Accoglienza
Naos sentì una mano premergli sulla bocca. Altre gli bloccavano braccia e gambe. Alla debole luce dei riflessi lunari vide un sogghigno.
Impiegò qualche istante a ricordare cosa fosse accaduto. I giorni si erano susseguiti lenti ma tranquilli. Svolte le mansioni, andava a dormire in uno degli squallidi dormitori riservati a soldati semplici e sottufficiali inferiori.
Nessuno lo aveva importunato prima di quella notte.
Sbatté gli occhi e riconobbe l'aggressore: era Alrai, accompagnata da quattro soldati in armatura di piritio.
La donna gli teneva un coltello puntato alla gola. «Ora ci divertiamo» gli sussurrò, maligna.
Un soldato rise. «Però, la puttanella pesa!» Erano troppo rumorosi per non svegliare gli altri militari, ma questi non si muovevano.
Gli aggressori scesero le scale tenendolo stretto, poi si diressero in una stanza impregnata di odori, tra cui sapone e sudore, e piena di vasche di pietra.
Naos guaì e si divincolò mentre si guardava attorno. Alrai lasciò il posto a un altro, rinfonderò il pugnale e prese un lungo bastone appuntito. «Vorrei tanto sentirti strillare, puttanella, ma sarà per un'altra volta». Scosse la testa. «Chissà quanti culi devi aver leccato per arrivare a quella posizione. Aaaah, quelli come te non hanno proprio dignità!»
Naos incassò un pugno sull'inguine. Gemette e continuò man mano che i colpi si susseguivano. Il dolore si ampliò per tutto il corpo, rendendolo impotente, gli acidi gli salirono in gola e sporcarono il guanto metallico che gli chiudeva la bocca e impediva di urlare. Sentì un terrore crescente che di rado aveva provato. Gli venne da piangere. Lì non c'era nessuno ad aiutarlo. «Facciamola abbaiare, questa cagna!» disse il soldato che lo stava picchiando.
"Cagna", lo stesso modo in cui era stata chiamata la danzatrice che l'ufficiale aveva portato via. Volevano violentarlo. Era il modo migliore per sottomettere qualcuno. In accademia alcuni apprendisti avevano subito quella tortura. Non erano stati più in grado di combattere e parlare, sembrava che fossero stati svuotati dell'anima.
Il suo intero essere, addestrato a reagire, si ribellò a quella violenza. Infuse la magia curativa per tutto il corpo, assopendo il dolore.
Quando lo spinsero a terra per torturarlo, girò i palmi verso il pavimento: l'onda d'urto improvvisa lo spinse verso l'alto e sbilanciò gli aggressori. Liberato il braccio destro, sparò una sfera di vento contro il viso del nemico più vicino: l'aria compressa ferì gli occhi e schiacciò il naso. Non lo avrebbe accecato, solo reso inoffensivo.
Con un violento strattone liberò anche le gambe e rotolò via per schivare la lama.
Ansimò e urlò: Ain non poteva raggiungerlo perché gli era stato affidato un turno di guardia da tutt'altra parte, però contava sull'arrivo di qualcuno, chiunque andava bene.
Alrai rise e lo attaccò comunque. Naos si abbassò per schivare il pugnale, caricò il primo avversario e gli sparò un globo di vento in faccia.
«Prendi, Spica!» Alrai lanciò il bastone a un guerriero - Naos lo riconobbe come quello con la spiga in bocca - e sguainò una pesante spada.
Gli altri due soldati aggredirono Naos: questi parò come poté la loro scarica di pugni nonostante fosse privo di armatura e infuse la magia della vita per sanare le ferite, poi li allontanò con dei dardi di vento. Maledisse il fatto che fossero senz'armi, che avrebbe potuto strappar loro.
Alrai mulinò le lame. Naos schivò, si ritrovò con le spalle al muro e levò il braccio non dominante. Il pugnale gli affondò tra le ossa, facendolo urlare. Strinse i denti e sfogò lacrime di rabbia. La sfera di vento centrò Alrai al viso, respingendola.
Naos afferrò il pugnale, gridò e se lo estrasse con un colpo rapido, recitò ad alta voce una formula e il sangue smise di zampillare.
