Extra I - Il Punto di Partenza
Bridget
Schiaccio il pulsante e sento lo scampanellio del citofono che si propaga all'interno dell'abitazione.
La paura mi azzanna.
Mordo il labbro e stritolo tra le dita il manico della tracolla che porto. Indirizzo una mano alla testa, sicura di trovare la corona, per aggiustarla come faccio ogni volta che sono nervosa, ma sfioro solo l'aria e i capelli.
Ricordo che non la indosso. Abbasso lo sguardo sui miei abiti, stranamente comuni. Mi ero quasi abituata, a quei vestiti sofisticati e cosparsi di ricami preziosi. Quasi.
A distrarmi è la porta che si apre. Sulla soglia, un uomo che non ho mai visto. Ha gli occhi piccoli e scuri e una folta chioma di riccioli neri, striati dal grigiore dell'età avanzata. Mi scruta, confuso quanto me.
«Jake» lo chiama qualcuno, dall'interno della casa, «chi è?»
Il mio cuore perde un battito, quando riconosco la sua voce. Mi era mancata così tanto che le lacrime mi pungono dietro agli occhi e mi coglie l'impulso di precipitarmi dentro, per correre ad abbracciarla.
«È per te, Amber» le risponde l'uomo. Dal modo in cui mi osserva, credo che abbia capito chi sia la ragazza davanti a lui.
Amber lo raggiunge l'ingresso. Jake si sposta, facendo spazio alla figura di una donna. I suoi capelli rosso fuoco, che adesso arrivano appena a sfiorare le spalle, sono molto più corti di come li ricordavo. Gli occhi azzurri sono gli stessi, invece. E si spalancano e si riempiono di stupore e lacrime interdette, esattamente come è successo l'ultima volta che sono stata qui.
«Ciao, mamma» sussurro, con le labbra che non vogliono stendere la piega di felicità che si è creata sul mio viso.
Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo di un anno, catapultata in quella soleggiata mattina autunnale in cui ho dovuto abbandonarmi la mia casa alle spalle. Sono tornata al punto di partenza, dove è iniziata la mia battaglia e dove è finita la mia normalità, ma stavolta è tutto diverso.
Stavolta sono libera.
Le lacrime divorano il volto di mia madre. Oggi, sono io la prima a muovermi: faccio un passo in avanti e getto le braccia intorno al suo collo, stringendola come non facevo da troppo tempo. Mamma ricambia l'abbraccio e mi piange sulla spalla, singhiozzando e abbracciandomi forte.
«T-tesoro» farfuglia tra le lacrime. «Sei... sei tornata.»
«Te l'avevo promesso, mamma» le bisbiglio all'orecchio, lasciando che le sue braccia mi avvolgano con disperata gioia. «Ti avevo detto che sarei tornata quando sarei stata felice, ricordi? Ed eccomi qui.»
Si separa da me e annuisce più volte, asciugandosi le lacrime. Mi prende il viso tra le mani e mi scruta con i suoi occhi, limpidi come il cielo di Arcandida d'estate.
«È tutto finito, allora?» mi chiede, alludendo alle parole della lettera che le ho scritto mesi fa.
Sorrido. Mi sento scoppiare di sollievo e felicità, ogni volta che lo dico ad alta voce. «Sì. È tutto finito.»
«Oh, Bridget, mi sei mancata così tanto» mormora, tra le crepe dell'emozione e i singulti. «Ci sei mancata. A tutti noi.»
«Posso... posso entrare?» le domando, un po' incerta.
Il sorriso che mamma mi regala è dolce e splendente. «Certo, amore mio. È casa tua, questa.»
Mi posa delicatamente un braccio dietro la schiena e mi invita a seguirla all'interno di quella che era la mia abitazione, fino a un anno fa. Jake chiude la porta e ci raggiunge, in silenzio.
