50. Aggiustare le Cose Distrutte

Mason

Ho trascorso ventiquattr'ore di intensa meditazione, dopo essere tornato dai sotterranei. Ho provato ad accettare il compito che Ryan e Selene mi hanno affidato, l'incarico di sbloccare Bridget e di distruggere la serratura che imprigiona le sue emozioni, ma non ci sono riuscito.

Ho tartassato me stesso con quesiti e dubbi, per tutta la notte. Il solo pensiero di ciò che avrei dovuto fare mi ribaltava lo stomaco. Non sarei mai stato in grado di arrecarle un danno così grande.

Queste riflessioni mi hanno riempito la testa anche durante la mattinata e il pomeriggio. Ho saltato i pasti e ho occupato la palestra, alla ricerca dell'arma adatta. Dopo averla selezionata, ho radunato l'Esercito, una decina di Guerrieri volontari e l'intero coraggio di cui disponevo, per poi invadere la Tana.

I ragazzi sono a conoscenza del piano elaborato da Selene. Mentre loro affrontavano le Ombre, io e Ryan siamo rimasti sul retro del condomino dove, la scorsa sera, avevo rivisto Bridget. Al momento giusto, Isabel e Sophia l'hanno raggiunta, seguendo il mio comando di trascinarla nel cortile del palazzo.

E, ora, devo mettere da parte ogni sentimento e agire.

Non appena Bridget ha svoltato l'angolo, mi sono fiondato su lei e l'ho bloccata contro il muro, schiacciandole il costato con la spranga di ferro che ho recuperato in palestra. Intrappolata tra l'asta metallica e la parete del palazzo, con il mio volto a poca distanza dal suo, mi getta occhiate infuocate.

«Avrei dovuto aspettarmelo. Era ovvio che Sophia mi stesse guidando nella tua trappola» constata, ridendo in modo secco e sprezzante.

Provo a modellare una maschera di inflessibilità, ma non riesco ad eguagliare il suo sguardo gelido. Le iridi blu e nere mi congelano e, al tempo stesso, mi bruciano.

«Ti dirò la stessa cosa che ho comunicato ai tuoi Guerrieri: non andrò da nessuna parte, con voi. Voglio essere gentile e darti la possibilità di sparire, senza usare la violenza. Altrimenti, mi costringerai ad aggiungere il tuo nome alla lista degli Arcandidi feriti mortalmente» minaccia, il ghiaccio negli occhi e un'austera noncuranza nella voce.

Le sue parole mi sferzano, le sillabe mi frustano. E fa un male tremendo, però mi obbligo a stringere i denti e a resistere.

«Stavolta, non hai scampo. Non mi arrenderò di nuovo. Tirerò fuori la vecchia Bridget, con o senza il tuo permesso» proclamo, facendo pressione con la spranga sulla sua cassa toracica.

«Credi che qualche frase sdolcinata basti? Non serve che tu mi ripeta quanto mi ami, Mason, perché non me ne importa. L'unica cosa che provo, quando mi stai accanto, è odio. E lo stesso vale per il mio caro fratellino. Percepisco la sua presenza, sai? Non so dove si sia nascosto, ma immagino che questo ridicolo piano sia opera di entrambi.»

Io e Ryan abbiamo deciso che lui sarebbe rimasto nelle vicinanze, fuori dal raggio visivo di Bridget. Una volta crollata la barriera innalzata da Seth, ricostruirà la loro connessione, intrufolandosi nella mente di sua sorella.

Si è nascosto per evitare di essere aggredito fisicamente. Ciò non lo protegge, tuttavia, dagli attacchi verbali. Sono sicuro che abbia sentito ogni cosa e che stia lottando contro le fitte del dolore, come sto facendo io.

«Ho provato con le buone, e ho fallito. Sono costretto a passare alle maniere forti» la avviso, indurendo il tono e saldando la presa sull'asta.

Guarda di sbieco la sbarra e perde di colpo tutta la spavalderia. Ha capito che non uscirà illesa da questo quartiere. Si dimena e io premo con maggiore intensità, togliendole il respiro.

