Epilogo

Cinque mesi dopo

Mason

«È oggi?»

«Sì, è oggi.»

Piper emette un gridolino emozionato, con gli occhi neri pieni di euforia. «Devi raccontarmi tutto.»

«Potresti fare gossip direttamente con la Regina, sai?»

«Non vedo l'ora di conoscerla» dichiara mia sorella.

«E lei non vede l'ora di conoscere te.»

Mi trovo nella sala degli specchi magici, in compagnia di Piper. Da quando Bridget mi ha portato qui, ritorno ogni giorno, per vedere mia sorella o i miei genitori e per raccontare loro tutto ciò che mi succede.

È come essere tornati ai vecchi tempi: ridiamo e scherziamo insieme, ci ascoltiamo a vicenda e siamo più uniti di prima. La mia famiglia si è ricomposta, e posso quasi affermare di averne di nuovo una. La loro mancanza, ovviamente, si fa sempre sentire, ma adesso in modo più flebile e tollerante.

«Bridget è nervosa?»

«È completamente in panico» rispondo in tono esaltato. «Vuole che sia tutto perfetto.»

«Beh, è comprensibile: è arrivato il grande giorno» la giustifica mia sorella.

Stasera si terrà l'incoronazione di Bridget e Ryan. È da questa mattina che lei va avanti e indietro per il Palazzo, come una trottola fuori controllo. Sono venuto da Piper e l'ho lasciata da sola, così da non disturbarla mentre organizza la cerimonia.

Tiro un'occhiata al mio orologio da polso, notando che è quasi mezzogiorno. «Devo passare in Caserma, prima di stasera» avverto Piper.

Mia sorella mi saluta, raccomandandosi di riferirmi ogni dettaglio dell'incoronazione, poi la sua figura si frantuma e sparisce dallo specchio.

Esco dalla stanza, venendo immediatamente investito da un fragoroso rumore di voci e oggetti che si scontrano. Svolto l'angolo del corridoio, trovandomi davanti addetti al castello che sfrecciano lungo le vie della residenza reale, trasportando ornamenti e discutendo animatamente tra loro.

Il Palazzo è in fermento dall'alba: ogni abitante dell'edificio è indaffarato con i preparativi. L'atmosfera allegra ed eccitata sguscia tra i corridoi, portando vivacità e colore nella struttura.

Evito un paio di Guerriere che rischiano di venirmi addosso e raggiungo l'ingresso del Palazzo. I battenti sono spalancati e il sole illumina l'atrio brulicante di Arcandidi.

Varco l'uscio, allontanandomi dal frastuono del castello e immettendomi tra le strade ghiacciate del regno. Il leggero venticello di fine estate mi graffia la pelle, ma i raggi solari bastano a riscaldare l'ambiente. La neve si è sciolta durante i mesi caldi, anche se crepe di brina ricoprono l'asfalto, segno che l'autunno e il freddo si stanno avvicinando.

Imbocco il percorso che passa tra le case del villaggio, per godermi la vista del nuovo volto assunto da Arcandida. Abitazioni e ville ancora in costruzione occupano le vie, insieme alle nuove infrastrutture e alle varie botteghe. Un intreccio di modernità e antichità, sullo sfondo gelido del regno.

I lavori di ristrutturazione sono terminati sia al castello che in città, e ora Arcandida appare come un vero e proprio centro urbano.

Prendo una stradina secondaria, che va in direzione della foresta di conifere. Alla fine del viale sorge una struttura a due piani, dietro la quale si stagliano gli abeti color smeraldo.

Calpesto il vialetto di ghiaia e giungo all'entrata della Caserma. Una volta all'interno, sorrido d'istinto per la sensazione di familiarità che mi suscita questo posto. Ormai, è diventato una seconda casa.

La Caserma è stata costruita per i Guerrieri che intendono continuare a combattere e ad allenarsi, per poi entrare nell'Esercito.

Gli Arcandidi che non hanno terminato il loro percorso di studi sono tornati a frequentare l'Accademia, insieme ai professori che hanno ripreso il loro ruolo di insegnanti. Le pesanti sessioni di addestramento sono state cancellate, per far spazio alle materie che ogni ragazzo normale dovrebbe apprendere.

Chi frequenta la Caserma, invece, non ha detto addio alla vita da Guerriero; molti Arcandidi l'hanno abbandonata per dedicarsi alle professioni che hanno sempre voluto svolgere.

