Passa il tempo.

*Evangeline*

Passarono gli anni e mentre il Sole e la Luna continuavano a danzare nel loro ritmo frenetico, anche il mio corpo si alzò e mi plasmò in una giovane donna.

Le ali del vento mi avevano portata ad
Ellesméra, la capitale degli elfi con Eiansil, in una piccola casetta nella misteriosa Du Weldenvarden.

Ma nonostante le tradizioni e le nozioni che mi stavano insegnando, col tempo, mi accorgevo sempre di più di non appartenere a quel mondo. O almeno di non essere trattata come tale. Capii solo in seguito che essendo io una semplice mortale, loro non potevano relazionarsi con me, poiché sarebbe stato troppo doloroso per loro subire una perdita; non abituati alla visione della Morte.

Arya, che solo più tardi compresi essere la regina in carica, anche lei come gli altri mi stava alla larga, ma tenendosi sempre come scudo la sua temibile lama che lasciava ciondolare nel fodero della cintura.

Così, in quel paradisiaco vivere nella natura, rimasi sola, consolata solo dalle lettere che scambiavo con Eiansil ogni giorno. Conservavo tutte le buste che mi spediva in una scatolina in legno regalatomi da Sofia al mio dodicesimo compleanno. La custodivo gelosamente nella piccola cavità di un Olmo. A volte mi capitava di sedermi su quest'ultimo e ritrovarmi a sospirare rileggendole.

Così, in una fresca mattina primaverile, con la nuova lettera nella tasca interna del mantello, mi incamminai verso il bosco per sistemare la nuova busta nell'Olmo.
Oggi si prospetta una splendida giornata.
Pensai poco prima di uscire.

*Eiansil*

Che splendida giornata..
Pensai guardando il cielo.

Sospirai dirigendomi verso la finestra del mio studio. Il Sole abbracciava Elésméra, facendo giochi di luce sui curiosi oggetti del mercato nella piazzola ad ovest, mentre rendeva il bosco come una calda coperta di foglie argentate.

Riportai lo sguardo al passato, costernato per quella solitudine a me imposta. Arya voleva che fossi al sicuro, lontano da quella "bambina piccola ed ingenua" che vagava tutti i giorni nei boschi, facendomi distrarre dai doveri reali. Così, la regina decise di portare Evangeline, la mia piccola Niernen (Orchidea), lontano dal castello dove ormai risiedevo. Abituato alla sua presenza giovanile, caddi per alcuni anni in depressione, sollevato solo dalle lettere che ancora scambiavo con lei.

Un bussare di porta mi riportò bruscamente al presente, quando Arya fece il suo ingresso accompagnata dalle sue fidate ancelle. - Buone nuove mio giovane apprendista! - Mi voltai lentamente verso di lei. - Sarebbero? - Chiesi diffidente. Mi osservò contrariata. - Oggi la riunione col consiglio è saltata, potrai avere il pomeriggio libero! Vuoi approfittarne per un ripasso di diplomazia? - Sospirai affranto. - Non posso, o almeno non riesco, in quanto la mia mente in questo momento è concentrata su una libertà a me non concessa. - Arya scattò verso di me colma di rabbia. - Mai un ringraziamento, nemmeno il minimo impegno per fingere gratitudine da parte tua! - Mi osservò, i suoi occhi vibravano di impazienza. - Ebbene... - Iniziò riprendendo compostezza dopo un respiro profondo. - Ti concedo questa libertà per il pomeriggio, ma sia chiaro che non potrai avvicinarti alla comunità, solo alle foreste, in modo da esser visto il meno possibile. - Io annuii, ma la mia mente era già sulle fronde degli alberi. Poi, forse accorgendosi della mia disattenzione, guardò la sua scorta di ancelle ed aggiunse. - Fanje e Viride controlleranno che tu sia al sicuro, mi raccomando Eiansil, non farmi pentire della fiducia che ti ho riposto. - Chinai il capo e sorridente uscii da quella gabbia dorata col cuor leggero.

*Evangeline*

Stavo passeggiando da ore nella foresta, avevo appena trovato l'Olmo che custodiva il mio più amato tesoro,
quando sentii una dolce melodia. Una soave cantilena la accompagnava, portandomi a desiderare di raggiungerlo. Feci pochi passi, ma già mi bastarono a perdermi tra i diversi alberi secolari e lentamente mi ritrovai affianco ad un vecchio salice.

"Du Vrangr Gata, du Erisdar, naina niernen du Helgrind.

Ono ach néiat threyja eom verrunsmal edfha. Sundavrblaka thrautha stenr,vaetna
Ilia..."

(Il tortuoso cammino, delle Lanterne senza fiamma, illumina l'Orchidea dei Cancelli della Morte.

Tu non vuoi combattere contro di me.
Ali d'ombra scagliano pietre, disperdendo felicità... )

Le parole erano tristi, ma si accompagnavano in sintonia con la melodia di un liuto dalle fini decorazioni celtiche.

Puntai lo sguardo verso i rami del vecchio albero e vi ritrovai due occhi verdi che mi osservavano curiosi.

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