57. Come in una Fiaba
Mason
I raggi tiepidi del sole di metà marzo avvolgono il cortile dell'Accademia in un tenue abbraccio. La primavera inizia a farsi sentire, seminando fiorellini colorati tra i ciuffi del prato e rivestendo gli alberi di foglie brillanti.
Le temperature si sono leggermente alzate e la neve si è sciolta: l'erba è tornata a scintillare, verde e rigogliosa, e gli arbusti indossano di nuovo la loro chioma, che avevano perso durante l'autunno.
Sfioro distrattamente i fili del prato e gli steli dei fiori, mentre osservo Bridget, davanti a me. È seduta sull'erba, vicino al minuscolo laghetto artificiale. Studia le increspature dell'acqua, con l'espressione concentrata, gli occhi assottigliati e i denti che intrappolano le labbra.
Siamo in cortile da tutto il pomeriggio. Lei al limitare del laghetto, ad analizzare le molecole dell'acqua, e io accomodato sul tronco orizzontale che ha la funzione di panchina, a guardarla.
Bridget tende la mano verso lo specchio d'acqua e avvicina il palmo aperto al liquido trasparente. Solleva una scia cristallina, formata da gocce vibranti, che si alza sempre di più, andandosi ad attorcigliare su se stessa. Il serpente d'acqua fluttua lentamente nella mia direzione.
Poi la magia viene interrotta e distrutta da una serie di scariche nere, che stritolano la spirale liquida, infrangendola. La scia si smonta e l'acqua cade sul prato, schizzando sulle mie scarpe e sul bordo dei pantaloni della tuta.
Abbasso lo sguardo sulle mie calzature, completamente bagnate, e lo riposo su Bridget. I suoi occhioni castani e dorati mi chiedono scusa, per l'ennesima volta. Le regalo un sorriso confortevole e la incoraggio a riprovare, senza preoccuparmi delle scarpe. Dopo ore trascorse così, ci ho fatto l'abitudine.
Sta cercando di regolarizzare i suoi poteri, con scarsi risultati. Non riesce a tenete a bada la magia nera, che manda in frantumi ogni incantesimo che abbozza.
Abbiamo trascorso gli ultimi sette giorni ad allenarci intensamente, sia sul piano magico che su quello fisico, come ha consigliato Mark. Fortunatamente, le sue ossa si sono riprese, grazie alle due precedenti settimane di riposo.
Le sono rimasto accanto, mentre era bloccata a letto. Ci siamo aggiornati su tutto: l'ho informata su ciò che è accaduto a me e agli altri, durante la sua assenza, in Accademia, e lei mi ha confidato le sue avventure in Norvegia e nella Tana.
E ci siamo giurati di lasciarci ogni cosa alle spalle.
Non sono fiero delle mie azioni, e lei lo è ancora di meno. Quindi, ciò che abbiamo combinato in questi mesi è diventato solo un ricordo da archiviare.
Un fruscio mi riporta alla realtà. Davanti a me, si è innalzata un'altra scia d'acqua. Stavolta, non appena scorgo le saette nere, mi allontano all'istante, spostandomi sull'altro lato del tronco ed evitando di essere bagnato ulteriormente. La spirale si schianta al suolo, esplodendo in un milione di frammenti.
Bridget sospira, esasperata, incastrando le dita tra i capelli ramati, in un gesto rabbioso. È frustrata e stanca, glielo leggo in faccia. Non riesce ancora a calibrare i poteri e a ritrovare la sintonia con gli elementi naturali, nemmeno dopo ore di tentativi.
La sessione d'addestramento pomeridiana dell'Esercito è finita da parecchio; ho ordinato ai miei compagni di staccare e di riprendere l'indomani, ma non c'è stato modo di contrattare con lei. Ha insistito per restare e per continuare a provare, anche a costo di rimanere qui l'intera giornata, fino a notte fonda, finché non riuscirà a normalizzare la sua magia.
Ce la sta mettendo tutta, vedo quanto si sta impegnando per tornare in armonia con la sua vita da Arcandida, ma l'influenza delle Ombre è ancora forte. Il suo lato oscuro non vuole lasciarla libera.
