Extra II - Liberi dal Passato (seconda parte)

Bridget

Il Blå Lys è come lo ricordavo: la luce blu che colora la pelle, la musica a tutto volume nelle orecchie, i corpi dei clienti che ondeggiano al centro della pista, cozzando tra loro.

La canzone che sta intonando la band accompagna i movimenti delle persone che ballano. In una perfetta armonia di percussioni, corde strofinate e voce, Finn e i ragazzi, dall'alto del palco, dominano il locale. È impossibile non essere rapiti dalla loro musica e trattenere i muscoli dall'impulso di muoversi a ritmo delle note.

Sono ancora più bravi di quanto lo fossero l'anno scorso. Ero così entusiasta all'idea di tornare al Blå Lys, per sentirli di nuovo suonare  che non ci ho pensato due volte prima di acconsentire a seguirli in discoteca.

Come ai vecchi tempi, Thea mi ha rimediato un abito da indossare. Abbiamo parlato per ore, mentre mi aiutava a prepararmi. Di lei e Finn, di me e Mason, di Oslo, di New York. Non mi ero resa conto di quanto mi mancassero lei e la sua loquacità contagiosa, prima di oggi.

Anche i signori Larsen – che sono tornati a casa un attimo prima che ce ne andassimo – sono stati felici di rivedermi. Agnes era entusiasta, e anche suo marito, nonostante provasse a camuffarlo sotto il suo carattere burbero. Devo ancora tanto ai genitori di Finn, per avermi ospitato quando non avevo un luogo dove stare.

«Ti mancava questo posto?»

La voce di Karina mi distrae. Mi scruta, seduta davanti a me, dal lato opposito del tavolo che abbiamo occupato. I suoi occhi cerulei, sotto le palpebre e le ciglia truccate di nero, spiccano come gemme nella roccia.

Annuisco. «Forse è il mio posto preferito di tutta Oslo.»

«Come darti torto» conferma. Sposta lo sguardo alla mia destra e si sporge in avanti, per dirmi qualcosa. «Ma quella divinità del tuo ragazzo non sembra tanto d'accordo.»

Volgo l'attenzione a Mason, seduto al mio fianco. Il Generale si osserva intorno, i lineamenti piegati in un'espressione spaesata e illuminata dai fanali blu del locale. La camicia bianca che gli ha prestato Finn gli sta un po' stretta e non si è preso la briga di sistemarsi i capelli, che gli ricadono in ciocche scombinate sulla fronte, ma ha comunque un aspetto divino, come ha detto Karina.

«Non era mai stato in discoteca. Sai, l'addestramento militare e tutte le costrizioni» abbozzo una scusa parzialmente vera.

«Poverino. Non sa cosa si è perso.» Karina gli lancia un'occhiata compassionevole, che Mason non intercetta, troppo preso a studiare i movimenti di un gruppo di ragazzi ubriachi che si dimenano al centro della pista.

Soffoco un risolino e torno a guardare la band, che ha attaccato con una seconda canzone. Anche Karina li sta osservando. Poi, noto che le sue pupille sono fisse su uno dei ragazzi in particolare.

Simon, al centro del palco, è la voce solista, con i riflettori puntati contro e gli occhi delle ragazze che lo divorano. Ma quelli di Karina non lo ammirano con desiderio. Il suo sguardo è triste, sconsolato, lo sguardo di chi vuole disperatamente qualcosa e sa che non potrà mai averla.

«Non gli hai ancora detto cosa provi?» le domando.

La sua bocca si curva in un sorriso amaro. «A cosa servirebbe? Lui è ancora innamorato di te.»

«È passato quasi un anno» le ricordo.

«Non ha più frequentato nessuna, da allora.»

Sgrano le palpebre. «Cosa?»

«Credo che la storia con te lo abbia ferito più di quanto immagini.»

