8. Inchiostro Doloroso
Matthew
«Matt!» strilla Elena, scendendo le scale.
Oh, no. Salvatemi.
«Dimmi.» Forzo un sorriso, seguendo con lo sguardo la figura di mia sorella che trotterella allegramente per il soggiorno.
«Guardiamo Ariel?» mi chiede, sbattendo teneramente gli occhioni verdi.
Io, in tutta onestà, non ci trovo nulla di tenero. Questa bambina è un diavolo.
«Di nuovo? L'abbiamo visto ieri» le ricordo.
Sporge il labbro. «Ti prego.»
Sbuffo, perché so che non ho scampo. Vince sempre lei, in un modo o in un altro.
«D'accordo» mi arrendo. «Inizia a mettere il film.»
Saltella verso la libreria bianca, per recuperare il DVD de "La Sirenetta". Nell'ultimo periodo, ha sviluppato una sorta di ossessione nei confronti di quel cartone animato: ogni pomeriggio obbliga me a guardarlo e ogni sera costringe la mamma a leggerle il libro illustrato.
Era entusiasta, quando ha trovato una principessa che le somigliasse tanto. Da allora, un appuntamento fisso in casa è in compagnia di Ariel e dei suoi amici marini.
Accendo il telefono e noto che Lucy, la mia ragazza, è online. Le scrivo un "S.O.S", sicuro che capirà subito.
"Sirenetta?" risponde, infatti, l'istante dopo.
"Sì. Vieni?"
"Arrivo."
Mi manda l'emoji di un bacio e io ricambio con un cuore rosso. Alla fine, io e Lucy ci siamo fidanzati. È stata la mia colonna, dopo la scomparsa di Bridget. Mi è stata accanto e mi ha aiutato come nessun altro. Da lì, dalle volte in cui diceva "Andrà tutto bene", dai sorrisi calorosi che mi rivolgeva, dalla sua presenza costante, mi sono reso conto di amarla più di ogni altra cosa.
Elena impugna il telecomando, si arrampica sulla poltrona - il suo trono - e fa partire il film. Ha imparato a inserire il disco nel lettore e a schiacciare i pulsanti giusti, a furia di ripetere in continuazione gli stessi procedimenti.
Passano dieci interminabili minuti, prima che il campanello suoni. Corro all'ingresso, esultando mentalmente, e apro la porta.
Lucy non esita a entrare, dato il freddo che c'è all'esterno. Il suo naso è imporporato e fiocchi di neve microscopici le puntellano la chioma dorata.
«Nevica?»
Annuisce, togliendosi il cappotto e la sciarpa e appendendoli all'attaccapanni. Indossa un semplice maglioncino beige e un paio di jeans, ma è comunque bellissima.
«Il camino è acceso, vero? Sto morendo di ipotermia» si lamenta.
Ridacchio per la sua espressione corrucciata e le bacio la punta del naso congelato. Lei, in risposta, appoggia le sue labbra sulle mie, regalandomi un dolce saluto.
«Mia madre è a lavoro, ma il demonio è in sala» la avverto.
«Non chiamarla così, Matt. Elena è adorabile.»
La raggiunge, lasciandomi al portone. Sbuffo e, prima di andare in salotto, l'occhio mi cade su una fotografia, posata sul mobiletto all'ingresso. Rappresenta me, insieme a una bambina dagli occhi verdi e a una ragazza dai capelli ramati. Sento una morsa al cuore, nel vedere il viso sorridente di Bridget. Reprimo l'istinto di agguantare la cornice e seguo Lucy.
Mia sorella si è seduta sulle sue gambe, sulla poltrona. Lucy accarezza i capelli color fuoco, con le iridi marroni puntate sullo schermo del televisore, mentre Elena recita le battute del film a memoria.
Vado in cucina, per preparare qualcosa di caldo da bere. Spalanco l'anta della credenza, rovistando fra le scatole e i barattoli di alimenti. Scovo il contenitore della cioccolata calda addossato sul fondo, insieme a un foglio bianco.
Li afferro entrambi e chiudo lo sportello. Dispiego il rettangolo di carta, rivelando una lettera scritta a mano. È sufficiente leggere il "Cara mamma" iniziale, per identificarne il mittente.
Bridget.
Questa calligrafia è di Bridget.
Un miscuglio di emozioni fulminanti accelera il mio battito cardiaco. Bree ci ha inviato una lettera? Perché la mamma l'ha nascosta?
Ma, soprattutto, dove si trova mia sorella? Sta bene?
