18. Fuochi del Nuovo Inizio

Bridget

«È meglio che raggiunga i ragazzi» mi avvisa Simon, privandomi delle sue braccia intorno a me.

«Aspetta qualche altro minuto» lo supplico.

Ridacchia e mi scocca un bacio sulla fronte, per poi alzarsi dal divano. Adesso, però, a differenza delle precedenti volte in cui sono riuscita a trattenerlo accanto a me, si alza davvero.

«Non puoi saltare le prove?»

«Se Finn dovesse scoprire che invece di cantare ero con te sul suo divano mi farebbe uccidere» sostiene, mettendosi le scarpe.

«Non deve scoprirlo per forza.»

«Bree» interrompe con dolcezza le mie proteste, «il trentuno dicembre è una delle serate più importanti dell'anno. Stasera il Blå Lys sarà pienissimo. Dobbiamo dare il massimo, quindi devo esercitarmi.»

Mi costringo a dargli ragione. Lo seguo fino all'ingresso, dove recupera la sua giacca dal braccio di legno dell'appendiabiti.

«Ci vediamo stasera, va bene?»

«A stasera» confermo.

Quando esce dall'abitazione e la sua macchina sgomma lontano, chiudo il portone di casa Larsen. Schiaccio la schiena contro la superficie lucida del battente, mentre le riflessioni mi catturano.

Sono passati esattamente sette giorni, da quella serata all'Oslofjiord. Da quando Simon mi ha dichiarato i suoi sentimenti, sulla spiaggia del fiordo, dopo avermi dedicato la canzone che mi ha scritto, la sua presenza è diventata una costante.

Ci incontriamo in ogni momento libero: prima e dopo le prove della band, durante le ore buco delle sue lezioni universitarie, la sera, nei bagni del Blå Lys, quando la performance dei ragazzi è terminata.

Oggi abbiamo approfittato dell'abitazione dei Larsen, dato che è vuota. Finn è alle prove, Karina fuori casa e i suoi genitori al lavoro. Prima di raggiungere il resto della band per le prove pomeridiane, Simon ha fatto una piccola sosta da me, e abbiamo trascorso un paio d'ore insieme, accoccolati l'uno all'altra.

Gli ho detto che non sono pronta a informare i suoi compagni del nostro rapporto. Prima di fare qualunque mossa, devo capire cosa siamo.

Non una coppia. Almeno, non ufficialmente. Stiamo provando a frequentarci, senza fretta, senza oltrepassare nessun confine. Ma, da un momento all'altro, uno dei due farà un passo avanti. E ho la forte sensazione che sarà Simon, a compierlo.

A quel punto, come reagisco? Non ne ho la più pallida idea. Ci penserò quando sarà giunto quell'attimo. La mia mente, allora, elaborerà la risposta giusta. Devo solo aspettare e sperare che il cuore non mi giochi brutti scherzi.

Perché domani dovrei lasciare la Norvegia, a detta di Seth.

Ma, soprattutto, perché la mia anima è ancora occupata dal Guerriero dallo sguardo di carbone.

****

«Non mi hai più raccontato come è andata con Simon» esordisce Finn.

Le mie dita mollano la presa sui lacci degli anfibi. In panico, alzo lo sguardo sul suo viso.

«Bene. Abbastanza bene.» La mia voce è un mormorio, ma riesco a simulare un tono neutro.

«Sicura?»

A quanto pare, Finn legge attraverso le onde acustiche.

«Sì.» Schiarisco la voce e modero il volume stridulo della mia affermazione. «Simon è stato molto carino con me.»

«Oh, bene. È un sollievo» borbotta.

Le mie orecchie captano una sorta di preoccupazione. Forse, è nervosismo.

«Perché?»

«Significa che non hai distrutto il fiordo con i tuoi poteri, no?»

Ride. È un risolino strozzato, quasi buttato lì per alleggerire l'atmosfera. Sembra un colpo di tosse, non una risata.

«Suppongo di sì» rispondo, tesa.

L'agitazione accresce in me. Fingo di scrollare la mia gonna celeste, per ritardare il proseguire della conversazione. Finn emette un sospiro pesante e si massaggia le tempie.

«Sto provando a dirti che ho paura di questa cosa tra voi, Bridget» confessa.

«Tra noi non c'è niente» mi difendo. «Samo stati bene, mi ha cantato una canzone e io l'ho ringraziato, tutto qui.»

Lui sbuffa. «Non è questo, il punto.»

«E qual è?»

