CAPITOLO 16.2
Soldato
La grande vetrata dello studio lasciava filtrare i raggi della luna, mentre una candela sulla scrivania illuminava i documenti sparsi sulla superficie. Il volto austero di suo padre lo scrutava da un dipinto, prima di materializzarsi davanti a lui. Era notte fonda nella remota campagna e nel silenzio circostante si udiva solo il fruscio del vento tra gli alberi che si affacciavano sulla lontana Londra. Le mani dell'uomo tremavano di fronte al viso del figlio, i cui occhi erano sbarrati per la paura. Henry osservava la scena da lontano, pregando affinché qualcosa di quell'evento cambiasse. Il suo sguardo si posò, involontariamente, sull'impronta dell'anello nuziale, ormai completamente scomparso dalle lunghe dita del padre. Non era passato neppure un giorno dal funerale della moglie che lui l'aveva riposto in un cassetto, dimenticandosi della sua esistenza per più di cinque anni. Di suo figlio aveva poca considerazione, considerandolo un insetto, un incapace che non sarebbe mai stato in grado di mantenere alto il nome dei Leroy.
- Sono stato imbrogliato dal mio stesso figlio... Come dovrei comportarmi adesso? - domandò, faticando a mantenere la calma.
- Io non ti ho imbrogliato...-
Henry non pronunciò parola, ma la sua voce aleggiò cristallina nella stanza. Si rivedeva per terra, con la bocca piena di sangue e con gli occhi colmi di lacrime. Ricordava che Francis lo aveva fatto chiamare dalla casa dello zio e che fino all'ultimo momento era stato incerto se accettare quell'invito. Julius, nonostante tutto ciò che era accaduto con il fratello, incoraggiò il nipote a partire. Tuttavia, una volta entrato nel suo studio, un forte schiaffo risuonò nella stanza e Henry si ritrovò a terra con il labbro sanguinante.
- ... Hai usato il mio denaro per risanare i debiti che gli Ellis avevano con noi, umiliandomi.
- Io...
- Potresti avere ogni donna dell'alta società, eppure continui a preferire una sgualdrina che nemmeno ti ricambia! – urlò, colpendolo con violenza. Il suono del suo calcio sul torace del figlio echeggio nell'aria, rompendo il silenzio della notte.
- Tu non sai l'amore che provo per Belle... e, infatti, come potresti...non l'hai mai provato un sentimento simile – aveva pensato, restando per terra.
Francis Leroy si avvicinò minacciosamente al figlio. Le lacrime scivolarono sul volto di Henry, mentre si osservava in ginocchio sul pavimento, incapace di reagire. Non era mai riuscito a rispondergli... a difendersi...
- Domani partirai per l'Africa. Ti stabilirai in una delle nostre magioni e non farai più ritorno a Londra. Farò in modo che tu ci rimanga fino alla morte. Voglio dimenticarmi di avere un figlio come te! –
Quelle parole, affilate come lame, gli causarono un dolore simile a quello che aveva provato la prima volta che le aveva udite, mentre osservava il padre allontanarsi nuovamente verso la scrivania. L'uomo si lasciò cadere sulla sedia, senza nemmeno rivolgergli uno sguardo. Cosa aveva fatto per meritarsi un simile trattamento? Per anni si era impegnato a conquistare il suo affetto, senza mai riuscirci. Quando sua madre, la sua principale fonte d'amore, morì, si trovò solo, a subire la furia ingiustificata del padre. Sarebbe morto, se non fosse stato per l'arrivo provvidenziale dello zio, che lo salvò.
- Non puoi farlo – mormorò Henry – la mia vita è qui... i miei amici...
- ... Quali amici? – chiese suo padre, aprendo un cassetto – Quelli che hai lasciato morire in guerra o quei due poveracci? – rialzò il volto verso di lui, giocherellando con l'anello del suo matrimonio – Non hai più nessuno, Henry. Belle è lontana e Benjamin ha giurato di non rivolgerti più la parola.
- Riconquisterò la sua fiducia...
- ... Avete litigato per la stessa donna. Non riconquisterai mai la sua fiducia – scostò il suo sguardo all'anello, perdendosi in dei pensieri che il figlio non riusciva a decifrare – Non ho mai capito che cos'ha di speciale Belle, ma credo che lo scoprirò ben presto –
Henry rabbrividì, fissandolo con occhi sbarrati.
- Che cosa vuoi fare?
- Quello che non sei stato capace di fare tu: prenderla! –
Il ragazzo si alzò e si avvicinò a lui. Per la prima volta stava trovando il coraggio di affrontarlo e glielo fece capire, sbattendo le mani sulla scrivania. L'uomo, però, rimase impassibile, osservandolo con un sorriso beffardo.
- Non ti lascerò fare del male a Belle. – L'uomo posò l'anello sul tavolo.
- E chi pensi che possa fermarmi? Tu? O forse Morris? – Il suo sguardò si fermò davanti alla figura del figlio, scrutando dal basso verso l'alto. - Io posso prendermi tutto quello che voglio e utilizzarla come meglio credo. – Si sistemò meglio sulla sedia, quasi divertito – Magari ti farò tornare a Londra per il nostro matrimonio.
- Non te lo permetterò! – In un impeto di rabbia, Henry estrasse la pistola e la puntò contro di lui. – Non ti permetterò di farle del male!
