•Capitolo 6•

Lien

Era ormai notte inoltrata, fuori non si udiva alcun suono, né di passi, né di chiacchiere, né di qualche animale di passaggio. C'era quasi un silenzio macrabo, probabilmente era sempre stata cosi, ma mai quanto quella volta la cosa mi pesava.
Ero ancora in prigione e per fortuna non mi era giunta alcuna notizia sulla decisione dei Superiori. Chiusi gli occhi per una frazione di secondi, aprendoli di scatto quando qualcosa -o meglio qualcuno- fece un po' di rumore all'esterno.

Sicuro che, oltre me, solo Drake avrebbe potuto sentirlo. Era un rumore lieve, non percepibile all'orecchio umano. Io e lui, però, avevamo un udito eccezionale, nulla ci poteva sfuggire: qualcuno srava arrivando, ne ero sicura.
Mi alzai e subito mi legai la custodia con all'interno la spada, ai fianchi, allontanandomi dalla porta per evitare di essere trovata subito, nel caso in cui qualcuno l'avesse aperta.
I miei piani, però, vennero spazzati via nel momento in cui un forte boato, probabilmente causato dal portone sdradicato dai cardini, fece allarmare tutti.
Lo sapevo, ne ero certa. Non mi sarei mai immaginata che avrebbero sfondato  il portone ed avrebbero fatto irruzzione.

Purtroppo io ero lontana dal primo piano, ma potei benissimo percepire la paura e la spossantezza di tutti. Sentii delle urla, o forse degli ordini, e sperai di essere trovata presto.
«Lien!», mi chiamò Drake, scendendo le scale velocemente, «sono arrivati!»

«Sì, ho sentito. Cosa sta succedendo su?»

Lui estrasse una chiave dal matello, facendomi l'occhiolino ed affrettandosi ad aprire la cella. «Un casino, i superiori sono subito partiti in difesa, insieme alla metà dei nostri, i restanti si sono schierati con le guardie reali. Andiamo!»

Una volta libera, subito corremmo al primo piano e ciò che mi trovai davanti andava ben oltre la mia immaginazione. Non erano poche, le guardie giunte dalla corte, anzi. Ciò che più mi inorridii, fu vedere i miei compagni lottare tra loro.

«Cosa state facendo?», urlai, posizionandomi tra due di loro.

«001?», domandò sorpreso il 030. «Cosa state facendo voi! Hai idea del casino che state creando tutti?», indicò ovunque. Sembrava veramente furioso.
Riflettei sulle sue parole e, voltando lo sguardo, non potei che dargli ragione. Era vero, era un bel casino, ma forse lui non capiva le nostre vere intenzioni.

«Lo vedo, ma questa è la nostra occasione, per essere liberi, lo capisci?»

«Non è la nostra occasione! È solo un passaggio di padrone, dai Superiori, alla corte. Loro non ci vogliono aiutare, 001, come puoi non capirlo!», lo stesso pensiero lo aveva Drake... Forse avevano ragione loro, forse ero io nel torto, indipendentemente da chi vinceva, noi non saremmo mai stati liberati.
La mia speranza era frutto della mia immaginazione, eppure -infantile com'ero- continuavo ad essere ferma sulle mie parole.

Retrocessi di un passo e mi resi conto di trovarmi ad un bivio. Dovevo prendere una decisione, una delle più importanti, nella quale risiedeva il mio futuro: credere ai miei amici e proteggere la torre, schierandomi cosi con i superiori; o credere in me, schierarmi con la corte e sperare di essere liberata.
Presi un bel respiro e chiusi gli occhi, seppur per poco, sentivo la testa  pesante e le orecchie fischiare.
Mi sembrava di essere finita sottoterra, non sapevo che fare, volevo cambiare vita, ma non avevo abbastanza fiducia da credere nel mio sesto senso.

«Lien!», mi sentii chiamare da lontano, «Lien», ed ecco ancora.

Quando aprii gli occhi, vidi poco lontano il Principe, affiancato da un ragazzo più o meno della stessa età.
Sentii qualcosa afferrarmi il braccio e, quando mi voltai, vidi Drake con lo sguardo fisso sul Principe ed una seria espressione sul viso.

«Andiamo da lui», esclamò, iniziando a camminare e trascinandomi con lui.

«Dove andate?!», urlò 030, «non credete alle loro azioni, sono stati loro a sterminare il nostro clan.»
Quelle parole mi arrivarono come una spada al petto, cosa intendeva? Drake lo sapeva?