Camminando per i corridoi dell'edificio, mi imbatto in Guerrieri che indossano la divisa dell'Esercito. Quando mi vedono, mi rivolgono cenni di saluto.

Arrivo nella zona dedicata agli allenamenti, dove sorgono le palestre e le armerie. Le porte delle sale d'addestramento sono spalancate, per lasciar circolare l'aria, permettendomi di intravedere chi si trova all'interno.

Trovo Emily nella terza palestra. Dall'entrata la guardo mentre impartisce ordini ai suoi cadetti, facendo eseguire loro esercizi con i poteri magici. Mi posiziono sull'uscio e la mia migliore amica si accorge di me dopo qualche secondo.

«Voi continuate, io torno subito» annuncia ai ragazzi, congedandosi.

Mi raggiunge all'ingresso della palestra e usciamo dalla stanza, appostandoci in corridoio.

«Ehi, Mason. Il Palazzo non era occupato con i preparativi dell'incoronazione?» domanda, stranita dalla mia presenza.

I suoi capelli biondo-argento sono legati in una coda alta, che lascia scoperti gli occhi blu e le lentiggini sugli zigomi. Indossa una tuta da ginnastica e mi squadra con espressione confusa.

«Sì, ma prima devo darti una cosa.» Apro la sacca che ho portato dal castello e scavo al suo interno, estraendo la giacca azzurra di un'uniforme. «Ieri ho parlato con Sophia e crediamo entrambi che sia la decisione migliore.»

«Di che parli?»

Le porgo il capo d'abbigliamento con un sorriso. «Tieni.»

Emily spiega la giacca e la studia, inizialmente senza capire. Poi, i suoi occhi si posano sulla cucitura di filo argentato. "Brown. Capitano."

La ragazza sgrana le palpebre. «Cosa significa?»

«Che sei il nuovo Capitano, Em. Sei la sostituta ideale di Sophia, e lo pensiamo entrambi.»

«Oh, Dio» esclama emozionata, fissando la scritta che recita la sua nuova carica. «Non ci posso credere.»

«Sei la Guerriera più competente dell'Esercito e hai sempre dato il massimo. Non avrei potuto scegliere nessun altro.»

Di slancio, Emily mi getta le braccia al collo. Ricambio, un po' perplesso dal gesto affettuoso. Non è tipico di lei.

«Non so come ringraziarti, Mason» afferma con riconoscenza, stringendo l'abbraccio.

«Non importa» aumento la presa a mia volta, «te lo sei meritato.»

«Non ti abituare troppo a questa mia gentilezza, però» mi punzecchia, staccandosi da me.

«D'accordo, Capitano, continua a torturare i tuoi Guerrieri» la prendo in giro, alludendo ai ragazzi stremati che continuano ad allenarsi in palestra. «È meglio che io vada al Palazzo, per assicurarmi che Bree non abbia fatto a pezzi nessuno.»

Emily ridacchia. Mi rivolge un occhiolino, rientrando in palestra con la nuova giacca ben salda tra le mani e lasciandomi da solo in corridoio.

****

Bridget

«Puoi fare più piano?» chiedo in tono sofferente, per l'ennesima volta.

Alexandra, in risposta, tira la ciocca di capelli con la spazzola, facendomi emettere un urletto di dolore.

«La smetti di lamentarti? Sei assillante» sbuffa, dando un altro deciso colpo di pettine.

«Non ti ho ingaggiata io come parrucchiera» ribatto.

«Sta' tranquilla, ho finito.»

Alex si allontana dalla sedia e io volgo lo sguardo verso lo specchio rotondo affisso alla parete, davanti al quale mi ha fatta sedere.

I miei capelli sono incurvati in dolci onde rosse, che scendono sulle spalle scoperte e dietro la schiena, in una lunga cascata morbida.

«Alzati» mi ordina Alexandra.

Eseguo il comando, posizionandomi di fronte a lei. Mi analizza per un paio di minuti abbondanti, accertandosi che non ci siano imperfezioni, poi abbozza un sorriso soddisfatto.

«Sei pazzesca.»

Mi dirigo allo specchio che occupa un'anta dell'armadio, piazzandomi davanti al vetro e studiando la mia sagoma agghindata.

Alexandra mi ha trasformata in una vera Regina.

