CAPITOLO 3

Troppe domande e poche risposte

Quella sera, seduta sulla sedia della scrivania dell'ufficio dell'ispettore Carter, l'investigatrice Sutton esaminò il fascicolo redatto dal sovrintendente. Segnò alcune parole chiave sul suo taccuino tenuto di fianco al rapporto, frutto di una ricerca condotta dall'ispettore stesso, ma nonostante l'impegno, le indagini non avevano portato a nulla. Sul tavolo c'era solo un lungo resoconto sui movimenti dei volontari che si erano avventurati fino alla soglia della foresta segnata come Cursed. Loren, picchiettando sul tavolo, si chiese perché non avessero osato andare oltre, addentrandosi ancora di più in profondità. Ma una cosa per volta, pensò...

Benjamin entrò con una tazza di caffè, la posò sul tavolo e si fermò sull'uscio della porta, osservando la donna lavorare in silenzio. Cosa stai facendo? Ragionò il ragazzo, scrutando ogni centimetro del suo profilo. La sua mente si smarrì, cercando di comprendere, e alla fine si soffermò sulla sua immagine, così raffinata e incredibilmente affascinante. Quegli occhi verdi, luminosi come stelle, enigmatici come la foresta che circondava Spellmount. Quelle labbra sottili, carnose, di un rosso rubino su quella pelle olivastra adornata di lentiggini. Era la prima volta che si trovava di fronte a una ragazza di quel tipo e mai avrebbe immaginato di rimanerne completamente ipnotizzato.

L'orologio sulla scrivania scandiva i minuti insieme ai tocchi delle dita di Loren sul tavolo. Alzando lo sguardo dalla cartella, gettò uno sguardo dall'altra parte della stanza, dove Benjamin, sulla soglia della porta, la stava ancora osservando incantato.

- Avete bisogno di qualcosa? - domandò l'ispettore quando la ragazza si girò a guardarlo.

- Sì, in effetti - rispose la ragazza, invitandolo a sedersi.

Essere seduto dall'altra parte della scrivania lo riportava ai suoi giorni all'accademia, dove tutto era controllato e sotto indagine costante. Non era diverso quella volta: anche se gli occhi verdi della donna lo guardavano con gentilezza, si sentiva come se fosse sotto interrogatorio. Perché era così nervoso di fronte a lei? Perché non riusciva a sostenere il suo sguardo? ... La donna chiese una stanza buia per sviluppare le fotografie e il ragazzo, dopo aver sospirato, suggerì una stanza inutilizzata dall'altra parte della stazione. Si alzò per sgomberarla, ma la donna lo fermò e lo fece sedere di nuovo. L'ispettore si sentì nuovamente nervoso mentre tornava ad accomodarsi di fronte a lei. I suoi occhi verdi lo scrutarono attentamente, cercando di svelare ciò che lui non voleva rivelare, ma che sicuramente, la ragazza, avrebbe scoperto con la forza del suo sguardo.

- Ho alcune domande da farvi - disse, prendendo il fascicolo tra le mani e guardando il taccuino di fianco. - Ho letto che i signori Ellis non sono originari di Spellmount.

- Si sono trasferiti da Durham poco più di cinque anni fa - spiegò Benjamin - Volevano un posto tranquillo dove stare - L'investigatrice incrociò le braccia sul tavolo.

- Ci sono molte campagne cittadine come queste, ma molto più conosciute. Perché proprio questa? -

Benjamin alzò lo sguardo improvvisamente, intuendo cosa la detective volesse chiedere, anche se nel profondo non si aspettava una risposta. Il ragazzo rispose prontamente, cercando di dissipare ogni dubbio per poter uscire dalla stanza il prima possibile.

- Morris è un mercante, un artista che si spostava frequentemente. Sua moglie era nata e cresciuta a Durham e per tal motivo al principio sono andati a vivere lì, ma a un certo punto, essendo molto frenetica come città, si sono trasferiti qui. Spellmount offriva loro uno stile di vita tranquillo, ed essendo vicino a Durham servì per non dimenticare i ricordi del passato. Anche se Morris aveva smesso di produrre, visitava ancora fiere vicine. Insieme a Belle, aveva viaggiato per gran parte dell'Inghilterra -

L'investigatrice osservò Benjamin con curiosità, sorridendo mentre prendeva appunti sul suo taccuino.

- Sapete molte cose sugli Ellis - sussurrò la ragazza, incrociando nuovamente le braccia, chinandosi verso di lui.

- È una piccola cittadina e tutti ci conosciamo. Credo che anche voi in poco tempo entrerete in sintonia con questo posto - La detective sorrise.

- Ne dubito - disse, guardando nuovamente il fascicolo.

Non aveva tempo per istaurare rapporti che sarebbero duranti una vita intera. Il suo unico obiettivo era risolvere il caso, trovare la vittima e ripristinare l'ordine. Nient'altro contava... Loren continuò a battere le dita sul tavolo in modo fastidioso, seguendo il ticchettio dell'orologio e il battito del cuore del ragazzo. Poi passò lo scritto e indicò una frase, tratta dall'interrogatorio di John Brown, il proprietario della fattoria vicino alla casa degli Ellis: "lei stava galoppando verso la foresta"...