Mi sento artigliare dai sensi di colpa, violenti e improvvisi. Simon non ha più intrapreso una relazione, dalla nostra rottura, ed è colpa mia. L'ho distrutto. «Non volevo fargli questo.»

«Lo so» sospira, «ma forse dovresti dirlo a lui.»

Faccio per risponderle, ma vengo frenata dai ragazzi che ci raggiungono. Non mi ero accorta che avessero smesso di suonare. Con loro c'è anche Thea, mano nella mano con Finn, che ha seguito l'esibizione da dietro le quinte.

«I re hanno spaccato di nuovo!» esclama Arthur, sollevando un coro di conferme esaltate dai suoi compagni.

«Siete i migliori» si complimenta Karina.

«Beh, come sempre» aggiunge suo fratello.

«Siete bravi, ragazzi, davvero» commenta Mason. «Bree mi aveva detto che eravate pazzeschi, ma non credevo fino a questo punto.»

Arthur mi posa una mano sulla spalla, facendomi un occhiolino. «Grazie per la pubblicità, Bridget.»

Karina scatta all'in piedi. «Chi viene a ballare con me?»

«C'è bisogno di chiederlo?» risponde Thea.

Segue Karina, trascinando Finn con sé, e i tre spariscono in mezzo alla folla che ingombra la pista da ballo.

«Noi andiamo a prendere da bere» annuncia Arthur. «Mason, vieni?»

Il mio ragazzo acconsente, aggregandosi ad Arthur, Ìsmar e Simon. Prima il gruppetto si incammini, mi alzo precipitosamente, richiamando la loro attenzione.

«Simon» esalo, «aspetta. Devo... devo parlarti.»

Il ragazzo sembra più che stupito dalla mia richiesta, e lo sono anche gli altri, alle sue spalle.

«Certo. Okay» mormora il diretto interessato.

Arthur e Ìsmar non si soffermano su di noi e si dirigono al piano bar. Solo Mason tentenna, inchiodandomi con i suoi occhi neri. Mi sforzo di sorridergli, per fargli capire che ho tutto sotto controllo, e lui mi dà le spalle, allontanandosi dietro ai due membri della band. Mi siedo di nuovo e Simon prende posto davanti a me, dove prima c'era Karina.

«Dimmi» mi esorta gentilmente.

Prendo un respiro profondo, per farmi forza. «Io... io ho bisogno di chiarire una cosa.»

Sono sicura che abbia già intuito la piega che prenderà il discorso, ma fa finta di niente. «Di che si tratta?»

«Karina mi ha detto che tu... che non sei stato più con nessuna, dopo... beh, noi

Espira, abbandonandosi contro lo schienale. «Te l'ha detto, quindi.»

Annuisco piano, quasi con timore. «È vero?»

«È vero» conferma. «Non sono riuscito a frequentare altre.»

«Dio, Simon, perché

«È che pensare a ciò che siamo stati mi distrugge» confessa. La sua voce è debole, intrisa di agonia e rotta, un sussurro tra la musica che infuria tutt'intorno, ma le sue parole mi arrivano comunque. Mi arrivano e mi colpiscono brutalità.

«Non immagini quanto mi penta di averti fatto questo» dico, consapevole che le mie scuse non saranno mai sufficienti per risollevarlo.

«Non devi. Ti ho già perdonata. L'ho fatto quando sei venuta all'università a scusarti, prima di partire, ricordi?»

«Ma tu non l'hai ancora superata» ribatto. Non sei ancora guarito dal male che ti ho inflitto.

«Certe cose non le dimentichi. Mi hai dato momenti di pura felicità, anche se ora appartengono al passato. Prima o poi capirò che sono solo ricordi e che non è rimasto niente.»

Allungo una mano sulla superficie del tavolo che ci divide e la poso sulle sue nocche. «Promettimi che proverai a essere di nuovo felice, con qualcun altro, un giorno.»

Gli scappa una risata amara e strozzata. «E con chi?»