Casa Stewart non è cambiata di una virgola. Lungo il corridoio che conduce in sala sono appese le solite cornici; all'appendiabiti sono agganciati vestiti familiari. Il soggiorno è ampio e luminoso come lo era quella mattina di settembre, con il grande divano bianco e il televisore davanti, mentre dalla cucina proviene l'aroma di biscotti in forno e stoviglie lavate.
«Siediti pure» mi incoraggia la mamma. «Vado a chiamare Elena.»
L'impazienza mi stringe il cuore, aumentandone i battiti. Non vedo l'ora di riavere la mia sorellina tra le braccia.
Amber imbocca le scale e sale al piano superiore, lasciando me e Jake da soli in soggiorno. L'uomo mi scruta, curioso, lo sguardo acuto incorniciato da qualche ricciolo ribelle che casca sulle tempie.
«Ti ha parlato di me, vero?» gli chiedo, non riuscendo a trattenermi.
Annuisce. «Sei sua figlia.»
Anche se mi fa ancora male, mi sento in obbligo di specificare. «Non sono esattamente sua...»
«Lo so» mi blocca Jake. «Ma per lei sei questo, e direi che il resto non ha importanza.»
Ringrazio Jake con un debole sorriso. Vorrei chiedergli chi è e perché mamma sembra conoscerlo tanto bene, al punto da confidargli della mia adozione, ma Amber torna da noi.
Non è da sola. Tiene per mano una bambina che le arriva poco sopra l'anca, con i capelli talmente lunghi da sfiorarle le cosce e gli enormi occhi verdi che mi fissano.
I miei si colmano di lacrime, mentre mi inginocchio e spalanco le braccia, pronta ad accoglierla. Elena non esita e molla la mano di nostra madre, fiondandosi da me. La stringo forte e intreccio le dita tra i suoi capelli lunghissimi e del colore del fuoco e lei preme il viso contro il mio collo.
«Sei tornata!» esclama, contenta, circondandomi con le sue braccia sottili.
«Sì, Lenny» bisbiglio, mordendo le labbra per non scoppiare in lacrime. «Sono tornata.»
Elena si libera dalla mia presa e un sorriso brilla sul suo volto puntellato di lentiggini. «Stavolta resti a giocare, vero?»
Rido a dispetto delle lacrime che mi pizzicano le palpebre. «Per tutto il tempo che vuoi.»
Emette un urletto di gioia. Poi, nota la tracolla che ho appesa sulla spalla e la strattona piano, gli occhioni genuinamente interessati. «Cosa c'è qui dentro?»
«Una sorpresa per te.» Mi alzo e apro la borsa. «Chiudi gli occhi. E non sbirciare.»
Fa come dico e io estraggo il regalo che le ho portato da Arcandida. Glielo posiziono con delicatezza sulla testa, il posto dove deve stare, poi dico le dico di aprire gli occhi e cercare uno specchio. Lenny corre nell'atrio, dove ricordo essere affissa una piccola lastra riflettente, e il suo grido di entusiasmo ci giunge fin qui.
«Mamma!» strilla, precipitandosi in sala. «Guarda cosa mi ha regalato Bree!»
Amber, che è rimasta a osservare l'intera scena in silenzio, fa un'espressione meravigliata. «È bellissima.»
Sulla testa rossa di Elena splende una delle numerose corone che ho recuperato dalla cabina armadio della stanza della Regina, al Palazzo, un intrico di fili d'argento su cui svettano smeraldi piccoli e rotondi, che richiamano il colore degli occhi di Elena.
«Wow» commenta Jake, guardando la tiara, «sembra vera.»
Mi scappa un sorriso.
Lenny corre in camera sua, probabilmente per giocare a fare la principessa, mentre Jake va in cucina a preparare del tè, sotto ordine di mamma. Lei si accomoda sul divano e io l'affianco, lasciando scivolare la tracolla vuota ai miei piedi.
«L'hai resa felicissima» sorride, alludendo a Elena.
