63. Il Regno Dimenticato

Bridget

Affondo i piedi nella neve soffice, scavando impronte con la suola degli scarponi. Stampo le mie orme sul prato bianco, con gli occhi puntati per terra e il vento che mi porta qualche ciocca di capelli davanti al viso.

È quasi mezzogiorno. Il sole è alto nel cielo, ma le nuvole gli impediscono di abbracciare Antylia con i suoi raggi dorati e di riscaldare l'ambiente. Alzo lo sguardo dalle mie scarpe e lo sposto sul paesaggio che mi circonda. Ci siamo lasciati alle spalle le montagne, che adesso si stagliano all'orizzonte, lontane e sbiadite, come se fossero un semplice miraggio.

Abbiamo appena cominciato la terza giornata di cammino. Siamo partiti qualche ora fa, all'alba, dopo essere stati svegliati dalla voce profonda e squillante di Mark. Secondo i suoi calcoli, tra pochi minuti dovremmo raggiungere la barriera che avvolge Arcandida.

Scruto il confine fra cielo e terra: non c'è traccia di muri magici o di scudi. Questa osservazione mi porta a storcere il naso e a dubitare delle parole del direttore.

«Sono sicuro che arriveremo a momenti» sostiene Ryan, che, come al solito, ha curiosato nella mia mente. «Me lo sento.»

Giro la testa di lato, per guardarlo in faccia. «Lo spero. Stiamo camminando ininterrottamente da giorni. Le mie gambe chiedono pietà.»

«Un ultimo sforzo. Ci siamo quasi» si intromette Mark.

Il direttore cammina davanti a noi due, in testa al gruppo. Io e Ryan veniamo subito dopo e, dietro, ci sono tutti gli altri Guerrieri. Smith è affiancato da una donna giovane, con i capelli biondo cenere legati in uno chignon ordinato e un'espressione severa. Si è appena posizionata accanto al direttore e stanno consultando insieme una cartina del territorio.

"Chi è quella donna?" domando a Ryan, sfruttando la nostra connessione per non farmi udire dalla diretta interessata.

"Si chiama Elizabeth Campbell. Insegna geografia in Accademia. Era la mia professoressa, l'anno scorso."

Studio con discrezione la donna. Il portamento sicuro, l'aria altezzosa e la chioma bionda mi sono stranamente familiari. Si volta un attimo, rivelando due occhi castano chiaro, dalle venature verdi, e non ho più dubbi.

"Hai detto Campbell?"

"" conferma mio fratello. "Hai indovinato: è la mamma di Tiffany".

"Non credevo che Tiffany vivesse in Accademia con sua madre".

"Le è rimasta solo lei. Suo padre è morto in guerra, quando aveva solo due anni. Seth l'ha trasformato in un'Ombra" mi informa.

Un moto di rabbia mi investe, mentre in me si fa strada la consapevolezza che Seth ha rovinato la vita di ognuno di noi. Non c'è Arcandido che si sia salvato dal suo potere distruttivo.

«Avrà ciò che si merita» proclama Ryan, leggendo i miei pensieri furenti.

«Questa è l'unica cosa di cui sono certa» mormoro, concordando con lui.

Sembra che voglia aggiungere altro, ma resta in silenzio. Proseguiamo così, in una muta camminata, dove la quiete è interrotta solo dal sibilare del venticello artico, per una manciata di minuti.

Alla fine, si decide a parlare, dopo aver emesso un sospiro angosciato. «Ti ho sentita agitata, stanotte.»

Mi blocco sul posto, all'improvviso, e il Guerriero che camminava dietro di me mi finisce addosso, non aspettandosi una brusca frenata da parte mia. Mi scuso e riprendo l'andatura, con lo sguardo stralunato di Ryan che mi perquisisce.

«Non è successo niente di che. I soliti incubi» gli rispondo, minimizzando la questione.

