5. Domande Senza Risposta

Mason

New York è chiassosa, come al solito.

I turisti zampettano di qua e di là, armati di macchine fotografiche e sorrisi. Immortalano attimi che resteranno per sempre sulla carta, così da poterli rivivere in qualunque momento, guardandoli con una risata o con le lacrime agli occhi.

La folla nei pressi del Times Square mimetizza la mia aria da Arcandido in mezzo a quella ordinaria dei civili. Non penso che reagirebbero bene, scoprendo che nascondo un coltello nella giacca.

Normale. Devo fingermi normale.

Con sguardo truce ispeziono i soggetti che mi circondano. Chiome castane, bionde o variopinte. Ogni volta che scorgo una massa di capelli rossi il mio cuore perde un battito, ma, poi, mettendone a fuoco le sfumature, mi accorgo che non appartengono a lei.

Troppo scuri. Troppo chiari. Troppo tendenti al castano. Troppo tendenti al biondo.

Rosso troppo intenso, visibilmente applicato dalle mani esperte di un parrucchiere. Colori troppo deboli, che sembrano oro arrugginito.

Tutti troppo o troppo poco.

Nessuna testa porta quei filamenti ramati e rari, dalle punte arricciate in morbidi boccoli e dalla tonalità splendente.

Bridget non c'è.

Prendo il telefono, sperando in qualche notifica dal mio gruppo di Guerrieri. Zero messaggi. Sbuffo e lo rimetto in tasca.

Ho posizionato i ventisette Guerrieri che sono capitati con me in varie zone della città. Ognuno di loro controlla un quartiere, cercando la Principessa.

Siamo per strada dal sorgere del sole; in questo momento sono le nove e trentaquattro di sera. Quasi venti ore passate qui, cercando qualcosa che dubito troveremo, impalati nello stesso punto.

Secondo gli accordi, dobbiamo tornare in Accademia tra due ore e ventisei minuti. Mark mi ha dato tre giorni, che sono volati via in un battito di ciglia. A mezzanotte, il tempo a nostra disposizione sarà scaduto.

E siamo ancora al punto di partenza.

Confido nel fatto che Sophia, Carter e i tre Ufficiali abbiano più fortuna di me, con le ricerche negli Stati Uniti. Non può essere arrivata molto lontano, in una sola settimana. Non ha contanti con sé, non è passata a casa dei suoi genitori adottivi e sa che le Ombre potrebbero ucciderla. Dunque, dev'essere nei dintorni.

Sono esageratamente ottimista.

Guardo l'orario.

Nove e trentasei.

Guardo le persone che mi circondano.

Ancora niente.

****

A mezzanotte e venti minuti sono appoggiato al tavolo della biblioteca, dove è stesa la cartina americana, con le braccia incrociate e gli occhi puntati sui miei compagni.

«Allora?» attacco, notando che nessuno parla. «Chi di voi l'ha trovata?»

Tengono la testa bassa; Isabel giocherella nervosamente con uno dei bottoni dorati della casacca; Sophia tira l'estremità dei suoi ricci e Carter evita il mio sguardo.

«Non...» comincia Jack, facendo un incerto passo avanti. «Nessuno.»

«Cosa significa, scusa?»

«Che non l'ha trovata nessuno» sputa Sophia.

«Vuol dire che non siete stati capaci di prendere una ragazzina in fuga? Devo ricordarvi che eravate in trenta? O che siete nell'Esercito?» li biasimo, il tono duro e aspro.

«Ci dispiace, Mason» fa Carter.

Lancio un'occhiata di rimprovero al mio migliore amico. "Mi dispiace"? Crede che basti un misero "mi dispiace"?

«Forza, aiutatemi a riferire a Mark che abbiamo fallito. Ne sarà contentissimo» ironizzo, con una risata amara.

«Falla finita, Mason. Smettila di scaricare la rabbia sugli altri» sbotta Carter.

Si avvicina in modo da essermi frontalmente. Nella mia visuale rientrano solo i suoi occhi verdi e irritati; il resto della squadra è come se non esistesse, ma sono sicuro che stiano seguendo attentamente la discussione.

«Spostati» gli ordino.

«Non prendertela con noi, se non riesci a superare la sua scomparsa. Era la tua ragazza. È te, che ha abbandonato.» Sibila piano quest'accusa, ma il suo timbro è talmente accusatorio che è sufficiente per portarmi al limite.

«Togliti di mezzo, Carter, perché non risponderò più delle mie azioni» gli intimo.

«Magari ti senti meglio, se lo fai, Generale» mi sfida.

Serro il pugno destro, conficcando le unghie nel palmo. E, mentre scuoto il capo e sorrido con delusione, fisso il mio migliore amico, il suo sguardo verde e furioso.

Poi, gli do le spalle, uscendo dalla biblioteca.