- Abbassa la pistola, Henry. – Rispose con calma Francis. – Non hai abbastanza spina dorsale per sparare. - Tuttavia, il ragazzo non abbassò l'arma, mantenendola ferma su di lui.
L'uomo dall'altra parte della scrivania aprì le braccia, pronto a ricevere il colpo. Sapeva che il figlio non avrebbe mai premuto il grilletto e per questo mostrò un sorriso divertito. Il dito di Henry, pur posato sul grilletto, non attivò il meccanismo. Non era un assassino e non lo sarebbe mai diventato. Chiuse gli occhi e ritirò l'arma. Ma l'altro sé stesso, in quel momento, abbassò il capo. Le lacrime gli scesero lungo le guance e si riversarono sul parquet, consapevole di ciò che sarebbe seguito. Un segreto che lo avrebbe accompagnato fino alla morte, garantendogli un posto all'inferno. Francis si alzò e si avvicinò a lui.
- Ecco perché – iniziò, poggiandogli una mano sulla spalla – non potrai mai portare avanti il nome della nostra famiglia. Non sei nemmeno capace di proteggere la donna che ami. –
Henry stava per rispondere, ma alzando lo sguardo, un pugno gli colpì dritto il naso e si ritrovò, ancora una volta, a terra. Non ebbe nemmeno il tempo di rialzarsi che il padre si trovò sopra di lui. I colpi inferti rimbombavano tra le pareti della stanza, mentre la testa di Henry oscillava al ritmo delle percosse, con il sangue che schizzava sul parquet, ma Francis non mostrava segni di cedimento, finché il figlio smise di muoversi. Lo osservò da lontano, con freddezza. Impugnò la pistola e la puntò sulla fronte di Henry, che lo guardava impotente.
- È questo il modo giusto – disse, facendo scattare il meccanismo della sicura. – Ma stai tranquillo, non lo farò. E sai perché? – Si avvicinò al suo orecchio – Aspetterò che Belle mi dia un figlio, poi mi libererò di lei, come ho fatto con tua madre, e tu resterai a guardare. -
Cercò di alzarsi, ma cadde subito, sopraffatto da Henry che l'aveva spinto e ora si trovava sopra di lui. Francis rispondeva a ogni colpo inflitto dal figlio, continuando a tenere in mano la pistola. Henry la afferrò, deciso a strappargliela e a sfogare su di lui quella rabbia repressa per anni. Il nome di Belle, pronunciato da quel mostro privo di cuore, aveva cancellato ogni affetto. Non lo percepiva più come un padre, ma soltanto come una creatura spietata che non aveva esitato neanche a togliere la vita alla madre. Ora la verità gli appariva nitida. I medici avevano parlato di infarto, ma Henry aveva avuto la conferma che la sua morte fosse stata pianificata, poiché, dopo tanti anni, era diventata solo un fardello da cui Francis doveva liberarsi. L'arma oscillava tra i due, puntata ora verso uno, poi verso l'altro, mentre lottavano per il controllo assoluto.
- Basta, Henry! –
Il ragazzo non aveva alcuna intenzione di arrendersi; si spostò, riuscendo a deviare la pistola e puntandola verso Francis. Spaventato, l'uomo afferrò l'arma con tutte le forze che gli rimanevano, incredulo di fronte a ciò che il figlio stava mostrando. Un barlume di orgoglio vacillò sulle sue labbra, mentre nella lotta frenetica un dito di uno dei due premette involontariamente il grilletto. Il colpo esplose in un frastuono che rimbombò tra le pareti dello studio. Il lampo della detonazione illuminò per un attimo i volti dei due, congelando la scena in quell'istante. Il proiettile partì, arrestandosi nella fronte di Francis. I suoi occhi azzurri e gelidi si spalancarono in un'espressione di stupore, più che di dolore. Per un momento, rimase immobile a fissare Henry, poi la testa si piegò e colpì il pavimento.
Il sangue cominciò a colare dalla ferita in un rivolo lento ma incessante, scorrendo sul viso e macchiando il parquet, che quella mattina era stato lucidato a dovere. Henry stringeva la pistola tra le mani, il suono dello sparo ancora rimbombava nelle sue orecchie. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla macchia scura che si espandeva sulla fronte dell'uomo davanti a lui, dal modo in cui il sangue scivolava lentamente verso il pavimento, nonostante fossero passati più di paio di minuti. L'arma gli sfuggì dalle mani, mentre il tempo sembrava essersi fermato, in una scena che lo avrebbe per sempre perseguitato. Il suono del suo respiro riempiva la stanza, sovrastato solo dal battito incessante del suo cuore. Poi, quasi titubante, si chinò sul padre, toccandolo con dita tremanti.
- Padre? – sussurrò, la voce rotta dal terrore. – Papà, alzati...ti prego...-
Le lacrime iniziarono a scendere, bagnando le sue guance. Ma Francis, ormai, non si muoveva più.
- È colpa tua. Sai che è così... – La voce gli parlò alle spalle, mentre Henry si guardava riflesso, in ginocchio sul pavimento e con le mani macchiate di sangue. – Non è stato un incidente...volevi ucciderlo e ci sei riuscito. Tuo zio potrà raccontare tutte le storie che vuole, ma tu sai che la verità è solo questa... sei un assassino, Henry -
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