17. Atti Sconsiderati

Mason

Il soffitto della mia camera non mi è mai sembrato tanto intrigante. Incatenato nella forma più perfetta e dolce del silenzio, fisso le crepature dell'intonaco sporco.

Sono le nove e trenta di sera, del venticinque dicembre. Oggi è Natale e in mensa servono pasti abbondanti e ricchi, per festeggiare. Io, però, nonostante le proteste di Carter ed Emily, preferisco non scendere al piano terra. Non voglio fingere di celebrare una festa che non mi appartiene.

Una notifica fa vibrare il cellulare. Prevedo già il mittente del messaggio.

«Smettila di provarci, Carter» soffio, stanco, rivolto al soffitto.

È da tre settimane che Bridget è fuggita, ed è da tre settimane che io sono incastrato in questo stallo di tetra apatia.

È arrivato un punto in cui ho sentito che non avrei più potuto arrancare nel dolore. Le onde mi buttavano giù, giù, giù, negli abissi, nell'acqua gelida che mi strangolava, che mi uccideva lentamente.

Non voglio morire in questo oceano di agonia. Voglio raggiungere la riva, toccare la sabbia bollente, anche se ciò significa affrontare insidie e temporali. Forse, al traguardo, c'è Bridget. Forse, mi sta aspettando.

Devo raggiungerla.

Il telefono prende a squillare con insistenza. Lo schermo recita "Emily". Conoscendola, se non risponderò entro dieci secondi, non mi darà tregua per il resto della serata.

«Emily?»

«Come va?» chiede. La sento allontanarsi dall'accozzaglia di voci e suoni indistinti, cercando un angolo più appartato.

«Bene. Non devi monitorarmi, Em. So badare...»

«Sì, lo so, sai badare a te stesso. Lo dici di continuo, ma non lo dimostri mai.»

Mi toglie le parole di bocca. Le prende e le sbriciola tutte. Emily è così: riesce a metterti al tappeto costruendo una semplice frase di senso compiuto.

«D'accordo, hai ragione. Ma perché tu e Carter continuate a insistere? Perché non state al vostro posto e mi lasciate in pace?» prorompo, rovesciando la rabbia che covo da settimane nei loro confronti.

Emily tace per alcuni istanti. Sono consapevole di averla offesa. È la mia migliore amica, l'unica ragazza che tollera il mio carattere, e so che non ho il diritto di trattarla in questo modo.

Lei e Bridget erano le uniche. Adesso, non mi rimane nessuna delle due. Me ne rendo conto quando Emily, dura e fredda, ringhia un secco "Okay, sbrigatela da solo", per poi abbassare la cornetta.

Trattengo un urlo di pura collera.
Perché, perché, non ne va mai una per il verso giusto?

Perché gli dèi mi hanno privato della mia ragazza, dei miei amici, della mia lucidità?

Perché sono destinato a perdere ogni cosa bella che l'esistenza mi dona?

È questo, il prezzo per essermi innamorato della figlia di Seth? È questa, la pena da scontare?

Rimugino a lungo sui dilemmi della mia vita. Sulle mie sconfitte, sugli sbagli che ho commesso, sul crollo del mio universo interiore. E poi si aggiungono le vittorie, l'euforia, la felicità, gli obiettivi raggiunti.

Vale davvero la pena distruggere i momenti belli, eclissandoli con quelli brutti?

Un lieve cigolio smonta il silenzio. Dalla porta che si apre con lentezza, sbucano un paio d'occhi che ho imparato a riconoscere.

«Disturbo?» domanda Stacy, gentilmente, notandomi stravaccato sul letto.

Scatto diritto, giù dal materasso. Passo una mano tra i capelli - adesso sono ancora più arruffati, ne sono certo - e liscio le pieghe della maglia di cotone.

«No, no, tranquilla. Entra» la invito, una volta che ho dato una sistemata al mio aspetto.

«Ho chiesto in giro dove avrei potuto trovarti.»

«Beh, eccomi qui. Cosa ti serve?» arrivo al dunque.

«Sono venuta a portarti il mio regalo di Natale.»

Il sorriso gongolante di Stacy non me la racconta giusta. Sembra l'espressione di chi sa di avere il mondo in pugno.

«Cioè?»