Mentre avanzo lungo il corridoio, allargo e restringo le dita per recuperare sensibilità e allievare il dolore alle mani. Eppure, il male fisico è insignificante, paragonato all'effetto che mi hanno suscitato le parole di Carter.

"«Era la tua ragazza. È te, che ha abbandonato.»"

"Abbandonato".

Bridget mi ha abbandonato.

Noto con disgusto che il palmo della mano è graffiato e sanguinante, nel punto in cui le unghie hanno penetrato la pelle. Non è la prima volta. Succede spesso. Davvero spesso. Utilizzo questo metodo per placare la rabbia. Tuttavia, non è molto efficacie, dal momento che dopo mi fa un male terribile.

Infilo l'altra mano nella tasca anteriore dei pantaloni e prendo la chiave della mia stanza. Sblocco la serratura ed entro, accendendo la luce.

Il letto è sfatto, le lenzuola sono aggrovigliate sul materasso e le coperte sono sul pavimento. I vestiti sporchi sguazzano tra le piastrelle bianche, insieme a un paio dei miei preziosissimi pugnali.

Tutto rigorosamente in confusione. Tutto incasinato, come lo sono io.

L'altra alternativa per sfogarmi è produrre un vortice disastroso nella camera. Purtroppo, nemmeno questo dà buoni risultati: devo sempre riordinare.

Raccolgo le armi e le rimetto a posto, nel cassetto apposito dell'armadio. Esso contiene una decina di coltelli di svariata forma e dimensione, una spada, un arco e il cimelio della famiglia Evans, ovvero il pugnale d'argento con un rubino puro incastonato nel manico.

Ammasso gli abiti in un angolo del bagno e trascino le coperte fino al cuscino, senza sistemarne le pieghe. Mi butto sul letto e rilasso i muscoli esausti. Appena abbasso le palpebre, il telefono vibra.

«Chi è che rompe?» rispondo bruscamente alla chiamata, senza guardare il mittente.

«Io» borbotta Carter, dall'altro capo della cornetta.

«Ah, Carter.» Mi siedo sul materasso, cambiando tono. «Dimmi.»

«Scusa.»

«Sei perdonato, amico» gli rispondo.

Mi sfocia un sorriso: sapevo che l'avrebbe fatto. Ci consideriamo fratelli. Ci saremo sempre, se l'altro avrà bisogno, anche dopo una discussione.

«Comunque, non ero arrabbiato» preciso.

«Giusto, giusto, eri solo imbestialito» mi corregge sarcasticamente.

«Sono stanco, Carter.»

«Emotivamente o fisicamente?»

«Emotivamente» rivelo, tornando a sdraiarmi.

«Ti manca?»

Il silenzio fluttua tra noi per una decina di secondi. E non so come spiegargli che le mie giornate sono vuote, che ho bisogno di sentirla di nuovo tra le mie braccia, di baciarla e di stringerla a me. Non so come spiegargli che le stelle che brillano nel cielo mi sembrano false, paragonate ai cristalli d'oro nei suoi occhi, che non posso più vedere.

«Tanto» mi limito a dire, però.

«Non sono abituato a sentirti così... vulnerabile. Sembri un cucciolo smarrito, amico.»

Copro gli occhi con l'incavo del braccio e affondo nel buio. «Peggio.»

«Potremmo organizzare altri gruppi e ritentare con più Guerrieri. Abbiamo ancora il resto del continente da perlustrare. Forse...»

«Carter» lo interrompo, «lei non c'è.»

«Dammi una seconda possibilità» insiste.

«Non ne vale la pena.»

«Non vale la pena continuare a condannarti, Mason.»

Conclude la chiamata, dato che non ho intenzione di replicare. Mentre torno alla schermata principale, l'occhio mi cade sull'icona dei messaggi. Scorro le centinaia di testi inviati a Bridget, da quando è fuggita. Non li ha neanche letti.

"Perché?"

Sono tutte domande.

"Perché l'hai fatto?"

"Perché mi hai lasciato?"

"Perché sei scappata?"

Finiscono con punti interrogativi e iniziano con "perché?" spaventati. Spaventati dalla risposta che riceveranno. Se la riceveranno.

"Non mi ami?"

"Sei fuggita da me?"

"La nostra storia non contava?"

"Era una messinscena?"

"Non ti ho dato abbastanza?"

Poi, hanno inizio i dubbi. Le incertezze. E quelli non puoi mandarli via. Serve una risposta.

Gli ultimi SMS inviati risalgono a cinque giorni fa. Da lì, non le ho più scritto altro.

"È colpa mia?"

Nessuna risposta.

"Erano una bugia i 'ti amo'?"

Nessuna risposta.

"Non eri felice?"

Nessuna risposta.

In seguito, ho cessato di torturarmi con quei dilemmi.