I due scagnozzi si guardarono preoccupati.
«Attaccate, coglioni!»
Spica puntò una mano verso le vasche: pezzi di pietra si staccarono e volarono contro Naos, colpendolo allo stomaco e alla faccia; infine il terzo uomo raccolse l'acqua che era uscita e la trasformò in un getto.
Fu un errore: il giovane soldato dominò l'acqua che gli era stata lanciata contro, la concentrò in un fascio sottile e lo usò per sfregiare l'aggressore. Roteò i sottili getti d'acqua attorno a sé per difendersi, ma Alrai li fece evaporare con una vampata.
Spica attaccò ancora con le pietre. Naos si salvò rotolando, afferrò il terzo uomo e lo usò come scudo, corse avanti e lo gettò da parte quando fu su Spica. Atterratolo, lo inchiodò a terra e lo tempestò di pugni finché non giacque immobile.
Alrai non esitò e alternò fendenti, affondi e vampate. Naos schivò oppure si difese col pugnale, ma un ferito riuscì a dargli una bastonata sulla gamba, facendolo cadere in ginocchio. Alrai ne approfittò per calare la spada. Il pugnale si mise in mezzo e iniziò una prova di forza. Naos urlò come una bestia selvaggia mentre si alzava in piedi e respingeva la lama affilata.
Ansimò, si levò in tutta la sua statura e raccolse dell'acqua. Girarono in cerchio per alcuni secondi, poi lanciò, in rapida successione, una decina di getti mirati al viso. Alrai rispose con del fuoco, che però le offuscò la visuale e le impedì di reagire all'improvvisa carica di Naos, che la sollevò e la sbatté di testa su una vasca di pietra, mandandola in pezzi. Subito dopo le puntò il pugnale all'occhio.
Alrai gemette. «N-no...»
«Muovi un muscolo e sei morta!» minacciò. «Stendi le braccia, palmi rivolti verso il basso!»
La donna obbedì con esasperante lentezza.
Naos non spostò il pugnale tremante dall'occhio. Si accertò che i soldati nemici fossero fuori gioco. Gemevano, ma erano vivi. «Ascoltami bene». Pensò all'accademia e alle scuse che usava Dabih per farla franca. Non poteva denunciare Alrai, gli era superiore di grado e poteva essere in combutta col sacerdote locale. Doveva trovare un compromesso e puntare su paura e confusione. «Tu dirai che quei soldati ti hanno aggredita e che ti ho aiutata, mi hai capito?» si sforzò di essere il più minaccioso possibile, ma la sua voce era un rantolo. «Ain è molto più forte e cattivo di me, se mi accadrà qualcosa, lui ti... ti... te la farà pagare!»
Alrai assentì. Naos si spostò e l'aiutò ad alzarsi senza lasciare il pugnale. Tra tutti gli aggressori doveva patteggiare proprio con l'organizzatrice.
Salirono la scalinata barcollando. Più che potenti guerrieri, sembravano vecchietti decrepiti.
Al piano superiore non trovarono nessuno. I soldati erano rimasti nel dormitorio. «Andremo di sopra e tu dirai cos'è successo». Nel dirlo, strinse il pugnale.
Salirono le scale e Alrai chiamò a gran voce le truppe. Queste si levarono in un attimo. I più erano sorpresi, anche se qualcuno era compiaciuto. «S-sono stata aggredita da quattro soldati!» boccheggiò lei, paonazza. Parlava a scatti e col sorriso tirato. «Il qui presente Naos mi ha difesa! A-andate a catturare quei... manigoldi! Tutti!»
Le truppe obbedirono e le passarono di fronte lanciando loro delle occhiate.
Quando fu solo, Naos scosse la testa. «Pochi giorni...» commentò con disappunto.
Dai piani inferiori vennero i gemiti di dolore dei prigionieri.
«Tu... non li hai uccisi...» ammise Alrai, andando a sedersi su un letto in cui sprofondò.
«Io uccido solo mostri, non gli esseri umani» rispose Naos, offeso.
«Mi prendi per il culo? Noi non lottiamo solo con gli angeli».