Guardo un punto preciso della pista da ballo alle sue spalle e lui segue la traiettoria dei miei occhi, scorgendo la ragazza bionda che danza secondo il ritmo della musica.

«Dalle una possibilità» lo incoraggio.

Simon distoglie l'attenzione da Karina, riportandola su di me. Sembra incerto. «Credi che lei...»

Faccio un cenno d'assenso, senza lasciargli terminare la frase. «Ne sono sicura.»

«Non so se ci riesco ancora.»

«Provaci. Prova a farla innamorare. Conquistala, come hai fatto con me.»

La sua espressione vacilla tra desiderio e paura. «Se dovesse finire di nuovo male, Bridget? Non sono pronto a un secondo cuore spezzato.»

«Nessuno è mai pronto per niente, quando si tratta di amore. Ma, se non ci provi, come fai a sapere se riceverai un cuore spezzato o qualcosa che te lo aggiusti?»

«Hai ragione» ammette, dopo un attimo di silenzio. «Devo almeno provarci.»

Gli sorrido. «Cosa aspetti, allora?»

Simon si alza. Prima di correre da Karina, però, fa il giro del tavolo e mi raggiunge. Poi, contro ogni previsione, mi incastra in un abbraccio che sa di affetto, gratitudine e anche di un po' di tristezza.

«Mi dispiace di averti spezzato il cuore» gli bisbiglio nell'orecchio, ricambiando la sua stretta.

«Lo so, ma adesso si va in cerca di quel "qualcosa che lo aggiusti", no?»

«Proprio così.»

Simon scioglie l'abbraccio, mi sfiora di sfuggita la fronte con le labbra e mi sorride un'ultima volta, per poi raggiungere Karina. Si unisce a lei, Thea e Finn, diventando parte della folla che si muove a tempo delle note musicale. Riesco a scorgere da qui l'espressione di Karina che si illumina, quando Simon comincia a ballare con lei. Thea si fa leggermente da parte, per lasciare spazio ai due, mentre Finn si sposta nella mia direzione.

Si siede al posto alla mia destra, con un sospiro stanco. Ha la fronte imperlata di sudore e i capelli biondi in disordine, a causa del ballare sfrenato.

«Stai cercando di metterli insieme?» Indica Karina e Simon.

«Solo di rimediare ai danni che ho causato.»

Lui mi studia con i suoi occhi limpidi. «Mi mancavi» asserisce, d'un tratto.

«Anche voi a me.»

«Avevamo tutti nostalgia della tua presenza. Persino Karina.» Ridacchiamo, ricordando come non andassi proprio a genio a sua sorella, all'inizio. Torna serio e continua: «Thea non smetteva di chiedere di te. Si aspettava che la contattassi o che ti facessi viva, durante l'anno. Non sapevo come spiegarle che non potevi

«Ne abbiano parlato prima di venire qui. È stato difficile farglielo capire senza dirle chi sono davvero, ma ha creduto alla scusa del telefono rubato, per fortuna.»

Mi ha fatto male mentire a Thea in quel modo, ma non avevo scelta. Era convinta che mi fossi scordata di lei e della sua amicizia, e dirle che mi era stato rubato il telefono e che avevo perso ogni contatto sembrava l'unica maniera logica di consolarla.

«Anche per me è difficile capirlo» rivela. «Sei completamente sparita.»

Gli scocco uno sguardo dispiaciuto. «Avrei voluto, davvero, ma era tutto un casino, con gli Arcandidi. Adesso va un po' meglio, perciò sono riuscita ad ottenere il permesso di venirvi a trovare.»

«Mason ha detto che vi state riprendendo dalla guerra.»

«È così. Ci stiamo provando, perlomeno. Non è facile rimettere in piedi una popolazione, dopo anni di massacri.»

«Sono sicuro che stai facendo un ottimo lavoro, con Arcandida. Sei l'unica persona al mondo che può ridare loro speranza» dichiara, con dolce sicurezza.

