Capitolo Ventisette

Pov. Andrea

 "Cristo Rebe, rispondi" ringhio, mentre aspetto che la mia fottuta migliore amica risponda al telefono

 "Gesù Andrea, ma che ore sono?" Rebe risponde alla videochiamata.

È ancora a letto, nella sua camera incredibilmente buia.

I capelli sono scompigliati e fatica a tenere gli occhi aperti.

Sento il suo cane ansimare ai piedi del letto in attesa che lei lo coccoli, mentre la piccola Milù è sdraiata accanto alla sua testa.

Il pelo lucido viene illuminato dallo schermo del cellulare, evidenziandone la presenza accanto a lei

 "Sono le undici, buongiorno fiorellino" sbuffo

 "Lo sai che per me è l'alba quest'ora. Non mi alzo mai prima dell'ora di pranzo" ributta la testa sul cuscino, facendo cadere il cellulare

 "Rebe ascoltami cazzo, ho bisogno di te" ringhio, portandomi una sigaretta alla bocca

 "Che succede?" prova a tirarsi su, probabilmente preoccupata dal mio tono

 "Leila andrà a vedere una casa con Omar mercoledì" mi butto sul letto, tesa come una corda di violino

 "Oh cazzo, fanno sul serio allora" si siede

 "Avevamo raggiunto questa sorta di quiete, stava andando tutto bene tra di noi" mi porto le mani alla testa

 "Cosa vuol dire quiete, Andrea?" mi guarda confusa

 "Semplicemente le avevo detto che non era necessario che si chiudesse in camera sua, che potevamo avere una sorta di rapporto.. civile"

 "Ma che diavolo ti è passato per la testa Andrea?" Rebe mi guarda scioccata

 "Non è questo il punto Rebe"

 "È proprio questo il punto Andrea. Devi starle lontana o non ne uscirai mai" scuote la testa

 "Rebe è troppo tardi ormai" rido nervosamente "Non riesco a starle lontana, volevo passare insieme a lei gli ultimi giorni, prima che portasse a termine questo assurdo piano suicida"

 "Senti Andrea" sospira lei "Se la ami, devi fare qualsiasi cosa in tuo potere per farla tua. Vattela a prendere, non lasciare che vada via"

 "Non posso farlo Rebe!" urlo "Lei.. lei è così convinta di voler fare questa cosa con lui. Non voglio che si svegli un giorno, fra dieci anni, rendendosi conto di aver fatto una cazzata. Non voglio essere la cazzata"

 "Sei solo una codarda" sbuffa lei "Hai semplicemente paura di star male ancora, come lo sei stata con Elisa. È lecito, sei stata malissimo, ma ora devi andare avanti. Lei non può essere convinta di quello che sta facendo, altrimenti non sarebbe venuta a letto con te"

Rimango in silenzio, ripensando alle parole di Rebe.

So che in fondo ha ragione. Se lei fosse stata convinta dell'amore che provava per Omar, non avrebbe mai ceduto.

La pandemia è stata solo una stupida scusa per giustificarsi, per nascondersi.

Lei non è mai stata convinta, solo che non lo sapeva.

Vorrei che per un attimo si fermasse a pensare a ciò che prova, per capire che forse la vita che si è costruita negli ultimi anni non è ciò che desidera.

O meglio, non lo è più.

Sono sicura che abbia amato Omar, che lo abbia amato tanto, perché una persona come Leila così pura e buona non può non amare sinceramente.

Ma ora.. ora tutto è cambiato

 "Tu credi?" sospiro

 "Sì Andrea, ne sono sicura" annuisce lei "Ora ti dispiace se torno a dormire?"

 "Vaffanculo Rebe"

 "Vattela a prendere Andrea, sei ancora in tempo per farlo".

Chiudo la chiamata, senza controbattere.

Forse Rebe ha ragione.

Sono ancora in tempo per renderla mia.

Perché se lei ha messo in dubbio il suo amore per Omar, solo per venire a letto con me, significa che qualcosa tra di loro non è più come prima.

C'è un problema di fondo.

Ora però sono così arrabbiata e ferita. Sapevo che sarebbe successo, sono stata io a chiederle di andare via, ma non pensavo sarebbe successo tanto in fretta.

Andranno a vedere una casa insieme.

Mi viene da ridere al solo pensiero.

Nonostante le emozioni travolgenti provate insieme, lei continua a portare avanti questo dovere morale che sente di avere nei confronti di Omar.

È vero, nulla potrà mai bastare a ringraziare Omar per ciò che ha fatto per Leila. L'ha aiutata durante la sua depressione, supportandola nei suoi giorni più bui - quegli stessi giorni che più di una volta l'hanno portata a farsi del male fino quasi alla.. morte - l'ha accolta nella sua famiglia, circondandola di quell'amore che tanto le mancava e che la vita le ha tolto in un modo tanto brutto.

