CAPITOLO 12.3
La vera natura
- State bene? - La voce di Hunter la catturò, facendola voltare solo di un po', quel poco che bastava per vedere la sua ombra riflessa sul pavimento.
- Pensavo di avervi detto di aver bisogno di concentrazione.
- È vero, - sussurro l'uomo, - ma sono passate tre ore. –
L'orologio, posizionato in un angolo del pavimento, segnava le otto passate. Loren non aveva avvertito né la fame né la stanchezza. Sembrava che fossero passati solo pochi minuti da quando si era seduta, ma non era così. I dubbi continuavano a girare nella sua mente, ma il tempo trascorso le aveva fatto capire che alcuni di essi, più di altri, la tormentavano insistentemente, come quella parola "Cursed" che appariva in diversi documenti, dal diario al rapporto dell'autopsia, a indicare la foresta che circondava Spellmount, rappresentata con precisione sulla mappa appesa.
- Perché la foresta viene chiamata Cursed?
- Per via delle storie - rispose il ragazzo - Si pensa che sia maledetta. Sono solo delle dicerie, ma il ritrovamento di tutti quei corpi non ha fatto altro che alimentare questa superstizione. Per questo motivo, i volontari non si sono avventurati all'interno della foresta.
- Quali cadaveri?
- Vedete... non è la prima volta che qualcuno viene trovato nelle stesse condizioni del signor Ellis.
- Mi state dicendo che non è la prima volta che una persona scompare e viene poi trovata morta?
- Non scomparse, ma ritrovamenti.
- Per caso ci sono i rapporti su queste persone? - Lo interrogò Loren.
- Sì - Disse Hunter - le ho sistemate proprio la scorsa volta.
- Posso vederli? –
Hunter uscì e tornò poco dopo con diversi documenti sotto il braccio, che consegnò alla detective prima di sedersi con lei per terra.
- Si crede che nella foresta si trovi qualcosa di nascosto e di grande valore, e che i lupi ne siano i custodi. Per questo motivo, attaccano chiunque osi varcare il loro confine. –
"Superstizioni di poveri ignoranti" pensò Loren mentre esaminava i fogli, notando una certa ripetizione nel ritrovamento dei corpi di uomini, donne e bambini morti nella foresta. Ogni anno, circa nove o dieci corpi venivano ritrovati, tutti segnati come "soggetto sconosciuto" sotto le loro foto, in mesi specifici. In un istante, gli tornarono in mente le tombe anonime, quelle lapidi sconosciute che Benjamin aveva identificato come deteriorate dal passare del tempo. Così, le aveva mentito... ecco il motivo di quel brusco cambiamento d'argomento... credeva davvero anche lui a quelle superstizioni o c'era un secondo motivo?
Mentre leggeva, si rese conto che tutti quegli estranei venivano ritrovati con le carni straziate, come il signor Ellis. Loren si chiese perché gli animali attaccassero sempre le stesse parti del corpo, l'addome e il collo, distruggendo le arterie principali, che di certo non erano riferibili a una credenza popolare, ma a un comportamento anormale per un canide affamato, che non si sarebbe limitato solo a precise zone. Mentre chiudeva uno dei fascicoli e passava a un altro, l'investigatrice guardò Hunter, che sembrava non comprendere cosa stesse intuendo. Continuò a esaminare, trovando il nome di Elizabeth Olson. Si chiese se ci fosse un legame tra i due, dato che erano gli unici abitanti di Spellmount con il corpo in quelle condizioni.
- Conoscevate gli Olson? - domandò Loren.
- Poco, come tutti gli altri.
- Pensavo che in questa città tutti si conoscessero molto bene.
- Gli Olson non erano di Spellmount. - rispose, catturando l'attenzione della donna - Sono arrivati una sera come fuggitivi e se ne andarono senza avvisare nessuno. -
La consapevolezza di un legame tra i due si intensificò ulteriormente. Si alzò con nervosismo, cominciando a muoversi da un lato all'altro della stanza, finché i suoi occhi si posarono sulla spilla. Non c'era alcuna traccia di lupo attorno al cadavere del signor Ellis, solo quella spilla... solo quella spilla.
- Qualcuno possiede quello stemma in città? Oh, comunque, l'avete vista indossare a un viandante? –
Il gioiello era elegante e sicuramente non passava inosservato. La sua forma, ispirata a una rosa, emanava un bagliore argenteo. Al centro del fiore, c'era un piccolo diamante che rifletteva la luce da ogni angolazione. Il retro della spilla era molto curato. La chiusura era solida e sicura, assicurando che rimanesse saldamente al suo posto, magari sopra un gilet o una camicia. Hunter la guardò per un momento, ma poi scosse la testa. L'unico, secondo lui, che avrebbe potuto indossare un gioiello simile era Leroy, ma il ragazzo non portava mai nulla di così vistoso. L'oggetto più prezioso che portava era un vecchio anello che aveva ereditato dallo zio, cosa ben nota a tutti in città.