«Sono stata via per così tanto. Era il minimo che potessi fare per farmi perdonare.»
Mamma mi sistema una ciocca dietro l'orecchio, sfiorandomi la guancia in una carezza materna che mi mancava come l'aria. «Non hai nulla di cui farti perdonare, tesoro.»
«Non mi detesti per essermene andata in quel modo?» domando timorosamente.
«Non potrei mai. Avrei dovuto dirti prima dell'adozione. Forse non te ne saresti andata.»
Scuoto la testa, in disaccordo con lei. «No, mamma, non è colpa tua. Ero destinata ad andarmene, e sarebbe successo in ogni caso. Ho capito qual è il mio posto e l'ho accettato. È stato difficile, ma ce l'ho fatta.»
«E i tuoi genitori?»
Vedo che questa domanda le fa male. Non dev'essere facile considerare la propria figlia come appartenente a qualcun altro.
«Parlo con Selene ogni giorno. Stiamo recuperando tutto il tempo perso. E mio padre...» Un pugno invisibile mi spezza lo sterno e mi strappa l'aria, quando ripenso all'uomo dagli occhi blu e neri che mi ha dato e distrutto la vita. Lo sento ancora, a volte. Capita che mi svegli urlando nel cuore della notte, perché una sezione del mio cervello non riesce a liberarsi dei ricordi, e non credo succederà mai. «... lui non è più un problema. Quasi. E poi c'è il marito di Selene. È un padre migliore di quanto possa desiderare.»
Mi stringe la mano nella sua, gli occhi lucidi di tristezza ma al tempo stesso sollevati. «Sono così felice che tu abbia ritrovato la tua famiglia.»
«Lo sei anche tu, mamma. Sei la mia famiglia.» Ricambio la stretta tra le nostre dita. «Lo sarai sempre. Sei stata tu a crescermi quando nessuno poteva farlo, e non ti sarò mai abbastanza grata per l'infanzia che mi hai regalato.»
Una lacrima commossa le riga la guancia segnata dalla prime rughe dell'età, e mi attira nuovamente tra le sue braccia.
A separarci è un rumore di vetro infranto e Jake che impreca ad alta voce dalla cucina. Sussulto, mentre mamma ruota gli occhi al soffitto.
«Tranquilla, sta bene. È il solito imbranato.»
Mi incuriosisco. A quanto ho visto, mamma ha una certa confidenza con quell'uomo. «State insieme?» le domando, quindi.
Mi sembra che arrossisca. «Jake e io lavoriamo insieme da una vita. Mi è stato vicino dopo il divorzio, mi aiutato con Elena e con la casa, perciò...»
«Non voglio che ti giustifichi, mamma. Voglio solo che tu sia felice» la freno. «Lo sei?»
«Come non lo sono da tempo.»
«Allora mi farà piacere conoscerlo meglio.»
Il suo sguardo limpido si rannuvola improvvisamente. «Credo che dovresti passare anche a salutare tuo padre. Si sta costruendo una nuova famiglia, con la sua compagna, ma gli manchi un sacco.»
«Non credo di farcela, oggi» mormoro. Le forze non mi bastano per affrontare anche mio padre e la sua fidanzata, la stessa per cui ha tradito la mamma.
«Parliamo di altro, allora» decide, scacciando l'espressione affranta dal viso. «Che mi dici di quel bel ragazzo che era con te, un anno fa?»
Un sorriso spontaneo mi scalda le labbra e il cuore, sentendo parlare di Mason. «Lui sta bene.»
«Voglio solo che tu sia felice. Lo sei?» mi rifila le mie stesse parole.
E la mia risposta non può che essere una. «Come non lo sono mai stata.»
Jake ci raggiunge, portando tra le mani un vassoio di legno dove sono appoggiate due tazze di tè e una di cappuccino. Posa le bevande sul tavolo di vetro davanti al divano e prende posto sulla poltrona, impugnando la terza tazza.