I ricordi dell'incubo tornano a invadermi ferocemente la mente. Rabbrividisco. Percepisco ancora la lama fredda e affilata che mi squarcia la pelle, la risata cattiva di Seth che rimbomba nella cattedrale, l'odore pungente del sangue. Del mio sangue.

«"Niente di che"?» ripete lui, inarcando con scetticismo il sopracciglio scuro.

Mi scordo sempre che tutte le emozioni che mi attraversano arrivano anche a mio fratello. Non posso nascondergli nulla.

«Sono ricominciati?» chiede, in tono preoccupato, riferendosi ai brutti sogni.

Annuisco e basta. Infilo le mani nella tasca del cappotto, cercando di riscaldarle, e inchiodo di nuovo le pupille al suolo, per sfuggire dagli occhi di Ryan.

«Quando sconfiggeremo Seth, finirà tutto. E, se continuerà a tormentarti anche da morto, troverò il modo di entrarti nella testa e di spaccargli il naso» dichiara aggressivamente.

Non riesco in alcun modo a trattenere un sorriso. «Grazie, Ryan» gli sussurro, riconoscente, in mezzo ai soffi del vento glaciale.

«Nessuno può toccare la mia sorellina» afferma, accompagnando la sua dichiarazione battagliera con un occhiolino scherzoso.

Mi scombina i capelli, facendo fuoriuscire qualche ciocca dalla treccia in cui li ho legati. Nonostante il fastidio, scelgo di lasciar correre e di non trucidarlo, per questa volta.

Mark ed Elizabeth, dinanzi a noi, si immobilizzano di scatto e si girano verso il gruppo. Arresto in tempo i miei passi, evitando di sbattere contro il direttore.

«Che succede?» domanda Ryan.

Noto che Elizabeth ha puntato i suoi occhi castano-verdi su mio fratello e che lo scruta con una punta di contrarietà. A quanto pare, non nutre particolare simpatia per il ragazzo di sua figlia.

«Siamo arrivati» annuncia Mark, a voce alta, per farsi sentire da tutti.

Mi sposto leggermente verso destra per guardare oltre la figura di Smith. Qualche metro più avanti, in mezzo alla sconfinata distesa di neve, si innalza una barriera scintillante, di un azzurro trasparente. Il sole si riflette sulla protezione magica, come se fosse una lastra di vetro. Dietro essa, si intravedono le sagome sfocate e confuse di strutture decadenti e strade deserte. Arcandida. Sembra di vedere il regno attraverso la superficie di un lago.

Mark avanza per primo, seguito dalla professoressa Campbell. Allunga prima il braccio, per assicurarsi che la barriera sia valicabile, poi la attraversa con il resto del corpo. Anche Elizabeth viene inghiottita dallo scudo protettivo.

Io e Ryan ci avviciniamo, con gli altri Guerrieri alle calcagna. Accosto la mano alla barriera e le mie dita varcano il muro, dandomi la sensazione di aver immerso l'arto nell'acqua. Trattengo il fiato, proprio come se stessi per tuffarmi in mare, e supero lo scudo.

L'energia magica mi comprime il corpo, le particelle mi stritolano e la potenza della barriera mi schiaccia. La sensazione è simile a quella che si prova attraversando un portale: uno sballottamento interiore. Quando esco dal lato opposto, butto fuori tutta l'aria trattenuta, tornando a respirare a pieni polmoni.

«Tutto okay?» mi chiede Ryan, che è appena sbucato al mio fianco. Anche lui ha un'aria stravolta. «L'incantesimo di protezione doveva essere davvero forte» considera, sistemandosi il ciuffo scombinato.

Vorrei rispondere che lo penso anche io, ma quando sposto lo sguardo dinanzi a me, l'ossigeno resta incastrato nuovamente nella trachea.

Arcandida si erge davanti a noi, in tutta la sua imponenza.

È un mosaico di edifici sfasciati, di pianure che si alzano in pendii scoscesi e si abbassano in distese nevose, di strade aggrovigliate e costellate di buche. La poca vegetazione rimasta è completamente congelata e dal cielo torrido scendono minuscoli fiocchi candidi. I tetti a punta delle abitazioni sono rivestiti di neve, le pareti demolite.

