•Capitolo 8•

Era passato un giorno dal mio risveglio. Nell'arco di quelle ore avevo avuto modo di riflettere e di ideare qualche piano di fuga nel caso in cui la situazione si sarebbe evoluta in nostro sfavore.
Drake era rimasto quasi per tutto il tempo con me, mentre il Principe raramente mi aveva fatto visita, il che era comprensibile dato che aveva di sicuro molti impegni.

In quel momento mi trovavo davanti alla finestra, con lo sguardo sul paese e il sole ad illuminarmi il viso.
Mi ero lavata corpo e capelli, avevo indossato un abito lungo e semplice che mi aveva fornito una delle domestiche.
Era strano non indossare l'armatura, ero libera di muovermi, ero leggera, quasi percepivo la sensazione di poter spiccare il volo.
I capelli, solitamente raccolti, ricadevano lisci lungo la schiena e il viso caratterizzato da un mustruoso pallore, aveva acquisito colorito. Le guance rosee, la pelle candida, le mani soffici. In tre giorni ero quasi rinata.

Chiusi gli occhi e mi beai del tepore del sole, fin quando qualcuno bussò alla porta. Ero certa che si trattasse del Principe, ormai il suo odore era ineguagliabile ed io potevo sentirlo a metri di distanza.

«Buongiorno», entrò lui, fermandosi sull'uscio della porta. «Noto con piacere che state molto bene.»

«Sì, mi sono ripresa del tutto.»

«Benissimo, ne sono felice. Sono stato mandato qui dal Re, siete l'unica...», si zittì improvvisamente, facendomi voltare nuovamente lo sguardo verso di lui. Lo vidi assorto nei suoi pensieri, come se stesse riflettendo su ciò che fosse giusto dire.
«Come preferite che vi definisca?»

A quella domanda aggrottai la fronte confusa, cosa intendeva? «Non capisco.»

«Noi esseri umani vi definiamo Semen Mali. Ma il vostro amico, Drake, mi ha fatto chiaramente intendere che ritenete un'offesa tale appellativo.»
Perché mai Drake gli aveva detto una cosa del genere?
Personalmente non ricordavo nemmeno il nome della mie specie... O forse lo sapevo? Negli ultimi giorni la mente mi giocava brutti scherzi. Mi alternevo costantemente tra il ricordare e il dimenticare e non ne capivo motivo.
«Chiamami come preferisci, non mi importa.»

Lui annuì e si spostò, «va bene, se volete seguirmi, vi accompagno.»

Sospirai, «perché continui a parlarmi con un tono formale?»

«È giusto così, è l'etichetta. Il tono formale è una forma di rispetto verso coloro che poco si conosce-»

«Avevi detto di conoscermi, o sbaglio?», lo interruppi.

«Sì, ma-»

«E allora chiamami Lien, il mio nome dovresti ricordarlo bene, forse anche meglio di me.»

Lui abbozzò un sorriso ed abbassò il viso. «Non sei proprio cambiata», sussurrò, ma io potei benissimo ascoltare le sue parole. «E sia», lo alzò, «Lien. Andiamo ad affrontare il Re.»

Annuii e lo seguii fuori dalla camera,  per poi incamminarci verso il piano inferiore, il primo. Quelle porte in legno pregiato, i drappeggi ovunque, il rosso dominante, quel lusso, tutto mi riportò alla mente il giorno in cui mi ero intrufolata al castello per assassinarlo.
Mi fermai, infatti, proprio davanti alla porta del suo ufficio.

«Il Re sa che ho provato ad ucciderti?», chiesi facendolo fermare. Lo vidi annuire, così continuai. «E non è strano che voglia incontrarmi per una conversazione pacifica? Ho provato ad assassonare il Principe, dovrei essere giustiziata per questo.»

Lui fece un passo nella mia direzione, «so che non è colpa tua, so che qualcuno ti ha chiesto di farlo, così come lo sa il Re. Non ti farà del male, fidati.»

«Non mi fido di nessuno», esclamai d'istinto.

«Il che è comprensibile, considerando la tua situazione. Capirai che di me puoi fidarti e se le parole non bastassero, te lo dimostrerò.»