«Allora, Bridget...» sorseggia il suo cappuccino, «fino a quando resterai?»
Serro impercettibilmente le dita intorno alla ceramica bollente della mia tazza. «Non per molto. Devo ripartire entro stasera. Ho degli impegni, a casa.»
«Non puoi proprio restare?» protesta la mamma.
Scuoto la testa, dispiaciuta. Ricostruire daccapo una società non è semplice e richiede il sacrificio di ogni momento libero. I miei obblighi da Regina non sono contrattabili, e non posso lasciare tutto il lavoro sulle spalle di Ryan. Devo essere di ritorno ad Arcandida il prima possibile, per aiutare mio fratello.
Sento che la porta di casa viene spalancata e richiusa con forza, interrompendo la nostra conversazione.
È un rumore che ho imparato a riconoscere negli anni. Nessuno chiude la porta in quel modo, in questa famiglia, a parte lui. Il suono dei suoi passi lungo il corridoio e... la sua figura occupa la soglia del salotto.
Ci guarda tutti e tre, con le sopracciglia prima increspate di confusione poi incurvate verso l'alto, e le palpebre spalancate dallo stupore assoluto.
Gli occhi verdi di Matthew mi osservano con insistenza, e non resisto un solo secondo: lascio stare il tè e mi catapulto ad abbracciare mio fratello.
Lui è immobile e interdetto, all'inizio, ma quando comincio a piangere e a singhiozzare contro la sua spalla, rigettando tutte le emozioni trattenute finora, si risveglia e mi avvolge tra le sue braccia grandi e confortanti.
Questo posto mi era mancato più di ogni altra cosa. Io stretta a lui e le sue mani che mi accarezzano i capelli, scandendo l'aritmia del mio respiro strozzato dalle lacrime.
«Bree» dice, e dal suo tono capisco che sta piangendo insieme a me.
«Ce l'ho fatta, Matt.» Singhiozzo e rido contemporaneamente, il viso premuto sulla sua clavicola. «Ho vinto.»
«Sapevo che ce l'avresti fatta, sorellina» mi sussurra all'orecchio. «Sapevo che saresti tornata più forte di prima.»
Io e Matt restiamo incollati finché non esaurisco le lacrime e la sua stretta non inizia a farmi male. A quel punto, ci separiamo, e lui mi posa le mani sulle guance umide, studiando il mio viso e successivamente la mia intera sagoma.
«Ti ricordavo più bassa» dichiara, dopo un attento esame.
Ridacchio e lo spintono leggermente. «Anche io.»
Si fa serio. «Sei tornata per restare, stavolta?»
Mi distrugge vedere la speranza nel suo sguardo ed essere costretta a smentirla. «Non posso, Matt. Devo stare...»
«Con la tua famiglia?»
«Anche tu sei la mia famiglia» replico.
Lui sospira, ravviandosi i folti capelli biondo cenere. «Qualunque sia il motivo, tu sarai sempre la mia sorellina, Bree.»
E mi stringe nuovamente a sé.
Andiamo a sederci con mamma e Jake, che non hanno osato fiatare durante il ricongiungimento tra me e Matthew. Anche Elena ci raggiunge, con la coroncina di argento e smeraldi sulla testa, e la famiglia Stewart – o, meglio, ciò che ne è rimasto e si può ancora considerare tale – si ritrova riunita.
Mi raccontano tutto ciò che è accaduto mentre ero alle prese con Arcandidi e Ombre.
Scopro che durante il mio anno di assenza Matthew si è diplomato e ha trovato un lavoro part-time. Ha in programma di andare a convivere con Lucy, la sua ragazza, e non ne potrei essere più entusiasta.
Mamma ha definitivamente chiuso con papà e trovato in Jake la luce di un nuovo inizio. Stanno insieme da qualche mese, ormai. Questa relazione la fa stare bene, ed è tutto ciò che mi interessa.