È un intreccio di ghiaccio e polvere.

È il dipinto della distruzione.

Il regno dimenticato.

Il Palazzo sorge al centro della cittadina. Devo inclinare la testa in alto, per guardarne la sommità. Le torri si scagliano in cielo come enormi stalagmiti di ghiaccio, perforando il firmamento grigio e nuvoloso. Le pareti sono gelide, blocchi congelati che sostengono le guglie affilate con archi e colonne di marmo bianco.

«Cos'è successo a questo posto?» domando, angosciata dalla vista delle rovine del regno.

«La guerra, Bree. Seth ha fatto a pezzi tutto» risponde Ryan, con la collera nella voce.

Selene aveva detto che mi sarei sentita protetta, a casa. Invece, percepisco solo una sconfinata afflizione, che mi schiaccia il petto, mentre calpesto il suolo arcandido.

«Un tempo era un luogo bellissimo» asserisce tristemente Mark.

La sua affermazione improvvisa mi fa sobbalzare. Guardo il direttore, alla mia sinistra. I suoi occhi chiarissimi, dello stesso colore del ghiaccio che riveste ogni angolo di Arcandida, vagano lungo le strade deserte e coperte di neve. Si fermano sulle case mezze smantellate e si velano di malinconia.

Ha l'espressione abbattuta e mesta. Non sono per niente abituata a questo lato sentimentale di Mark. È sempre stato così rigido, così composto e inflessibile.

«Ne sono sicura» lo appoggio, con un caldo sorriso.

E, per la prima volta da quando lo conosco, Mark Smith mi sorride. Ricambia il gesto con gentilezza, e non con la solita arroganza che lo contraddistingue.

Aspettiamo che tutti oltrepassino la barriera. Quando siamo al completo, ci incamminiamo verso il Palazzo di Ghiaccio. Giungiamo ai piedi della residenza reale, davanti all'ingresso. I battenti devono essere stati sradicati dai cardini, perché non c'è traccia del portone.

Mark sale su uno dei gradini che ci separano dall'entrata, per farsi vedere da ogni Guerriero. «Ci stabiliremo al Palazzo e organizzeremo il prossimo attacco» stabilisce. La sua voce, dal timbro elevato e irremovibile, rimbomba nello spazio deserto.

Non riesco a seguire il resto del discorso. Qualcosa mi mette in allerta. Mi scruto velocemente intorno, senza, però, notare nulla di strano. È la stessa sensazione che ho provato nella Grotta di Cristallo, un minuto prima che le Ombre attaccassero. Quel timore che arriva di punto in bianco, accendendo un allarme nella tua testa, e che ti avverte del pericolo imminente.

"Ryan" chiamo mio fratello, iniziando ad agitarmi, "lo senti anche tu?"

Mi scocca un'occhiata preoccupata. "Sì. Di nuovo."

Mark smette improvvisamente di parlare. Il suo sguardo è fisso alle spalle dei Guerrieri. Io e Ryan ci voltiamo, e gli Arcandidi fanno lo stesso, spaventati dal cipiglio del direttore.

Dietro di noi, tre figure incappucciate. Tre Ombre. Il cappuccio della mantella nera nasconde i loro volti, impedendomi di studiarne i lineamenti e di identificarle.

Con impeccabile sincronia, i tre si inginocchiano e poggiano i palmi delle mani sulla neve. Dalle loro dita si liberano saette scure, che vanno a schiantarsi sul terreno. La neve si solleva, dividendosi in vari mucchi che ruotano su loro stessi, come tanti piccoli cicloni, circondati da nastri di magia nera.

Ammiro i vortici di neve volanti, senza capire di che incantesimo si tratti. Le Ombre si rimettono in piedi e, lasciandosi dietro un mucchio di particelle magiche e sollevando un polverone di fiocchi di neve, scompaiono. Si sono teletrasportate via.