Ha braccia e busto bloccati dalla spranga e le gambe dal mio ginocchio. Sui palmi delle mani - le uniche parti del corpo libere - si formano vortici di particelle nere ed elettriche. Calco l'asta e lei sussulta, a causa dell'urto, facendo disperdere le saette.

«Mollami, Mason» ringhia.

Il suono di una pietra che viene scagliata contro un muro esplode tutt'intorno. Proviene dal lato opposto della strada. È il segnale che stavo aspettando da Ryan: la missione può ufficialmente iniziare.

«Perdonami per ciò che sto per fare» mi scuso in anticipo, dedicandole uno sguardo rammaricato. «Sappi che il mio unico scopo è salvarti.»

Le abbasso il cappuccio della mantella, scoprendo la lunga treccia di bronzo.  Sgrana le palpebre. Forse ha intuito la mia prossima mossa. Non ha via di fuga, è completamente intrappolata sotto il peso dell'asta e del mio corpo. Per la prima volta, è lei a subire.

«Non sei abituata a sentirti così impotente, vero? Seth ti ha insegnato che le Ombre sono invincibili, che le sue creazioni sono intoccabili, giusto? Lascia che ti mostri quanto si sbaglia

Con un gesto veloce, stacco la sbarra dal costato, reggendola dalle due estremità, e la riappoggio prepotentemente, battendola sulle ossa. Bridget, presa alla sprovvista dalla violenza della stangata, emette un urlo di puro e intenso dolore. Premo il cilindro metallico sullo sterno, per mantenerla in piedi e per non permetterle di accasciarsi contro il muro.

«Adesso capisci cosa hanno provato i Guerrieri che hai ucciso?» proseguo, il tono rabbioso, assestandole un altro colpo dritto.

Geme e annaspa, con i polmoni che faticano a gonfiarsi e sgonfiarsi, per merito degli spasimi.

«V-vuoi che ti chieda scusa? Non... non lo farò mai. Stai perdendo tempo» si sforza di ribattere con asprezza, nonostante l'affanno.

«Hai sparato a Carter. Come fai a non pentirtene? È venuto qui perché ti vuole bene e vuole portarti via da questo covo di mostri.»

«Se l'è meritato» sibila.

Strappo la sua espressione velenosa, infliggendole un'altra bastonata. Rilascia uno strillo d'agonia e congiunge le braccia sullo stomaco, piegandosi a metà.

Devo ordinare a me stesso di non crollare. Prendo una boccata d'incoraggiamento e ritraggo l'impulso di spezzare questa maledetta arma e di smettere di ferirla. Con il cuore che si fa sempre più pesante e un macigno di dispiacere sulle spalle, la inchiodo di nuovo contro il muro.

«Ti ho vista, mentre ipnotizzavi quel Guerriero. Gli hai puntato la pistola alla testa, come se niente fosse, e hai fatto lo stesso con Carter. Aveva ragione, quando ti ha definita "mostro". È proprio ciò in cui ti sei trasformata. Dovrei lasciarti qui, con le Ombre, e andarmene. Sei tu, che ti meriti di soffrire» sputo, arrabbiato e deluso, anche se non credo a niente di ciò che ho appena detto.

«Non è vero» mormora Bridget.

Sta iniziando a vacillare. Scuote piano la testa, negando le mie affermazioni. L'astio che le inondava lo sguardo si è prosciugato, sostituito da un crescente rimorso.

«Sì, invece! Ci hai abbandonati tutti. Non ti sei mai chiesta in che condizioni ci hai lasciati, quando eri in Norvegia? Non ti sei mai preoccupata per noi, mentre ti nascondevi nella Tana?»

La colpisco, e mi pare quasi di udire lo scricchiolio delle ossa che si frantumano. Serra gli occhi e morde le labbra, senza trattenere mugugni doloranti. L'afflizione che sta patendo è la stessa che mi consuma l'anima. Sono riuscito a farla reagire, ma non ne sono affatto contento.

«Hai abbandonato i tuoi amici. Persino Alex, che ti ha sempre sostenuta.»

Rialza le palpebre e mi punta addosso le sue iridi, dalle fiamme di cobalto e ossidiana. «Loro non sono miei amici. Non c'erano, mentre mia madre mi diceva che avrebbe voluto sbarazzarsi di me.»

