L'incontro con il Primo Ministro

Allyson

Una settimana dopo, Allyson fu presentata allo staff di Gresham. Aveva accettato il nuovo incarico emozionata e risoluta, pronta a dare una svolta alla sua vita.

Pensò che il cambio di lavoro l'avrebbe aiutata a dimenticare i problemi con Phillip Baxter, che all'inizio aveva protestato, ma era riuscito a convincerlo che sarebbe stato meno solo, visti i turni impegnativi dell'ospedale.

Eugene, invece, si dimostrava soddisfatto per la decisione presa e aveva ordinato di aprire un ambulatorio in una stanza ristrutturata di recente, dotandola di moderne attrezzature mediche.

Lo studio era tinteggiato di un tenue color miele e conferiva all'ambiente un aspetto elegante e rassicurante. Sopra la scrivania troneggiava una lampada déco, che diffondeva una luce calda e accogliente. Alle pareti, quadri raffiguranti scorci di Londra richiamavano la lunga tradizione del palazzo in cui si trovavano.

Una libreria funzionale, completava il tutto e accoglieva riviste scientifiche e mediche.

Di fronte al tavolo da lavoro, c'erano due comode sedie che si intonavano con l'arredamento.

L'ambulatorio era dotato di un angolo per le visite, separato dal resto dello spazio da una vetrata satinata che garantiva la privacy ai pazienti. Lì era collocato un lettino medico moderno, corredato di apparecchiature per il monitoraggio dei parametri vitali, pronto per qualsiasi necessità. Un piccolo lavabo, si trovava sotto una fila ordinata di mensole cariche di strumenti sanitari e disinfettanti.

«Che ne pensa?» le chiese Gresham entusiasta mentre l'accompagnava dentro al nuovo studio.

«Beh, è fantastico,» rispose lei, ammirando l'ambiente.

«Da qui può accedere comodamente agli uffici e alle sale riunioni. Non è molto lontano dal gabinetto del Primo Ministro e si trova duecento passi dal mio.»

Allyson trovò quel metodo di misura bizzarro, ma conoscendo il tipo, non ci pensò più di tanto. Aveva pianificato tutto e annuì con una certa soddisfazione nel sapere che quel luogo di lavoro era non solo funzionale, ma anche piacevole, un perfetto connubio classico e moderno.

«Che dice di conoscere il nostro illustre paziente, che ancora non sa di esserlo?» esordì il Genio sorridendo con le mani affondate nelle tasche dei calzoni. Indossava un completo tre pezzi blu chiaro e un gilet damascato grigio che si intonava con i suoi occhi.

«Parla di Sir Garrel?» chiese distogliendo lo sguardo dall'uomo e ammirando la scrivania levigata.

«Proprio lui e siccome oggi è in una buona giornata andiamo a presentarla.»

Con un gesto nervoso, lei, si lisciò la gonna blu e si sistemò la giacca azzurra.

Eugene la osservò ironico e la tranquillizzò. «Sta benissimo, le prometto che non la mangerà.»

«Grazie,» rispose con una smorfia. «È tutto nuovo per me.»

Si avviarono nel corridoio e lo seguì titubante per quel cambiamento repentino nel suo lavoro, così diverso dal Crown Hospital.

Gresham, con la sua camminata sicura, la precedeva illustrandole i vari uffici con una maestria rilassante.
«Le spiego grosso modo come muoversi, ma avrà la disponibilità di Arianne e di Paul. Può contare su di loro, sono le persone di cui mi fido di più.» sentenziò deciso.
«Spero che presto si fiderà anche di me!» lo rimproverò sorridendo.
Il Genio si voltò, socchiudendo gli occhi grigi e li puntò dentro ai suoi.

«Lo farò se sarà sincera.»

La giovane diede un colpo di tosse leggero, ma si riprese subito.

«Non si preoccupi, cercherò di non nasconderle nulla. Non è forse il mio stimato superiore?»
Il dirigente si grattò il mento, osservandola attentamente.

«È quello che vedremo... lei a volte è polemica!»
«Potrò puntualizzare in qualche modo?» obiettò con un mezzo sorriso.
«Dipende dalle circostanze.» rispose l'uomo scuotendo la testa senza staccarle lo sguardo dal viso.
Fece per replicare, ma Gresham alzò la mano indicando una porta e mettendo fine alla provocazione.
Lo studio del Primo Ministro si trovava sullo stesso piano e lo avevano raggiunto in breve tempo.

Lui si fermò prima di varcare la soglia.
«Non si faccia intimorire. Il carattere non è dei migliori, ma necessito che non si senta pressato.» Si passò la lingua all'interno della guancia. «Inoltre, come le ho detto, odia le scorte.»
Lei annuì, capendo la situazione. Bussarono tre volte, poi altre tre. Non aveva una segretaria privata che lo seguisse, ma due uffici affiancati: uno legale e l'altro istituzionale.
Quando entrarono, Allyson si trovò davanti alla figura che ben conosceva dalle immagini della TV. Sir Nigel era un uomo corpulento con i capelli grigi, mossi da ricci scomposti.
L'ufficio del Primo Ministro appariva come un ambiente solenne e maestoso, con pareti rivestite in legno scuro e grandi finestre che offrivano una vista panoramica della famosa via sottostante. Un'imponente scrivania in mogano dominava lo spazio, circondata da sedie imbottite per gli incontri ufficiali. Quadri completavano la stanza testimoniando la lunga storia e il prestigio dell'incarico. Un tappeto persiano decorava il pavimento, aggiungendo un tocco di calore all'ambiente.
L'ufficio includeva anche un'accogliente area relax. Questa zona comprendeva un divanetto e poltrone con un tavolinetto funzionale. Il PM stava fumando un sigaro, con un bicchiere pieno di un liquido ambrato appoggiato sul tavolino.
Lei non mostrò alcun segno di rimprovero per quella condotta e rimase in attesa. Sir Garrel la osservò, un misto di approvazione e seccatura riflesso nello sguardo.
«Buongiorno, Sir,» disse Eugene con cortesia, «le ho portato un nuovo membro del mio staff, la dottoressa Allyson Legrant.»
«Ricordo che me ne ha parlato,» rispose Sir Nigel, alzandosi incuriosito e avvicinandosi per presentarsi. «Mi spiace per l'odore di tabacco.» Allungò la mano robusta.
La donna ricambiò la stretta con gentilezza, ma quando scoprì il polso, notò che entrambi si soffermarono sull'ematoma che tendeva al violaceo. Non si lasciò intimorire e sentenziò per metterlo a suo agio.