Il vestito color notte crea un contrasto ammaliante con la mia chioma ramata. L'abito, senza maniche, ricade in un'ampia gonna fino al suolo. Sulla stoffa blu ci sono spruzzi di punti luminosi, come la cintura di cristalli d'argento che mi stringe la vita.

Torno a guardare la mia migliore amica, che sta sistemando gli oggetti utilizzati per l'acconciatura al proprio posto. Scruto il suo abbigliamento: un leggero vestito color acquamarina le fascia il corpo, mentre i capelli dorati sono raccolti in uno chignon sulla nuca.

Torturo le dita delle mani, che non smettono di tremare tra loro. L'agitazione si è impossessata di ogni cellula del mio essere.

«Puoi raccontarmi qualcosa, per distrarmi? Credo di star per svenire» mormoro con un filo di voce impaurita.

Gli occhioni verdi di Alex mi fulminano. «Non osare, o rovinerai il lavoro di due ore intere.»

Finisce di mettere in ordine gli utensili e mi presta la sua completa attenzione. Si avvicina a me, accompagnata dalla gonna lunga e sottile del vestito che ondeggia a ogni passo.

«Comunque, se proprio vuoi saperlo» esordisce, «ho iniziato un tirocinio all'ospedale.»

«All'ospedale?»

«Ho sempre desiderato fare il medico, fin da piccola, ma il destino ha deciso che avrei dovuto uccidere e non salvare vite. Adesso che sono libera, voglio realizzare il mio sogno. Robert mi sta insegnando un sacco di cose e ho imparato tanto, in questi giorni.»

«Perché non me l'hai detto prima?» chiedo, lievemente delusa.

«Ho iniziato solo da poche settimane e non volevo distoglierti dal pensiero dell'incoronazione» si giustifica.

Abbraccio forte la mia migliore amica, sia per esprimerle tutto il mio affetto che per scaricare la tensione. «Sono contentissima per te.»

«Bree, il vestito» mi rimprovera, borbottando stretta nella mia presa.

«Oh, giusto» me ne ricordo, sciogliendo l'abbraccio. Liscio la gonna dell'abito, stendendo le pieghe.

«Ti ringrazio, in ogni caso» mi sorride. All'improvviso, sembra rammentare qualcosa, notando l'orario indicato sull'orologio a parete. «È meglio che raggiunga gli altri, ora. La cerimonia sta per cominciare.»

Violenta e fulminea, l'ansia mi attanaglia nuovamente. «Non lasciarmi qui da sola, ti prego» la imploro, supplicandola con gli occhi spalancati e la voce lamentosa.

«Coraggio, Bree, andrà bene» mi consola.

«No, non ce la faccio» obietto, con il panico che mi assale.

Lo sguardo di Alex si fa rigido. Mi stringe le spalle tra le mani e incastra i suoi occhi grandi e severi nei miei. «Ascoltami. Adesso, tu esci da questa stanza, metti la corona in testa e fai vedere a tutti come si diventa una fottuta Regina, okay?»

La sicurezza sprigionata dalle sue parole mi impedisce di controbattere. «Okay» acconsento a bassa voce, intimorita dal suo tono duro.

«Perfetto» sorride, schioccandomi un bacio sulla guancia. «Io vado.»

Alexandra abbandona la camera, un tempo appartenente a mia madre, e io rimango in compagnia dei miei pensieri preoccupati. Lancio un'occhiata allo specchio, osservando di sfuggita la mia figura regale, attraverso il vetro.

"«Fai vedere a tutti come si diventa una fottuta Regina, okay?»"

«Okay» sussurro di nuovo tra me, guardando la mia immagine riflessa.

****

Un corteo di Arcandidi ci accompagna per il corridoio, mentre raggiungiamo l'ingresso della sala del trono. Ryan cammina al mio fianco; dietro di noi avanzano i portatori dello stemma e lateralmente due file di soldati in uniforme, membri dell'Esercito.

Guardo con la coda dell'occhio mio fratello, che procede a passi decisi e fieri. Indossa una casacca blu, ornata da una spessa cintura d'argento, e un paio di pantaloni bianchi.

Probabilmente, si accorge che lo sto fissando, perché volta la testa verso me. «Pronta, sorellina?»

«Tu che dici?» rispondo in modo nervoso.

Ryan mi posa una mano sulla spalla, coperta solo dai capelli ondulati. «Possiamo farcela.»