«Cosa...» faccio, confusa, non rivolgendomi a nessuno in particolare.

La mia domanda viene troncata sul nascere. I tornado di neve si allargando e stendono, modellati dalle scariche magiche. Plasmano una figura, una sagoma mastodontica. Poi, esplodono, provocando un'onda d'urto così forte da spintonarci. Riesco a mantenere l'equilibrio, ma rischio di perderlo di nuovo, nel momento in cui alzo gli occhi.

Dai vortici sono nate decine di creature mostruose ed enormi. Sono giganti fatti di neve, ghiaccio e roccia gelata, dalla testa che ricorda vagamente la forma di uno scheletro, con delle cavità al posto degli occhi e della bocca. Sulle braccia e sulla schiena sono collocati spuntoni di ghiaccio, appuntiti come coltelli, e in una delle enormi mani stringono una spada congelata.

Li osservo, con le palpebre spalancate. La paura ha paralizzato ogni singolo muscolo del mio corpo, e non sono in grado nemmeno di urlare. Mi sento impallidire.

«I golem di ghiaccio» dice Ryan, lasciandosi scappare un'imprecazione.

«Co-cosa sono?» replico, farfugliando in preda al terrore.

«Se non ci ripariamo subito, potrebbero essere la causa della nostra fine.»

Uno dei mostri muove un passo, per avvicinarsi. Quando la pianta del suo piede tocca il suolo, il mondo viene scosso brutalmente. Ne compie un altro, provocando una seconda onda di un terremoto.

Questo sembra risvegliare i Guerrieri, che iniziano a correre da una parte all'altra. Chi verso i golem, per fronteggiarli, e chi dal lato opposto, in cerca di un nascondiglio.

Ryan mi agguanta un polso e mi trascina via. Sfrecciamo verso il Palazzo, affondando con i piedi nella neve, che ci rende difficile fuggire. Svoltiamo e ci fermiamo a ridosso della facciata laterale del castello. Mio fratello setaccia il luogo con lo sguardo, fino a trovare un riparo. Si posiziona dietro una delle colonne portanti delle torri e mi fa cenno di affiancarlo.

Mi sporgo di poco oltre la sua spalla, per sondare la situazione. Noto un golem che si avvicina al nostro nascondiglio, allontanandosi dall'epicentro della battaglia, e ritiro la testa, appiattendomi contro il muro ghiacciato.

"Non fiatare" mi intima Ryan.

Prendo il suo ordine alla lettera e trattengo il respiro, per paura che anche solo un debole soffio d'aria possa farci scoprire.

La distanza tra colonna e golem diminuisce troppo velocemente. Ogni passo della bestia equivale a un fremito del suolo, che mi fa sussultare. Il battito del mio cuore è accelerato e furioso, colpisce con forza lo sterno e mi rimbomba nelle orecchie.

La creatura si ferma esattamente davanti alla colonna. Mi stringo a Ryan, sforzandomi di stare in assoluto silenzio. Passano cinque interminabili secondi, durante i quali la mia mente immagina i peggiori scenari. Però, non accade nulla di tutto ciò.

Sento i passi del golem, la terra tremare sotto i nostri piedi e le pareti del Palazzo che vibrano. Si sta allontanando.

«Se n'è andato?» chiedo, bisbigliando, a mio fratello, tanto per esserne certa.

«Credo di sì» mormora.

Il sollievo mi riscalda: rilasso immediatamente i muscoli ed esalo un sospiro di conforto. Aspettiamo un altro po', poi usciamo allo scoperto. Ed è quando mi giro, che il sangue smettere di scorrermi nelle vene.

Il golem che troneggia davanti a me scintilla alla luce del debole sole. I raggi illuminano la spada di ghiaccio, che brilla come un diamante, letale e affilata. Gli spuntoni che gli costellano il dorso mi fissano, minacciosi, con le loro estremità appuntite.

