67. Ritorno all'Inferno

Bridget

«Ti vedo stranamente allegra» decreta Alexandra, scrutandomi con le sue iridi smeraldo.

Guardo la mia migliore amica, fingendo di non capire. «Dici a me?»

«Cosa mi nascondi, Kelley?» mi interroga, assottigliando gli occhi con fare accusatorio.

«Assolutamente nulla.»

Alex inarca un sopracciglio. Il suo sguardo da detective balza alle mie spalle, scorgendo qualcosa - o qualcuno - poi torna su di me e le sue labbra si colorano di un sorrisetto malizioso.

«Ho notato che anche Mason è stranamente allegro

Ruoto gli occhi, seccata. «Piantala.»

«Ero solo curiosa» si giustifica lei, scrollando le spalle.

Ignoro i suoi occhi insistenti e mi concentro sull'ambiente. Ci troviamo nel giardino del Palazzo. È sera: il cielo si è già vestito della mantella blu e costellata d'argento. Il giardino della residenza reale è una giungla di piante ghiacciate e fiori intrappolati in gabbie di brina, che si estendono per chilometri su un prato nevoso, nel retro dell'edificio. Il contrasto tra il verde brillante della vegetazione e la coltre di gelo trasparente che lo soffoca è semplicemente pazzesco.

È arrivato il momento dell'attacco. Mark ha radunato una ventina di soldati, i più capaci di cui dispone, insieme ai membri principali dell'Esercito. Stiamo aspettando che il direttore crei il portale. Secondo lui, il giardino del Palazzo possiede l'energia magica necessaria per realizzare un varco spaziale.

Alex mi tiene compagnia, dato che mio fratello ha insistito per rimanere al Palazzo e tenere sotto controllo gli altri Guerrieri, in assenza di Mark. Io, però, credo che lo faccia per restare accanto a Tiffany, la quale non è stata convocata per la missione.

«Adoro queste divise» esclama Alexandra, cambiando argomento.

Ammira l'uniforme dell'Esercito che sta indossando, con una luce di adorazione negli occhi, e non posso che concordare con la sua affermazione.

Mark richiama l'attenzione di tutti i Guerrieri, schiarendosi la voce. Il direttore si avvicina a un arco di rami e foglie congelate e allunga il braccio, tenendo una mano sospesa. Dalle sue dita si sprigionano scintille e, dopo qualche secondo e un paio di saette magiche, un portale prende vita sotto l'arco, come se fosse una finestra affacciata su una dimensione parallela.

«Usciremo nel quartiere dove vivono le Ombre» ci informa il direttore.

In seguito, entra nel varco e il suo corpo viene inghiottito. Io e Alex lo seguiamo e i Guerrieri dietro di noi fanno lo stesso.

La prima cosa che provo, quando sbuco dall'altro lato del portale, è una calorosa sensazione di familiarità. Riapro gli occhi e le luci dei grattacieli newyorchesi, lontane, minuscole e colorate, mi danno il bentornato. Respiro l'aria della mia città, con un senso di felicità, mista a nostalgia, che mi invade il corpo.

«Mi mancava questa città» esala Alexandra, osservandosi intorno con un sorriso contento.

I tipici rumori della metropoli americana - clacson, motori, voci mescolate - mi giungono alle orecchie, aumentando quella piacevole e accogliente emozione di agio.

«Anche a me.»

L'espressione di Alex perde la gioia e si trasforma in un cipiglio timoroso e disgustato. «Quello non mi mancava, però» dice, indicando un punto dietro di me.

Seguo la direzione del suo dito e un paesaggio sfasciato e decadente mi ostruisce la vista. Il quartiere delle Ombre. I palazzi demoliti mi fissano dall'alto. Il complesso residenziale distrutto e desolato sottrae splendore alla città, che scintilla sull'orizzonte.

Quando anche l'ultimo Guerriero mette piede sul suolo di New York, Mark chiude il portale e si posiziona in testa al gruppo, accanto a me e ad Alex. Ci incamminiamo verso i grattacieli in rovina.

«Si ritorna all'inferno» borbotta Alex, una volta immersi nel reticolo di vie buie e sporche.

Proseguiamo in silenzio, le orecchie tese pronte a captare suoni sinistri. L'aura negativa di questo posto mi schiaccia e riporta a galla un sacco di brutti ricordi. Lo scricchiolio dei detriti sotto le suole delle scarpe, l'odore stantio, l'atmosfera cupa e tenebrosa, le particelle di magia nera che volano nell'aria in una danza maledetta. Tutti elementi troppo familiari.