I conflitti coi Cento Regni, paesi indipendenti che erano nati in seguito al crollo dell'Impero della Luna, erano rari e finivano sempre in massacri. «Non è il mio compito».
Alrai sbuffò. «Tieni d'occhio il tuo amico. Potrebbe succedergli qualcosa di brutto».
«Guarda che non scherzavo sulla forza!» Le puntò il pugnale contro. «Lascialo stare, hai capito?»
La donna non era intimorita. «Non capisco... se ci tieni così tanto a lui, perché è marchiato?»
Naos si sentì mordere le viscere. «N-non sono io a decidere». Dabih lo aveva scelto come avversario perché era il più forte e gli era servito per mostrare il suo valore dinnanzi ai soldati, che avrebbero parlato col timore del giovane Alioth e mostrato rispetto per il casato.
«Non invidio quell'Ain. Con un amico come te, deve sentirsi molto solo».
«Smettila di provocarmi!» Naos alzò involontariamente la voce. Aveva sì appoggiato Dabih, ma solo per prevenire una rivolta che avrebbe condotto tutti alla morte e coinvolto civili innocenti.
Alrai ghignò. «Se c'è una cosa che mi fa più schifo di un protetto è un ex protetto, abbandonato dai suoi padroni e alla ricerca di qualcun altro da servire».
«Non ci capiamo». Ingoiò la frustrazione. «Io non sono un leccapiedi. Sono un devoto servitore della Dea e dei comandanti che Ella mi dà. Il suo dominio gara... limita disordini e vittime». Fece una pausa. Lottare era dannoso. «Hai visto protetti passarti davanti, vero?»
Alrai indurì la mascella. «Non immagini quanti».
«Mi dispiace». Le parole gli uscirono calde e sincere.
Alrai alzò un sopracciglio. «Patetico tentativo di manipolarmi». Si alzò. «Ne ho visti troppi come te, so come vi comportate».
«Uno di loro ti ha ingannato?» la fermò Naos.
«Cosa te ne frega?»
«Amo aiutare, va bene?» si scaldò.
«Nessuno mi ha mai ingannata. Ma all'accademia femminile hanno dato i ranghi più alti a quelle che succhiavano il cazzo all'addestratore. Io non mi sono voluta vendere e ho ingoiato il fango». Alrai lo guardò con supponenza. «Ridammi il pugnale!»
Naos obbedì come aveva sempre fatto. «Passa da un guaritore, hai preso una bella botta in testa».
Alrai riprese l'arma e se ne andò senza rispondere.
Il soldato, rimasto solo, si sdraiò sul letto e afferrò la gemma che poteva mutare in armatura. La rigirò tra le dita e pensò che quella Alrai non gli avrebbe dato tregua, a meno che non potesse davvero dimostrare la sua onestà.
Capiva perché aveva fatto brutta impressione: una fiamma arancione accompagnata da un marchiato non si doveva veder spesso.
L'amicizia con Ain era nata dalle piccole cose. Erano stati compagni di stanza nell'orfanotrofio e avevano giocato assieme. Era stato Ain, piccolo ma combattivo, a difenderlo dai prepotenti. Le sacerdotesse che avrebbero dovuto prendersi cura di loro non avevano fatto mancare le vessazioni. Una volta Naos era stato buttato giù dalle scale ed era rimasto infortunato per giorni. Il motivo era prepararli alla vita, far capire loro che l'esterno era brutale e crudele. Nell'ultimo anno prima dell'accademia, all'insaputa di tutti, i due amici avevano preso l'abitudine di dormire abbracciati l'uno all'altro nel sottoscala. Li aveva aiutati a ricordare che non erano soli e che c'era qualcuno su cui potessero contare.
Erano poi diventati soldati. Non avevano mai potuto scegliere, solo adattarsi alle circostanze. Una volta Naos aveva raccontato che, se avesse potuto, avrebbe ereditato la giocattoleria dei genitori, intagliato gnomi e costruito carillon. Ain aveva replicato che sarebbe diventato un avventuriero che avrebbe sconfitto grandi mostri e scoperto antichi tesori.
Naos rise di quelle fantasie. La vita vera si prospettava ancora più spietata di quanto avessero immaginato.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top