27. Sogno e Realtà
Mason
Separo lentamente le palpebre, ma un'ondata di luce solare mi investe, costringendo i miei occhi a richiudersi.
I raggi dorati mi riscaldano. Sono sdraiato su una superficie morbida, che mi solletica i lembi di pelle scoperta. Ne tasto il materiale.
Erba.
Provo a riaprire gli occhi. Porto lo sguardo alla mia sinistra, per non essere accecato dal sole. I raggi di luce sono troppo intensi e il verde del prato è troppo brillante.
Qualcosa si incastra tra le ciocche dei miei capelli. Una mano li accarezza dolcemente, districando i ciuffi scompigliati.
Nel preciso istante in cui mi accorgo del sipario di capelli castani al lato del mio viso, comprendo di trovarmi in un sogno. Scruto il volto della donna che mi sta vegliando. Quegli occhi scuri sono uguali a come li ricordavo. Luminosi, teneri, rassicuranti.
«Mamma?» sussurro, con la paura di spezzare il corso del sogno.
Fortunatamente, lei rimane lì. La mia testa sulle sue gambe piegate e le sue dita tra i miei capelli.
«Ti sei svegliato, finalmente.» Ridacchia, e il suono tenue della sua risata mi procura un dolore atroce al petto.
«Dove sono? In paradiso?»
«Stai dormendo da più di mezza giornata. Hai perso i sensi. Le Ombre di Seth ti hanno prosciugato» spiega, continuando ad accarezzarmi i capelli e la fronte.
Improvvisamente, ricordo tutto. La Sentinella con Ryan, l'attacco, l'energia che mi abbandona il corpo e il buio che mi avvolge.
«Ryan sta bene?» chiedo, allarmato.
«Non lo so» risponde mamma, dispiaciuta.
«Io e lui stavamo parlando... poi sono arrivate due Ombre e...»
Un'emicrania inaspettata mi coglie malamente. Strizzo gli occhi e impreco per il vuoto di memoria.
Mia madre mi posa una mano sulla fronte, spostandomi in un gesto delicato qualche ciuffo scuro. «Non sforzarti.»
«Non ricordo più niente.»
«Tra poco dovrai svegliarti. Non preoccuparti, ti verrà in mente ogni cosa.»
«Non voglio lasciarti» mi lamento, come se fossi tornato bambino.
«Devi» mormora, le lacrime che iniziano ad accumularsi tra le ciglia.
«Non ce la faccio a tornare alla realtà. Lei mi manca un sacco» confesso, con la voce incrinata.
«La rivedrai presto» sorride, amorevole. «Fidati di me.»
«Piper e papà come stanno?»
«Non ho la possibilità di vederli. Siamo anime senza corpo, tesoro. Questa è l'esistenza che spetta agli Arcandidi, dopo la morte. Quando il Principe o la Principessa ci chiamano attraverso gli specchi incantati, invece, ci affacciamo su quel lago.» Indica un bacino lacustre dalle acque piatte e calme, che emerge a un paio di metri di distanza, in mezzo alla distesa d'erba verde.
«È così che riescono a contattare Selene?»
«Esatto.»
«Quindi, vivi in completa solitudine, in un prato, e l'unico mezzo che ti collega al mondo reale è un lago» riassumo.
Annuisce e un sorriso avvilito sboccia sulle sue labbra. «Sembra orribile, lo so, ma non è così male, in fin dei conti. Possiamo scegliere di dormire per l'eternità e di svegliarci quando vogliamo. La solitudine è meno pesante, in questo modo.»
«Mi dispiace, di non averti difesa. Avrei potuto salvarvi» sibilo, amareggiato.
«Mason, non darti inutili colpe. È andata così, ormai. Non potevi fare nulla, nessuno poteva. E, comunque, tu sei sopravvissuto a quella notte. Non trascorrere la vita ad affliggerti. Trova stabilità, amore e sii felice. Fallo per noi tre» mi incoraggia con delicatezza. Si china e schiaccia le labbra sulla mia fronte.
«Lo farò, mamma» le prometto, con la voce che si spezza.
«Svegliati, adesso.»
La sua figura sbiadisce, piano. I contorni sfocano e perde spessore. Non percepisco più i suoi polpastrelli morbidi sulla cute e i raggi del sole iniziano a ritirarsi.