Alzo gli occhi e guardo quelli del golem, due abissi vuoti scavati sul suo volto di neve. Con estrema lentezza, sposto l'attenzione su Ryan. È nella mia stessa situazione, pietrificato dallo sgomento e dalla paura.

Faccio un passo indietro, nella vana speranza di riuscire a scappare. Ma il golem, a quanto pare, non deve aver gradito il mio movimento, perché solleva la spada e la riabbassa in un gesto fulmineo. La lama scende in picchiata verso me. Ancor prima che abbia il tempo di elaborare l'attacco e di difendermi, Ryan mi scaglia una sfera magica addosso, spingendomi fuori dalla traiettoria dell'arma ghiacciata.

La spada si conficca nel terreno, mentre io atterro sulla neve. Mi rialzo e il golem tira fuori la lama. Vedo che Ryan si toglie lo zaino dalle spalle e ci fruga dentro, estraendo un pugnale dall'elsa tempestata di pietre colorate. Lascia cadere a terra la borsa e si fionda sul mostro.

Mio fratello è alto quanto il piede della creatura, ma ciò non lo scoraggia. Con un affondo e uno strappo secco, taglia la caviglia del golem, che risponde con un ruggito.

La ferita, però, si rimargina in fretta.

Il golem alza il braccio e la spada sembra forare le nuvole del cielo, luccicando al sole. L'arma scende su Ryan, ma lui balza via e, per la seconda volta, la lama sprofonda nel manto nevoso.

Mio fratello mi raggiunge. Il golem recupera la sua arma ed emette un verso cavernoso e grave, talmente intenso che mi esplode nelle orecchie e mi scuote perfino le membra. Alza il piede e lo posiziona sopra le nostre teste, per poi abbassarlo.

Richiamo i miei poteri e circondo la gamba sospesa del mostro con una corda composta di energia magica. Tiro il lazo con tutta la forza che possiedo e perde l'equilibrio, schiantandosi al suolo. Una miriade di fiocchi di neve si alzano e volteggiano, a causa dell'impatto con il corpo del gigante.

Ryan si aggiunge all'attacco. Crea un circolo elettrico distruttivo e lo getta sulla base della colonna di marmo dove ci eravamo nascosti in precedenza. Il pilastro cede e crolla sul golem, ancora steso. I blocchi di marmo piovono sulla bestia, sotterrandola.

«Bella idea» mi complimento con lui, osservando la montagna di detriti.

Sorride, con aria soddisfatta. «Te l'ho detto che le mie idee sono sempre geniali, sorellina.»

Sto per ribattere e per ricordargli che il merito è stato anche mio, ma una cascata di pietre bianche si riversa su di noi. Evito di striscio di essere colpita dai pezzi di marmo. Mi volto verso il golem e scopro, con orrore, che è riuscito a rimettersi in piedi, liberandosi dai resti della colonna.

Riprende la spada e fende orizzontalmente l'aria. Mi accovaccio a terra e la lama mi sfiora la testa, evitandomi appena. Cerco Ryan con lo sguardo, per assicurarmi che stia bene. Lo trovo intento a pugnalare il golem, ma le ferite di quest'ultimo si rimarginano istantaneamente.

Creo un'altra scia magica e la indirizzo sul corpo ghiacciato della creatura, all'altezza dello stomaco. È completamente inutile: assorbe l'incantesimo.

«È immune a qualsiasi attacco» osserva Ryan, schivando un affondo della spada.

«Ci sarà un modo per batterlo» protesto.

Un'idea mi balena in testa, mentre scanso il piede del golem, che tenta di schiacciarmi. Come ho fatto a non pensarci prima? Contro creature del genere bisogna usare l'ingegno.

«Passami il pugnale» ordino a Ryan. «Ho un piano.»

Mio fratello sembra incerto. Però, alla fine, mi tira il coltello. Lo prendo al volo. Le pietruzze sull'elsa brillano di mille colori, come parti di un arcobaleno. Stringo l'impugnatura e mi concentro sull'energia che scorre nel mio sangue.