«Non voglio che tu soffra. So che ti manca Mason e non vorrei vederti stare male per un ragazzo che servirebbe soltanto a rimpiazzarlo

Scatto all'in piedi, colpita dalle sue parole schiette. «Non sai un bel niente, Finn. Simon non è un rimpiazzo per nessuno, tantomeno per Mason» ringhio il nome del Guerriero, che mi procura una fitta atroce tra le costole.

Devo sigillare gli occhi per scacciare la sua l'immagine dalla mente, la sensazione morbida delle sue labbra sulle mie e delle sue dita che mi toccavano la pelle, incendiandola.

«Io non...» prova a scusarsi Finn, ma raccolgo le scarpe dal pavimento e mi allontano, impedendogli di parlare.

Mentre salgo le scale, per raggiungere la mia camera, penso a come ho contaminato anche Oslo, con il mio caos interno.

****

In macchina, Karina ha intuito la tensione tra me e suo fratello. Infatti, non ha ancora dato luce a battute sprezzanti e a sguardi astiosi. Si limita a tirare occhiate prima a lui, che sta per spezzare il volante, poi a me, che fisso il paesaggio dal finestrino.

«Tutto bene?» azzarda, a metà del tragitto.

«Sì» ringhia Finn, contraendo le mani sullo sterzo.

«Benissimo» aggiungo io, a denti stretti.

«Okay» bofonchia Karina, ritirandosi.

Non appena Finn parcheggia l'auto, davanti all'insegna del Blå Lys, mi fiondo giù dal veicolo, sbattendo di proposito la portiera. I ragazzi sono sul ciglio del marciapiede, che ci aspettano.

La coda di persone è lunghissima, ma per noi non è un problema: dato che la band, stasera, suonerà, ha il permesso di superare tranquillamente la fila.

Noto che Arthur, con una sigaretta in mano, sta dicendo qualcosa che provoca rumorose risate a Simon e un sorrisino divertito a Ìsmar. Vedere un barlume di positività negli occhi di quest'ultimo è una novità piacevole.

Simon ci scorge per primo. Senza imbarazzo, mi sorride. La mia espressione si rallegra immediatamente. Li saluto e Arthur mi circonda le spalle con un braccio, attirandomi a sé.

«Non iniziare» lo ammonisce Simon.

Di solito, lo dice per pungolare il lato da donnaiolo sfrenato di Arthur. Ora, invece, sembra davvero infastidito.

«Dov'è Thea?» chiede Karina.

«Stacca il turno alle dieci» risponde Simon. «Ci raggiungerà più tardi.»

«Entriamo?» incalza Finn, impaziente.

Gli altri acconsentono e ci incamminiamo all'ingresso. Il buttafuori - un colosso dagli inquietanti occhi verdi - ci fa passare senza domande, dopo che Arthur gli ha mostrato un tesserino.

Mentre varchiamo la soglia del locale e le luci cominciano a colorarmi la pelle, percepisco il tocco morbido di Simon alla base della colonna vertebrale. Un brivido mi percorre da capo a piedi e uno sfarfallio d'ali mi solletica lo stomaco.

«A che ore suonate?» gli domando.

«Verso le undici. La nostra è una delle ultime esibizioni, prima della mezzanotte» mi informa.

Ci accomodiamo al bancone, sugli sgabelli, dove trascorriamo circa mezz'ora, a bere e a parlare di tutto. Arthur tira fuori barzellette oscene come una fotocopiatrice impazzita, che suscitano risate in tutto il gruppo.

Thea si unisce a noi durante la fine dell'ennesima battuta, non molto dopo. Le faccio un cenno di riconoscimento e lei ci raggiunge, facendosi spazio tra la folla.

«Eccomi!» annuncia a gran voce, fasciata in un abitino di paillettes dorate, che mandano riflessi blu sotto le luci del locale.

«Finalmente, Thea» sospira Karina. «Ci hai salvati da Arthur.»

Thea prende posto sullo sgabello accanto al mio. Ordina un drink e, nel frattempo che i ragazzi discutono su quali pezzi suonare, mi pone la fatidica domanda.

«Cosa è successo, al tuo compleanno, con Simon?» indaga.

Mi preparo a raccontarle ogni dettaglio. Non abbiamo avuto occasioni per confidarci, questa settimana. Thea è stata molto impegna, tra lavoro e scuola.

«Si è dichiarato.»

Per poco non si strozza con la sua bevanda. «Oh, mio Dio, lo sapevo!» strilla, sovrastando il trambusto della musica e il vociare della gente.

L'uomo seduto al suo fianco la guarda perplesso. Probabilmente, crede che sia annebbiata dall'alcol.

«Adesso state insieme?» mi chiede Thea.

«Non credo» mormoro, e quasi credo che non mi abbia sentita.

