14. Notte di Tormenti
Bridget
«No!» urla forte qualcuno.
Il corpo di Selene scivola sul pavimento macchiato. I suoi ricci rossi rimbalzano, sporchi e privi di luce, mentre chiude per sempre gli occhi.
«No, no, no!» urla ancora quella persona.
Voglio raggiungerla. Voglio chiamarla "mamma" per l'ultima volta. Voglio salvarla.
I miei piedi sono impantanati. Non riesco a muoverli. Sento le dita intorpidite e congelate, come se stessi sprofondando nella neve.
Seth fa scorrere il suo sguardo sulla mia figura. Le sue pupille nere, vicoli ciechi, mi intrappolano. Mi tolgono ogni libertà. Le sue labbra si piegano in un sorriso. Un sorriso che racchiude tutti i peccati del mondo.
«Ho vinto» soffia, pacato.
«No! No, no!»
Scuoto la testa velocemente e ciocche di capelli mi colpiscono il viso, come frustrate, mentre le lacrime mi appannano la visuale.
«Di nuovo.» Scandisce bene le parole, sottolineandole con un timbro compiaciuto.
Solo quando la gola inizia a bruciare e non ho più aria, mi accorgo che a gridare a pieni polmoni quei "no" sono stata io.
****
Al mio risveglio, è tutto normale.
Le braccia del buio che mi stringono, l'orologio che segna un orario improbabile, il più assoluto e pesante silenzio.
Deglutisco a fatica: ho urlato davvero. Un conto erano le lacrime, lo spavento, i tremori. Un altro conto sono le corde vocali infiammate.
Non posso continuare così.
Butto un'occhiata all'orologio, ma vedo solo macchie confuse, sfocate, bagnate. Batto le palpebre e delle gocce si tuffano dai miei occhi, restituendomi le capacità visive. I numeri verdi e luminosi della sveglia digitale sussurrano le due e mezza, nel cuore della notte.
Espiro la paura post-incubo in uno sbuffo vibrante. Poi inspiro, e la paura ritorna, violenta, ad artigliarmi il cuore.
Uno scorcio di luce investe l'entrata della camera degli ospiti, all'improvviso. Sulla soglia, illuminato dalla plafoniera del corridoio, la figura di un ragazzo, che mi fa sussultare.
I capelli biondi sono rigirati in qualunque angolazione possibile, tranne che quella in cui dovrebbero stare. Sembra che si sia appena svegliato. La mia mente rammenta che la sua stanza è qui vicino. Probabilmente, ha sentito le mie urla atterrite.
La mano di Finn si inoltra nelle tenebre. Tasta la parete, cercando l'interruttore. Quando lo schiaccia, la lampada della camera si rianima, vomitando una trapunta bianca e accecante. Strizzo gli occhi, infastidita dal cambio di luminosità.
La luce pallida mi abbraccia. Non è confortevole. Mi fa sentire vulnerabile ed esposta. Sì, esposta, perché Finn può vedere le lacrime che mi rigano le guance e la mia espressione distorta dal terrore.
Il nero incombe di nuovo, d'un tratto. Schiudo le palpebre. Finn ha riabbassato l'interruttore. Lo scorgo addentrarsi nella stanza, a passi leggeri e ampi. Raggiunge il comodino accanto al letto e accende il lume. Un caldo bagliore dorato si arrampica sulle pareti. Questo mi fa sentire bene. Protetta.
«Tutto bene?» mi chiede il ragazzo, con un filo di voce.
È ancora in piedi, accanto al bordo del letto, con le sue iridi color cielo impiantate nelle mie.
Apro la bocca, ma ingoio solo aria. Non riesco a dire niente. Il timore striscia nel petto, trafiggendo il cuore, annodandomi la faringe. E le dita tremano, e le lacrime mi riempiono gli occhi, e mi scappa un singhiozzo.
Non ho mai avuto tanta voglia di piangere.