Ryan mi dà tempo, tenendo occupato il mostro. Si sposta avanti e indietro, davanti agli occhi vuoti dell'essere, che non lo perdono di vista. Si ripara da ogni assalto, anche se più di una volta rischia di farsi calpestare o infilzare.

Nonostante il freddo che avvolge Arcandida, riesco a invocare il fuoco. Mi attraversa le arterie, riscaldandomi il sangue e il corpo, e si deposita nel pugnale. L'elsa diventa rovente e intorno alla lama si forma una pellicola di fiamme rosse.

Carico il braccio e lancio l'arma. Il coltello affonda nella gamba del golem. La creatura, che si stava preparando a colpire Ryan con la sua spada di ghiaccio, ferma di botto i propri movimenti, lasciando la mano a mezz'aria. E, in un secondo, il fuoco la pervade, avvolgendo la sua enorme figura in un abbraccio bollente e nocivo. Scoppia in una cascata di acqua, che piomba in terra, spargendo schizzi ovunque.

«L'hai sciolto» constata Ryan, gli occhi castani e dorati spalancati dallo stupore.

«Già» mormoro, sorpresa quanto lui dalla buona riuscita del mio piano.

Mio fratello va a recuperare il suo pugnale, atterrato sul tappeto di neve e acqua. Poi, si avvicina a me.

«Sei geniale. Hai preso tutto da me» non perde l'occasione di vantarsi.

Ruoto lo sguardo, scocciata, e mi dirigo verso gli altri Guerrieri. Mio fratello corre ad affiancarmi. Torniamo davanti all'entrata del Palazzo, dove gli Arcandidi e i golem lottano instancabilmente.

«Dobbiamo aiutare gli altri» sentenzio.

«D'accordo, dividiamoci. Se trovi qualche imprevisto, sai come chiamarmi» dice, indicandosi la tempia con l'indice.

Confermo e lui si inoltra a destra, mentre io imbocco la sinistra. I corpi dei Guerrieri sono disseminati per le strade arcandide e nessun golem è stato ancora sconfitto, fatta eccezione per quello distrutto da me e Ryan.

Cerco di non soffermarmi troppo sui cadaveri dei Guerrieri. Tagli profondi percorrono i loro corpi, dove le spade dei golem li hanno colpiti. Alcuni sono semplicemente bianchi e spenti, e mi rifiuto di immaginare la maniera in cui sono stati uccisi.

Uno strillo acuto mi perfora i timpani. È opera di una voce femminile. Analizzo i dintorni e, proprio dinanzi a me, trovo la fonte di quel grido: Tiffany. È inginocchiata sulla neve e preme una mano sulla gamba, da cui sgorga un fiume di sangue. Un golem la guarda dall'alto, pronto a trapassarla con la sua spada scintillante.

Intervengo all'istante: appoggio il palmo sulla neve, lasciando l'impronta della mano, e accendo una scintilla. Le fiamme volano sul terreno, che non riesce a spegnerle con la propria consistenza gelida. Il fuoco attraversa il tratto che separa me e Tiffany e arriva ai piedi del golem. Come farebbe il più velenoso dei serpenti, avvolge il corpo della creatura in una spirale bollente e fiammeggiante, sciogliendola.

Tiffany osserva a occhi sgranati l'acqua che atterra al suolo. Poi, porta lo sguardo su di me, e le sue palpebre si spalancano maggiormente.

Mi avvicino a lei e mi accovaccio al suo capezzale. Un taglio verticale segna la gamba nuda e slanciata, scoperta grazie alla minigonna blu. Scavo nella mia borsa da viaggio e trovo un rotolo di garza.

«Tieni» porgo le bende a Tiffany.

«Grazie» mormora, disorientata dalla mia improvvisa premura.

Afferra la garza e la avvolge intorno al polpaccio, per poi restituirmela. L'aiuto a rimettersi in piedi. Tiene la gamba ferita piegata, per non doverla poggiare in terra.