«Ti voglio bene» mi dice, prima di sparire del tutto.
Non riesco a risponderle "anche io".
Non ci riesco mai.
Non faccio mai in tempo.
****
Quando riapro gli occhi, non c'è la luce dorata a investirmi. Nessun prato o paesaggio incantato, ma una stanza bianca e dal forte odore di antisettico.
Capisco di trovarmi nell'infermeria dell'Accademia. Sono sdraiato su una brandina, collegato a un sacco di fastidiosissime e rumorose macchine, e non riesco a muovere un muscolo.
«Guarda un po' chi si è svegliato, Robert» esclama qualcuno.
Giro lo sguardo. Seduta vicino al letto ospedaliero, Alexandra mi sorride, i capelli dorati sciolti e gli occhioni verdi che brillano. Accanto a lei, Robert, il medico della scuola. Indossa il suo solito camice bianco e ha una cartella stretta tra le mani.
«Bentornato, Mason» mi saluta il dottore.
La gola secca mi impedisce di spiccare parola. Robert mi porge un bicchiere d'acqua, consigliandomi di bere a piccoli sorsi.
«È una domanda obbligatoria: come ti senti?» mi chiede, in seguito.
«Male» rispondo, il tono gracidante.
«È normale. Impiegherai almeno una settimana, per riprenderti.»
«Ryan?» mi interesso.
«Si è svegliato poco fa. Sta riposando, ora» mi informa.
Il sollievo rende il dolore fisico meno opprimente. La mia pelle è cosparsa di brividi e ogni azione o movimento, anche il più banale, risulta impossibile da compiere.
«Ti lasciamo da solo?» mi domanda Alexandra.
Scuoto la testa, guardandola nelle iridi magnetiche. Ho davvero bisogno di qualcuno con cui parlare.
«Devo farti alcune analisi, prima» comunica Robert.
Non ho la forza sufficiente per lamentarmi, quindi acconsento a un rapido controllo. Il medico misura le mie funzioni vitali e mi libera da alcuno dei monitor insopportabili. Una volta finito, annuncia di dirigersi da un altro paziente e si allontana dalla postazione dove sono ricoverato, sparendo oltre la spessa tenda che divide i vari letti.
«Stai meglio?» chiede Alex, quando Robert se n'è andato.
«Insomma» borbotto.
«Ricordi cosa è successo?»
«Purtroppo, sì» rispondo, inorridito dal pensiero.
«Ti va di raccontarmelo?» mi chiede, cauta, accostando la sedia al telaio di acciaio del lettino.
Mi sistemo contro il cuscino rialzato e comincio a narrarle gli eventi di stanotte, dopo un'enorme boccata d'aria e coraggio.
«Ryan voleva parlarmi delle spedizioni in Europa. Dato che non potevo saltare il turno di Sentinella, gli ho proposto di accompagnarmi. Abbiamo camminato tranquillamente per quasi mezz'ora, poi ho percepito la presenza di un'Ombra. Ma non c'era un'Ombra. Ce n'erano almeno quaranta. Era un'invasione. La strada era bloccata e non potevamo fuggire, perciò abbiamo provato ad affrontarle. Siamo riusciti ad eliminarne solo una decina. Si sono fondate su noi e ci hanno prosciugato della nostra magia. Eravamo circondati e, mentre alcune ci rubavano i poteri, le altre ci tenevano immobili. Dopo averci preso l'energia, sono andate via. Probabilmente, Seth le aveva richiamate. Sono riuscito a telefonare a Robert, un attimo prima di svenire.»
Ripercorre la tortura che le Ombre mi hanno inflitto è un'agonia. Non ho mai creduto così fervidamente di morire. Avverto ancora gli artigli del mostro intorno alla gola, mentre mi succhia la forza vitale e svuota la mia anima.
«Cosa se ne faranno, di tutta quella magia?» domanda la Guerriera, pensierosa.
«Seth la usa per aumentare la sua forza. Sta cercando di rinascere.»
«Robert dice che grazie alla tua prontezza siete ancora vivi. Se non lo avessi chiamato, vi avremmo trovati morti» riferisce.
«Da quanto tempo sei qui?» le domando.
