CAPITOLO 9.2

Hystera

Dall'altra parte della strada, se fossero andati la sera, sarebbe stato tutto diverso. L'investigatrice poteva quasi immaginare, all'interno del ristorante, un'atmosfera intima e seducente, con luci calde e un motivo che risuonava dal pianoforte su un palchetto in fondo alla stanza spaziosa. Non c'erano lampadari sfarzosi, solo piccole lampade che illuminavano i tavoli circondati da divanetti rossi. I tacchi di Loren battevano sul parquet accanto alle pareti scure, adornate da quadri con paesaggi semplici. L'ispettore continuò a camminare, insieme alla sua compagna, in un lungo e stretto corridoio dove un tappeto rosso si estendeva fino a una porta chiusa alla fine dell'androne. L'investigatrice bussò con fermezza all'ingresso e una voce, sussurrando dall'interno, li invitò ad entrare. 

La stanza si aprì, rivelando una piccola camera con pareti scarlatte scuro e un pavimento chiaro, così come i pochi mobili presenti. Al centro c'era un camino con due sedie davanti, ma ciò che colpì la detective fu il quadro appeso sopra, che ritraeva lo stesso uomo seduto su una delle poltrone di fronte al fuoco, in una posa orgogliosa e autoritaria che mostrava tutta la sua potenza e la sua vittima appena deceduta. Henry Leroy, con abiti semplici, era un giovane di bell'aspetto, della stessa età dell'ispettore. Era alto, con spalle larghe, con una profonda fossetta sul mento e con lunghi capelli neri legati in una bassa coda. Tuttavia, la sua espressione era molto diversa da quella del dipinto. I suoi occhi erano cupi, segnati dalle numerose notti insonni. Cercava di apparire curato e composto, ma alcuni dettagli sospetti emergevano comunque, come il forte odore di alcool che emanava. Loren non conosceva di persona Henry, ma poté constatare che egli era l'esatta copia del deputato della camera dei Lord, Mr. Julius Leroy, suo zio.

Vedendo sia Loren che Benjamin, l'uomo si alzò a fatica dalla sedia e si avvicinò a loro. Strinse la mano all'investigatrice, rivolgendo solo un timido sguardo all'ispettore che si trovava dietro di lei e che nemmeno lo guardò. Si sedettero alla scrivania, uno di fronte all'altro, mentre Benjamin rimase nell'angolo, osservando pazientemente che la detective Sutton si alzasse, pronta, finalmente, ad arrestarlo. Il sovrintendente era fermamente convinto che quel giorno fosse la fine di quell'incubo, anche senza prove concrete. Non c'era motivo di aspettare ancora. La menzogna che aveva raccontato, rivelando un'ora diversa da quella dichiarata quando era partito, era sufficiente per incriminarlo. Il suo passato lo confermava, quel tempo trascorso di cui anche l'investigatrice era venuta a conoscenza. 

E sebbene sperasse, non sapeva che le intenzioni della donna erano ben diverse. Loren si tolse il soprabito e con una mano nella tasca estrasse il diario di Belle, posandolo sulla scrivania. Benjamin non prestò attenzione, continuando a osservare i due con crescente eccitazione, convinto che la partner da un momento all'altro sarebbe esplosa. Henry, invece, osservò il quaderno senza toccarlo, leggendolo senza aprirlo. Lo aveva già visto in passato, ma non aveva mai avuto il coraggio di schiuderlo. Il suo cuore batteva velocemente, pensando del perché l'avesse messo davanti a lui e di cosa c'era scritto di tanto importante.

- Sapete a chi appartiene? - domandò Loren.

- È di Belle - rispose il ragazzo, attirando l'attenzione di Benjamin che finalmente guardò il blocco consumato.

- E sapete cosa c'è scritto?

- No.

- Io sì - confessò lei. - Dopo averlo letto, mi sono chiesta perché non vi avete rilevato informazioni così importanti.

- A cosa vi riferite? - intervenne l'ispettore.

- All'uomo che perseguitava la signorina Ellis.

- COSA!? - esclamò Benjamin a voce alta. L'investigatrice sospirò.

- So che pensate che dietro a tutto questo ci sia il signor Leroy, - iniziò Loren, rivolgendosi solo per un istante al sovrintendente, per poi tornare di nuovo all'uomo di fronte, - e all'inizio anch'io ci credevo - aggiunse, appoggiando la mano sul diario - Qui è scritto che qualcuno la stava perseguitando e che avrebbe fatto di tutto per averla con sé. Il signor Leroy è a conoscenza di tutto e lo considero fondamentale per riportare la signorina Ellis a casa.