Altra stangata. Altro grido. Altra costola ammaccata. Altro pezzo di anima sbriciolato.

«Hai ragione, Selene ti ha mentito. Però, alla fine, ti ha accettata. Ti ha donato una vita migliore e ti ha tenuto compagnia in Accademia, dopo che hai scoperto di essere sua figlia. Lei non si merita il tuo odio, e nemmeno Ryan. Hanno sbagliato, è vero, ma l'hai fatto anche tu. Tua madre e tuo fratello ti amano, Bridget. Hai la possibilità di ridere con loro, di raccontare cosa fai durante il giorno, di vederli e di ricambiare l'affetto che ti donano. C'è chi darebbe tutto, per avere una simile opportunità.» Nel pronunciare l'ultima frase, la mia voce trema.

«Mi hanno tradita» dice, il timbro che si spezza.

Spingo ancora la sbarra. Le ossa si incrinano sotto l'asta e Bridget trattiene il fiato. È tenuta dritta solo dalla spranga: le sue gambe vibrano contro il mio ginocchio, che le blocca al muro. Se dovessi sciogliere la presa sul suo corpo, rovinerebbe al suolo.

«Non volevano che tu soffrissi, sapendo la verità. L'hanno fatto col fine di proteggerti. Non puoi nutrire rancore nei loro confronti per tutta la vita» le spiego, addolcendo il tono e lo sguardo.

I suoi occhi si fanno lucidi, le lacrime depositano un velo cristallino sulle iridi bicolore. «Mia madre non mi ha mai voluta. Ryan, invece, ha preferito un'Ombra a sua sorella. Questo non è amore.»

«Eppure, adesso, lui si trova a pochi metri da te, e sta solo aspettando di poterti riabbracciare. Selene, poi, non vede l'ora di parlarti di nuovo. È grazie a lei, se sono tornato a prenderti» la informo. «Questo è amore. Voi tre formate la famiglia Kelley, ricordi? Seth non ne fa parte.»

«Seth è stato l'unico ad accettarmi» lo difende.

«E io? Chi ti è stato accanto, quella sera? Chi ti ha confortato? Chi ti ha asciugato le lacrime? Non credo che sia stato Seth. L'unica cosa che ha fatto lui è stata spronarti a fuggire dai problemi.»

Schiude le labbra, ma le impedisco di esprimere le sue insensate giustificazioni.

«Sono stato io! Io a stringerti tra le mie braccia, io ad ascoltarti piangere, io ad assicurarti che ti avrei amata comunque, nonostante la tua doppia natura. Come hai potuto cancellare le mie promesse e scappare? Stavo dormendo nel tuo letto, dannazione!» Sbatto l'asta contro le costole e lei incassa il colpo, in silenzio. «Sono venuto anche a farti visita, in cella. Ti ho detto "Ricorda che ti amo", ma, a quanto pare, te ne sei dimenticata, dato che pochi giorni dopo sei evasa.»

La patina di lacrime si espande, allagandole gli occhi. Basterebbe un debole battito di ciglia, per far cascare le gocce di pianto.

«Il punto è che ti sto elencando una marea di nomi, quando, in realtà, il primo della lista sono io. Perché gli altri possono anche sentire la tua mancanza, ma nessuno sa cosa si prova a svegliarsi, circondati dal freddo, senza la persona che si ama al proprio fianco.»

«Mason, io...» riattacca, però la zittisco con un'altra spinta dell'asta.

«Ci siamo concessi a vicenda, Bridget. Ti ho dedicato tutto il mio amore, tutta la mia anima, tutto me stesso. Non ti permetterò di buttare ogni cosa all'aria, solo per ottenere potere e vendetta. Ricordi quanto abbiamo sofferto, quanto abbiamo lottato, per riuscire a stare insieme? Come siamo finiti dal combattere contro chiunque ci intralciasse al combattere l'uno contro l'altra?»

«Mi dispiace» sussurra, con la voce strozzata e il labbro inferiore che trema. Sta trattenendo con tutte le sue forze le lacrime. «Forse è meglio se smetti di cercarmi. Il destino non ci vuole insieme. Ti ho solo rovinato la vita.»