«Più o meno» rispondo, alla fine, la voce gracchiante.
Finn si siede sullo spigolo del materasso. «Più o meno?» ripete, poco convinto.
«Più o meno» confermo, schiarendomi il tono.
Si avvicina un altro po', mettendo i piedi nudi sul lenzuolo. Io, rispetto a lui, mi trovo dal lato opposto del letto, in un groviglio di coperte spiegazzate.
Non termina di osservarmi. Una vampata di calore mi sale dai polpastrelli dei piedi fino alla radice dei capelli, poi un secondo dopo rabbrividisco, con il ghiaccio che si insinua nelle membra.
Un freddo bollente e un ardore gelido, che mi sconquassano le interiore.
«Tremi. Hai freddo?» osserva Finn, con premura.
Scuoto la testa. Dopo, cambiando idea, annuisco.
Mi tocca la guancia col dorso della mano, raccogliendo una goccia d'acqua. Un altro singulto mi spezza il respiro. Sento che mi sto distruggendo.
«Vuoi dirmi che ti succede, Bridget?»
Stavolta, annuisco. Decido di liberarmi di questo peso. Di sfogarmi. Di piangere, ridere e urlare, mentre assemblo, passo dopo passo, la mia storia.
Voglio mostrare a Finn le tessere del mio mosaico, distrutte e sparpagliate.
Voglio che conosca Bridget Kelley.
Una scintilla di fermento attraversa i suoi occhi. Si accosta al mio profilo, fissandomi con interesse e impazienza.
Mi schiarisco la voce. «Credi nella magia?»
Inarca le sopracciglia. «Nella magia?»
«Nei poteri, negli incantesimi, nelle creature sovrannaturali.»
«Sono cose che non esistono» ribatte Finn.
Un sorriso sboccia sulle mie labbra. «Ne sei sicuro?»
«Cosa c'entra, adesso, la fantasia?»
«È la base della mia storia.»
«Racconta» mi incoraggia.
E racconto. Una spiegazione, esaustiva e minuziosa, su chi sia quella sedicenne dai capelli ramati che Finn ospita in casa sua.
Ripercorro ogni tappa che ha contribuito a portarmi qui. Parto dal principio, da Selene e Den, per poi arrivare alla festa in onore di me e Ryan e della mia fuga dall'Accademia.
Lui mi osserva, sconcertato e confuso. Per dimostrargli che non sto delirando e non sono pazza, lascio che delle scariche elettriche ruotino intorno alla mia mano, creando una sfera magica.
Finn balza indietro. I suoi occhi sono spalancati, fissi sulla sfera bianca che manda bagliori argentei sui nostri visi. Il suo sguardo si posa di nuovo su di me e, stavolta, mi sonda in maniera diversa dal solito.
Adesso, riesce a leggere la mia anima.
Adesso, sa tutto.
«Non... non è umanamente possibile!» strilla.
«Io, infatti, non sono umana» gli ricordo, sbriciolando la sfera tra le mie dita.
Ride, nervoso. «Tu cosa accidenti sei?»
«Metà Ombra e metà Arcandida. Un ibrido. Hai presente?»
«Puoi rifare quella... quella specie di magia con le mani?» mi chiede, gesticolando disordinatamente.
Assecondo la sua richiesta, dando forma a una spirale energica. Le linee e le saette svolazzano intorno al mio palmo, intrecciandosi le une con le altre.
«Come ci riesci?» mormora, assorto dai movimenti con cui comando i miei poteri.
«È la mia natura, Finn. Sono nata per fare questo.»
«Ma tu lo vuoi?»
Perplessa e stordita dalla sua domanda, corrugo la fronte, mentre l'incantesimo si consuma.
Non me l'hanno mai chiesto. Nessuno mi ha mai chiesto se lo volevo.
«Non è importante. Devo e basta.»
«Ma lo vuoi?» insiste.