«Tornete indietro!», urlò un Superiore, facendoci bloccare di scatto. Solo allora mi resi conto che davanti vi erano le guardie reali e alle nostre spalle i Superiori. Nel mezzo c'eravamo noi, insieme ad altri che stavano combattendo. Possibile che tra il caos che vi era, il mio corpo reagiva solo a quella voce? E lo stesso sembrava per Drake.
La sua mano stringeva forte il mio polso e sapevo che in quel momento stava affrontando una lotta interiore, così come me. «È un ordine», mi voltai verso di lui. Il suo viso era rosso di rabbia e aveva l'indice puntato verso di noi.

Io e Drake eravamo nella sua lista preferienzale, senza di noi, lui non era nessuno. «Non ascoltarlo», disse il mio amico.

«Se osate fare un altro passo, sapete cosa succederà.»
Saremmo stati puniti? Quando ritornai con lo sguardo sul superiore, vidi qualcosa che mi fece gelare sul posto.

«Drake...», lo chiamai con un filo di voce.

«Non oserà, giusto?», chiese con un sopracciglio inarcato il giovane uomo accanto al Principe. «A pochi metri ha la merce, insomma.»

Nel palmo della mano, il Superiore stringeva una familiare arma scura che aveva la capacità di produrre un'esplosione. Dal suo ghigno, non potei non pensare che facesse sul serio.
Se l'avrebbe lasciata cadere a terra, tutti noi saremmo morti, compreso lui.
Deglutii e strinsi la mano in un pugno, non poreva essere serio, assolutamente, noi eravamo tutto per lui... Effettivamente, se avessimo deciso di voltargli le spalle, lui sarebbe stato spacciato, tutta la sua attività sarebbe crollata. Era serio!
«Drake», pronunciai ancora una volta il suo nome, ma con più fermezza. «È serio, dobbiamo fermarlo.»

«Lo so», sussurrò, «ma non sono tanto  veloce da avvicinarmi prima che la possa lasciar cadere.»

«Io sì, nel frattempo fa capire al Principe che siamo dalla sua parte.»

Il tempo di ricevere un suo assenso, che scattai in avanti ed in pochi secondi fui davanti a lui. Un boato di stupore si innalzo, la maggior parte di loro -vedendo l'arma- iniziarono ad allontanarsi e la faccia sbalordita dell'uomo fu indescrivibile.
Con un calcio colpii il polso di esso, facendolo gemere dal dolore e facendogli mollare la presa sull'arma.

Non capii cosa stesse succedendo, ma alle mie spalle era tornato nuovamente il caos e -lanciando una veloce occhiata- vidi molti dei nostri scappare e le sentinelle bloccare ogni passaggio.
Ormai per loro non era più una questione di decisione, semplicemente non volevano morire e preferivano la fuga.

«Maledetta!», urlò l'uomo, mentre altri si avvicinavano.

Retrocessi di un passo e subito la mia schiena entrò in contatto con quella del mio amico. «Ormai è quasi finita.»

«Non è finito un bel niente!», urlò ancora una volta lui, «hai idea di quanti anni ho sacrificato per addestrarti? Ingrata che non sei altro, ti ho sfamata e cresciuta. Se non fosse per me, saresti morta sette anni fa!»

«Avrei preferito morire piuttosto che patire l'inferno nella tua torre. Non mi hai salvata, hai solo acquisito la fonte dei tuoi guadagni ed hai ammazzatto i miei coetanei in quanto deboli», strinsi forte la spada in posizione di difesa. «Arrenditi, ormai è questione di tempo prima che tu e tutti gli altri venite arrestati.»

«Noi non saremo mai nelle mani della giustizia», esclamò una seconda voce, facendoci voltare tutti verso destra. Vi era uno dei Superiori con in mano l'arma, evidentemente recuperata dal pavimento. «Se noi siamo pronti a sacrificarci, voi verrete con noi.»

Mai quelle parole furono più vere. Drake subito raddrizzò la schiena ed io anche.
Dall'arma partì un solo colpo, nessuno di loro si mosse, consapevoli e ben accetti di morire. Io, colta dall'istinto, subito presi il polso di Drake e corsi via. Purtroppo, però, appena il colpo fu scagliato, le colonne portanti furono colpite e di conseguenza la torre iniziò a crollare.

Nonostante la mia velocità, mi fu quasi impossibile procedere in pochi secondi, frenata dal continuo cadere di macigni.
L'ultima cosa che ricordo fu la luce dell'alba che si intravedeva dall'ingresso, poi un botto assordante ed infine il nulla.

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