«Mi hai reso la persona più felice del pianeta, e so di aver fatto lo stesso, con te» confuto la sua stupida affermazione. «Io ho bisogno di te e tu hai bisogno di me. Seguimi in Accademia. Possiamo ricominciare da zero. Il "per sempre" che ci siamo giurati può iniziare adesso.»

Muove ostinatamente il capo da sinistra a destra, più volte. Strizza le palpebre e le prime lacrime le accarezzano il volto. Le gocce scendono con lentezza, scavando le guance e scivolando sul collo. Quando riapre gli occhi, la luce della speranza mi acceca, e temo di essere stato catapultato in un sogno.

Nelle sue iridi bagnate dilaga una macchia dorata, che dipinge il blu. Noto che anche il nero sta schiarendo, per cedere il posto al precedente castano. Mi trovo davanti due tavolozze sporche di pennellate diverse; è una sfida colorata tra il lato arcandido, che si sta ribellando, e quello di Ombra.

L'obiettivo è quasi raggiunto.

«Non ci riesco. Ho paura, Mason. Ho paura che andrà di nuovo tutto a rotoli» mi confessa, le lacrime che scendono, copiose, e le parole traballanti.

Mi costringo a schiacciare ancora la spranga sulle sue ossa, che rispondono con cigolii rumorosi. Bridget ansima, tra le gocce salate, le espressioni di dolore e i polmoni che bruciano, a contatto con le costole contuse. Il muro in cui Seth l'ha imprigionata si sta smantellando, colpo dopo colpo. Ogni volta, un mattone cade. Ne mancano pochissimi, a giudicare dalle emozioni che si sono già manifestate in lei.

«Non succederà, credimi. E, se dovesse accadere, ci sarò io, accanto a te. Non posso prometterti che non verrai più ferita, perché la sofferenza è parte della nostra esistenza, ma ti posso garantire che sarò lì, al tuo fianco, ad aiutarti a rimarginare ogni taglio.»

Dalle sue labbra frementi volano singhiozzi. Scuotono la cassa toracica danneggiata, contribuendo ad aumentare il male fisico che sta provando.

«Ho demolito le nostre vite. Rompo ogni cosa che sfioro» farfuglia, con i singulti che la interrompono a scatti e che dividono le parole.

Le infliggo l'ennesima stangata e faccio combaciare le nostre fronti, annullando di botto gran parte della distanza, per non darle il tempo di pensare al dolore.

«Ripareremo tutto, Bree. Devi solo ritornare a casa, con me. Lascia che ti dia una mano ad aggiustare le cose distrutte» le propongo, in un sussurro amorevole, a un centimetro dalla sua pelle.

I nostri visi sono vicinissimi: ho una visuale completa delle sue iridi, dove l'oro prosegue l'avanzata sul cobalto. Più della metà della corona blu è stata ripulita ed è tornata a scintillare, mentre lo sfondo si è ritinto di un marrone dolce.

Ci scrutiamo a vicenda. Il suo sguardo ha perso la tenacia di prima. È stanco, adesso, desideroso di mettere un punto a questa situazione logorante. L'agonia sta corrodendo entrambi.

Poi, Bridget prende la sua decisione finale. E, all'improvviso, tutta la negatività che mi attanagliava sfuma via, grazie a quella semplice richiesta.

«Salvami

Mi implora con la voce e con lo sguardo. Porta le mani sulla spranga, vicino alle mie, e stringe il cilindro, come se mi stesse chiedendo di colpirla un'ultima volta. Mi osserva, in una preghiera muta. Inspiro profondamente, per spronarmi, e non sgancio le pupille dalle sue. Aspetto una seconda conferma, da parte dei suoi occhi; dopodiché, spingo la sbarra.

Il fragore delle ossa che si spaccano è ancora più forte, stavolta. L'urto le strappa il poco ossigeno rimasto, impedendole di emettere gemiti o strilli. Lascio cadere in terra l'asta e Bridget non si regge più in piedi; si aggrappa alle mie spalle e le sue gambe cedono. Le circondo la vita con un braccio e poso l'altra mano sulla nuca. Cadiamo in ginocchio, trascinati dal peso degli eventi, dal dolore e dal sollievo che sia tutto finito.