FATTI: John Brown, ogni mattina, andava al cottage degli Ellis per prendere le uova dal pollaio e venderle al mercato cittadino, che si teneva ogni giorno in una delle piazze minori della città. La sera portava il denaro e scambiava qualche parola con i padroni di casa, senza mai rimanere oltre le sei e mezza. La sera del 14 novembre, però, Isabelle non rispose al suo continuo bussare alla porta. Preoccupato, John girò intorno alla casa e fu in quel momento che la vide galoppare verso la foresta. La chiamò, ma era troppo lontana per sentirlo. La mattina successiva tornò di nuovo alla casa pensando che la ragazza fosse tornata, ma non c'era nessuno ad aspettarlo, nemmeno Morris, il padre di Isabelle, ancora in viaggio verso una destinazione sconosciuta. La sera tornò ancora una volta, ma non c'era nessuno ad accoglierlo nella dimora.

... Benjamin alzò gli occhi verso la donna, che prese il fascicolo verso di sé.

- Quando mi siete venuto a prendere alla stazione, mi avete detto che quella era l'unica strada - disse la ragazza mentre il giovane annuiva - Ma adesso mi domando se nella foresta ci siano altri sentieri.

- Nessuno prende mai da quelle vie. 

- Perché? - 

L'ispettore rispose che la foresta era un labirinto e che era molto facile perdersi al suo interno. Sospirò per un momento e disse che la gente preferiva viaggiare in treno, ma dato che ci volevano più di due ore per arrivarci, la stazione era abbandonata rendendo i viaggi molto rari. Si diceva che la strada attraverso la boscaglia fosse più breve, ma nessuno osava intraprenderla per i motivi che aveva spiegato in precedenza. Solo poche persone erano in grado di avventurarsi e tornare indietro facilmente, ma anche loro conoscevano solo alcuni sentieri che non portavano, comunque, fuori dalla città.

- Poche persone e un cavallo! - lo corresse la detective, fermandosi a osservare lo sguardo perplesso di Benjamin. - I cavalli hanno una buona vista e una buona memoria, ispettore. Nonché anche una grande percezione del pericolo - aggiunse, rigirando il fascicolo.

FATTI: Il signor Brown, dopo la scomparsa di Isabelle e la mancanza del padre, si prese cura degli orti e degli animali, soprattutto di Phillip, il cavallo di famiglia molto legato ai suoi padroni. La sera del 15 novembre, John vide il cavallo spaventato tornare da solo a casa con ferite sul dorso e sul collo, che curò immediatamente. Poi portò l'animale nella sua abitazione e corse ad avvisare il sovrintendente.

- Nel fascicolo non avete scritto nulla sul cavallo, di conseguenza presumo che non siate andato a controllare la gravità delle ferite riportate dall'animale.

- Non mi sembrava importante per il caso. Inoltre, non ce n'è stato bisogno - spiegò l'ispettore. - John ha fornito una descrizione, dicendomi che il cavallo riportava ferite superficiali sul dorso e sul collo. Non aveva perso molto sangue, quindi il suo ritorno è avvenuto in maniera semplice. Le ferite sembrano essergli state inflitte da oggetti identificabili con rami o altro. Nulla di così allarmante. Al contrario, se invece fossero state inflitte da...

Benjamin si bloccò prima di pronunciare quella parola: lupi. Il solo pensiero lo fece trasalire, riportando alla mente un'immagine lontana nel tempo: una bestia con il muso allungato, le orecchie triangolari, il corpo massiccio e slanciato, gli arti sottili e la coda corta e pelosa. Ma ciò che lo spaventava di più erano le zanne bianche e lucide, gli occhi gialli brillanti che trasudavano ferocia. Guardò la ragazza con le labbra socchiuse e gli occhi colmi di terrore, ma la sua mente vagava altrove. Cosa sarebbe successo se Belle si fosse trovata di fronte a un lupo? Quella era la prima volta che, l'ispettore, si concentrava su quell'eventualità.

- Ci sono dei lupi nella foresta? - domandò la ragazza, confusa.

- Sì - 

La detective si appoggiò allo schienale della sedia, con le spalle rilassate e le braccia lungo il corpo. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, piena di dubbi e pensieri. Perché proprio quella parte della città? E i lupi a Spellmount? Picchiettò sul tavolo, guardando l'orologio che segnava le dieci e un quarto. Il taccuino pieno di appunti, il fascicolo sul lato opposto e il ragazzo di fronte a lei, fonte di informazioni cruciali che doveva eliminare per il bene del caso.

- Andate a letto, ispettore - concluse, chiudendo il fascicolo e il libretto degli appunti - Domani riprenderemo a mente più lucida. Ci sono troppe domande e poche risposte.

- Buonanotte! - disse Benjamin, osservandola mentre si allontanava dalla stazione.


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