Elena mi stila il reso conto di ogni cartone animato che ha visto e giocattolo che le hanno regalato. Di solito andrei fuori di testa dopo la prima ventina di nomi, ma adesso la ascolto interessata come non mai, perché non ho idea di quanto tempo passerà prima che possa rivederla.
Quando il sole comincia a tramontare, arriva il momento di andarmene. Ho ancora un'oretta di tempo, in realtà, ma devo passare a salutare un altro paio di persone, prima di tornare ad Arcandida.
Io, Matt e Lenny ci stringiamo in un abbraccio di gruppo, con la corona di Elena che si impiglia ai capelli e le braccia di Matt che ci ingabbiano. Lei mi piagnucola contro la spalla e lui non smette di ripetermi che mi vuole bene.
Saluto Jake con una stretta di mano e gli mormoro in un tono tra il minaccevole e il dolce di prendersi cura di mia madre. Poi passo a lei, e la abbraccio forte come non mai.
«Dove andrai a stare, adesso?» mi chiede, lisciandomi i boccoli. «Da Selene?»
«In un certo senso.»
Fa un sospiro sconfitto che mi colpisce la pelle. «Non mi dirai altro, vero?»
Mi stacco per guardarla negli occhi. «Non posso, mamma. Devi...»
«Fidarmi di te» conclude. «E lo farò sempre, tesoro. Ma, ovunque tu vada adesso, promettimi che non ti scorderai mai da dove sei venuta. Del tuo punto di partenza.»
«Te lo prometto, mamma. Questo non è un addio. Tornerò» giuro, e farò il possibile per rispettare la mia parola.
«Ti vogliamo bene, Bree» aggiunge Matthew.
Devo cacciare giù le lacrime. «Anche io ve ne voglio.»
Mamma mi apre il portone e, sulla soglia, mi giro a osservare la mia famiglia un'ultima volta, tutto ciò che resta della Bridget di New York.
Poi me li lascio alle spalle. Stavolta, però, al contrario dell'anno scorso, non percorro il vialetto con dolore e rimorsi, con una voragine al posto del cuore e la sensazione di affondare nel buio.
Lo faccio con un sorriso sulle labbra e la serenità nell'anima.
****
I cancelli della New York High School sono un abbraccio di ferro che ha il sapore della quotidianità perduta. Varcandoli, mi torna in mente l'ultima occasione in cui l'ho fatto: era una mattina come ogni altra e non avrei mai potuto immaginare che, nel giro di qualche ora, la mia vita si sarebbe completamente trasformata.
Ripeto gli stessi movimenti. Entro nel cortile della scuola e mi dirigo verso il muretto dove ero solita sedermi, in attesa che cominciassero le lezioni.
È occupato da due persone. La ragazza indossa una divisa da cheerleader e ha i lunghi capelli castani legati in una coda alta. Il ragazzo con cui parla non indossa nessuna uniforme, ma una semplice giacca di pelle, e alcune ciocche di capelli gli ricadono sugli occhi.
Avanzo e sorrido tra me: si trovano esattamente nello stesso punto e nella stesa posizione in cui erano quella mattina.
Il primo a vedermi è lui. Mi punta contro i suoi occhi azzurri, parzialmente celati dalle ciocche di capelli, e li spalanca. Lei non capisce la reazione del suo compagno, e quando segue il suo sguardo e mi avvista, balza giù dal muretto, i piedi che si inchiodano a terra per lo stupore.
Arrivo di fronte a Henry e Katherine e li saluto con un lieve sorriso. Loro non rispondono, e trascorriamo due lunghissimi secondi in silenzio, finché colei che un tempo era la mia migliore amica non agisce per prima.
Abbracciarla mi mancava, nonostante tutto, perciò ricambio la sua stretta. Katherine sfoga l'emozione piangendomi sulla spalla e io aspetto che si calmi.
