CAPITOLO 13
Non da sola
Come tarli che rodevano un tavolo di legno, molti pensieri tormentarono il sonno della detective, che riuscì ad addormentarsi solo molto tardi, quasi all'alba. Guardando la mappa dell'ispettore, la mattina successiva, non poteva fare altro che chiedersi continuamente dove fosse finita Isabelle e se avesse subito la stessa sorte del padre. Dopo un po', vedendo Hunter passare davanti all'ingresso, uscì dalla stazione e si diresse verso l'unico luogo al mondo in cui i pensieri si spegnevano automaticamente, senza sforzo da parte sua o della sua mente.
La neve copriva la strada in modo uniforme, cancellando ogni distinzione tra il marciapiede e la carreggiata. Nonostante fosse ancora presto, alcuni bambini giocavano felici in un angolo, lanciandosi a vicenda palle di neve. Un anziano signore li osservava con un sorriso nostalgico, ricordando i tempi passati. Una donna camminava veloce, seguita da un'altra con cui parlava animatamente di vari argomenti. Un uomo con il cappello a cilindro leggeva il giornale, ignorando la figlia che gli parlava di un amore finito. Un professore quasi scivolò mentre si dirigeva verso la scuola, al contrario di una suora che cadde sull'asfalto ma che fu aiutata da un giovane passante. Una finestra si aprì e un'altra si chiuse mentre l'investigatrice proseguiva il suo cammino. Un cane mugolò mentre camminava lentamente in un cunicolo asciutto, mentre un altro tornò subito indietro quando sentì il freddo del terreno. Un gruppo di vecchie amiche si salutarono con entusiasmo, dirigendosi insieme verso la cappella dove padre Isaac li attendeva con un sorriso. Loren esitò un attimo prima di entrare, facendo il segno della croce e prendendo posto nel primo banco, stringendo il crocifisso al seno.
- Imperet illi deus, supplices deprecamur: turque, princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute in infernum detrude. Sancte Michael Archangele, defend nos in proelio, contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium... –
Ripetendo una preghiera dopo l'altra, si immerse completamente nella sua devozione, abbracciando ciò che pendeva dal suo collo. Nascosto dalle voci del coro, una figura la notò e si avvicinò silenziosamente, penetrando lentamente nella sua intima fede. Benjamin non ricordava l'ultima volta in cui era entrato in chiesa per pregare sinceramente, per trovare conforto in quel credo che vedeva risplendere in quella donna inginocchiata accanto a lui. Tirando leggermente l'orlo dei pantaloni, si inginocchiò anche lui, non tanto per pregare, ma per osservare quella meravigliosa ragazza, con il viso lentigginoso e distante, come quella volta in cui era giunto a Spellmount.
- Mi dispiace per ciò che vi ho detto... - iniziò il ragazzo, ma l'altra sembrava non ascoltarlo. Era semplicemente immobile, inginocchiata, con gli occhi chiusi e le mani unite. – detective?
- Non bado mai a ciò che dice la gente – rispose, rimanendo nella sua posizione.
- Perdonatemi... e che io non riesco a fare questo... a credere in questo... ho sempre pensato che il nostro lavoro non dovesse essere influenzato da credenze...
- ... Fate attenzione a come parlate, ispettore. – l'apostrofò lei, sedendosi sulla panca – Offendere me è una cosa, ma non tollererò che si insulti la mia fede.
- Non intendevo offendere né voi né la vostra fede... voglio solo... voglio solo che rimaniate concentrata e che non vi affidiate a qualche forza mistica...
- ... Forza mistica... - si bloccò di fronte a quelle parole. - Esattamente cosa pensate che sia tutto questo?
- Non credo in Dio. Lo considero solo una favola inventata per ingannare i più vulnerabili. Come agente della giustizia, penso sia nostro dovere rimanere razionali. – Loren, colpita da queste parole, si alzò, si sistemò i pantaloni e si diresse verso l'uscita.
- È stata la fede a mantenermi lucida in tutti questi anni – precisò prima di andarsene.
Dio rappresentava l'unica via d'uscita, la sua unica speranza, l'unica forza che, dopo tanti anni, la sosteneva. Le tornavano in mente le pareti macchiate di sangue, il silenzio innaturale, l'odore di morte, i lamenti di dolore e i corpi senza vita. Tutta quella brutalità le stringeva lo stomaco, sopraffatta da un dolore che gli altri non potevano né comprendere né immaginare. Nonostante il parere contrario dell'ispettore, era stata la sua fede a guidarla verso quella carriera, facendole capire che anche l'anima più corrotta poteva trovare redenzione... ci sarebbe voluto solo del tempo.