«Prepariamoci a volare in Europa, Mason. Ho organizzato le ricerche. Ho trovato dei Guerrieri volontari, qualcuno disposto ad aprirci un portale e una suddivisione equa degli stati europei» mi riferisce, soddisfatta.

Sgrano le palpebre. «Cosa? In due giorni? Sei matta?»

«No, sono solo disposta ad aiutare. Ovviamente, manca ancora il consenso di Mark, ma dammi qualche giorno e vedrai che riuscirò a convincerlo» comunica con sicurezza.

L'istinto mi suggerisce di stritolare Stacy tra le mie braccia fino a privarla di ogni particella d'ossigeno.

«Sei un fenomeno, Stacy. Un "grazie" non basta.»

«L'ho fatto con piacere. E, poi, non è stato così difficile» mormora, accennando un sorriso modesto.

Veramente, radunare studenti che lottano ancora per la causa, un professore disposto ad appoggiarci e domare la testardaggine di un direttore, non è affatto semplice, ma evito di riferirle i miei pensieri.

«Ho convinto la mia professoressa, Margaret Baker, a creare un portale che ci conduca a Londra. Da lì, ci separeremo.»

I Guerrieri si spostano nel mondo con l'utilizzo dei portali. Gli insegnanti di magia sono gli unici a possedere l'energia sufficiente per aprire un varco spaziale.

«Quando l'altro ieri ti ho spiegato il mio piano, non credevo lo prendessi sul serio.»

Fuori dall'aula di storia, ho chiesto a Stacy di darmi una mano. Avrebbe dovuto spargere la voce e riflettere su come intraprendere il viaggio, mentre io avrei organizzato il resto. Però, diversamente da quanto le ho detto, ha pensato a tutto lei.

«Voglio aiutarti» ripete, per la centesima volta.

E io le sorrido, grato, per la centesima volta.

«Come mai non sei in mensa per la cena di Natale?»

«Non mi andava.»

Mi siedo sul bordo del letto e lei inarca le sopracciglia, diffidando delle mie parole. «Tu? Non mi sembri proprio il genere di persona che preferisce la solitudine.»

«Ci sono cresciuto, nella solitudine. Da quando la mia famiglia è morta, vivo da solo» confesso.

Morde il labbro, a disagio, e fissa il pavimento. «E i tuoi amici? La Principessa? Con loro non eri solo.»

«Carter ed Emily ci sono sempre stati, ma non erano abbastanza, per superare il dolore. E Bridget... lei è la prima con cui mi sono sentito bene. Non più solo, ma felice.»

Anche Stacy si siede sul materasso, a pochi centimetri dal mio profilo. Sfiora le nocche della mia mano, racchiuse con forza intorno alla coperta.

«Credi che soffrirai fino a quando non tornerà?» sussurra debolmente, accarezzandomi la pelle.

Il suo tocco porta i miei muscoli contratti a distendersi e a rilassarsi. Osservo i capelli biondi che le ricadono davanti al viso, come un sipario che cela le iridi turchesi.

Alza lo sguardo e incontra il mio, e nel mio campo visivo rientrano solo i suoi lineamenti, i tratti del suo viso, dentro cui mi perdo.

«Stai pensando a lei?» chiede in un bisbiglio.

Scuoto la testa, leggero, incastrando i nostri occhi. «Per una volta, Bridget non è la ragazza che ho in testa.»

E, guidato dall'istinto, la bacio.

Aggiungo un altro atto sconsiderato alla lista. O, magari, questo finirà tra i gesti positivi. Non ci penso più del dovuto.

In questo preciso istante, voglio solo Stacy, voglio premere le mie labbra sulle sue e stringerla, e lo faccio.

****

È mezzanotte.

Stacy ha lasciato la mia camera da poco. Il tempo è volato, scandito dagli schiocchi dei nostri baci e dalle nostre mani che sfioravano i corpi.

E non appena la porta si è richiusa e la sua figura è uscita, una prepotente fitta mi ha attanagliato il petto, mentre una lama invisibile mi ha tagliato il respiro.

Cosa ho fatto?

È questo che mi chiedo, da minuti interminabili. Non sono riuscito a regolarmi.

Perché non rifletto mai sulle mie azioni?