Le risposte alle innumerevoli domande che mi ronzano nel cervello dalla notte della festa, quel maledetto party da cui mia sorella è scappata lasciandosi tutti alle spalle, potrebbero essere scritte qui.
«Matt, tutto okay?» mi chiama Lucy, dal soggiorno, sottraendomi ai pensieri.
Urlo un "sì", infilando la lettera in tasca. Accendo i fornelli e raduno l'occorrente per fare la cioccolata, con l'immagine persistente di Bridget in testa.
****
Il film è terminato ed Elena è salita a giocare nella sua camera, probabilmente fingendo di essere una sirena. Io e Lucy siamo rimasti da soli e ci siamo accomodati sul divano, ma non riesco a prestare la giusta attenzione alla mia ragazza. Percepisco il peso della lettera di Bridget in tasca, quasi come un richiamo.
«Ma stai bene?» mi domanda Lucy, di nuovo.
Non bado alla sua preoccupazione e continuo a sproloquiare mentalmente.
Bridget ha dato nessun un segno di vita, finora. E se non fosse il primo? Se la mamma avesse nascosto altra posta? Ma per quale motivo dovrebbe farlo?
«Si può sapere che ti prende?» sbraita Lucy.
Devo assolutamente leggere quella lettera. Adesso.
«Domani ho un esame e non ho studiato niente» invento una scusa.
«Posso aiutarti, se ti va.»
«Ogni volta che studiamo insieme finiamo sempre a fare altro» ammicco, sorridendo maliziosamente.
Lei arrossisce, avendo inteso il concetto. «Ci vediamo a scuola, allora.»
Confermo, schioccandole un bacio sulla guancia. Esce dal salotto e appena la porta di ingresso si chiude, pesco il foglio di carta dalla tasca dei miei jeans.
Un bel respiro. Coraggio.
"Cara mamma,
Forse dovrei scrivere 'Cara Amber', non credi? Dopotutto, chiamarti 'mamma' è sbagliato. Bene, ricominciamo:
Cara Amber,
Sicuramente sarai sconvolta, visto che non hai mie notizie da tre mesi. Ti ricordi il giorno in cui sono venuta a salutarti, insieme a Mason? Ti ho detto che dovevo lasciare il liceo, e così è stato. Frequento un'accademia. L'Accademia. La notte della festa sono uscita e ho incontrato una ragazza che mi ha portata lì. Poi sono venuta a casa. Ti ricordi? Hai acconsentito a farmi andare via solo perché eri sotto 'ipnosi', ma questo è un altro discorso, di cui non ti parlerò ora. Comunque, mi sono iscritta in Accademia, anche se sono stata obbligata. Ho perso me stessa, in quella scuola. Ho perso Bridget e l'ho ritrovata. L'ho ritrovata e l'ho persa di nuovo. A un certo punto, non avevo più idea di chi fosse la ragazza dai capelli ramati riflessa nello specchio del mio bagno. Un giorno, l'ho finalmente scoperto. Io sono Bridget Kelley, la figlia legittima di Selene e la figlia illegittima di Den. Quando mi hai detto che sono stata adottata, mi sono sentita presa in giro da te e papà. A proposito, vi siete separati? Mi dispiace solo che Lenny sia costretta a crescere senza un padre. Comunque, ho conosciuto mia madre e mio fratello. Quelli veri. Mia madre si chiama Selene e mi assomiglia un sacco. Abbiamo gli stessi occhi e gli stessi capelli, sai? Mio fratello si chiama Ryan, ha un anno in più a me e l'ho ritrovato da pochissimo. Lui è simile a Matt: mi protegge sempre e mi chiama 'sorellina'. Di mio padre ti parlerò dopo. In Accademia ho conosciuto tante persone fantastiche. Starei un'intera giornata a scrivere di Alex, la mia migliore amica, di Carter e Emily, la coppia più incasinata e perfetta che abbia mai incontrato, di Mason, che mi ha resa di nuovo felice. Loro mi hanno aiutata a ritrovare me stessa, ogni volta che mi perdevo. Sono stati la parte bella dell'Accademia. Poi ci sono stati gli incubi, le lacrime, la disperazione, i litigi. Le bugie. Quelle mi hanno fatto a pezzi. Sapessi quante me ne hanno raccontate Ryan e Selene. È iniziato tutto durante una festa. Ho un problema con le feste, decisamente. Finiscono sempre male. Durante questa festa mi è stato detto di non essere figlia di Den Kelley, ma di un altro uomo. Un uomo