Trema forte contro di me, percossa dai singhiozzi, bagnandomi la giacca di lacrime liberatorie. Le sciolgo la treccia e incastro le dita tra i suoi capelli, ammirando le ciocche ramate che recuperano le loro sfumature originali, chiare e luminose. Le prendo il viso e la scosto con delicatezza, per esaminare anche le iridi. Sorrido, contemplando gli occhi castani, ricoperti di pagliuzze dorate.

Le sfioro una guancia rigata, per accertarmi che non sia un'illusione. Accarezzo la pelle candida e ho la conferma che cercavo: posso di nuovo toccarla, senza temere che mi respinga.

Bridget preme i palmi sulle tempie e i suoi lineamenti si spiegazzano in una smorfia sofferente, d'un tratto, come se la sua testa fosse stata trafitta da un dolore lancinante. La preoccupazione mi inghiottisce e, per un attimo, ho quasi paura che Seth le abbia invaso la mente, per provare a riportarla dalla parte delle Ombre.

Sento dei passi, dietro di me. Recupero la spranga e mi giro. Abbasso l'arma, quando mi accorgo che si tratta di Ryan. Non mi degna nemmeno di un'occhiata: si precipita da sua sorella e si accovaccia al suo fianco, facendo incrociare i loro sguardi identici.

Mi rimetto composto e mi allontano di un paio di metri, per dare loro un po' di spazio. Si guardano intensamente, dandomi l'impressione che stiano usando gli occhi, per comunicare. O, forse, le menti.

Me ne rendo conto, all'improvviso: Ryan è riuscito a ricucire il loro collegamento telepatico. Ciò spiega la fitta che ha colpito Bridget e anche la puntualità con cui il Principe ci ha raggiunti.

Le labbra di Ryan si increspano in un sorriso tenero e gioioso. Bridget scoppia di nuovo in lacrime e si tuffa tra le sue braccia, che la circondano in una stretta soffocante. Suo fratello mormora qualcosa che non capto, mentre le passa una mano lungo le onde dei capelli.

Ryan armeggia con la spilla dorata della mantella di Bridget e la sblocca, togliendole l'indumento scuro che indossa ogni Ombra. Il capo d'abbigliamento si accartoccia sul terreno. Prende sua sorella in braccio, appoggiandole una mano sotto le gambe e una dietro la schiena, e si rialza, avvicinandosi a me.

«La porto alla macchina. Tu avverti gli altri che la missione è compiuta. Ti aspettiamo nel parcheggio.»

Annuisco, senza staccare gli occhi da Bridget, che ha posato la testa sul petto di Ryan e ha abbassato le palpebre. Geme ad ogni respiro, a causa delle costole incrinate, che impediscono all'ossigeno di circolare regolarmente nei polmoni. Nell'analizzare la sua espressione distrutta dallo strazio, il senso di colpa per ciò che le ho inflitto supera la contentezza di averla fatta rinsavire.

«Mason, non torturarti.» Ryan decifra i miei pensieri. «L'hai salvata» aggiunge, a bassa voce, in modo che lo possa udire soltanto io.

Gli sorrido e capisco che, adesso, ho il diritto di essere felice.

Ryan e Bridget si incamminano verso il parcheggio, lasciandomi nel cortile del codominio, in mezzo ai soffi del vento serale. Alzo lo sguardo al cielo e osservo la luna, che riversa i suoi fasci bianchi sull'area del giardino incolto. Quando riporto gli occhi a terra, noto un luccichio, ai piedi della facciata del palazzo, seguendo la traiettoria dei raggi del satellite.

Mi avvicino al punto della parete dove, prima, ho bloccato Bridget, per poi ferirla. Mi abbasso e afferro l'oggetto che riflette la luce argentea. È una collana. Non appena ne scorgo il ciondolo, mi è subito chiara l'identità del proprietario. Conosco solo una persona che possiede un gioiello con lo stemma di Arcandida e della dinastia Kelley.

La infilo nella tasca esterna della giacca e mi appunto mentalmente di riconsegnarla a Bridget, una volta rientrati in Accademia. La sfrutterò come una scusa per vederla e parlarle.