«Beh, sono l'unica persona non umana che conosci al mondo» preciso, suscitando a entrambi una risata.

Io e Finn parliamo per un po'. Adesso ricordo la sensazione che provavo durante le chiacchierate con lui: totale fiducia e tranquillità. So che posso dirgli ogni cosa, a partire dai problemi economici e politici del mio regno a quanto sia stressante il ruolo di Regina, da come stanno i miei amici a come prosegue la relazione con il mio ragazzo. È così semplice buttare fuori i pensieri, in sua presenza.

E lo è anche ascoltare. Mi racconta della band, dell'università, di Thea. Tra poco festeggeranno il loro primo anniversario e ha intenzione di organizzarle una sorpresa indimenticabile.

«A proposito di sorprese...» esordisco, lasciando in sospeso la frase. Recupero la tracolla che ho appeso allo schienale della sedia e scavo al suo interno. Trovo il pacchetto regalo e lo porgo a Finn. «Questo è per te. Buon compleanno.»

Il ragazzo afferra la scatolina e la priva del rivestimento di carta colorata. La apre e, sotto il mio consiglio di essere delicato, estrae il regalo.

Prende con cura tra le mani la palla di vetro e la avvicina al viso, per esaminarla. Il piedistallo è d'argento, con incisioni in lingua antica, e all'interno della sfera c'è una miniatura del palazzo reale di Arcandida. Intorno al castello di gelo, piccole case e la sagoma di una foresta, intagliate nel ghiaccio puro.

«Quello è il Palazzo di Ghiaccio. Casa mia» gli spiego. «Adesso scuotila.»

Con estrema attenzione, agita la palla di vetro, e un vortice di minuscoli fiocchi di neve avvolge il Palazzo. Lo sguardo di Finn è incantato, fisso sulla rappresentazione ridotta di Arcandida.

«È meraviglioso, Bridget» sussurra, ammaliato dalla nevicata all'interno delle pareti di vetro. Sposta lo sguardo su di me. «L'hai chiamata "casa".»

«È ciò che è per me. Il posto dove devo e voglio stare. Il mio posto.»

«Significa che adesso sei... libera?»

Colgo le domande a cui non ha dato voce. Sono libera dagli incubi, dal dolore, dalla rabbia, dalle incertezze? Sono libera dal caos?

I miei occhi si posano prima su Arcandida, dentro la sfera di vetro. Poi, setaccio la folla, e due iridi nere incontrano le mie, lo sguardo profondo del Guerriero in fila al bancone che mi osserva.

La risposta arriva nell'istante in cui Mason incurva le labbra, donandomi un sorriso che scorgo da qui.

«Sì» dico a Finn, «sono libera.»

****

Il momento degli addii è sempre il più difficile, specialmente se non sai quando ci sarà un ritorno.

Abbracciare i miei amici e salutarli mi causa una nostalgia violenta. Li stringo tutti, dal primo all'ultimo, uno per uno, godendomi quei pochi minuti che ho a disposizione con ognuno di loro.

Il pensiero di dover lasciare la Norvegia è più doloroso del feroce mal di testa che mi attanaglia da quando stamattina ho aperto gli occhi, in hotel, dopo una nottata trascorsa a bere a ballare. Sia io che Mason vorremmo poter restare più tempo, ma dobbiamo ripartire ora, per essere di ritorno a New York quando il portale per Arcandida verrà aperto.

«Giurami che mi scriverai» mi ordina Thea, quando la circondo con le braccia per salutarla.

Glielo prometto, stavolta per davvero, e la lascio andare. Lei era l'ultima, perciò i saluti sono ufficialmente finiti e io devo andare via. Mason, al mio fianco, mi adagia una mano tra le scapole, per incoraggiarmi a raggiungere il taxi. Abbiamo già caricato le valige e il conducente sta impazientemente aspettando che saliamo a bordo.