La coppia di battenti di legno e cristalli della sala del trono si staglia dinanzi a noi. Due Guerrieri lasciano le proprie file e si piazzano di fronte alla porta, impugnano una maniglia ciascuno.

Abbassano il pomello e accatasto la paura e l'inquietudine in un angolo remoto della mia mente, assumendo una posa ferma e diritta.

Varchiamo l'uscio e ripenso ai consigli che mia madre mi ha dato, quando, poco fa, abbiamo chiacchierato telepaticamente, prima che iniziasse la cerimonia.

"Guarda davanti a te e cammina a testa alta. Non abbassare mai lo sguardo" mi ha detto Selene.

Metto in pratica il suo suggerimento. Percorriamo il tratto di sala che divide l'ingresso e le postazioni dei sovrani, schiacciando sotto le suole il soffice tappeto ricamato. Alla nostra destra e sinistra, la stanza è gremita di Arcandidi, vestiti di abiti eleganti e di espressioni emozionante.

Io e Ryan raggiungiamo il fondo della sala, seguiti dal corteo di accompagnatori, dove ci aspetta Mark. Mio fratello è il primo ad avvicinarsi al direttore: si abbassa su un inginocchiatoio, al cospetto dell'uomo, mentre io attendo qualche passo indietro. Un ragazzo porge a Mark un cuscinetto di velluto rosso, su cui è adagiata una corona d'oro lucido, che riflette le luci dei lampadari.

Il signor Smith afferra con delicatezza la corona e la posa sul capo di mio fratello. Ryan si alza e va a sedersi sul trono a destra, mantenendo le pupille fisse di fronte a sé e lo sguardo autoritario, la corona che gli dona una splendente aura di importanza.

Getto un'occhiata furtiva di lato, avvistando, in prima fila, davanti alla calca, i miei amici. In particolare, scorgo le iridi scure di Mason, che non si staccano dalla mia figura nemmeno per un istante. Le sento pungermi il corpo anche quando mi dirigo da Mark e mi inginocchio.

Chino di poco la testa e trattengo il fiato, nel momento in cui la mia corona mi sfiora la cute. Il direttore dell'Accademia mi posa il diadema sul capo e percepisco il cerchio d'oro massiccio pressarmi le tempie e la nuca, stringermi la testa. Avverto il peso della corona, delle mie nuove responsabilità, del mio nuovo ruolo.

Torno all'in piedi e cammino verso il secondo trono, con la gonna dell'abito che accompagna i miei movimenti, oscillando. Mi siedo e scruto i presenti. Il mio popolo.

Il direttore si accosta a me e si piega leggermente, per arrivare all'altezza del mio orecchio. «Hai qualcosa da dire?» mi chiede in un mormorio. «Sei la Regina. Si aspettano tanto, da te» aggiunge in tono di sfida, prima che possa rispondergli.

So perché lo sta riferendo a me e non a Ryan. Dopo tutto ciò che è accaduto, in seguito alla mia fuga dall'Accademia, devo dare loro un motivo valido per credere in me. Devo meritarmi la corona che porto.

Perciò, scendo dal trono e muovo qualche passo in avanti, sotto lo sguardo vigile di Mark. Tiro al signor Smith un'occhiata competitiva, per poi tornare a rivolgermi agli invitati.

«Vi ringrazio per essere qui, oggi» comincio, un po' incerta. Respiro profondamente, riacquistando sicurezza. «La vostra presenza e il vostro supporto sono importanti, per me e mio fratello. È trascorso quasi un anno, da quando faccio parte di questo mondo, e ormai lo sento mio a tutti gli effetti. Sono successe tante, troppe cose, e so che per un periodo mi avete detestata. Ma, se oggi sono qui a parlarvi apertamente, lo devo a voi e alla fiducia che avete riposto in me, nonostante tutto. Quindi, non posso far altro che ringraziarvi con tutta me stessa e promettervi che sarò la Regina che in questi anni vi è mancata.»

Concludo il mio breve discorso e un applauso si solleva dagli Arcandidi. Li ringrazio con un sorriso e ritorno a sedere, mentre Mark dà il via ai festeggiamenti. La folla si sparge per la sala, producendo un rumoroso e vivace chiacchiericcio.

Il direttore mi si avvicina nuovamente. Stavolta, però, invece di sfidarmi, sembra sinceramente colpito. «Te la sei cavata, Bridget.»