Approdiamo nello spiazzo dove sorgeva l'ingresso della Tana. Avvisto la botola, sul cemento polveroso. Mark si accovaccia e impugna il chiavistello. Sta per scassinare la serratura - già abbastanza rotta - quando un'idea mi balena in mente.

«Aspetti» lo fermo, bloccando i suoi movimenti e interrompendo il fragoroso cigolio del ferro, «non possiamo entrare da lì. È troppo pericoloso.»

«Hai un'altra alternativa?» mi domanda.

«C'è un ingresso secondario. So dove si trova.»

Lo sguardo chiaro di Mark è titubante.

«Ho vissuto qui» gli ricordo. «Conosco ogni accesso e ogni uscita.»

Il direttore mi scruta. Resto impassibile davanti ai suoi occhi di ghiaccio, per dimostrargli che sono più che sicura della mia proposta. Alla fine, sospira e annuisce, alzandosi da terra.

«D'accordo, Bridget. Facci strada.»

Guido gli Arcandidi per vie secondarie, deserte, girando gli edifici sfasciati. Studio ogni palazzo che incontriamo, sforzandomi di ricordare le caratteristiche di quello che sto cercando. Lo trovo dopo qualche minuto trascorso a vagare a vuoto. Sorrido, soddisfatta, notando il portone d'ingresso con la pennellata di vernice rossa. È un segno di riconoscimento.

Mi fermo dinanzi alla porta. «È qui» riferisco a Mark.

Il direttore dà una spallata al portone e questo si apre senza resistenza, cigolando sui cardini arrugginiti. L'atrio del palazzo, troppo stretto per contenerci tutti, è ridotto a quattro pareti sgretolate, una lampadina che brilla a intermittenza e due rampe di scale traballanti, una che sale e l'altra che si tuffa in un abisso.

Scendiamo la seconda rampa, facendo attenzione a come poggiare i piedi sui gradini di marmo, i cui bordi si sbriciolano a ogni nostro passo.

La scalinata ci accompagna al livello antecedente del palazzo, sottoterra. Un corridoio buio, una galleria infinita, si allunga davanti ai nostri occhi, quando scendiamo anche l'ultimo gradino.

Guido i Guerrieri lungo il tunnel. A destra e a sinistra ci sono porte di vecchi garage abbandonati e cantine. Mi arresto di fronte a quella con la pennellata rossa, lo stesso simbolo disegnato sul portone d'ingresso dell'edificio.

Impugno la maniglia del battente metallico. Il pomello, riconoscendo l'energia negativa che costituisce metà del mio essere, si abbassa e la serratura si sblocca. Apro la porta e premo l'interruttore installato su una delle pareti incrostate, che accende la lampadina sul soffitto macchiato d'umidità. La luce fioca e a tratti sfarfallante rivela una stanzetta quadrata, minuscola e sporca. È completamente spoglia, se non per la muffa che chiazza i muri.

Alex e il direttore mi seguono all'interno del locale sudicio, mentre gli altri Guerrieri rimangono fuori, in attesa, a causa dello spazio insufficiente.

«Dov'è il portale per entrare nella Tana?» mi chiede Mark, l'espressione impaziente e confusa, mentre analizza il garage vuoto.

«Devo crearlo.»

L'ho preso in contropiede. Mi guarda, stralunato. «Con la tua magia oscura, suppongo» ipotizza, incrociando le braccia con scetticismo.

«È l'unica opzione che abbiamo» ribatto.

«Procedi, allora.»

Non mi curo del tono arrogante di Mark e mi posiziono davanti alla parete di fondo. Schiaccio il palmo sull'intonaco crepato, deglutendo e cercando la calma interiore.

Sento una mano che si posa sulla mia spalla. «Puoi farcela. Sei tu a controllarlo» mi incoraggia Alexandra.

Chiudo gli occhi, per concentrarmi. All'inizio, la magia che mi riscalda è piacevole, pura. Poi, viene contaminata, inquinata, e mi pervade. Devo fare uno sforzo enorme per tenere le palpebre abbassate e non interrompere l'incantesimo. Una sfilza di aghi di tenebra di bucano le interiora, espandendo un bruciore insopportabile in tutto il corpo. Ho la sensazione di andare a fuoco. I miei occhi pizzicano, segno che le iridi stanno mutando colore.