Mi dirigo nel luogo che stava ospitando la battaglia, con l'asta di ferro stretta in mano, pronto a difendermi da eventuali attacchi. Ma, raggiunta la via, non trovo ciò che mi aspettavo. Gli Arcandidi sono seduti a terra, stremati e coperti di cicatrici fresche. È un altro dettaglio, però, a stupirmi: le Ombre sono sparite. Tutte.

Esamino i dintorni, perplesso. «Cos'è successo, qui?»

Sophia si alza e mi affianca. Noto che zoppica, mentre mi raggiunge.

«Le Ombre si sono volatilizzate. Tutte insieme, di botto. Penso che Seth le abbia richiamate, ma non ne capisco la ragione» mi spiega.

Un lampo di genialità mi fulmina. «Io credo di saperla.»

«Illuminami, coraggio» mi incita a continuare, appoggiandosi di peso al palo di un lampione spento, per evitare di sforzare la caviglia zoppicante.

«Forse, il motivo è Bridget.»

Non è necessario che io continui la frase: Sophia ha già compreso. Spalanca gli occhi e una scintilla di trepidazione passa nelle sue iridi dorate.

«Ci siete riusciti» intuisce, sbalordita ed emozionata. «L'avete convinta.»

«Sì, ce l'abbiamo fatta» confermo in un borbottio, ancora spaesato da quello che è appena successo. Dirlo realmente, agli altri, e non solo nella mia testa, lo rende più concreto. «Ce l'abbiamo fatta» ripeto, con maggiore convinzione.

«È fantastico, Mason» mi sorride.

Concedo la mia attenzione al resto della squadra. L'Esercito - ad eccezione di Carter, Emily e Isabel, che sono corsi in Accademia - si è riunito intorno a me e a Sophia. Anche il gruppetto di Guerrieri che ci ha scortati si è aggiunto.

Devo essere loro riconoscente: mi hanno seguito di loro spontanea volontà, senza chiedere nulla il cambio, mettendo in gioco la vita. Avevo promesso loro che sarebbero tornati all'istituto sani e salvi, ma non avevo calcolato la pericolosità della missione e, soprattutto, quella di Bridget.

«Forza, torniamo in Accademia» ordino, spronando la squadra a incamminarsi, con un cenno del capo.

Attendo che l'Esercito e gli altri Guerrieri mi oltrepassino. Quando uno dei volontari, un ragazzino poco più piccolo di me, mi passa davanti, lo affianco.

«Conoscevi le due vittime?» indago, senza convenevoli.

Il ragazzo dalla chioma color pece incurva le labbra amaramente. «Erano miei compagni di classe, finché Mark non ha sospeso le lezioni. Ci siamo allenati insieme, in quest'ultimo periodo. Ci ritenevamo fortissimi, sai? Nessuno credeva che la Principessa ci avrebbe puntato una pistola alla tempia.»

«Lei non era in sé. Non ne aveva alcuna intenzione» provo l'impellente bisogno di difenderla.

«Non la sto incolpando. Anche io sono certo che non volesse davvero ucciderli. L'unico vero assassino è Seth.»

Lo esamino con la coda dell'occhio, e nel suo sguardo combattivo leggo la sensazione che mi ha accompagnato in questi ultimi tre anni, dalla notte in cui ho perso la mia famiglia.

Desiderio di vendetta.

La smania di distruggere le Ombre e Seth, di farla pagare ai nostri nemici. È un'emozione che ho visto in troppi Guerrieri, ragazzi rimasti soli, tenuti in vita solo da questo macabro sogno. Anche io facevo parte di quell'insieme. Fin quando non ho conosciuto Bree e non ho capito che c'è altro per cui vale la pena esistere.

«Mi dispiace per la tua perdita. So come ci si sente.»

«Adesso, lo so anche io. È una cosa quotidiana, la morte, nel nostro mondo. Mi abituerò, come fanno tutti» dice, celando la tristezza con un falso disinteresse.

È chiaro che non è affatto d'accordo con questa filosofia e che vorrebbe semplicemente piangere la morte dei suoi compagni, invece che adattarsi in silenzio alla perdita.