«La ringrazio. Spero che questa dimostrazione di fiducia sia abbastanza soddisfacente, per lei» incurvo le labbra in maniera irrisoria.

«Non avrei saputo fare di meglio» si complimenta. Dopodiché, si allontana, sparendo tra la folla.

Ryan si sporge oltre il bracciolo del trono, per accostarsi a me. «Ottimo lavoro, sorellina. Data la tua bravura, ti dispiace se ti lascio da sola, per qualche minuto? Devo raggiungere una persona.»

Mi fa un cenno con la testa, indicando la diretta interessata. Non mi stupisco nel vedere Tiffany, avvolta in un raffinato abito nero pece. Gli occhi della ragazza sono puntati su mio fratello e pare in attesa del suo arrivo.

«Beh, sbrigati, allora. Starà aspettando il suo Re» lo incoraggio in tono scherzoso.

Ryan si alza e mi stampa un bacio sulla fronte, prima di andare dalla sua fidanzata. Cerco anche io in mezzo alla moltitudine di Arcandidi qualche volto familiare, e scorgo Alexandra, Emily e Carter in un angolo. Decido di unirmi a loro, ma una Guerriera che si avvicina mi impedisce di alzarmi.

La ragazza porta la divisa dell'Esercito, su cui c'è scritto che copre il ruolo di Ufficiale. Ha un paio d'iridi azzurro cielo e lunghi capelli corvini.

«Isabel, giusto?» le domando, quando mi è davanti.

Annuisce. «Sua Maestà» china rispettosamente il capo, «mi hanno detto di riferirle che la aspettano in giardino.»

«In giardino?» ripeto, stranita.

L'Ufficiale si stringe nelle spalle, confusa come me. «A quanto pare, sì.»

«Grazie, Isabel» la congedo, mettendomi in piedi.

La ragazza si eclissa tra i presenti e io mi immergo nella calca, per uscire dalla sala del trono. Ogni due passi sono costretta a fermarmi per rispondere ai saluti e alle congratulazioni degli Arcandidi. Mi rivolgono commenti ammirati e parole che riescono a farmi sentire orgogliosa.

Sfocio dal fiume della folla e sorpasso i battenti spalancati, da cui vanno e vengono gli invitati. Imbocco un corridoio vuoto e il suono delle mie scarpe contro il pavimento rimbomba tra le pareti alte, decorate di stemmi e arazzi.

Raggiungo l'uscita sul retro del Palazzo, una vecchia porta di legno di betulla. La apro e mi ritrovo nel giardino del castello.

Fuori soffia un vento freddo e il clima serale non è adatto al mio abbigliamento. Dentro, l'atmosfera era calorosa e accogliente.

Sfrego le dita sulle braccia, mentre cammino sull'erba congelata e studio l'ambiente, alla ricerca di qualcuno. Il giardino è completamente deserto, se non per la folta vegetazione verde smeraldo, cosparsa di brina.

Un tocco improvviso mi fa sobbalzare. Due palmi si poggiano sui miei occhi, oscurandomi la visuale, e mi pietrifico. Tuttavia, quando sento che le mani mi coprono le palpebre con delicatezza, mi tranquillizzo. Non impiego molto a identificarne il proprietario: ormai, riconoscerei il tocco della sua pelle sulla mia ovunque, e in ogni situazione.

«Vi aspettavo, mia Regina» mi sussurra nell'orecchio. Il suo respiro caldo sul mio viso stona con l'aria fredda.

Mi giro, liberandomi dalle sue mani. Come avevo ipotizzato, Mason mi fronteggia. Lo guardo con espressione accigliata. «Non chiamarmi così. Sono sempre io.»

Mi posa una mano sulla nuca, accostandomi a sé. «Per me sarai sempre tu, ma questa ti dona un sacco» mormora, sfiorando la parte posteriore della corona.

Mason mi avvicina maggiormente e i nostri corpi aderiscono. Uno strato bollente ci circonda, proteggendoci dal gelo.

«Mi è piaciuto il tuo discorso, sai?» bisbiglia sulle mie labbra, incollando le nostre fronti.

«Spero sia piaciuto anche agli altri.»

«Sicuramente. Li hai conquistati tutti, e il vestito ha fatto la sua parte» dichiara, abbassando gli occhi sul mio abito. «Sei bellissima» aggiunge poi, incatenando nuovamente le iridi alle mie.