«Sei... sei tornata» farnetica, preda dello stupore e della felicità. «Sei tornata.»
«Sì, Kath» le sussurro.
«Oh, Dio, devi raccontarmi ogni cosa» mi ordina, separandosi da me per guardarmi in faccia. «Cosa diamine hai fatto da dicembre a oggi?»
«Lunga storia» svio il discorso. Come le spiego che ho cercato di salvare la razza arcandida dalla distruzione?
Mi rivolgo a Henry, che mi fissa, del tutto pietrificato. Gli vado incontro e mi fermo davanti al mio ex-ragazzo, senza sporgermi oltre. È lui a muoversi per primo: fa un passo verso di me e mi intrappola tra il suo petto e le sue braccia, e deve chinarsi per sfiorarmi i capelli con le labbra, perché è sempre stato più alto di qualsiasi ragazzo abbia mai conosciuto.
È tremendo abbracciarlo, lo è ancora dopo un anno, ma al tempo stesso riesce a risollevarmi. È tutto finito, adesso, e la sua stretta intorno al mio corpo me lo sta comunicando.
Si allontana quasi subito, e nei suoi occhi leggo l'amarezza che sono sicura dimori nei miei. L'amarezza di due persone che un tempo si sono amate e poi odiate e poi perdonate, di chi è condannato a ripetere queste azioni senza sosta.
«Bree» sussurra, incerto, «come... come stai?»
«Sto bene» rispondo, semplicemente, e per una volta sono sincera con me stessa e con chi mi sta davanti.
«Siamo così felici che tu sia qui» esclama Katherine. «Per quanto rimarrai?»
«Non ho molto tempo. Tra poco devo tornare a casa.»
«Casa?» fa Henry. «Sei tornata a vivere con tua madre?»
Scuoto piano la testa. «La mia nuova casa. È complicato, da spiegare, ma... non vivo più a New York. Ho trovato un nuovo posto, e gli appartengo.»
Sapevo che sarei stata sommersa di domande e spiegazioni da dare, con la mia visita, ma non è semplice far capire alle persone con cui hai trascorso buona parte della vita che le cose sono cambiate per sempre.
«Potremmo venire a trovarti?» chiede la mia ex migliore amica.
«Forse, un giorno» dico, in modo vago, per non infrangere le loro speranze. E le mie. «Farò il possibile per tornare, ogni tanto. Non è semplice.»
«Immagino che non risponderai alle nostre domande» capisce Henry, ficcando le mani nelle tasche del giubbotto nero.
«So che non lo accettate...»
«Lo accettiamo» mi ferma Kath. «Ci basta che tu sia con noi, Bree.»
Le sorrido con gratitudine. Katherine è stata l'unica a rimanermi accanto, quest'inverno, quando ho abbandonato l'Accademia, anche se non le ho mai detto nello specifico cosa sono. Posso contare su di lei e sul fatto che comprenderà il mio silenzio, ne sono certa.
Come ai vecchi tempi, ci sediamo sul nostro posto sul muretto e parliamo di qualsiasi cosa.
Katherine mi informa delle novità con la sua squadra di cheerleader, di cui è da poco diventata capitano, al posto di quell'arpia di Julie Wayne. Aveva appena concluso gli allenamenti del pomeriggio, quando sono arrivata a scuola.
Henry, invece, ha chiuso con lo sport. Dopo essere stato cacciato dalla squadra si è dedicato al rendimento scolastico, ed è migliorato drasticamente.
Mi parlano dei compagni di classe, dei professori e degli ultimi pettegolezzi nell'istituto. Mia madre ha riferito al preside che mi sono iscritta in una scuola privata fuori città, o qualcosa del genere, per spiegare la mia assenza. L'incantesimo di ipnosi che le ho fatto l'anno scorso l'ha portata a coprire la mia sparizione con una scusa credibile, uno dei pochi motivi per cui devo ringraziare i miei poteri da Ombra.
