Il ballo

Allyson

Quando Allyson e Eugene tornarono al piano inferiore, la sala del ricevimento era ancora animata, le luci soffuse creavano un'atmosfera accogliente. Entrarono mantenendo una certa distanza, cercando di non attirare sguardi inopportuni.

Nessuno sembrava essersi accorto della loro assenza, respirarono sollevati nonostante la tensione che avevano accumulato.

Senza farsi notare, lei osservò che Gresham aveva riacquistato la sua camminata sicura e lo trovò provvisto di un certo fascino.

In bagno, si era sorpresa di vederlo in difficoltà, ma le era piaciuto sentirlo così vulnerabile. Mentre l'aiutava a rivestirsi, il suo bel volto si era colorato di un adorabile rossore.

Si chiese se avesse osato troppo nell'accarezzargli la guancia, ma il gesto le era venuto spontaneo nel tentativo di calmarlo. Doveva ammettere che lui possedeva qualcosa che la incuriosiva e la intrigava. A volte oscillava tra forza e vulnerabilità, una combinazione che lo rendeva attraente.

Nonostante gestisse un potere considerevole, aveva un lato umano che pochi riuscivano a percepire. Si sentì orgogliosa di aver salvato la vita di George con lui al fianco.

«Un penny per i suoi pensieri», le disse Gresham, con due graziose fossette sulle guance, invitandola ad avvicinarsi al buffet per cenare.

Nel frattempo, l'orchestra aveva iniziato a suonare, e la musica di sottofondo riempiva l'aria in modo piacevole. Gli invitati erano divisi in piccoli gruppi, impegnati in conversazioni leggère, ridendo e brindando, ignari di ciò che era accaduto poche stanze più sotto.

«Nigel sembra tranquillo, ma vado a controllare», sussurrò la dottoressa, avvicinandosi all'orecchio di Eugene.

Lui annuì. «Ha ragione, meglio verificare. Io la precedo e raggiungo i tavoli vicini alla veranda.» Si lisciò le tasche della giacca, per sistemare il vestito, cercando di mascherare una leggera incertezza.

«È tutto perfetto», lo rassicurò lei, dandogli un buffetto sul gomito.

Le sorrise riconoscente e si diresse verso la zona delle finestre che davano sull'esterno, fermandosi a parlare con un paio di persone.

Allyson, invece, si avvicinò al tavolo dei liquori, tenendo d'occhio il Primo Ministro che conversava con due membri della Camera dei Lord, molto conosciuti.

Con un sospiro di sollievo, notò che parlava con naturalezza: era sobrio e non sembrava avesse ecceduto con il cibo.

Quando la vide, le lanciò un'occhiata e si esibì in una smorfia, sollevando il bicchiere. La giovane abbassò la testa e rise, riconoscendo che prendeva sul serio i suoi consigli e, soprattutto, che si ricordava della figuraccia che aveva fatto alla cena di pesce.

Questa consapevolezza le diede una discreta soddisfazione.

Si voltò e fece un cenno a Gresham, facendogli capire che tutto era sotto controllo. Lui stava conversando con l'organizzatore del ricevimento, il signor Bridge, che conosceva di fama attraverso i rotocalchi.

Allyson desiderava rimanere accanto a Eugene. La sua presenza le infondeva una calma rassicurante, un rifugio silenzioso in mezzo al caos della folla.

Quando raggiunse i due uomini, si rivolse al nuovo ospite. «La serata procede bene?» chiese con gentilezza.

Il direttore la salutò con uno sguardo riconoscente. «Ho sentito dell'incidente con quel povero agente, ma i risultati sono stati eccellenti, merito del vostro intervento,» disse con un'espressione sollevata. «È stato un inizio piuttosto movimentato per voi, anche se pochi ne sono al corrente.»

«Grazie, Bridge,» dichiarò Eugene con un sorriso orgoglioso. «Ma le lodi vanno al talento della dottoressa Legrant.»
L'uomo ebbe un moto di ammirazione. "Immagino le sue qualità professionali,» rimarcò con un cenno di approvazione. «Ma ora rilassatevi, prendete qualcosa, vi servirà un buon drink.» concluse allontanandosi richiamato da un cameriere che lo cercava.

Gresham sospirò e, con un tono scherzoso, commentò: «Ha un nuovo ammiratore! Che ne dice di brindare all'avventura di stasera?»
Allyson rise, poi lo incalzò: «Quindi, assaggerà del vino e farà uno strappo alla regola?»

«Sì, certo, ne vale la pena.» Il Genio prese due calici colmi e gliene porse uno.

«Al nostro poliziotto, che si rimetta presto», dichiarò risoluto, iniziando il brindisi.

«E alla squadra,» aggiunse lei, facendo tintinnare il bicchiere contro il suo.

Il vino le regalò una freschezza immediata, la tensione e quella sottile barriera tra loro, si dissolse in un soffio.

