•Capitolo 15•

Con uno strano peso al petto, mi incamminai verso l'ufficio di Benjamin, stupita da come lo avevo chiamato e curiosa di sapere cosa avesse da dirmi.
Entrai come mio solito senza nemmeno bussare, sapeva benissimo che fossi io: ero l'unica ad avere la faccia tosta di non bussare o di prendermi determinate confidenze.

Sapevo di star sbagliando, ma proprio non me la sentivo di dargli rispetto, non fin quando non avrei saputo la verità ed avrei eliminato tutti i pregiudizi che avevo nei loro confronti.
Lui, non appena varcai la soglia, subito alzò lo sguardo su di me, invitandomi a sedere proprio di fronte a lui.
Mi sistemai per bene ed appoggiai le braccia sul legno del suo amato scrittoio stile imperiale.
Mi sembrava di essere prossima ad un profondo interrogatorio.

<Andrò dritto al dunque, perché mi avete chiamato Kyle?>

Ecco, lo sapevo.
Poggiai il viso sulla mano e provai a riflettere, era tutto dovuto ad un ricordo.  Non volevo, però, dargli una risposta diretta, bensì, giocare un po' con la sua estrema curiosità.
<Non è il vostro nome?>, e dal tono formale poteva benissimo intuire quanto mi divertisse in parte quella situazione. Sembrava molto serio, per essere un semplice nome.

Lo vidi sgranare gli occhi, <come fate a saperlo?>, si alzò, <avete ricordato qualcosa?>

Quindi era veramente il suo nome... non si chiamava Benjamin?
<Più o meno, ma non dirò altro>, mi alzai, <prego, tornate al vostro lavoro.>

<Aspettate>, mi fermò, prendendomi il polso, <se state iniziando a ricordare, è un bene!>

Non aggiunsi altro, semplicemente mi allontanai, posizionandomi proprio di fronte a lui, come mio solito.
Lui rimase a contemplarmi per brevi secondi, dopodiché scosse il viso e si sedette. Mi chiesi cosa scrivesse su quelle pergamene tutto il giorno, cosa leggesse su quei libroni enormi e pieni di numeri e se esistesse un luogo dove giacevano libri che raccontassero la storia della mia e della sua specie.
Lui era un umano, io una maledetta, eppure mi aveva abbracciata e lottava affinché io ricordassi il nostro rapporto.
Perché mi incuriosiva così tanto e, soprattutto, perché il suo odore di notte spariva mentre di giorno era tremendamente soffocante?

Sospirai e poggiai la schiena alla parete alle mie spalle, quella notte dovevo assolutamente nutrirmi, o sarei svenuta davanti a tutti.
Incorciai le braccia al petto e chiusi gli occhi, ero stanca, tanto stanca.
Non mi resi conto che, pian piano, il respiro divenne sempre più lento e regolare, fin quando non mi addormentai.

<Lien...>, qualcuno mi chiamò, <Lien!>, urlò poi, facendomi sobbalzare.

La vista mi si appannò per un attimo e fui costretta a stropicciare gli occhi per farla ritornare. <Che c'è?>, chiesi con voce roca.

<Vi siete addormentata in piedi>, esclamò lui stranito, <faticate a dormire la notte? Anche ieri mattina eravate stanca, se c'è qualcosa che non vi permette di riposare, potete riferirmelo e provvederò.>

Scossi il viso, <la notte dormo, grazie comunque per il pensiero.>

<Ma dev'esserci qualcosa che->

<Sto bene, Ben>, sbuffai, rendendomi solo dopo conto di come lo avevo chiamato. <Principe>, mi corressi.

<Potete chiamarmi anche Ben, non ci sono problemi, anzi, a me fa piacere.>

<O forse dovrei chiamarti Kyle>, tornai all'attacco.

Lui abbozzò un sorriso, <potete chiamarmi come preferite, tranne che Principe>, si allontanò.
<Eravamo amici e tra amici non esistono titoli, solo nomi.>

<Quindi Kyle è il tuo nome.>

<Il mio secondo nome>, precisò, <sono il Principe Benjamin Kyle I.
Kyle era il nome di mio nonno materno, Benjamin di quello paterno. A voi non piaceva tanto il nome Benjamin, infatti avevate iniziato a chiamarmi Ben, per tanti anni lo avete fatto, ma quando avete scoperto l'esistenza di un secondo nome, avete cambiato idea e per pochi mesi mi avete chiamato Kyle.>

<Perché per pochi mesi?>, aggrottai la fronte.