Basta messaggi. Basta speranze. Basta punti interrogativi.

Oscuro lo schermo e poso il cellulare sul comodino. Sto per sprofondare tra le braccia del sonno, quando dei ripetuti colpi alla porta mi fanno trasalire.

Ma la gente non ha niente di meglio da fare, all'una di notte?

Balzo giù dal letto e spalanco l'ingresso con uno scatto infastidito.

«Che vuoi?» inveisco contro il ragazzo che mi si presenta davanti.

Fasci di luce provenienti dalle lampade del corridoio illuminano Ryan, permettendomi di riconoscerlo senza sforzi.

«Ti disturbo?»

, penso.

«No» rispondo, invece. «Entra.»

Attacco la schiena al battente e osservo il Principe. Il suo modo di guardarsi intorno, curioso e circospetto, le scaglie dorate delle sue iridi che si spostano su ogni dettaglio, le smorfie in cui si increspano i suoi lineamenti mi ricordano tremendamente sua sorella.

«Siete tornati dalle ricerche» inizia, trasportandomi fuori dal mondo dei ricordi.

«Sei qui per questo?»

«Mason, tu vuoi riportarla a casa, vero?»

Anche le lacrime che rivestono i suoi occhi mi portano a galla l'immagine di Bridget. In mezzo al pianto, il suo sguardo diventava d'oro, luccicante di dolore.

«Lo voglio più di ogni altra cosa.»

La sicurezza con cui quella affermazione rotola dalle mie labbra lo spinge a sorridere. È il sorriso maggiormente triste e al contempo felice che abbia mai visto.

«Sei l'unico che la meritava davvero» dichiara.

Ryan si siede sul mio letto e copre il volto con le mani. È disperato. Incastra le dita tra i capelli castano scuro, e sembra sul punto di infrangersi al suolo.

«Perché sei venuto da me?» gli chiedo, con il tono meno sfinito possibile.

«Non lo so. Ho perso Mackenzie e Bridget in un colpo solo. Ti scongiuro, dimmi che farai di tutto, pur di trovare mia sorella. Ha spezzato il nostro legame, te ne rendi conto? Mi odia» afferma, passando il polpastrello nell'angolo delle ciglia, per asciugare una lacrima in procinto di scendere.

«Non esagerare, adesso. Non sarebbe capace di odiarti.»

«Dovresti prendermi a pugni. Dopotutto, la colpa è mia.»

«Non ti prenderò a pugni, Ryan» declino la sua proposta insensata, nonostante abbia ragione.

Se lui e Selene non le avessero mentito, Bridget sarebbe ancora qui, in Accademia.

Sarebbe ancora con me.

«Ti sto pregando di fare di tutto perché so che non basteranno delle comuni ricerche. Bree è in fuga dalla verità. Sta scappando dal suo destino. Vi state sforzando inutilmente: non c'è speranza di trovare una persona che scappa da se stessa. Ma tu la ami, Mason, sei l'unico motivo per cui sarebbe dovuta restare in Accademia. Credo che tu abbia qualche possibilità in più.»

«Lei non mi ama abbastanza, altrimenti non se ne sarebbe andata» ribatto, irrigidendomi.

«La verità l'ha distrutta. Io l'ho distrutta. Sono il peggior fratello della storia, dannazione» sibila a se stesso, ridendo con rabbia. «Le ho nascosto di essere figlia di un altro, le ho nascosto di complottare con Seth, le ho nascosto l'identità di Mackie. Le ho nascosto la sua intera vita!» ringhia, calciando le travi del letto.

«Mi dispiace, ma credo che dovremmo direttamente arrenderci. Ho detto che voglio trovarla più di ogni altra cosa, ed è così, ma non ho intenzione di infliggermi altro dolore, in caso di sconfitta. Se vuole tornare, lo farà da sola.»

Alza i suoi occhia macchiati d'oro su di me. «Da quand'è che hai cominciato ad arrenderti?»

«Da quando lottare non ha più senso.»

Ryan capisce che non avrà alcun tipo di aiuto da me ed esce dalla stanza, portandosi dietro la delusione. Non gli do tempo di protestare, sbattendo la porta alle sue spalle.

Spazio Autrice

Un altro capitolo super triste, dal punto di vista di Mason. Poveretto: non sa più cosa fare. Ammetto che mi sento quasi in colpa per come lo sto trattando...💔

Oggi ritorna anche Ryan, il fratello di Bree, più disperato che mai. Mason si rifiuta di aiutarlo. Ormai si sta arrendendo. Discute anche con Carter e l'Esercito fallisce nelle ricerche negli Stati Uniti. Troveranno un modo?

Noi ci vediamo venerdì, con il capitolo 6! Stellinate e commentate, mi raccomando.

Xoxo🍭

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