«Non si preoccupi, mio padre fuma la pipa.»
«E come medico approva?» chiese l'anziano distogliendo lo sguardo dal livido.

«Non direi, ma segue le mie indicazioni e sa regolarsi» concluse saggiamente, tanto che il dirigente, rimasto in disparte, approvò sollevando le sopracciglia.
«Quindi è tollerante con certe tendenze umane.»
«Non mi fraintenda, sono sempre una dottoressa e qualche consiglio lo do volentieri.»
«Almeno è saggia, i medici del Crown mi stanno con il fiato sul collo con le loro fisime.»
«Certo li capisco, hanno a cuore la sua salute, ma stia tranquillo, io rimango a disposizione e mi trovo in ambulatorio, se ha bisogno di me.»
Il PM sospirò poco convinto.
«Il nostro Eugene ha fatto un lavoro di indottrinamento con lei, ma sono contento di averla conosciuta.» Allyson spostò lo sguardo sul Genio che aveva un sorrisetto ironico stampato in volto e rispose pronto.
«Beh, Sir Nigel, avere Legrant in aggiunta allo staff farà del bene a tutti.»
«Parla lei che non beve nemmeno.» ribatté piccato Garrel.
«Questo non è vero, un buon bicchiere lo bevo anch'io.» ridacchiò Eugene, che si fece frettoloso, facendole segno di andare. «Ora la lasciamo Sir e ci sentiamo più tardi.»
«Mia cara, allora ben arrivata.» concluse il PM, che se ne andò ad arieggiare la stanza.
Almeno una cosa buona l'aveva imparata, pensò la giovane.
Quando uscirono Gresham la riaccompagnò fino all'ambulatorio e si fermò titubante per un lungo minuto prima di parlarle.
«Se ha bisogno di chiarimenti, sa a chi affidarsi. C'è Arianna e Paul come le ho detto. Torno ai miei impegni, intanto cerchi di ambientarsi.»
Non la lasciò subito e lei percepì un problema.
«C'è qualcosa che vuole dirmi?» chiese serrando le labbra.
«Non ho violato la sua privacy, ma quegli ematomi che porta, mal si addicono con una dottoressa che dovrebbe seguire il team.»
«Quei segni la preoccupano? Teme che possano metterla in imbarazzo con i colleghi? Potrei essermeli procurati facendo dell'attività fisica,» disse, cercando di mantenere un tono calmo, nonostante il nodo che le stringeva lo stomaco.

Lui alzò un sopracciglio, lo sguardo freddo e indagatore e si avvicinò a pochi centimetri dal suo volto.

«Posso?» chiese, indicando il colletto della camicia.

Prima che Allyson potesse rispondere, lui agì d'impulso, scostandole i lembi della stoffa e rivelando il vecchio ematoma di dieci giorni avanti, quando si erano incontrati.

«Ma che fa?» esclamò irritata spostandosi di lato. Ma ormai il danno era fatto.

«Non credo si tratti di incidenti casuali,» ribatté il Genio con voce tagliente. «Sul collo, anche se in guarigione, si vedono ancora chiaramente i segni di due dita. Quei lividi non se li fa chi si esercita nello sport!» Abbassò gli occhi sul polso e aggiunse: «E quel livido sulla mano che aveva in ambulatorio solo una settimana fa? Si tuteli: non mi piacciono i rallentamenti sul lavoro dovuti a questioni personali.»

Allyson sentì il calore della rabbia montarle dentro mentre afferrava nervosamente il bordo della camicetta. «Non si permetta mai più di toccarmi in questo modo!» sbottò, allontanandolo con un gesto brusco. «Strano comportamento il suo. Prima mi loda e poi mi rimprovera. Mi scusi, signore, ma la mia vita privata non la riguarda. Sapeva di quei segni e, nonostante ciò, mi ha assunto lo stesso.»

Eugene aveva fatto un passo indietro, rosso in volto, con una calma stizzita.

«Le chiedo scusa per il mio atteggiamento che può esserle sembrato aggressivo, non si ripeterà più. Per il resto l'ho assunta perché ha dimostrato una grande professionalità. Le ho dato fiducia, sperando risolvesse i suoi problemi.» Stringendo la mascella, aggiunse: «Ho bisogno di lei in modo efficiente, quindi si tuteli. E badi a tenere fuori la famiglia dal lavoro.»

Le sue parole avevano creato un muro invalicabile, tanto che non le lasciò il tempo di replicare. «Non discutiamo oltre, ma cerchi di porre fine a quei lividi.»

Sbuffò e si allontanò, lasciandola lì, rabbiosa e confusa. Come era possibile che il loro rapporto avesse preso una piega così brusca? Il rispetto e la collaborazione che stavano costruendo sembravano svaniti, lasciando spazio a incomprensioni e tensioni.

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