direzione della sorellina, fu troppo tardi: la palla di neve lo colpì in pieno sulla faccia. La bambina, vedendo il ragazzo con il volto interamente bianco, scoppiò in una fragorosa risata. La sua voce stridula e cristallina risuonò nel lugubre silenzio delle Montagne di Ghiaccio, rimbalzando sugli scoscesi pendii rocciosi e mescolandosi al vento.

«Clio!» gridò Erik, infuriato, strofinandosi il viso. Il punto colpito gli doleva, ma una cosa gli era risultata strana, non appena la palla gelata era venuta a contatto con la sua pelle: era stato come se qualcuno gli avesse tirato un pugno, ma dopo la botta non aveva percepito il freddo pungente della neve.

Il dubbio scomparì non appena vide Adrian voltare la testa nella loro direzione. Doveva aver sentito tutto, perchè nei suoi pozzi neri come la notte baluginava una scintilla di indignazione. Erik ammutolì, irrigidendosi come il tronco dell'albero dietro al quale ancora si nascondeva la sorella, che si sbellicava dalle risate. Le rivolse uno sguardo più gelido del ghiaccio, ma lei non si fermò.

Adrian fece qualche passo verso il fratello minore, lasciando dietro di sè una scia di impronte profonde e scure. Lo sguardo gli fiammeggiava di irritazione. Gocce di sudore umido cominciarono a decorare la fronte di Erik, sul cui volto si dipinse un'espressione terrorizzata. Non sapeva neanche lui il motivo, ma a volte gli occhi corvini e scrutatori del ragazzo più grande gli facevano venire la pelle d'oca.

Clio non sembrava avere paura. Continuava a sghignazzare ben nascosta dietro al tronco. Erik si trattenne a fatica dal gridarle contro tutta la rabbia che teneva dentro. Era colpa sua se il suo scherzo era fallito.

«Chi la fa, l'aspetti» recitò Clio con un sorrisino divertito stampato sulle rosee labbra.

«Stupida nanerottola!» mormorò il fanciullo stringendo le mani in due pugni e digrignando i denti bianchi come perle. Sempre più gocce cristalline gli rigavano la fronte, mentre Adrian si faceva sempre più vicino. La bambina dagli occhi di smeraldo neanche lo sentì: lo guardava trionfante, sogghignando compiaciuta dalla sua espressione adirata.

All'improvviso, Adrian, che si trovava ormai a pochi metri da lui, si bloccò. Deviò lo sguardo e lo diresse nuovamente al suolo. Si inginocchiò a terra e ricominciò a studiare il terreno con la sua solita espressione severa.

"Questa sì che è fortuna" pensò Erik sorridendo tra sè e sè. Abbassò lo sguardo verso le sue munizioni tondeggianti e ne raccolse una. Stava per lanciarla nella direzione di Adrian, quando si fermò, ricordandosi della sorella. Alla fine si era comportato male con lei e voleva farsi perdonare. Infondo, le voleva molto bene, anche se con i suoi atteggiamenti sgarbati non lo dimostrava.

Chiamò Clio con un cenno e la bambina si avvicinò saltellando allegramente. Erik la guardò, sorridendo di fronte all'entusiasmo della ragazzina. Allungò una mano verso la sua bocca e le appoggiò delicatamente l'indice sulle labbra.

«Ora, fa silenzio. Mi raccomando» sussurrò Erik con voce calma, simile a un soffio di vento. Scostò il dito dalla bocca della bambina, che sorrise. Le porse una palla di neve, e lei l'afferrò con le piccole manine.

«Seguimi, nascondiamoci dietro quel cespuglio» bisbigliò all'orecchio della sorella. Prese con sè una parte delle sue munizioni e le ammucchiò dietro all'arbusto che appariva stranamente verde e rigoglioso. Come i gatti si acquattano per poi avvicinarsi con passo felpato alla propria preda, così Clio raggiunse il fratello, balzando improvvisamente e silenziosamente al suo fianco.

«Eccomi» sussurrò la ragazzina. Erik la guardò soddisfatto. Era molto fiero di lei: stava facendo progressi. Non l'aveva neanche sentita arrivare.

Si inginocchiarono a terra e attesero che Adrian si avvicinasse. Continuando a tastare il terreno, il fratello più grande era ormai a pochi metri da loro, sempre estraniato dal mondo che lo circondava. Erik sghignazzò: era arrivato il momento.

«Tre, due, uno... via!» disse per poi lanciare due palline contemporaneamente. Anche Clio tirò una munizione, emettendo un gridolino euforico.

Adrian neanche si voltò. Una pallina gli si schiantò sulla testa, poi un'altra sulla schiena e un'altra ancora su un braccio. Non sembrò neanche accorgersene.

Stupito, Erik strinse più forte la sfera ghiacciata che aveva in mano. "Come è possibile? Di solito si arrabbia sempre" pensò corrucciato. Lanciò altre palline dritte verso il fratello, e lo stesso fece Clio. Tutte colpirono il loro bersaglio, ma Adrian continuava a rimanere impassibile. La foschia lo avvolgeva di mistero, come a formargli attorno un'armatura di ghiaccio. Mille fiocchi bianchi cominciarono a danzare attorno al suo corpo, per poi posarsi al suolo simili a schegge di vetro.