«Da quando ti hanno messo su quel letto. Carter ed Emily sono in Europa. Credevo che la compagnia di una persona che conosci ti avrebbe fatto sentire un po' meglio» spiega, con un sorriso dolce.
«Grazie, Alex» mormoro. Tento di incurvare le labbra, ma il movimento mi costa troppo.
«Mi dispiace di non essermi offerta per le ricerche. Ne avevo tutte le intenzioni, ma dopo aver saputo che tu saresti rimasto qui, a New York...»
«Hai pensato che ci sarebbero state più probabilità di rivedere Bridget» concludo al suo posto. «Alex, io non sono una calamita. È stata Bridget, a scappare da me.»
«Perché la biasimate di essere fuggita? Perché la trattate così?» sbotta, irritata. «L'avresti fatto anche tu, anche Mark e anche io. Certe cose sono insostenibili, Mason.»
«Avremmo potuto risolvere insieme, se me ne avesse dato la possibilità» replico.
«Ha sentito la necessità di allontanarsi e di tagliare i ponti. Magari, non era pronta ad affrontare una conversazione su Seth e sulla sua doppia natura.»
«Magari, non si fidava abbastanza di noi» ribatto aspramente.
«Questo argomento ti fa male, e ti capisco. Fa male anche a me. Ma ignorarlo è inutile. Dare la caccia a Bree, come se fosse un animale, la porterà solo a scappare di continuo.»
«Sei più insistente di Carter» sbuffo.
Il paragone con il suo ex-ragazzo la fa arrossire. «Non è vero.»
Mi preparo a punzecchiarla, ma il mio piano viene bloccato dall'arrivo di un'altra persona, che entra nella mia postazione di ricovero. Due occhi color ghiaccio mi scrutano.
«Evans, noto con piacere che sei vivo» esordisce il direttore, incrociando le braccia e posizionandosi davanti al mio letto.
«Non ti sei ancora sbarazzato di me» ironizzo.
Mark accenna un sorriso, e giurerei quasi di vedere il sollievo nel suo sguardo. Deve essersi preoccupato. «Quanto ti serve, per tornare in forma?»
«Una settimana.»
«Non abbiamo avvertito nessuno, riguardo al tuo stato di salute o a quello di Ryan. Avrebbe soltanto distratto l'Esercito dalla missione. Carter è partito ieri per la Grecia e gli altri Guerrieri hanno quasi concluso di perlustrare il loro primo paese. Domani dovranno tornare tutti e sei i gruppi.»
«Finora, nessuno ha novità su Bridget?»
Mark nega, scuotendo il capo. L'ipotesi pessimista che non troveremo Bridget in Europa dilaga in me con prepotenza.
Non posso permettermi una seconda sconfitta.
«Dobbiamo velocizzare i tempi di ricerca, Mason. Il tempo scorre in fretta» sancisce il direttore.
Voglio rispondergli, ma il mio cellulare suona, segnalando una notifica. Chiedo ad Alex di passarmi il dispositivo, che Robert ha appoggiato sul carrellino di metallo, insieme ad alcuni medicinali. La Guerriera bionda mi porge il telefono e apro il messaggio.
«È Sophia» comunico ai due.
Leggo la frase breve e concisa e il mio cuore perde un battito. Il monitor che segna la mia attività cardiaca inizia a emettere bip veloci e ritmati.
«Non c'è bisogno di velocizzare le ricerche» dichiaro, con gli occhi sgranati e la voce ridotta a un mormorio sconvolto.
Faccio scorrere lo sguardo lungo quelle tre parole, più e più volte, ma il messaggio del Capitano rimane invariato.
"L'ho trovata", ha scritto.
Spazio Autrice
Fortunatamente, Mason e Ryan stanno bene (più o meno). Adesso, potete stare tranquilli. Dopo un incontro con sua madre, che spero vi abbia emozionato, Mason si risveglia, trovando Alex. Non la vediamo da un po', vi era mancata?
Il capitolo si chiude con un messaggio da parte di Sophia: ha trovato Bridget. Venerdì scoprirete i particolari dello scontro tra le due ragazze e non vedo l'ora di farveli leggere. Tenetevi pronti per un capitolo ricco d'azione!
Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, con un commento o una stellina.
Xoxo🏥
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