- Detective! Detective Sutton! – la chiamò lui, seguendola – rispondete solo a una domanda. - Loren si bloccò lungo la scalinata, ma non si voltò. – Cosa pensate che ci sia dietro tutto questo?
- La risposta non vi piacerà
- Vi prego – disse avanzando un po' verso di lei. – Rispondetemi.
- Questa situazione è un'incognita ben più grande di quanto avessi previsto. Credo che la signorina Ellis sia stata sedotta da uno dei suoi seguaci. Da uno di quei lupi travestiti da agnelli. Da quel male che porta con sé una bellezza irresistibile.
- Non state, realmente, parlando sul serio?!
- Satana esiste, ispettore, e non sapete quante volte l'ho incontrato lungo il percorso della mia breve vita – affermò, girandosi.
Nella sua mente, anime gentili si alternavano come le pagine di un libro che scorrevano rapidamente. Sebbene i loro destini fossero diversi, tutte erano state ingannate e sedotte da demoni che sembravano angeli... Il sovrintendente sorrise nervosamente mentre la superava. Scese alcuni gradini della scalinata, turbato da quanto aveva appena ascoltato. Poi si fermò di nuovo, voltandosi a guardarla, con la stessa espressione che aveva mostrato a padre Isaac quando, infuriato, aveva portato Leroy alla stazione.
- Devo confessarvi la mia grande delusione - disse con un sorriso nervoso, continuando ad avvicinarsi sempre di più - Mi aspettavo di più da qualcuno che viene descritto come un brillante investigatore, un degno allievo di Mr. Taylor - aggiunse con un tono pieno di rabbia - La vostra presenza non è servita a nulla! Non troverete mai Belle!
- Ci vuole del tempo per risolvere una situazione così delicata.
- Lo so - affermò sempre più vicino - Ma voi siete solo una sciocca superstiziosa - continuò - Il vero problema di tutta questa situazione, di questo avanzare con lentezza, è la vostra fede in Dio! - esclamò, con occhi pieni di rabbia. – E poi vi domandate perché non vi ho parlato dei corpi...
- Che cosa avete contro Dio?
- Dio è un bugiardo... ci illude continuamente. Promette la vita, eppure richiama a sé uomini, donne e bambini innocenti. Non ferma né la guerra né l'odio. Non punisce chi realmente fa del male! È solo un osservatore che si diverte a guardarci. – concluse andandosene, senza dare l'opportunità all'investigatrice di ribattere.
***
Mentre camminava, Benjamin non poté non pensare a lei. Loren Sutton sembrava così competente quando arrivò a Spellmount, un'agente degna del titolo che portava. Anche se, all'inizio, l'ispettore aveva avuto un momento di esitazione, col passare del tempo si era dissolta. Ma quel giorno, tutte le sue speranze e aspettative si infransero come vetro, frantumandosi sulla strada bianca. Forse era per questo che c'erano così poche donne nella polizia. Tutte a inseguire sciocche superstizioni, cercando conforto nella fede. Che usanza stupida! Come poteva un agente, impegnato a combattere una realtà tangibile, credere a quelle storie?
Da piccolo era stato costretto a credere, ma col passare del tempo aveva compreso che non c'era nulla di più autentico del mondo in cui si trovava. Guardava con disprezzo quel futile tentativo di aspirare a una vita migliore, mentre si trascurava la vera esistenza. Ma ciò che lo infuriava di più era il pensiero che, se Dio esisteva, perché non aveva fermato tutto questo? Perché non aveva salvato Morris... Belle... la risposta non sarebbe mai arrivata. Se la detective credeva in qualcosa che non esisteva, non sarebbe stato utile fare affidamento su di lei per ritrovare l'amica. Mettendosi gli occhiali, avviò l'auto e si allontanò chissà dove, con la sua sola pistola e la determinazione che gli stringeva il cuore. Fin dall'inizio avrebbe dovuto farlo.
Era consapevole del pericolo di avventurarsi da solo nella foresta, ma Belle era degna di ogni sforzo. Era veramente preziosa per lui, più di ogni altro. Non l'aveva protetta e compresa abbastanza. Non aveva condotto le indagini in modo adeguato, né prima né dopo, fidandosi prima del suo senso di dare tutto per scontato, poi di una sciocca superstiziosa che credeva che la sua scomparsa fosse causata da un male inesistente. Le lettere, però, erano autentiche, così come quell'uomo senza nome. Avrebbe continuato a cercare ovunque, fino all'estremità del mondo, e se non avesse trovato nulla avrebbe finalmente avuto la conferma che Leroy era il vero colpevole.
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