In un gesto spontaneo, le dita di Henry scivolano su quelle di Katherine, stringendole. Lei ricambia la presa e gli dedica uno sguardo pieno d'amore. Azioni che, fino all'anno scorso, mi avrebbero riempita di dolore e disprezzo. Adesso, invece, non posso fare a meno di accennare un sorriso.
«Sono contenta per voi» dico, all'improvviso. «Davvero. Vi meritate di essere felici.»
«Non smetteremo mai di sentirci in colpa per ciò che ti abbiamo fatto l'anno scorso, lo sai» mormora Katherine, gli occhi castani bassi.
«Non dovete. Non più. Anzi, devo ringraziarvi. Se non fosse stato per ciò che è successo quella notte, non avrei mai capito qual è il mio posto. Mi avete aiutata a farmi scoprire chi sono.»
«Quindi, non ci detesti?» fa Henry.
Ridacchio. «No, Henry. È acqua passata, ormai. E, poi, anche io ho qualcuno che mi aspetta a casa.»
Ripensando ad Arcandida, alzo la testa e osservo il cielo. Il sole è quasi scomparso oltre l'orizzonte e si notano le figure sbiadite delle prime stelle.
«A proposito di casa... è il momento di andare» dichiaro, scendendo dal muretto.
Katherine si alza e mi abbraccia forte, per salutarmi. «Ti rivedremo?»
«Ve lo giuro.»
Henry ci raggiunge e ci stringiamo in un abbraccio di gruppo, di quelli che facevamo quando eravamo un trio indistruttibile. E, anche se la nostra amicizia non sarà mai più quella di prima, sento che le cose stanno tornando al loro posto, lentamente.
Mi lascio Henry e Katherine e la New York High School alle spalle, dirigendomi verso il punto che ho concordato prima di partire. Attraverso le strade familiari di New York, trafficate e brulicanti come sempre, costeggiate dagli altissimi grattacieli che sfiorano il cielo.
E penso che un pezzo di me apparterrà sempre a questa chiassosa metropoli e a i suoi abitanti, mentre mi infilo in un vicolo tra due edifici.
Guardo l'orologio: è l'ora. Una manciata di secondi dopo, sulla parete del vicolo nasce un vortice di scintille argentee.
Finalmente in pace, varco il portale per Arcandida.
Spazio Autrice
Bentornati readers💘 Mi mancava scrivere su questa storia.
Dato che ISDD ha raggiunto le 100k letture (ormai superate🙏🏻) ho pensato di regalarvi qualche extra. Avrei dovuto pubblicarli almeno un mese fa, ne sono consapevole, ma impegni e problemi vari non me l'hanno permesso.
Comunque, adesso siamo qua, e nel primo extra ritroviamo la nostra Bree. Vi era mancata? A me un sacco, soprattutto entrare nella sua testa incasinata.
Siamo dopo l'incoronazione e Bridget fa qualcosa che molti di voi aspettavano: torna dalla sua famiglia di New York. Rivede sua madre, i suoi fratelli e conosce anche il nuovo compagno di Amber. Vi ha commossi questa riunione familiare?
Dopo, incontriamo altri due personaggi che sono sicura avreste preferito non rivedere. Era necessario che Bree tornasse da Kath e Henry, per simboleggiare una "chiusura del cerchio".
I due sono una coppia fissa e ormai Bree li ha perdonati. Probabilmente non sarete d'accordo con questa sua scelta, ma ne ha passate così tante che il loro tradimento è finito in secondo piano e portare rancore non le sarebbe servito a niente.
Alla fine del capitolo Bree torna ad Arcandida, a tutti gli effetti la sua nuova casa, dopo essersi tolta questo grosso peso❤
Fatemi sapere se vi è piaciuto l'extra! Nel prossimo rivedremo anche Mason✨
Xoxo❄
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