La magia esce dal mio palmo con la forza di un'onda anomala. Mi sbalza indietro e si abbatte sulla parete, come un fulmine che cade dal cielo ed esplode sulla terra. Ed è così, che fa: una saetta nera e scintillante scoppia sul muro, disintegrandosi, e i suoi resti vanno ad unirsi. Le molecole di energia oscura si raggruppano, vorticando furiosamente, e danno vita a un varco buio, che assomiglia all'ingresso di un abisso.

Prima che possa prendere il possesso della mia mente, sopprimo la vampata di magia nera che mi rode ancora dentro. La accartoccio in un angolo remoto della mia anima, impiegando tutta la forza interiore che ho per sbarazzarmene. Quando anche gli occhi smettono di darmi fastidio e tornano della loro tonalità originale, tiro un sospiro di sollievo.

Mark e Alex, accanto a me, hanno gli sguardi meravigliati e agganciati al portale, che vibra e scintilla in fondo al garage. Il varco sembra richiamarmi, come il canto ammaliante di una sirena. Ci attira verso sé, verso il mondo di morte e oscurità che nasconde.

La mia migliore amica sposta l'attenzione dal portale e mi sorride. «Sapevo che ce l'avresti fatta.»

«Ottimo lavoro» si complimenta anche il direttore. «Vado a chiamare il resto del gruppo. Voi, intanto, andate.»

Esce dal garage, dirigendosi dagli altri e lasciandoci momentaneamente da sole. Il portale, che mulina e dà l'impressione di attirare e polverizzare qualunque cosa gli stia vicino, ci guarda con il suo occhio profondo e malvagio. Mi scambio uno sguardo incerto con Alexandra.

Lei è la prima delle due ad avanzare, combattendo la paura. Immerge un braccio nello specchio nero, per poi varcarlo con il resto del corpo. Osservo la Guerriera che viene divorata dal portale. La seguo e lo attraverso a mia volta, preparandomi a tornare nella Tana, sul palcoscenico che ha assistito al drastico cambiamento della mia esistenza.

Finiamo in una galleria illuminata da fiaccole nere. La studio velocemente. Nonostante sia identica alle altre migliaia di tunnel che compongono il covo, riconosco il punto esatto in cui siamo sbucati. Siamo nei pressi dei dormitori.

Un'emozione si fa largo dentro me. Un'emozione che dovrei seppellire, stracciare. Che non dovrei assolutamente provare. Eppure, eccola, che si annida nel mio corpo.

Conforto.

Tra le pareti strette delle gallerie, con i riflessi scuri che le fiamme dipingono sui muri di pietra, mi sento a mio agio.

Bene. A casa.

«Tutto okay?» si impensierisce Alex, risvegliandomi dalle mie riflessioni.

«Sì» mormoro, non proprio convinta, «ma è strano rimettere piede qui. Dopo tutto quello che è successo da quando ci vivevo, intendo.»

Una serie di ricordi comincia a impadronirsi della mia testa. Seth che mi spegne, che mi manovra, le Ombre che mi considerano la loro salvezza, gli Arcandidi che mi disprezzano, la morte, gli spari, le vite spezzate. Mark e i Guerrieri escono dal portale, salvandomi dalle memorie della mia mente.

«Dividetevi e cercate Seth» ordina Mark, con un tono contenuto, per non farsi udire dai nemici. Sebbene il timbro basso, la voce rimbomba nel tunnel. «Se lo trovate, avvertite subito.»

I soldati annuiscono. Qualcuno va a dritto, altri imboccano un corridoio adiacente e altri ancora si smistano nelle due gallerie di una biforcazione.

«Bridget, fai strada» mi dice Mark, quando rimaniamo solo io, lui e Alex.

Inizio a camminare verso la fine della galleria principale, con il direttore e la mia migliore amica alle calcagna. Sfioro con le dita la pietra gelida del muro, mentre l'aria afosa e al contempo gelida della Tana mi riempie i polmoni.

«Dove stiamo andando, di preciso?» si incuriosisce Alex, esaminando con interesse i dintorni.

«Nella sezione dei dormitori. Seth ama godersi i combattimenti comodo nella sua stanza.» Il mio viso si increspa in una smorfia, mentre rammento questa caratteristica di mio padre.

Mi immobilizzo alla fine del corridoio, poco prima di una biforcazione. La Tana è satura di energia negativa, è il nucleo della magia nera, ma ne percepisco una quantità esagerata dietro l'angolo.

«Cosa succede?» domanda Mark, notando la mia espressione guardinga.

«Tenetevi pronti ad attaccare» bisbiglio loro.