«Tornerete a trovarci?» ci domanda Finn.

«Faremo il possibile» promette Mason.

Prima di seguire il mio ragazzo sul taxi, tiro l'ultima occhiata al gruppo, appostato sul ciglio della strada che costeggia l'abitazione dei Larsen. Guardo Arthur e Ìsmar, l'uno il completo opposto dell'altro, ma che mi hanno salutata entrambi con le lacrime agli occhi. Karina e Simon, che si tengono per mano, segno che stanotte qualcosa è scattato tra i due. Poi Finn e Thea, che non ringrazierò mai abbastanza per aver trasformato Oslo da un rifugio temporaneo a un luogo in cui sentirmi amata, con la loro amicizia.

Esattamente come un anno fa, entro nel taxi e dico silenziosamente addio ai ragazzi. Stavolta, però, è un arrivederci. Un a presto. Non ne sono mai stata più certa.

Il veicolo parte, diretto verso l'aeroporto. Io e Mason non parliamo, durante il tragitto, persi a guardare dal finestrino le strade della città che si è presa una parte di noi. Una volta che l'autista inchioda davanti alla destinazione, paghiamo il conducente e scarichiamo i bagagli. Le procedure per imbarcarci non ci rubano troppo tempo e dopo poco siamo seduti ai nostri posti, sull'aereo. Stavolta ci sono io, accanto al finestrino, data la paura di Mason per il volo.

Lancio uno sguardo oltre al vetro. Il mezzo è ancora fermo, circondato dagli stabilimenti dell'aeroporto, in lontananza il profilo dei monti innevati e lo specchio placido dell'acqua dei fiordi.

L'aereo si mette in moto. Avanza lungo la pista di decollo e i contorni del mondo esterno si fanno sfocati. Mentre ci prepariamo al decollo penso che mi mancherà, Oslo. È stata casa mia, quando ero una fuggitiva in cerca di un posto dove stare. Un pezzo di me le apparterà per sempre.

Mi abbandono di schiena contro il sedile, rilasciando un sospiro di sollievo. Un altro peso scivola giù dalle mie spalle. Stavolta è l'ultimo, lo so. Non ce ne sono altri. Mi sento leggera come non mai.

Adesso sono completamente libera, libera dal passato. Ho chiuso l'ultimo capitolo lasciato in sospeso. D'ora in poi, devo concentrarmi solo sul presente. E, magari, chissà, iniziare a fantasticare sul futuro.

«Ciao, Oslo» bisbiglio tra me, scrutando la città che mi scorre davanti agli occhi.

«Si torna a casa» annuncia Mason. «Felice?»

Mi giro a guardare il mio ragazzo, la postura rigida contro il sedile e i muscoli tesi per l'ansia da volo. Gli sfioro una mano, per tranquillizzarlo.

«Non potrei esserlo di più.»

«Bene. Io lo sarò quando scenderò da questo incubo

Rido e l'aereo decolla, librandosi dal suolo norvegese.

Spazio Autrice

Ecco qui la seconda parte dell'extra ambientato in Norvegia❤

Torniamo nel locale che è stato il centro di alcuni importanti momenti di LEDT, quando Bree abitava a Oslo, e abbiamo la nostra protagonista alle prese con i suoi amici e qualche problema di cuore.

Karina è innamorata di Simon, che però non ha ancora dimenticato la sua storia con Bridget. Lei e Simon riescono a chiarire la faccenda, alla fine, e lui decide di dare una possibilità a Karina. Come trovate questa nuova coppia?

Bree e Mason devono tornare ad Arcandida e salutare i ragazzi e Oslo, che mancherà un sacco a entrambi. Nonostante ciò, adesso la nostra Bree è definitivamente libera da ogni peso. Era ora, no?

Se questo extra vi è piaciuto, ditemelo con un commento o una stellina! E preparatevi al prossimo, perché sarà davvero molto importante.

Xoxo⚜

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