Arriviamo nel parcheggio, davanti agli alberi maestosi e innevati di Central Park. Io e il ragazzo ci dividiamo, entrando in due macchine diverse. Salgo su una vettura nera lucida, quella che scelgo sempre per le spedizioni lungo le strade di New York, e occupo il sedile del guidatore.

Ryan e Bridget sono dietro. Lui è seduto accanto al finestrino, mentre lei è sdraiata lungo i tre sedili anteriori, con la testa appoggiata sulle sue gambe. Il Principe le accarezza i capelli e le sfiora con estrema cura il costato. Bridget ansima e mugugna cose incomprensibili, a occhi chiusi, con il corpo imperlato di sudore e tremante.

Recupero le chiavi dell'auto dalla tasca dei pantaloni e accendo il motore. Usciamo dal parcheggio e imbocco una via secondaria, per evitare il traffico. Con il piede premuto sull'acceleratore, sfreccio per la strada deserta, oltrepassando i limiti di velocità.

«Mason, sbrigati» incalza Ryan, allarmato.

Tiro una rapida occhiata allo specchietto retrovisore: lo sguardo di Ryan, ricolmo di preoccupazione, è collocato sulla figura agonizzante di Bridget. Accelero la corsa, con le luci di Manhattan e i grattacieli che ci affiancano. In lontananza, avvisto il ponte di Brooklyn, e mi sembra quasi un miraggio divino.

Varchiamo la barriera dell'Accademia e una folata di particelle magiche ci circonda, mentre giungiamo al parcheggio della scuola. Scendiamo dal veicolo e, trovando lo spiazzo deserto, mi accorgo che gli altri Guerrieri devono ancora arrivare.

Seguo Ryan all'interno dell'istituto. Attraversa il corridoio a grandi falcate, tenendo sua sorella in braccio, così rapidamente che fatico a stare dietro al suo ritmo spedito. Si ferma davanti alla porta dello studio medico di Robert.

«Vi aspetto qui.» Indico la fila di sedie contro la parete.

Mi fa un cenno d'assenso e impugna la maniglia. Dovrebbe muoversi ad entrare, ma temporeggia dinanzi all'ingresso. Si volta di nuovo verso me, alla fine.

Ricambio con uno sguardo confuso. «Che stai aspettando?»

«Volevo ringraziarti, prima.»

«Ringraziarmi? Non ce n'è bisogno, davvero. Non ho fatto niente.»

«Accetta il mio "grazie" e non fare il finto modesto» sbuffa. «Il merito è tuo, Mason. Non è vero che non riesci a salvare nessuno. Stasera, hai dimostrato il contrario.»

Le parole di Ryan rimangono sospese a mezz'aria, anche quando entra nell'infermeria e sparisce dalla mia visuale, insieme a Bridget. Ci ripenso, sedendomi.

Estraggo la catena argentata dalla tasca. Appoggio il fiocco di neve sul palmo della mano e ne studio i grovigli. Sfioro il ciondolo, immergendomi in una spessa coltre di riflessioni e cercando mi metabolizzare la serata.

"«L'hai salvata.»"

Sorrido, tracciando con i polpastrelli il contorno del pendente.

Ce l'ho fatta.

Spazio Autrice

Finalmente, la situazione sembra essersi risolta. Dopo 50 capitoli di sofferenze, Bridget torna ufficialmente tra i Guerrieri!🎉

Mason mette in pratica il piano di Selene, ferendo Bridget e dicendole tutto ciò che non è riuscito a dirle prima. È stato spietato, sì, ma non c'era altra maniera. La convince e la riporta in Accademia, mentre Ryan ha ricostruito la connessione telepatica con sua sorella. Insomma, possiamo dire che, per una volta, sia andato tutto bene. Naturalmente, devono ancora chiarire su alcuni punti, ma ci sarà spazio per questo nei capitoli a seguire.

Con questo capitolo, è cambiato tutto. È un importante punto di svolta per la storia, perciò spero che sia stato all'altezza delle vostre aspettative. Ci tengo particolarmente, quindi, se vi fa piacere, lasciatemi una vostra opinione.

Se vi state ancora chiedendo cosa sia successo a Carter e a Emily, martedì avrete una risposta!

Xoxo💐

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top