«Ne avete discusso?»

«Non ancora. Ho paura, Thea. Non sono pronta ad affrontare una conversazione del genere. Cosa dovrei fare?»

Mordicchia la cannuccia nera, sovrappensieri, poi posa il bicchiere vuoto sul ripiano del bancone. «Simon ti piace?»

«Sì» rispondo d'istinto.

Mi sorride. «Se la metti così, sai già cosa dirgli.»

****

Mancano sette minuti alla mezzanotte, quando ci riuniamo sul prato esterno del locale. Sono usciti tutti, impazienti di ammirare i fuochi d'artificio che daranno inizio a un nuovo anno.

A noi tocca restare in piedi, dato che i posti a sedere disponibili sono stati già occupati, e di sedersi sul prato gelido non se ne parla. Sta ancora nevicando e i fili d'erba si sono congelati, a causa della temperatura estrema.

La band ha suonato meravigliosamente, come ogni volta. Simon mi ha osservato e sorriso per tutta la durata dello spettacolo, mentre intona i versi del testo. Quando lui e i ragazzi sono scesi dal palco, mi sono avvicinata a Finn, per chiarire la discussione che abbiamo avuto a casa sua.

"«Ti chiedo una sola cosa: sii prudente. Non percorrere strade che ti porteranno solo dentro altro dolore e caos»" mi ha pregata, e io gliel'ho giurato, ma non so se sarò capace mi mantenere la promessa.

Il calore delle dita di Simon che si intrecciano alle mie mi distoglie dai pensieri. «Andiamo in un posto più... appartato?» sussurra, pizzicandomi la pelle dell'orecchio con uno sbuffo di fiato condensato.

Accetto e il cuore prende a scalpitare. Non so mai cosa aspettarmi, da lui.

Avvertiamo i ragazzi: Arthur e Ìsmar sembrano sorpresi, Finn serra le labbra in una linea dura, Thea trattiene un sorriso malizioso. Poi, ci sono Karina e la sua reazione indecifrabile. Sgrana gli occhi azzurro-verde, serra la mano destra in un pugno, abbassa lo sguardo.

Non ho il tempo di analizzare meglio la sua espressione, perché Simon mi trascina tra la folla. Mano nella mano, ci allontaniamo, sgomitando per farci largo.

Il ragazzo mi conduce in un piccolo parco giochi a pochi metri dal locale. I cristalli di neve imperlano le foglie aghiformi degli alberi e una patina di ghiaccio sciolto cola dalle giostre.

Una panchina libera svetta all'ombra di un abete, che la ripara dai fasci luminosi della luna. Ci sediamo, i nostri profili incollati.

«Ti va di aspettare la mezzanotte con me?» mi propone Simon, gli occhi azzurri intensi e luminosi.

Gli rispondo con un sorriso, che mi riscalda le labbra fredde.

Il silenzio alleggia per cinque minuti pieni. Poso la testa sulla sua spalla e le sue dita giocano con il braccialetto che mi ha regalato Thea, intorno al mio polso. I miei occhi che si chiudono in automatico, per assaporare la serenità del momento.

«Manca un minuto» dichiara, controllando l'ora sul cellulare.

Poco dopo, un'ondata di voci concitate, provenienti dal Blå Lys, comincia a scandire il conto alla rovescia. E mentre quei dieci, fulminei secondi volano via, ripercorro gli avvenimenti di quest'anno che hanno contribuito a portarmi qui.

Dieci.

Il mio arrivo in Accademia.

Nove.

La storia di Den, Selene e Seth.

Otto.

Alex e i sotterranei dove l'ho conosciuta.

Sette.

Emily e Carter.

Sei.

Ryan.

Cinque.

Mason, il nostro incontro, il nostro primo bacio sul tetto della scuola.

Quattro.

La verità su mio padre.

Tre.

La mia fuga.

Due.

Oslo.

Uno.

Le labbra di Simon che si posano sulle mie.

Spazio Autrice

I'm back!🥳 Mi dispiace di avervi fatto aspettare per più di una settimana. So che non ho mai saltato un aggiornamento, ma ho sentito il bisogno di staccare un po'.

Adesso, eccomi qui, con un nuovo capitolo. Bree e Simon si avvicinano sempre di più e festeggiano Capodanno insieme ai loro amici. Il conto alla rovescia si conclude in modo esplosivo: Simon la bacia. Che ne pensate di questo gesto?

Votate e commentate, mi raccomando!

Vi auguro delle serene vacanze di Pasqua🕊  Noi ci vediamo martedì, con il prossimo capitolo.

Xoxo🎆

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