Bridget ripete l'incantesimo decine di volte, fallendo sempre. Quando sembra che l'acqua sia sotto il suo totale controllo, arrivano quei dardi corvini a spezzare la magia. Va avanti in questa maniera, tra schizzi d'acqua, saette nere e imprecazioni, per un'altra mezz'ora.
In seguito al dodicesimo tentativo vano, decido di intervenire. Detesto vederla così demoralizzata. La raggiungo, sul bordo del laghetto, e mi inginocchio dinanzi ai suoi occhi sconsolati, appoggiando le mani sulle sue ginocchia.
«Che ne dici di fare una pausa?» propongo, chinandomi all'altezza del suo viso. «Riprenderemo domattina.»
«No. Tra una settimana partiamo e non riesco ancora a usare i miei poteri» rifiuta, come mi aspettavo.
«Hai bisogno di riposare un po', Bree. Sei troppo stressata. Non ci riuscirai mai, di questo passo» insisto, rivolgendole un'occhiata premurosa.
Le allungo la mano e lei la scruta, titubante. Poi interseca le sue dita tra le mie, arrendendosi. Ci mettiamo in piedi e rientriamo in palestra, attraverso la porta che collega il cortile esterno alla stanza d'addestramento.
I corridoi del piano terra brulicano di Arcandidi - professori e Guerrieri - che marciano da un locale all'altro, avanti e indietro. Non fanno nemmeno caso a noi due, troppo indaffarati nelle loro mansioni. L'intera Accademia è impegnata con l'organizzazione e i preparativi del viaggio imminente. Sembra un miracolo, per ognuno di noi: finalmente, Arcandida non è solo un sogno, ma una realtà concreta.
Saliamo al quarto piano. Bridget recupera la chiave della sua camera e apre la porta. Entriamo e mi siedo sul suo letto, mentre lei si chiude in bagno, dopo aver preso qualche indumento pulito dall'armadio.
Sento lo scrosciare dell'acqua della doccia, oltre il battente. Faccio vagare lo sguardo per la stanza, analizzandone i dettagli. Davanti alle ante chiuse dell'armadio, sul pavimento, è appoggiato un borsone da viaggio, colmo di vestiti e oggetti. Sposto gli occhi sulla scrivania e noto, con disappunto, che la pila di libri è aumentata.
La vista della colonna di tomi mi lascia contrariato perché, oltre ad allenarsi senza sosta, Bridget passa anche intere nottate china su quei volumi, ad approfondire la storia e la geografia di Arcandida. Se non le ordinassi di andare a dormire, non staccherebbe gli occhi dalle pagine.
Non capisco come mai sia così assillata dalla partenza per il regno. Sta cercando di essere perfetta e preparata al massimo, ma sa anche lei che è praticamente impossibile.
Sbuffo e mi sdraio sul letto, piantandola di riflettere sul suo strano comportamento. Ammiro il soffitto della camera - una tela su cui è dipinta lo spazio - e il mio sguardo corre tra una stella e l'altra, incantato dalla bellezza della galassia.
La porta del bagno si apre. Alzo la testa dal materasso, scorgendo Bridget che si avvicina al letto. Mi affianca, sdraiandosi di profilo. Assumo la sua stessa posizione e finiamo occhi contro occhi.
I suoi sono esausti e abbattuti. Stufo di assistere allo spettacolo di costernazione che c'è nelle sue iridi, le pongo il quesito che mi preme da quando abbiamo ripreso l'addestramento.
«Mi dici che ti succede, Bree?»
«Niente. Sto bene» mente, troppo orgogliosa per confidarsi.
«A me non sembra. Sono preoccupato per te. Lo sai che puoi dirmi tutto, vero?»
«Lo so» conferma in un mormorio, sospirando, «ma non è importante, davvero. Sono solo agitata per il viaggio, tutto qui. Chi non lo sarebbe?»
«Non sei solo agitata» controbatto, senza credere alle scuse che mi sta rifilando.
Scatta a sedere, lanciandomi un'occhiata torva. «Non mi leggi nel pensiero, Mason» sbotta, infastidita.
«Non ci vuole un veggente, per capire che qualcosa ti turba.»
Riappoggia la testa sul cuscino, puntando lo sguardo sul soffitto pitturato. «Ricordi quando ti ho parlato della chiacchierata con Den e Selene, poche settimane fa?» comincia, accontentandomi.