«Beh, grazie. Per avermi salvato la vita, intendo.»

«Non c'è di che. Mi devi un favore, biondina.»

Tiffany rotea gli occhi al cielo, ma vedo che sta trattenendo un sorriso.

«Hai visto Mason?» le chiedo, guardandomi intorno.

Mi indica un punto dietro di lei, nei pressi della barriera protettiva. «L'ultima volta che l'ho visto era lì vicino, con Emily e Carter.»

La ringrazio per l'informazione e raggiungo lo scudo magico che avvolge Arcandida. Non capisco come abbiano fatto le Ombre a superarlo: l'accesso dovrebbe essere loro vietato.

Scorgo Mason alle prese con un golem. Infila la lama del suo pugnale nel corpo della creatura, ma questa non si smuove minimamente. Al suo fianco, Carter lo imita, mentre Emily tenta di abbattere il nemico utilizzando i suoi poteri.

La bestia affonda la spada verso la ragazza, ma lei si sposta velocemente e lancia un'altra scarica magica, che però viene assorbita dal golem. Emily digrigna i denti e attacca nuovamente, anche se il suo tentativo non ha successo.

Notandoli in difficoltà, mi decido a intervenire. Ripeto la procedura che ho usato per aiutare Tiffany: premo il palmo sulla neve e libero una fiammata vorace. Il fuoco circonda il golem e lo riduce a un ammasso di acqua.

Sui volti dei tre ragazzi è stampata la medesima espressione sbalordita. Si girano quasi contemporaneamente, scoprendo così l'artefice delle fiamme. Mi avvicino a loro.

«Sei stata tu?» mi domanda Emily, quando mi unisco al gruppetto.

Annuisco e Carter mi passa un braccio intorno alle spalle. «Bell'idea, Rossa.»

«Grazie, Bree. Sei arrivata giusto in tempo» mi dice Mason, sorridendomi.

«Quindi, il loro punto debole è il fuoco» ragiona Emily.

«Proprio così. Sono fatti di ghiaccio, in fin dei conti. Non capisco come mai nessuno ci abbia ancora pensato» rispondo, arricciando il naso in una smorfia.

«Sai, Rossa, non tutti hanno la tua intelligenza da Principessa ibrida» mi schernisce Carter, con un ghigno ironico.

Gli lancio un'occhiataccia e lui mi toglie il braccio dalle spalle, alzando le mani in segno di resa.

«Sono davvero troppi» osserva Mason, facendo vagare il suo sguardo di ossidiana tra le numerose figure dei golem. «Dobbiamo trovare un modo per distruggerli in un colpo solo.»

«Forse...» inizia Emily, i lineamenti chiari e puntellati di lentiggini piegati in un'espressione pensosa, «potremmo bruciarli tutti insieme. Diffondere il fuoco e indirizzarlo su ogni golem, in un colpo solo.»

«Rischieremo di dare fuoco a qualche Guerriero» obietta Carter.

«No, non se ci poniamo come bersaglio i golem. Funzionerà, fidatevi. Dobbiamo solo concentrarci» insiste Emily.

Nessuno di noi resiste ai suoi occhi blu e determinati, perciò, acconsentiamo.

«Dunque...» esordisce, ma viene interrotta. Guarda qualcosa dietro di me, con gli occhi strabuzzati.

«Bree!» urla Mason, adottando lo stesso cipiglio terrorizzato di Emily.

Mi giro istintivamente. Due pozzi senza fondo mi osservano. Due buchi vuoti. Gli occhi di un golem di ghiaccio.

Non faccio in tempo a rendermene conto o a scappare: allunga un braccio e le sue dita mi circondano. I suoi artigli mi trapassano la carne, scavandomi solchi sulla pelle. Mi solleva, come se fossi una bambola di pezza.