Il direttore stringe l'elsa del pugnale che porta attaccato alla cintura e Alex ne prende uno dalla tasca interna della giacca. Creo una sfera magica e aspetto qualche secondo, prima di uscire allo scoperto e lanciarmi all'attacco.

Non appena svolto l'angolo del corridoio di sinistra, una lama volta nella mia direzione. Abbasso la testa, schivandola per un soffio, e contrattacco lanciando la sfera elettrica. L'Ombra che mi ha tirato il pugnale cade a terra, tramortita.

Sondo la situazione: a sinistra ci sono due Ombre e a destra tre. Mark si fionda nella seconda direzione, mente Alexandra mi affianca dal lato opposto e si scaglia su una delle due Ombre.

Quella che ho colpito in precedenza - un ragazzo dalla cresta corvina - si rialza dal pavimento. Siamo distanti qualche metro. Rimaniamo fermi sul posto, squadrandoci come farebbero un gatto e un cane.

Piazzo una mano sulla parete e decido, per una volta, di accontentare l'Ombra che risiede in me. Delle corde nere partono dal mio palmo e strisciano sulla pietra, raggiungendo il ragazzo e attorcigliandolo nelle loro spire maligne. Lo scagnozzo di Seth è intrappolato contro il muro, il corpo avvolto in un groviglio di nastri scuri e scintille tetre.

Mi avvicino a lui. «Dimmi dov'è Seth» ordino, dura e inflessibile, incastrandolo sotto le mie iridi blu e nere.

Sul volto pallido dell'Ombra sboccia un sorrisetto impertinente. «Scordatelo, Erede.»

Serro la mano in un pugno e le corde stringono l'Ombra, attorcigliandosi intorno alla sua gola e strappandogli l'ossigeno.

«Non sono la vostra Erede» ringhio, rafforzando ulteriormente la presa delle radici nere su di lui, «e, adesso, dimmi dov'è mio padre.»

L'Ombra annaspa, facendo sempre più fatica a respirare. Continuo a stringere le corde, finché, sul ciglio della morte, non confessa.

«N-nelle... sue s-stanze» ansima.

«Perfetto» sorrido.

Distendo le dita e la spirale si allenta. Il ragazzo ingoia un'avida boccata d'aria, recuperando l'ossigeno che gli ho tolto.

«Gra...» prova a dire, ma lo interrompo brutalmente.

Stringo i pugni e le corde tornano a soffocarlo nella loro morsa letale. Stavolta, però, gli sottraggono l'energia vitale e la trasferisco a me. Mi nutro dei poteri dell'Ombra, mentre le radici gli ostruiscono completamente le vie respiratorie, uccidendolo. Si accascia contro la parete e ritiro il serpente nero, liberando il suo cadavere.

Anche Alex riesce a battere il suo avversario, piantandogli il pugnale nella pelle immacolata. Questo cade, privo di vita, e la mia migliore mi raggiunge. Ci fondiamo dall'altro capo del corridoio, per soccorrere Mark, alle prese con tre Ombre contemporaneamente.

Lancio una scarica elettrica contro una delle tre, che distoglie l'attenzione dal direttore e si concentra su di me. Recupera una lama ricurva e affilatissima, lanciandomela contro. La schivo e mi volto, seguendola con gli occhi mentre casca sul pavimento di pietra battuta.

Distratta dal volo del pugnale, non mi rendo conto che l'Ombra mi si catapulta addosso, lanciandomi sulla parete. La mia nuca batte forte contro la roccia e l'impatto con il resto del corpo è talmente prepotente che, per un istante, rimango senza fiato.

Le dita fredde dell'Ombra mi circondano il collo e mi inchioda al muro, facendomi sbattere nuovamente la testa sulla pietra. La mia vista si appanna per un momento.

«Che c'è, Principessa? Non fai più la spavalda?» mi deride, sogghignando in modo malefico.

Cerco di liberarmi, ma tiene le dita ben ancorate sulla mia gola, minacciando di farmi fare la stessa fine del suo compagno.

«E questo gioiellino cosa è?» domanda, incuriosito, osservando il ciondolo della Spada di Luce che mi pressa lo sterno.

Raccoglie la piccola spada appesa alla catenella, rigirandosela tra le dita dell'altra mano e studiandola.

«Sembra interessante» considera.

Posa le dita sull'apertura del gioiello, probabilmente per togliermelo, ma i suoi movimenti si arrestano all'improvviso. Sgrana gli occhi e diventa più cereo di quanto non lo sia già. Scioglie la stretta sulla mia gola e si accascia a terra.