Il ragazzo dagli occhi glaciali fissò per qualche secondo il maggiore. La frustrazione ribolliva nel suo cuore come un fuoco ardente. «Insomma, reagisci!» gridò con tutta la forza che aveva nei polmoni. Aveva ormai perso il controllo di sè e si ritrovò a sbracciare con una pallina in mano, che poi scagliò brutalmente contro il fratello.

Clio, intanto, assisteva alla scena, spaventata dalla reazione del fratello. Per un momento vide gli occhi del giovane scintillare come gelidi cristalli, rilasciando un'aura azzurra come l'acqua ricoperta dalla brina.

Adrian si alzò all'improvviso e sollevò una mano, afferrando al volo il freddo proiettile, come se fosse stata una palla piena d'aria. Gli occhi neri erano fissi sul fratello minore, ancora in uno stato di tranche. All'improvviso, il giovane principe rinvenne e vide l'espressione severa del più grande. Cominciò a tremare violentemente e senza controllo.

"Eppure non ho freddo, né paura" pensò battendo i denti.

«Erik, sempre il solito mascalzone...» borbottò Adrian lanciando la pallina a terra.

«Dai fratellone, era solo uno scherzo! Dov'è finito il tuo senso dell'umorismo?» scherzò Erik forzando una risata, senza comunque smettere di fremere. Adrian lo guardava come se avesse avuto intenzione di balzargi addosso da un momento all'altro, come una tigre delle nevi. Il più giovane fece un passo indietro, mosso da un improvviso timore. I tremiti divennero più potenti, e cominciavano a provocargli dolore.

All'improvviso, il volto di Adrian si addolcì, fino ad assumere una sfumatura di divertimento. Erik si stupì di vedere quel cambiamento nel ragazzo più grande. Anche il suo corpo sembrò rilassarsi, smettendo di scuotersi incontrollato.

«Rilassati, fratellino. Non ti voglio mica ammazzare per avermi tirato addosso qualche pallina. In fondo, non è mica la prima volta che lo fai» disse il giovane dagli occhi riflettenti il buio della notte. Il minore ridacchiò, nervoso, strofinando la mano sinistra sul braccio destro.

«Solo, la prossima volta non farlo più. Come avrai sicuramente notato, stavo cercando qualcosa di importante, e tu e Clio avete interrotto la mia ricerca» esclamò poi indicando la principessina che se ne stava ancora nascosta dietro al cespuglio. Presa in causa, la bambina sbucò fuori con cautela e fece timidamente qualche passo in avanti.

«Cosa stavi cercando? Se ce lo dici, possiamo aiutarti a trovarlo» disse Clio con la sua vocina dolce e acuta. Erik inizialmente scosse la testa, in disaccordo, ma poi la sorella gli diede una gomitata e, gemendo, annuì.

«Grazie ragazzi, ma non serve. Posso trovarlo anche da solo. Oh, eccolo là!» gridò allungando un braccio. I due più piccoli si girarono in quella direzione e notarono, a pochi metri da loro, un bagliore azzurro, che risaltava nella neve come un fiordaliso in un campo. Corse in quella direzione e afferrò l'oggetto appoggiato a terra: era un medaglione. Il cordino, in argento puro, sorreggeva un grande zaffiro di un blu luminoso e, apparentemente, gelido. Lo strofinò un momento tra le mani, probabilmente per riscaldarlo, per poi allacciarselo al collo.

«Non avevo mai notato quella collana, Adrian. Sai, ti dà un certo tocco di eleganza. Da quanto tempo porti addosso gioielli femminili?» sghignazzò Erik, ricevendo in cambio un'occhiataccia da parte del fratello.

«Mi piace e basta. E poi, ha un valore inestimabile. Non potevo accettare di averlo perso. Sapete, apparteneva a nostro padre, e lui mi ha fatto promettere che l'avrei sempre protetto, a costo della mia stessa vita» disse il maggiore accarezzando l'enorme gemma color del cielo che brillava più forte al contatto con le sue dita.

«Ah, ah! Allora mio fratello non è così scrupoloso e attento come pensavo! Era riuscito a perdere un oggetto così prezioso!» esclamò il giovane dagli occhi di ghiaccio, ridendo.

«E smettila! Non sei affatto divertente!» gridò Adrian dirigendosi verso la porta del castello.

Erik e Clio lo guardarono stupiti, attoniti, immobili in mezzo a quel campo bianco, simili a due fragili alberelli circondati dalla neve.

«Uff, che irascibile... Chissà perchè se l'è presa così tanto. Era solo uno scherzo!» si domandò Erik, continuando a puntare lo sguardo verso la porta attraverso la quale era appena sparito Adrian.

Ecco un nuovo capitolo! Che ne pensate dei personaggi apparsi finora? Come mai Adrian avrà reagito così? Alla prossima!

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