***
Qualche ora più tardi, Hunter salutò la donna e si allontanò dall'edificio, con mille domande che gli frullavano in testa. Loren, rimasta all'ingresso, ebbe un momento di esitazione e si girò verso sinistra, dove solitamente si trovava Benjamin. Tuttavia, ricordando quanto era accaduto, si strinse nel soprabito e camminò sotto i fiocchi di neve incantati che stavano iniziando a ricoprire i tetti delle case. Appena entrata nella dimora di miss Mary, si affrettò a togliersi il soprabito e le scarpe per non disturbare gli altri che vivevano con lei. Ma appena si sedette sulle scale per rimuovere le calzature, un leggero bussare alla porta la fece tornare indietro. Sulla soglia c'era l'ispettore, infreddolito, con il naso rosso, e una lunga sciarpa di lana che sembrava un capotto.
- Ho avuto modo di riflettere e mi rendo conto di essermi lasciato trascinare dall'odio che provo verso Henry. Non avrei dovuto permetterlo...
- ... Perché mi avete mentito? – Il ragazzo si fermò, confuso. Non sapeva a cosa si riferisse, ma prima che potesse chiedere chiarimenti, lei si affrettò a rispondere. – Mi avete detto che le numerose tombe senza nome erano solo il risultato del passare del tempo, ma questa sera ho scoperto una lunga lista di cadaveri che pesa su questa città... alla fine, Spellmount non è così tranquilla come avete sempre sostenuto.
- Sono solo superstizioni.
- Ma perché non raccontarmi la verità fin dall'inizio? Cosa state cercando di nascondere? – chiese con calma, anche se la rabbia le bruciava dentro.
- Nulla!
- E allora perché non me l'avete detto?
- Perché siete una donna – rispose senza pensarci, facendo indietreggiare l'investigatrice di qualche passo.
- Cosa intendete dire?
- È risaputo che voi donne siete più inclini alle superstizioni, e ho pensato che, dicendolo, vi sareste spaventata –
L'ennesimo stereotipo. Ecco perché aveva insistito per farsi presentare come assistente. Se lui, che conosceva la verità, la umiliava in quel modo, cosa avrebbero fatto gli altri? Strinse le mani in due pugni, distogliendo bruscamente lo sguardo dall'ispettore. Per un attimo, aveva sperato che fosse diverso, ma si rivelò essere come tutti gli altri. Il rimprovero di quella mattina era più che giustificato; non la considerava all'altezza del suo compito. Fredda come un blocco di ghiaccio, distese le mani e con la destra, poi, trattenne la porta. Sulle sue spalle gravavano casi e responsabilità che quel ragazzo non poteva neppure immaginare. Non le era mai importato del giudizio altrui, ma quella frase la colpì più di tutte quelle che aveva sentito nel corso degli anni. E forse... forse perché qualcosa in Benjamin l'aveva colpita, in qualche modo non le era del tutto indifferente. Avrebbe voluto urlare, ma alla fine, sussurrò:
- Non potete dire sul serio –
Quelle parole esprimevano tutta la sua delusione, costringendo Benjamin a sollevare lo sguardo e a confrontarsi con l'ennesimo errore. Desiderava dirgli che quella affermazione non era vera, ma sapeva che sarebbe stato solo un ulteriore inganno. Tutti i suoi buoni propositi nei suoi confronti si erano affievoliti quando aveva scoperto la sua profonda fede in Dio. Era stato Lord Charles a raccontarglielo una sera, mentre, con la scusa di una passeggiata, gli aveva portato la cena preparata da Miss Mary. Non voleva offenderla né nasconderle nulla; desiderava solo che rimanesse concentrata sul suo obiettivo: ritrovare l'amica. Ma qualcosa nel suo sguardo gli diceva che nulla sarebbe cambiato, anche se le avesse rivelato la verità sui corpi. Il suo cuore batteva forte, spingendolo ad avvicinarsi per scusarsi.
- Mi dispiace... non avrei dovuto...
- ...Siete esonerato dall'incarico – rispose lei con tono deciso - e questa volta non cambierò idea – concluse, chiudendo la porta.
Il giovane avvertì un brivido nel petto, come se il suo cuore si fosse fermato per un attimo. In quel momento, più che mai, si rese conto dell'errore commesso quel giorno. L'aveva delusa, umiliata e, soprattutto, ferita. Non avrebbe mai voluto causarle tutto questo...
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