«Non ho mai voluto niente di tutto ciò» ammetto, abbassando lo sguardo sul sottile lenzuolo bianco.
«Beh, qui sei libera di rinnegare te stessa.» La dolcezza con la quale mi invita a mentire è straziante.
«Non hai intenzione di cacciarmi da casa tua, quindi?»
«Ci sono ancora tante cose che devo sapere su di te, immagino. Non scapperai da Oslo fino a quando non ti conoscerò del tutto, Bridget» dichiara, sfiorandomi timidamente la mano.
«Ti va di dormire con me?» squittisco, implorandolo con gli occhi. «Ho sempre degli incubi su mia madre, per questo non riesco ad addormentarmi.»
Finn risponde di sì, contento di potermi aiutare. Mi stendo sotto le coperte, con la guancia che affonda nel cuscino. Siamo entrambi girati su un fianco, in modo da poterci guardare frontalmente.
Avvicinandomi ancora di più, incastro la testa sotto il suo mento, contro il torace. Mi accarezza piano i capelli, come se avesse paura di farmi male.
«Come facevi, a dormire, in Accademia?»
«Mason» rispondo, semplicemente, in un bisbiglio strozzato.
«Chi è? Un tuo amico?»
Sorrido, mentre una fitta mi stringe il cuore. Chiudo le palpebre, soffocando le lacrime. «No.»
«Più di un amico?» ritenta Finn.
Annuisco contro il suo petto.
«Il tuo ragazzo?»
Annuisco di nuovo.
«Ti manca?»
Stringo tra le dita il tessuto della sua maglia, per placare il dolore, facendo l'ennesimo cenno d'assenso.
«E perché l'hai lasciato? Perché hai dato retta a tuo padre?»
«Perché sono un'Ombra.»
«Ma sei anche un'Arcandida» obietta.
«Sono la figlia di Seth.»
«E di Selene. Non devi vedere solo la parte negativa della questione. Sei comunque la loro Principessa. In questo modo, rinneghi il tuo popolo, non te stessa» mi fa notare.
«Forse non voglio essere un'Arcandida, né la figlia di Selene, né la loro Principessa» ipotizzo. «Forse voglio davvero unirmi alle Ombre e a Seth.»
«Forse sì, o forse no. Hai mai pensato che, in realtà, vuoi solo scegliere la strada meno complicata? Quella che ti procurerà meno dolore?»
«Non lo so.» Mi stringo maggiormente al corpo caldo. «So che mi sento tradita da una parte e in pericolo dall'altra. Non riesco a trovare il mio posto.»
«Magari il tuo posto è in Norvegia» scherza Finn. Cioè, credo che stia scherzando. A dire il vero, non ne sono sicura.
Il suo braccio aumenta la presa intorno alla mia vita. Passano cinque minuti, poi dieci, poi quindici. Non riesco a chiudere gli occhi. Dal momento che nella mia visuale rientra soltanto il tessuto grigio del pigiama di Finn, non capisco se anche lui sia ancora sveglio.
«Bridget?» mi chiama dopo qualche altro minuto di quiete.
«Si?»
«Sono consapevole di non essere Mason, ma spero che avermi vicino ti faccia stare un po' meglio.»
«Grazie» sussurro nel buio, sorridendo involontariamente.
Dopodiché, il sonno ha la meglio.
Spazio Autrice
Dopo l'ennesimo incubo, Bree rivela a Finn la sua vera identità. Aveva bisogno di sfogarsi, dato il peso di tutti gli avvenimenti. Finn le dà qualche consiglio e fa un paio di osservazioni che Bridget dovrebbe prendere in considerazione, non credete? Serve qualcuno che apra gli occhi alla nostra Principessa🙈 Finn è la persona adatta?
Bombardate questi due di stelline e commenti, mi raccomando! Ci vediamo con Mason, nel prossimo capitolo❤
Xoxo🌒
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