Il suo sguardo nero e penetrante mi fa arrossire. Sento due macchie infuocate espandersi sulle mie guance. Mason se ne accorge, nonostante il buio, e ridacchia piano e con dolcezza.

«Perché mi aspettavi?» cambio l'indirizzo della conversazione.

«Ti ho preparato una sorpresa.»

Si separa da me e il freddo torna a pizzicarmi la pelle esposta delle braccia. Intreccia le nostre dita e ci inoltriamo nel giardino. Mi guida tra gli alberi e i cespugli, con le foglie verdi e i fiori colorati intrappolati in gabbie di ghiaccio. Ci fermiamo in un punto privo di arbusti e piante, una porzione di prato dagli steli congelati.

«Ecco» annuncia, lasciando la mia mano.

Aguzzo la vista, ma tutto ciò che noto è erba ghiacciata. «Non vedo.»

«Aspetta, stanno arrivando.»

Sto per chiedergli a cosa si riferisce, quando una luce bianca levita dall'erba. Una piccola sfera candida e brillante, che sbuca dai fili del prato e fluttua in aria. Subito dopo, appaiono altri fuocherelli argentati.

Lucciole.

Lucciole bianche che si librano dal prato, danzando e volando per il giardino, innalzandosi verso il cielo scuro, come se volessero diventare parte integrante del firmamento.

E potrebbero diventarne, perché sembrano proprio stelle scese in terra. Miliardi di puntini scintillanti mi volteggiano intorno. Le lucciole ballano in movimenti ipnotizzanti, che mi rapiscono e mi strappano il respiro.

Totalmente ammaliata, sollevo un braccio e lo allungo verso le sfere argentate. Una lucciola si posa sul dorso della mia mano, splendendo a intermittenza. Poi, spicca il volo e ritorna nel branco di stelle.

I diamanti luminosi governano il giardino, facendomi sentire, per un attimo, un astronauta che vaga nello spazio. I bagliori d'argento illuminano il luogo buio, fendendo le tenebre. È come se un enorme specchio stesse riflettendo il cielo stellato e l'immagine si fosse manifestata qui, intorno a noi.

«Wow» farfuglio, troppo affascinata per esprimermi meglio.

«È pazzesco, vero?»

Mi volto verso Mason e lo scopro a guardarmi intensamente. I suoi occhi di ossidiana mi scavano nell'anima, mettendo radici nel mio cuore.

«È meraviglioso» rispondo, bisbigliando, senza snodare le nostre pupille legate.

Mason preme le sue mani bollenti sul mio viso e mi tira a sé, facendo impattare le nostre labbra. Mi bacia piano, poi in maniera tempestosa, ardente e luminoso, in uno scoppio di sentimenti e passione, e percepisco una nota di amarezza nelle sue labbra che accarezzano le mie.

«Mentre parlavi davanti a tutti, ti ho vista diversa» dice all'improvviso, staccandosi. Si appoggia alla mia fronte, animando con il respiro corto. «Per un momento, ho avuto paura che questo giorno avrebbe cambiato ogni cosa, tra noi. Volevo solo dimostrarti che, indipendentemente da tutto, io ti amerò per sempre, anche se sceglierai di mettere la corona prima di me.»

«Non potrei mai farlo, Mason. Lo sai» lo rassicuro.

Per fargli capire che sono sincera e che non riuscirei mai a rinunciare a lui, lo bacio nuovamente, stavolta con dolcezza e calma.

Mason mi circonda la vita con un braccio e adagia l'altra mano sulla nuca, stringendomi contro il suo corpo rovente. Fronte contro fronte, occhi negli occhi, con i respiri mescolati e saette di desiderio che guizzano dalle nostre iridi. E le lucciole che ondeggiano, racchiudendoci in una spirale di cristalli d'argento.

Le nostre figure sono incastrate alla perfezione, immerse in uno sciame di diamanti luminosi e nastri di vento artico.

La magia scintillante delle lucciole e l'oscurità della notte si abbracciano, sciogliendosi in un groviglio di luce e tenebre, bianco e nero, bene e male. Si tengono strette, come se uno non potesse esistere senza l'altro. Si attorcigliano e si intrecciano, perché non ne possono fare a meno. Esattamente come me e Mason.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top