Annuisco e lei si gira di nuovo verso me.
«Ecco, da lì ho capito che i miei genitori contano su di me. Che ogni Arcandido conta su di me. E ho paura di deludere tutti. No, non ho paura. Sono letteralmente terrorizzata.»
«Non accadrà, Bree. Se il motivo è questo, devi stare tranquilla. Ti stai allenando duramente e ce la stai mettendo tutta.»
«Io non conosco Arcandida, Mason. Non so niente. Seth, invece, ha vissuto lì. Combatteremo nel suo territorio. E se non dovessi ambientarmi? Selene dice che mi troverò benissimo, ma ho i miei dubbi.»
«Hai dimenticato che Arcandida, prima di essere il territorio di Seth, è il nostro territorio. È il nostro regno» le rammento, avvicinandola a me.
«Ti ricordi qualcosa, della tua vita ad Arcandida?» domanda, affondando il viso nel mio petto e stringendosi contro il mio corpo.
«Non molto. Avevo solo tre anni, quando è scoppiata la guerra. Poi, ci siamo trasferiti in Accademia. Ma ricordo che mia madre, ogni sera, ne parlava a me e mia sorella. Ci descriveva il regno e ci raccontava le sue leggende preferite.»
«Come lo descriveva?» chiede, guardandomi con la curiosità nelle iridi.
«Diceva che sembrava uscito direttamente da una fiaba» riporto le parole di mia madre, tratteggiando il profilo della figura di Bridget con le dita. «Che era stupendo e che nevicava sempre. Faceva freddo, ma il paesaggio era mozzafiato. Noi abitavamo al villaggio e, non distante, c'era il Palazzo. Lei ci è stata qualche volta, con mio padre.»
«I tuoi genitori conoscevano i miei?»
«Mio padre e Den lavoravano insieme nelle guardie reali e le nostre madri erano amiche. Perciò, sì. Mamma ci parlava di Selene, a volte, e diceva che era la ragazza più testarda e coraggiosa che avesse mai incontrato. Mi ricorda qualcuno, sai?» la punzecchio, alludendo al suo carattere, simile a quello della Regina. Ridacchio e suscito una risatina anche a lei.
«Cos'altro ti raccontava, su mia madre?» prosegue a interrogarmi, quando la ridarella si placa.
«Che le mancava un sacco. Credeva che tu e Ryan sareste stati la nostra salvezza, che avreste distrutto Seth e che ci avreste ridato la nostra casa. Non vedeva l'ora di tornare ad Arcandida e di portare me e Piper in gita per i boschi che circondano il regno. Ora, però, non potrà più farlo» constato con amara sofferenza, mentre sorrido tristemente e le accarezzo la pelle del braccio.
Il pensiero degli occhi luminosi che aveva mia madre, nel riferirmi tutte quelle informazioni, mi stritola in un abbraccio malinconico e doloroso.
Bridget unisce le nostre labbra, riuscendo a farmi stare meglio, con un semplice bacio. Poi si stacca e nelle sue iridi brilla una nuova determinazione.
«Ci riuscirò. Te lo giuro. Ti devo tutto, Mason, e voglio restituirti Arcandida. A te e ai Guerrieri.»
Non trattengo un sorriso. È sicura di ciò che afferma, e lo sono anche io. Non ho mai dubitato delle sue potenzialità, nemmeno per un attimo. Racchiudo il suo corpo in un abbraccio e le sussurro un "grazie" all'orecchio.
«Ah, un'altra cosa.»
«Dimmi» rispondo.
«Faremo quella gita.»
Spazio Autrice
Capitolo abbastanza semplice e di passaggio, ma spero vi sia piaciuto lo stesso. Oggi leggiamo di una Bree nervosa e in ansia per il viaggio, alle prese con i suoi poteri fuori controllo, e di un Mason che la tranquillizza e le racconta qualcosa su Arcandida.
Preparatevi anche voi, perché nel prossimo capitolo sbarcheremo ad Antylia, il continente dove si trovano Arcandida e gli altri regni, che non vedo l'ora di farvi esplorare!
Stellinate, commentate e a venerdì, con una nuovissima ambientazione.
Xoxo 💼
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