«Stupido, stupido, stupido» accuso me stesso, tirando le ciocche dei miei capelli scuri con le dita.

Scendo dal letto, continuando a offendermi mentalmente. Noto che la lampada illumina un foglietto spiegazzato, sul comodino. Afferro il biglietto di Bridget e lo leggo una, due, tre, quattro volte, con il senso di colpa a mangiarmi le membra.

"Non odiarmi, ti prego. Ti amo".

Ti amo.

Quella coppia di parole mi rimbomba dentro, nel cervello, nell'anima.

Ti amo, ti amo, ti amo.

«Mi dispiace, Bree» bisbiglio, come se quell'insignificante pezzo di carta potesse trasmetterle le mie scuse.

Poso il biglietto, spengo la lampada ed esco dalla mia stanza. Nel corridoio, brilla una luce soffusa, quasi agghiacciante. Forma strane ombre sui muri, riflette le immagini dei quadri e accompagna i miei passi. Raggiungo una delle ultime porte del piano e busso con urgenza.

Un Guerriero si presenta sulla soglia, i capelli scombinati e l'espressione assonnata.

«Che vuoi, Mason? Stavo dormendo» sbuffa Carter.

«Ho fatto un casino.»

«Strano» borbotta, ironico.

Gli butto uno sguardo assassino e mi intrufolo nella sua stanza. Lui chiude la porta e mi si colloca di fronte, incrociando le braccia.

«Che è successo?»

«Ho conosciuto una ragazza, un paio di settimane fa. Si chiama Stacy. Abbiamo fatto amicizia e, stasera, l'ho baciata» racconto brevemente.

Carter sembra indeciso. Capisco dalla sua espressione concentrata e assente che sta pensando.

«Non so se ucciderti o picchiarti a sangue. O entrambi» asserisce, infine, con tono spaventosamente serio.

«Stacy mi ha aiutato, davvero. Mi sta dando una mano a organizzare le ricerche in Europa» sento il bisogno di giustificarla.

«E allora? L'hai voluta ricompensare?»

«Il tuo sarcasmo mi manda sui nervi» ringhio, alterandomi.

«Sai cosa manda me, sui nervi? Il tuo essere stronzo con Emy, con me e con qualunque Arcandido capiti nel tuo radar» sbraita, fregandosene dei Guerrieri che dormono nelle vicinanze.

«Non era mia intenzione ferirla.»

«Siamo stufi di questa situazione, Mason» ringhia, puntandomi il petto con l'indice.

Stringo i pugni. Sono incazzato, stanco e pieno d'agonia. Queste emozioni si mescolano tra loro, in un intruglio letale, che mi porta e esplodere a pari di una granata.

«Basta, Carter! Piantatela di provarci. Provare a farmi stare meglio, a farmi sorridere, a mandare avanti quelle fottute e inutilissime ricerche. Non voglio essere felice, okay? Non senza Bridget. È lei la mia felicità, sarà lei a farmi sorridere di nuovo. Non voi. Solo lei, nessun altro. Non ho motivo per essere forte, per partecipare alle cene, per guidare l'Esercito, se Bridget non c'è. Detesto sentirmi così debole e indifeso a causa di una ragazza. Io, che non volevo dipendere da nessuno, soffro per una ragazza» rido amaramente. «Anche tu staresti male, perdendo Emily. E non contraddirmi, Carter. Sai che è così.»

«Mason», pronuncia il mio nome lievemente, quasi come se fosse proibito, «non rovinare il rapporto tra te e Bree per questa Stacy. Te ne pentirai.»

«Il rapporto tra me e Bridget è stato rovinato quando è scappata» affermo, la voce spenta e sconfitta. «E non è colpa di Stacy.»

Spazio Autrice

Bridget si tiene occupata con Simon; Mason si tiene occupato con Stacy. Che dite, queste nuove coppie funzionano?

Sicuramente, servono ad ammorbidire un po' la mancanza che i nostri protagonisti sentono l'uno per l'altra... ma saranno durature? Carter è parecchio contrariato. Siete d'accordo con lui?

Nel frattempo, Stacy ha organizzato le ricerche in Europa nei minimi dettagli. Tenetevi pronti: Bridget si fa sempre più vicina!

Aspetto le vostre stelline e le vostre opinioni❤

Xoxo🧭

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