Lo fissai senza proferire parola. Avrei tanto voluto ricordare il rapporto che c'era tra di noi. Lui, apparentemente, sembrava sincero, aveva subito capito che fossi in pericolo il giorno in cui ho fatto irruzione nella sua casa, aveva organizzato persino una squadra di perlustrazione e poi aveva liberato me e i miei compagni.
Chi era davvero il Principe?

Il nostro cammino continuò in silenzio, fin quando non arrivammo a destinazione e lui bussò alla porta.
Non appena entrai, venni invasa da un sublime odore di pulito e fui quasi accecata dalla luce naturale che filtrava dalle immense vetrate.

Il Principe fece un inchino, ma io non lo seguii; quell'uomo per me non era nessuno.
«Salve Padre, vi ho portato Lien come da voi richiesto.»

Il Re si alzò e si avvicinò a noi. Istintivamente portai una mano sul fianco, rendendomi conto che non avevo la mia spada e quindi ero disarmata.
Iniziai a sudare freddo, temendo che potesse aggredirmi, ma mi sorprese quando allungò una mano verso di me.
«È un piacere rivedervi, Lien. Siete cresciuta tantissimo.»

A quelle parole sussultai, anche lui mi conosceva!
Gli strinsi la mano incerta e non risposi. Non sapevo cosa dire, come presentarmi, cosa lui pensava di me. La situazione stava iniziando a pesarmi.
«La ricordavo più loquace», aggiunse.

«La situazione è un po' particolare», risposte il Principe.

«Lo noto. Bene, Lien, sono felice che ti sia ripresa e che sia stata liberata. Ho richiesto la vostra presenza non solo per rivedervi dopo tanti anni, ma soprattutto per porvi delle domande.»
Aggrottai la fronte ed attesi che continuasse. «Ho saputo che un paio di giorni fa avete aggredito mio figlio sotto ordine di qualcuno, dico bene?»

Sapevo che prima o poi avvremmo affrontato questa conversazione. «È giusto.»

«Bene, capirete che è un'azione gravissima arrecare danno alla corona, ma mio figlio mi ha convinto a porre una relazione pacifica tra noi. Infondo voi non l'avreste mai fatto, se non sotto obbligazione. La domanda che mi sorge spontanea è: chi è colui che vi ha impartito l'ordine?»

«Non lo so, non era mio compito incontrare i clienti. Dovreste chiedere al Superiore che ad ora giace sotto le macerie.»

«Mmh...», si sedette nuovamente, «altra domanda, cos'è la torre? Chi l'ha costruita e perché?»

Possibile che nessuno dei miei compagni avesse risposto a quelle domande?
«La torre era la nostra casa. Da bambini fummo portati lì speranzosi di essere protetti, ma in realtà eravamo stati venduti ai Superiori. Eravamo loro schiavi. Negli anni siamo stati allenati, siamo diventati delle armi che incassavano denaro. Loro prendevano le richieste illecite dei clienti e noi le eseguivamo», era inutile mentire, infondo poco mi interessava della sorte di coloro che erano fuggiti, dei Superiori ovviamente.

Il Re rimase per un attimo in silenzio, sembrava quasi allibito dalle mie parole.
«Siete stati trovati in pochi, gli altri sono tutti fuggiti?»

«La maggior parte sono morti di fame, di sete o per malattie. Altri sono stati uccisi in quanto ritenuti troppo deboli e i codici dal 001 al 050 si sono salvati. I certi che sarebbero durati erano dal 001 al 020.»
Silenzio, eterno silenzio. Né il Re né il Principe emisero fiato. Erano con occhi sgranati e con lo sguardo su di me.
«Nessuno aveva risposto a queste domande?»

«Nessuno aveva tutte queste informazioni. Solo Drake ci aveva accennato qualcosa sui codici», confessò il Principe.

«Perché darvi dei codici? Avete dei nomi», chiese il Re.

«I codici equivalgono alle proprie potenzialità: più si è forti, più il numero è basso.»

«Drake ci ha detto di essere lo 001», prese parola il Principe. «Chi è lo 000

Abbozzai un sorriso, «Principe, lo 000 è proprio di fronte voi, con un punteggio di 10.440. Sono stata però degradata a 002 quando mi sono rifiutata di eseguire un ordine.»

Lui rimase scioccato dalla mia confessione e si limitò ad annuire, per poi lanciare un'occhiata al padre, il Re.
Quest'ultimo dopo avermi ringraziata per le informazioni, mi concedò e rimase da solo con il Principe.

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