- Fondamentale!? - affermò secco l'ispettore - State scherzando?! - continuò, alzando il tono di voce - Non capite che questo è solo un trucco! Sta deviando le indagini su un fantasma, per distrarvi da lui stesso.

- La scrittura all'interno di questo diario è identica a quella della lettera.

- Non importa - ribatté il ragazzo - non mi sorprenderebbe se l'avesse costretta! -

Henry si alzò di scatto, con le lacrime agli occhi, guardando con rabbia il ragazzo di fronte a lui. Loren, colta di sorpresa, si limitò ad osservare in silenzio. Benjamin, invece, avanzò determinato, sfidandolo con lo sguardo e con il corpo. Non si sarebbe tirato indietro, non avrebbe ceduto, non si sarebbe lasciato ingannare. Henry, al contrario, era stanco delle accuse infondate, era esausto e amareggiato. I frammenti del suo cuore sbattevano tra le cavità del pareti del suo petto e ogni respiro sapeva di amaro. Non pensava che il sovrintendente avrebbe creduto a una tale situazione.

- Come puoi pensare che io c'entri con tutto questo!? - esclamò il ragazzo, con una vena pulsante sulla fronte.

- Non sarebbe la prima volta che fai qualcosa di estremo per aver Belle con te - disse l'ispettore, convinto di averlo in pugno - Nessuno in città si è dimenticato quello che tu e tuo padre avete fatto a Morris.

- Io non sono mio padre. Non osare paragonarmi a lui!

- Non sopporti la verità? - chiese ironicamente l'ispettore, rivolgendosi poi all'investigatrice - Vi assicuro che vi sbagliate su di lui. Lui e suo padre hanno tentato di gettare Morris in manicomio se Belle non avesse acconsentito a sposarlo.

- Non c'entro con mio padre, né con la scomparsa di Belle! - gridò Leroy, sperando di essere ascoltato - Come puoi pensare che sia capace di una cosa del genere?

- Ci credo fermamente - continuò Benjamin, faccia a faccia con lui - E per questo ti dichiaro in arresto! - Ma fu lì che l'investigatrice intervenne.

- Arrestarlo?! - affermò calma, alzandosi - Con quali prove? - aggiunse incrociando le braccia – Non avete niente tra le mani, ispettore. -

Solo per un istante riuscì a sostenere il suo sguardo, poi Benjamin dovette abbassare il capo. Calma, troppa da spaventare. Occhi grandi, così freddi da far male, gelidi da bruciare la pelle e farla riempire di sangue. Era come nel suo sogno, solo che nella realtà sembrava più affascinante e più spaventosa di quanto non fosse mai stata. Il sovrintendente indietreggiò di pochi passi, allontanandosi da lei, guardando il pavimento o i piedi delle persone presenti.

Che cosa gli era saltato in mente?

- Voglio che raggiungiate la squadra di ricerca e mi lasciate parlare con il signor. Leroy con calma, - disse lei, - e questo è un ordine! -

Benjamin annuì e, senza rivolgerle altre parole o sguardi, uscì, lasciandoli completamente da soli.

Henry aveva vinto un'altra volta! Pensava L'ispettore mentre percorreva l'androne. In fondo era stato lui a ingaggiare Mr. Taylor, e per quale motivo, l'investigatore che aveva assunto, avrebbe dovuto schierarsi contro di lui? Chissà che cosa gli aveva promesso? Mentre usciva dal Bright Arrow, una certezza si fece strada dentro di lui. Non poteva più fare affidamento sull'investigatrice Sutton e quindi doveva agire da solo. Ci aveva creduto. Aveva creduto fermamente che lei, almeno lei, sarebbe riuscita a resistere al suo fascino e alla sua corruzione. Ma sembrava che non fosse andata così.

- Cosa è successo? - chiese Hunter, quando trovò, poco dopo, Benjamin sulla soglia della stazione, con uno sguardo infuocato.

- Henry ha vinto e io sono stato degradato - rispose, entrando.

- Dove è Miss Sutton?

- È rimasta a parlare con lui, mentre mi ha ordinato di andare con i volontari - Hunter rise.

- Chi è lei per darti ordini?

- Solo un detective - l'amico guardò Benjamin senza capire cosa volesse dire. - Non hai ancora capito? Quella ragazza è un'investigatrice.

- E allora perché continui a chiamarla assistente?

- È lei che lo vuole - concluse scostante, prendendo le chiavi della Triumph. - Resta qui.

- Vengo con te! - affermò Hunter, strappandogli le chiavi di mano - Sei così arrabbiato che potresti causare un incidente. -

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