che mi ha tolto la serenità. Mio padre è Seth, un vero bastardo. Nonostante ciò, io sono dalla sua parte. Perché? Perché è stato l'unico a non mentirmi. Mi ha sempre avvertita, ma non gli ho mai creduto. E so che sembra una scusa assurda e che lui mi ha sempre fatto del male, ma sento che il mio posto non è più in Accademia. Perciò, in questo momento, sono seduta su un aereo diretto in Norvegia. Sì, sono stupida e sconsiderata, ma le bugie non le ho mai tollerate, soprattutto se dette dalle poche persone di cui mi fido. Starò dagli zii per qualche settimana. Festeggerete il mio compleanno senza di me, a quanto pare. Rivolgetemi un pensiero il ventiquattro dicembre, okay? Spero che tu non abbia detto agli zii della mia lunghissima scomparsa, anche se non è da te far impensierire gli altri. L'ultima volta che ci siamo viste mi hai promesso che ti saresti fidata di me, mamma. Continua a farlo. Non venire a cercarmi a Oslo. Meno gente mi circonda, più sono al sicuro. E non far leggere questa lettera a Matt, ti prego. Mi mancate un sacco. Posso promettervi una cosa: se un giorno finirà tutto, tornerò a casa. Quel giorno potrebbe arrivare fra una settimana o fra dieci anni, o potrebbe non arrivare mai. Ma, stanne certa, appena arriverà, mi troverai fuori la porta di casa. E sarò finalmente felice e libera.
Vi voglio bene,
Bridget."
****
La serratura del portone scatta. Mamma è tornata. Varca la soglia del soggiorno, con l'espressione stanca e una busta di plastica opaca. Passando davanti al divano, mi sorride, diretta in cucina a sistemare la spesa.
Non impiega molto tempo a tornare. Si affaccia dalla cucina, gli occhi chiari pieni di nervoso malcelato. «Matt, hai aperto tu la credenza?» Intreccia e districa le dita delle mani tra loro, chiaro segno di agitazione.
«Sì, mamma, sono stato io» affermo duramente. «La lettera di Bree sta meglio sul tavolo, non credi? Almeno, non è nascosta.»
«L'hai... l'hai letta?»
«Tutta» sibilo.
La mamma sospira e si siede al mio fianco, sul sofà bianco. «Tua sorella non voleva che la leggessi» si giustifica.
La sua frase mi fa scoppiare. «Mia sorella? Davvero, mamma? Bridget non è mia sorella!»
Elena, attirata dalle urla, scende e mette piede in salotto. Ci osserva in silenzio, confusa.
«Non fa parte di questa famiglia. Tu e papà ci avete mentito! Sapevi che avrebbe scoperto chi fossero i suoi genitori, in quell'Accademia, per questo l'hai lasciata scappare, vero?» la accuso, scattando in piedi.
Anche lei si alza. «Abbassa il tono, Matthew. Non sono stata io a farla andare via. Non so cosa sia successo quel giorno, ma mi sono semplicemente fidata di mia figlia.»
«Non ostinarti a chiamarla "figlia". Non è tua figlia» scandisco a denti stretti, serrando i pugni per la rabbia.
Le sue iridi azzurre luccicano, sul punto di versare lacrime. Salgo i gradini e mi chiudo a chiave in camera. Scivolo contro la porta, strattonandomi i capelli per la frustrazione.
Alle mie orecchie giunge la voce sottile e curiosa di Elena, rivolta alla mamma. «Bree sta per tornare?»
Un sorriso amaro mi sporca le labbra, mentre rispondo mentalmente alla sua domanda innocente.
No, Lenny. Non tornerà.
Spazio Autrice
Buona festa delle donne, lettrici 🌻
Come regalo, oggi incontriamo un personaggio che non vedevamo da tempo: Matt, il fratello adottivo di Bree. Vi mancava? Insieme a lui c'è anche Elena, la sua dolcissima sorellina, e Lucy, la sua ragazza.
Matt trova una lettera (quella che Bree ha scritto nel capitolo tre) e la legge. Devo dire che é stato piuttosto complicato entranre nella testa di Bree e scriverla. Ho provato a renderla il più reale possibile. Le cose non sono dette in modo preciso, proprio perché volevo rispecchiare il concetto di "parole disordinate".
Spero comunque che vi sia piaciuta e che vi abbia emozionato💕 Fatemi sapere in un commento!
Xoxo📃
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