Accanto a lui, perfino i bocconcini del buffet diventarono pretesti perfetti per conversare e staccarsi dal mondo esterno che li circondava.

Avvertì una nuova intesa, fatta di battute sottili, risate condivise, e silenzi che, anziché allontanarli, sembravano avvicinarli di più.

Ad un certo punto, la melodia cambiò, avvolgendo la sala con note più lente, più intime, che quasi accarezzavano l'aria.

Molte coppie si spostarono al centro del salone per iniziare le danze.

Allyson osservò il suo capo. Un sorriso malizioso le increspò le labbra mentre nei suoi occhi si accendeva una sfida divertita.

«Sa ballare?» chiese con un tono appena velato di curiosità, poggiando il bicchiere sul tavolo e allungando una mano verso di lui. «È da tanto che non lo faccio.»

Lui esitò per un istante, poi ricambiò il gesto con uno sguardo complice porgendole il braccio. «Le ho detto che avevo molto tempo libero al college,» disse, con una punta di divertimento nella voce, invitandola al centro della sala.

Si avvicinarono, i loro corpi a pochi centimetri di distanza.

Nel momento in cui Eugene le sfiorò le dita, Allyson avvertì un calore che sembrava attraversarle la pelle.

Il suo profumo, discreto e familiare, la riportò al ricordo di quando lo aveva incontrato la prima volta. Con un gesto spontaneo, posò il palmo sulla sua spalla, sfiorando il tessuto e percependo i muscoli tesi sotto di esso.

Gresham in risposta, le cinse la schiena con delicatezza, trasmettendole un senso di protezione.

La delicata pressione del corpo di lui contro il suo la fece rabbrividire di piacere.

Il battito del cuore accelerò, mentre l'energia tra di loro si faceva più intensa.

«Non ballo spesso,» mormorò Eugene con un'occhiata smarrita.

In quello sguardo gentile c'era il riflesso di una vulnerabilità che sembrava mescolarsi con la sicurezza che emanava in altri momenti.

La sua voce tremò appena, e Allyson percepì, tra le pieghe del suo tono, la stessa incertezza che stava vivendo anche lei. Lo sentì vacillare, come se lui stesse affrontando un istante di intimità che li legava in modo profondo, rispetto a tutto ciò che li aveva spesso divisi.

«Se è per questo, nemmeno io ballo di frequente,» rispose felice di quella connessione inaspettata. «Ma per stanotte, possiamo fare un'eccezione.»

Si lasciarono trasportare dal suono dell'orchestra, dimenticando il resto. Le luci soffuse giravano attorno a loro, creando un'atmosfera quasi magica. Per un attimo, si trovò inebriata dal semplice fatto di trovarsi fra le sue braccia.

Un'emozione che non aveva mai provato con Phillip.

Si accorse che la osservava, ma senza indugiare, come se non volesse romperne l'incanto. Quegli occhi grigi, che a volte le erano sembrati così distanti e impenetrabili, ora non erano più freddi. Li sentiva caldi, avvolgenti. Allyson fantasticò che avesse uno sguardo bellissimo.

Quando la musica finì, rimasero lì, fermi, ancora stretti l'uno nell'altro, il tempo si era fermato insieme a loro. Non capivano nemmeno dove fossero, persi in quella bolla di intimità che li teneva legati.

«Grazie per il ballo,» disse lei, cercando di recuperare una parvenza di lucidità, ma dentro di sé sentiva che quello che avevano appena condiviso non era solo una semplice danza.

«Sono io che devo ringraziarla,» rispose il dirigente con un tono caldo.

Si allontanarono dal centro, entrambi consapevoli di aver attirato l'attenzione di chi li circondava.

Gresham la condusse fino al tavolo e le porse un nuovo calice, scegliendo con cura un vino rosato tra quelli esposti.

«È il secondo di stasera, Eugene,» lo ammonì la donna, alzando un sopracciglio con aria di rimprovero.

Lui sorrise, sollevando il bicchiere. «Solo un piccolo strappo alla regola. E poi, stia tranquilla, lo reggo.»

Allyson lo osservò per un momento, preoccupata ma divertita. «Speriamo, altrimenti domani chi la sente!» rispose, scoppiando in una risata contagiosa.

Gresham, indugiò un attimo, poi bevve a piccoli sorsi, i suoi occhi grigi la fissavano con una tale intensità che sentì un brivido lungo la schiena. Colta di sorpresa, finì per tossire, mandando giù il vino troppo in fretta.

«Legrant, non vorrà soffocarsi! Non mi farà applicare la seconda RCP della sera,» rise lui, con un tono leggero.

«Tranquillo, sto bene,» farfugliò distogliendo con fatica lo sguardo mentre il calore le saliva alle guance. Tentò di riprendere il controllo, ma il cuore le batteva ancora forte per quel momento di intimità.