La sua presa sul mio corpo si fa sempre più forte. Mi comprime i polmoni, impedendo all'ossigeno di scorrere. Non respiro. Stringe le dita e sento il rumore di qualche osso che scricchiola.

La parte peggiore, però, non è l'aria che manca, gli artigli che mi infilzano o le ossa che si incrinano. È la sensazione glaciale che mi entra nell'anima, stritolandomi gli organi e congelandomi il cuore. Il freddo lascia il suo corpo e si annida nel mio. Ed è così prepotente, così dannatamente intenso. Mi paralizza i muscoli e, al contempo, mi procura fremiti e spasmi.

Non riesco più a ingerire ossigeno e il gelo mi sta corrodendo. Non posso morire in questo modo. Provo a dimenarmi e a lottare, ma la forza del golem è un miliardo di volte più grande della mia.

Ma, mentre sento la vita scivolare lentamente dal mio corpo e dalla mia anima, il golem mi lascia. No, non mi lascia. Svanisce. Diventa una cascata d'acqua e io, non avendo più un appiglio, precipito. Cado da metri d'altezza e atterro sulla neve morbida, che attutisce la caduta.

Una figura si catapulta davanti a me. Nonostante i miei occhi si stiano chiudendo, spinti dallo stremo totale, riconosco Mason. Mi chiama insistentemente, ma i suoni mi giungono alle orecchie ovattati e incomprensibili.

Mi solleva la testa, posandola sulle sue gambe. Mi preme una mano sullo sterno e solo adesso mi accorgo che il sangue defluisce senza sosta dai solchi che gli artigli del mostro hanno scavato.

Noto anche che sto tremando violentemente e che i miei polmoni si gonfiano e sgonfiano in maniera furiosa, alla disperata ricerca di ossigeno che non arriva.

«Respira» mi dice Mason, scostandomi i capelli dalla fronte. La sua voce è intrisa di panico e spavento. Mi appoggia la mano sul braccio e impreca. «Dio, sei congelata.»

Continuo ad affannarmi. I polmoni bruciano da morire e non riesco a trattenere l'aria. Tossisco e tremo, affondando le dita nella neve, per scaricare un po' di questo straziante dolore.

«Emily!» sbraita Mason. «Il piano! Procedete. E fate in fretta.»

Con la vista mezza appannata, guardo Emily che si china e mette le mani sul terreno. Carter la affianca e fa lo stesso. Sprigionano due fiammate alte, che si intrecciano e si espandono, correndo in lungo e in largo, per le strade di Arcandida, e colpendo ogni golem di ghiaccio che capita sul loro cammino distruttivo.

L'ultima cosa che vedo è il fuoco che divora tutto. Poi, il rosso luminoso delle fiamme si trasforma in un nero soffocante e denso, che mi risucchia in un abisso senza fine.

Spazio Autrice

Buonasera!🥰 
Chiedo perdono per averci messo tanto a pubblicare, ma meglio tardi che mai!

Dunque, stasera vi mando a letto con un capitolo ricco di novità e azione. Prima di tutto, i Guerrieri arrivano finalmente ad Arcandida! Eh sì, sono riusciti a varcare le barriere del regno. Non è cosi accogliente come si aspettavano, però. Che impressione vi ha dato? Spero di essere riuscita a descrivere bene l'ambiente!

Seconda cosa, i golem. Come aveva preannunciato Seth nello scorso capitolo, i golem hanno attaccato i nostri Guerrieri. Li hanno messi in seria difficoltà, ma Bree è riuscita a trovare una tattica funzionante per batterli. Peccato che, alla fine, sia stata presa. Ha quasi rischiato la vita, anche se i suoi amici sono riusciti a salvarla. Se l'è vista davvero brutta, però. Si riprenderà? Come sempre, mai una gioia per la nostra Principessa.

Fatemi sapere se avete apprezzato il capitolo, sia la parte descrittiva che quella d'azione. E, se volete, stellinatemi💖

Vi auguro la buonanotte e ci sentiamo venerdì!

Xoxo🍩

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