Parte 4 Leggende sotto le stelle


Procedevano in fila indiana, calpestando le foglie secche che scricchiolavano sotto i loro piedi.

«Ahi, mi hai pestato un piede», urlò uno dei ragazzetti ad un signore più attempato, che fino ad allora era rimasto in disparte.

Il signore chiese prontamente scusa.

Era distinto e di una certa età. Camminava attento a dove metteva i piedi, insieme alla consorte.

Quei due andavano molto d'accordo, pensò Davide. Lui era amorevole e rispettoso nei confronti della moglie e lei era molto premurosa e affettuosa e lo chiamava sempre "caro".

La notte era buia, ma loro avevano le torce, che illuminavano i loro visi, creando dei giochi di luce ed ombra, che rendevano spettrali le loro facce. Decisero di trovare il posto dove accamparsi la notte.

Iniziarono a montare le tende. Poi accesero un bel fuoco e si prepararono al bivacco. Avevano portato con sé cibo in scatola. Quel cibo riscaldato sopra il fuoco parve a loro una vera delizia.  Avevano il cielo sopra le loro teste, con tutte quelle stelle pulsanti nella notte, gli alberi maestosi, la cui chioma sembrava allungarsi al vento e quel fuoco scoppiettante puro, rosso, passionale, 

Davide propose di raccontare a turno qualsiasi cosa, una storia, una barzelletta, perfino un sogno, una poesia, una canzone, qualcosa da poter condividere tutti insieme, nell'attesa della visione della farfalla.

Iniziò il signore distinto, che era un insegnante in pensione.

 «Questa è una storia che mi è capitata di ascoltare in uno dei miei viaggi in Africa.

È una storia di pratiche magiche e di magia nera delle popolazioni indigene di quel luogo geografico.

A quei tempi viveva nel villaggio una bellissima ragazza di nome Nala, che essendo in età da marito, aveva molti pretendenti, ma sfortunatamente a lei non piaceva nessuno. Un giorno la povera ragazza, che era disperata perché non voleva sposare un uomo che a lei non piacesse, andò dalla "strega del villaggio" e le fece una richiesta molto strana. Chiese alla donna se si potesse fare un marito, che avesse le caratteristiche da lei volute e la donna acconsentì.

 La strega le chiese di portarle un ciuffo di criniera di cavallo di un bel colore marrone, una patata, due ciliegie, una carota per il naso, due conchiglie per le orecchie, un secchio di acqua dalla fonte della vita e una stella cadente. La ragazza acconsentì, ma poi quando arrivò a quella che lei chiamava casa, una catapecchia di paglia, si disperò perché si rese conto che si trattava di un'impresa impossibile.

Come avrebbe fatto ad acciuffare una stella cadente? E a prendere l'acqua della fonte della vita? Quest'ultima si trovava al di là del fiume e là ci potevano essere insidie molto pericolose.

Mentre se ne stava a piangere, convinta che non sarebbe mai riuscita a trovare un marito, una farfalla variopinta, di un bel colore azzurro sgargiante le iniziò a parlare. Le disse che l'avrebbe aiutata lei. Per la stella cadente non ci sarebbero stati problemi. Tutte le notti una stella luminosa cadeva nel suo giardino e da lì, lei e le altre farfalle prendevano la scia per illuminare le loro ali. L'acqua della fonte della vita era più complicato, ma avrebbe incaricato il merlo viaggiatore, un suo amico di portargliela, perché quella fonte era infestata da ferocissimi coccodrilli e solo l'uccellino che aveva fatto amicizia con uno di loro, sarebbe riuscito nel suo intento. Tutto fu fatto e la ragazza si recò fiduciosa dalla strega con tutti gli ingredienti, non vedendo l'ora che si compisse il miracolo della nascita di quello che sarebbe diventato il suo amore per sempre. La vecchia si mise subito all'opera, per giorni e giorni non uscì di casa, tanta era la difficoltà di quella richiesta. Ogni tanto si vedevano lampi di luce provenire da quella casupola. Alla fine del settimo giorno si sentì un grido:

«Ce l'ho fatta»!!!! Urlò la vecchia.

Tutti erano molto curiosi di sapere cosa era successo. Erano dei poveri indigeni e non avevano molte fonti di distrazioni, così quando succedeva qualcosa d'insolito andavano in fibrillazione.

La ragazza si precipitò dalla strega.

Aprì la porta. Si stropicciò gli occhi, quasi non credesse a quel che vedeva.

Un ragazzo biondo e con gli occhi azzurri come quelli del cielo, se ne stava di fronte a lei. Bello come il sole, ma inespressivo.

Sembrava che non ci fosse nessun alito di vita in lui.

La strega le spiegò che doveva avere pazienza perché non era un uomo come tutti gli altri e che piano piano avrebbe imparato.

Passavano i giorni e il ragazzo sembrava un robot, totalmente privo di qualsiasi forma di emozione. Anche le espressioni erano finte e parlava male.

La ragazza si pentì di quello che aveva fatto, fintanto che un giorno non decise di sbarazzarsi di lui per sempre, buttandolo nel fiume, dove spopolavano i coccodrilli. Con la scusa di una passeggiata lo portò fin là e poi lo fece precipitare giù, ma lui non morì. Riemerse dalle acque, prese la giovane e la scaraventò nell'acqua provocandone la morte. Lo spirito della ragazza da allora in poi alberga in quei territori, reclamando vendetta per una fine così prematura. La farfalla, che l'aveva aiutata, venuta a sapere del fattaccio scappò da quei luoghi, per venire in Europa e si racconta che sia venuta qua in questi boschi e che esaudisca i desideri delle persone, come espiazione, per aver causato tanto dolore».

«Interessante», disse Davide. Conosceva tante versioni della storia della farfalla, ma quella gli mancava. 

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