Allyson lo osservò nascosta dal vetro del bicchiere, lui le sorrideva e appariva disteso come non lo aveva mai visto prima. Avrebbe voluto che il loro rapporto fosse sempre così, privo delle tensioni e delle formalità del loro lavoro.

Purtroppo, il tempo era volato e la serata si avviava verso la conclusione.

Gli ospiti iniziavano a lasciare la festa e loro si fermarono sulla soglia, osservando le ultime persone andarsene.

«Credo che tutto si sia svolto nel migliore dei modi, senza ulteriori guai,» disse Eugene con gratitudine, poi si fece pensieroso. «Spero che non avrà problemi a tornare a casa così tardi.»

La dottoressa si strinse nelle spalle. «Non le nascondo che Phillip ha brontolato un pò quando ha visto il BMW e lei, ma l'ho convinto che era per lavoro.»

«Mi dispiace, avrei dovuto aspettarla in auto mentre scendeva di sotto.» si lamentò turbato.

«Non ha fatto nulla di male, non si preoccupi,» rispose la giovane scuotendo la testa. «Posso gestire la cosa da sola.»

«Ciò non toglie che potevo essere più accorto.» disse Gresham, guardandola con apprensione. «Però stia attenta.»

«Phil non è aggressivo di suo,» spiegò con calma. «Ma è depresso e a volte agisce senza pensare.»

«Dovrebbe spingerlo a curarsi,» concluse Eugene, con il tono autorevole del dirigente.

Allyson interruppe la conversazione, ma la sua voce uscì forzata.

«È stata una serata piacevole, non voglio rovinarla parlando di lui. La prego smettiamola.» aggiunse secca. «Inoltre, il nostro ballo avrà suscitato qualche commento interessato da parte dei presenti.»
Gresham le rispose con un sorriso che tradiva un cenno di irritazione. «Che parlino pure.»

«Non pensa a Elisabeth?» chiese, cercando di sondare i suoi pensieri.

«Non in questo momento, e comunque sono affari miei,» sentenziò il Genio, in modo un pò brusco.

«Questa è una risposta sgarbata, non è da lei,» osservò la giovane, sorpresa da quell'atteggiamento inaspettato.

«Non vuole che nomini il suo ex, quindi dove sta il problema?» ribatté Eugene, alzando un sopracciglio.

«Mi dispiace che la prenda così,» disse rammaricata.

Il dirigente abbassò lo sguardo con un leggero sospiro. «Io mi fermo con Sir Nigel mentre Mark la riaccompagna a casa.»

Legrant si insospettì. «Non torna con noi?» chiese incuriosita.

«Devo sbrigare due cose con il Primo Ministro e, inoltre... è meglio così.»

Allyson comprese che era a causa della sua frase di poco prima. «Teme che Phillip ci veda arrivare insieme? Le ho spiegato che è il mio ex e che lo sto solo aiutando!»

«Non voglio crearle problemi. Le dico che va bene così, non insista.» La voce di Gresham si era fatta dura e tagliente.

La dottoressa si bloccò, sentendosi ferita dalla sua freddezza. Rispose con un tono sarcastico: «È lei il capo; i suoi ordini sono legge.» Con un movimento secco, si girò e si allontanò, lasciandolo sulla gradinata.

Indossò il soprabito con gesti lenti, come se volesse dilatare quel momento inevitabile. Il tessuto rigido del cappotto gli dava una strana sensazione di peso, non solo fisico ma anche emotivo.

Lo sapeva: il Genio l'aveva abbandonata ancora, risucchiato dai capricci della sua mente brillante ma complicata.

Mark, quando la vide arrivare in solitudine rimase perplesso, ma le aprì la portiera dell'auto con un gesto cortese.

Allyson lo ringraziò e non si voltò indietro.

Il cuore le batteva forte, la frustrazione che le stringeva la gola. Ogni passo che la allontanava da Gresham sembrava svuotarla, era l'ennesima dimostrazione della sua arroganza.

In quel momento, si chiese perché avesse pensato che le cose tra di loro potessero essere diverse. Eugene aveva una fidanzata che appagava in pieno il suo bisogno di controllo e dominio.

Il viaggio di ritorno la bloccò in un silenzio opprimente, che finiva per amplificare le parole che non riuscivano a dirsi e che invadevano i suoi pensieri.

Le emozioni che provava erano un intreccio di incertezze e delusioni senza via d'uscita, come se fosse destinata a restare intrappolata in un vortice di insoddisfazione, alimentato ogni volta che pensava di avvicinarsi a Eugene, solo per scoprire di essere respinta.

Una cosa le era ormai chiara: Phillip ed Elisabeth rappresentavano il loro conflitto profondo, un ostacolo che rendeva qualsiasi tentativo di costruire un rapporto alla pari ancora più doloroso e irraggiungibile.

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