Torno a respirare a pieni polmoni. Sul cadavere dell'Ombra si sta allargando una macchia di sangue. Sposto lo sguardo e vedo Alexandra, con un pugnale dalla lama sporca.

«Grazie, Alex.»

«Figurati» risponde, tendendomi la mano.

Mi aiuta a rimettermi in piedi. Noto che anche il cadavere del suo avversario imbratta il pavimento. Ci rivolgiamo entrambe a Mark, proprio nel momento in cui uccide l'Ombra che stava sfidando, infilzandola con la lama del suo pugnale.

«Bene» esordisce il direttore, dopo che l'ultima Ombra è morta, «avete scoperto dove si nasconde il bastardo?»

«L'Ombra ha detto che si trova nelle sue stanze» lo informo, indicandogli l'angolo del corridoio. «Lì dietro ci sono i dormitori. Quello di Seth è il primo.»

«Andiamo, allora» decreta. Mark si avvia, facendoci cenno di seguirlo, e io mi incammino dietro di lui.

«Aspettate» ci ferma Alex.

Il direttore si gira a guardarla, confuso. «Cosa?»

«Vi fidate davvero di quell'Ombra?»

Il signor Smith sembra pensare davvero al suo quesito. Tant'è che si chiude in un silenzio riflessivo, per un paio di secondi.

«Hai ragione» dichiara, alla fine. «Dovremmo dividerci. Bridget, controlla le stanze, così avrai più possibilità di trovare Seth e, in tal caso, ucciderlo con la Spada. Alexandra, vai nella direzione opposta. Io cercherò il centro di questo luogo.»

Io e Alexandra ci troviamo d'accordo e le nostre strade si dividono. Svolto l'angolo che ho precedentemente indicato a Mark, immettendomi nel corridoio con le porte scure allineate. Vado davanti alla prima della fila, analizzando il battente di legno corvino e il pomello d'oro che scintilla, in contrasto con le fiamme nere che sventolano sui candelabri attaccati al muro.

Abbasso la maniglia, ma la porta non si apre. È chiusa a chiave. Ripeto il procedimento per una quantità spropositata di volte, invano.

Sono costretta a utilizzare l'unico metodo rimasto. Chiamo a raccolta i miei poteri, con le dita strette intorno alla maniglia, e la magia nera torna a strisciarmi nel corpo, insinuandosi nella serratura e sbloccandola. Ritiro l'energia senza sforzi, impedendole di dominarmi. Ormai, ho imparato a controllarla.

Apro con lentezza il battente. Una coperta pesante di buio pesto mi cade sugli occhi. La stanza è completamente sottomessa dalle tenebre. Eppure, nonostante l'oscurità, individuo all'istante la lama che viene scagliata nella mia direzione, grazie al suo luccichio argentato.

La evito, sentendo il rumore del pugnale che cade al suolo e tintinna. Mi armo di una sfera magica, preparandomi a difendermi e, successivamente ad attaccare.

La luce si accende all'improvviso.

I raggi d'argento nero del lampadario sconfiggono il buio e gettano chiarore sulla camera, permettendomi di scrutarmi intorno. I candelabri che tappezzano le pareti donano un po' di luminosità all'ambiente tetro.

Ed è a ridosso dell'armadio di ebano, dall'altro lato della stanza, proprio davanti a me, che lo vedo. Sgrano le palpebre e, per un attimo, smetto di respirare.

«Luke?»

Spazio Autrice

Salve readers 💞💞

Quest'oggi, come vi avevo promesso, si torna all'azione💥💥 I Guerrieri invadono la Tana, guidati da una Bree un po' diversa dal solito, che permette al suo lato oscuro di uscire fuori. In fondo, è ancora la stessa ragazza che viveva nella Tana. Molto in fondo, ovviamente.

Vi era mancato il covo delle Ombre? Dopo un breve scontro, lei, Mark e Alex si dividono. E nella stanza in cui entra Bree troviamo un'Ombra in particolare. Sorpresa! Avevate nostalgia di Luke? Bridget è abbastanza sconvolta. Cosa accadrà tra i due?

Dovrete aspettare un po', prima di scoprirlo: nel prossimo capitolo si vola da Mason. Attenzione: non se la passerà tanto bene... c'è ancora qualcuno che vuole farlo fuori 😈😈

Non aggiungo altro, ci vediamo venerdì!

Xoxo🦇

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