<Perché poi... poi c'è stato lo sterminio e voi siete scomparsa.>

<Immagino non vorrai aggiungere altro>, sospirai, <comunque sia, ti chiamerò Kyle, Benjamin non mi piaceva allòra e non mi piace adesso... nemmeno Ben, mi trasmette solo angoscia quel nome.>
Per un attimo ripensai alle mie stesse parole, perché il nome Benjamin mi faceva salire il nervoso? In effetti...
Alzai lo sguardo su di lui, <dimmi un po', Kyle, ho mai conosciuto tuo nonno?>
Se era vero ciò che lui diceva, se per anni le nostre famiglie avevano banchettato insieme ed erano in perfetta armonia, significava che io conoscevo tutta la sua famiglia.

<Sì>, si grattò la nuca, <ma lui non rientrava nelle vostre simpatie, anzi, era tutta la vostra specie a detestarlo.>

Sobbalzai a quelle parole. Era un altro pezzo del puzzle da aggiungere a tutti gli altri. Finalmente il Principe mi aveva svelato qualcosa che non fosse scontato o ripetitivo.
<Ecco perché il nome Benjamin mi porta tanto nervosismo>, confessai, avvicinandomi a lui. <Grazie per avermi raccontato le origini del suo nome>, lo stuzzicai con un sorrisetto. Sì, lo ammettevo, per quanto non mi fidassi di lui, mi divertiva un mondo il suo essere innocente e costantemente protettivo.

Voleva aiutarmi, starmi accanto, voleva la bambina con il quale era cresciuto, ma ai miei occhi lui era solo un umano debole che non sarebbe mai stato in grado di proteggermi. Da niente e da nessuno.

<Lien>, mi fermò quando stavo ormai per uscire dal suo ufficio, <no... nulla, non importa.>

Ero curiosa di sapere cosa stesse per dirmi, ma orgogliosa com'ero, non glielo avrei mai chiesto direttamente.
Mi limitia, infatti, ad uscire e a chiudermi la porta alla spalle. Era ormai giunta l'ora del pranzo e lui non necessitava più della mia presenza.
Uscii fuori e mi diressi verso i campi di allenamento, dove vidi Drake appogiato su una balla di fieno.

<Sempre a poltrire, eh?>, ridacchiai.

Lui passò lo sguardo dal cielo a me e sorrise, <non c'è molto da fare qui, ammetto che un po' mi mancano le missioni.>
Bhe, sotto quel punto di vista, lo potevo benissimo capire. Eravamo abituati ad avere le giornate piene, senza mai fermarci e tutta quella quiete dopo un po' iniziava a pesare.

<Non posso che concordare, ma solo per quelle missioni di grado inferiore>, non sapendo dove poggiarmi, decisi di dargli le spalle e adagiare la schiena al suo petto. Lui mi sorprese, però, quando mi circondò il busto con ambo le braccia e poggiò il mento sulla mia testa.
Drake era l'unica persona di cui mi fidavo ciecamente, motivo per quale mi lasciavo abbracciare. <Drake>, lo chiamai, sicura di ciò che stavo per confessargli, <ricordi 030?>

<Sì, come potrei dimenticarlo, perché?>

<L'ho incontrato.>

<Cosa?>, sobbalzò, <dove? Qui al castello?>

<No>, scossi il viso, <fuori.>

Solo allora lui mi afferrò le spalle e mi voltò nella sua direzione, <Lien sei uscita fuori? Sei impazzita?>

<Non siamo dei prigionieri qui, abbiamo il diritto di uscire.>

<Sì, ma prima devi comunicarlo, siamo in un periodo di prova, se violi gli accordi, finiremo tutti nei guai.>

Alzai gli occhi al cielo, <sono uscita di notte, nessuno si è accorto della mia assenza, puoi stare tranquillo.>

<Peggio ancora: sei uscita di notte, da sola, senza avvisare nessuno ed hai incontrato uno dei rimanenti... ciò non ti desterebbe sospetto se fosse stato fatto da qualcun altro?>

In effetti...
<Non ho fatto nulla di male>, abbassai il viso. Dannato Drake, lui e la sua stupida razionalità, aveva il potere di frenare la mia impulsività e il suo sguardo severo ed accusatorio mi faceva sentire tremendamente in colpa.

<Lo so, Lien, ma per favore non uscire più senza avvisare>, come dirgli che avevo appuntamento con 030? Semplice,  dovevo tenere la bocca chiusa. <Comunque sia, ti ha detto qualcosa?>

<Non molto, stava solo circolando in zona.>

<Chissà perché, spero che lui o gli altri non commettano reati o si ribellino.>

<Lo spero anch'io>, il che era vero, ma da come mi aveva detto, lui voleva solo scoprire cosa fosse successo alla nostra specie e se di seguito sarebbe arrivata una vendetta, io ne ero ancora ignota.

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