Lei crede di essere irrimediabilmente legata a lui, senza possibilità di cambiare idea, ma spesso la vita ci dà la possibilità di farlo.

Sì perché le cose cambiano, in continuazione, e a volte nemmeno ce ne rendiamo conto.

L'unica cosa che possiamo fare è assecondare questo assurdo susseguirsi di cambiamenti, accettando anche tutto ciò che ne consegue.

Perché tutto accade per un motivo ben preciso, anche se all'inizio può risultare difficile capire quale esso sia.

Il dolore provato per la rottura con Elisa, ad esempio. Fino a qualche mese fa non capivo perché fossi destinata a provare tanto dolore, pensavo che non avrebbe portato ad altro che a chiudermi in me stessa, come ho fatto per mesi, ma la realtà è ben diversa.

Quel dolore mi ha permesso di capire quanto in là posso spingermi per amore.

Sì, perché per ricominciare ad amare sono disposta ad andare oltre a quel dolore lancinante, ed in parte lo sto facendo.

Sto andando oltre quel dolore per amare Leila.

O quanto meno ci sto provando.

Se lei riuscisse a vedere le cose da questo punto di vista..

Scuoto la testa. Se lei non è in grado di capirlo forse dovrei darle una mano.

Oppure no? Che idea stupida.

Se lei davvero provasse qualcosa, anche solo lontanamente simile a ciò che provo io, non andrebbe via da questa casa per cercarne una con lui.

Non mi abbandonerebbe qui, a crogiolarmi nel dolore che questa storia mi ha portato.

Dovrei rischiare di stare male di nuovo, per cosa? Per qualcuno che non è nemmeno in grado di mettere fine ad una storia che non sente più sua?
No. Dopo Elisa ho imparato a volermi bene, ho imparato che devo prendermi cura di me stessa.

Leila mi ha fatto comprendere che sono ancora in grado di amare qualcuno, ma non lei.

Le nostre strade si divideranno, e saremo felici con persone diverse.

Il mio cuore si appesantisce solo all'idea di lei lontana da qui, ma è stata una sua scelta.

Lei ha deciso di rovinare ogni cosa con le sue fottute scelte di merda.

Sospiro, lasciandomi andare sul letto.



Pov. Leila

Cammino nervosamente per la cucina, indecisa sul da farsi.

Dovrei andare da Andrea? Per parlarle, per.. mi blocco.

Probabilmente sono l'ultima persona che vuole vedere in questo momento.

Sono così mortificata per ciò che è successo.

Janette mi osserva silenziosa, mettendomi a disagio.

Sto facendo soffrire Andrea, una delle persone più importanti per lei, vorrei solo sparire

 "Cosa dovrei fare Janette?" mi volto verso di lei

 "Uhm?" mi guarda confusa

 "Dovrei andare a parlarle?" mi volto verso camera di Andrea, il cuore batte veloce

 "Leila forse è il caso di lasciarla un po' sola. Tu stai andando avanti con la tua vita, lascia che lei vada avanti con la sua" mi guarda triste "Se è davvero ciò che vuoi"

È davvero ciò che voglio?

Dio, vorrei essere in grado di rispondere.

Sono così confusa. A metà tra desiderare disperatamente Andrea e i sensi di colpa nel lasciare andare Omar.

Non posso lasciarlo, non dopo tutto quello che ha fatto per me.

Sospiro.

Raggiungo camera mia, chiudendomi la porta alle spalle.

Il mio cuore rimbomba nel petto, non riesco a respirare.

L'ansia mi sta contorcendo lo stomaco, appesantendomi il petto.

Mi guardo allo specchio.

Se all'inizio della pandemia temevo che Omar non riuscisse più riconoscere il mio corpo a causa del peso in eccesso beh, ora mi guardo allo specchio e io stessa non riconosco il mio corpo.

Ho perso diverso peso da quando è cominciata questa assurda storia tra me ed Andrea. Il mio subconscio marcio mi ha lentamente mangiato dall'interno, rendendomi irriconoscibile.

I fianchi, che prima erano linee morbide, ora invece sono sporgenti.

Le costole spiccano al centro del mio busto, come due spuntoni appuntiti.

Il viso è scavato. Oltre ai segni del mio passato, ora sulle mie guance, porto i segni delle mie pessime decisioni.

Dei miei impulsi, della mia slealtà.

Urlo, tirando un pugno allo specchio, le lacrime mi rigano il viso.

Questa non sono più io.

Non riesco a riconoscere la persona riflessa nello specchio.

Sento la mano bruciare, pezzi di vetro mi stanno lacerando la carne. Il sangue caldo sgorga dalla mia mano, scivolando veloce lungo il mio braccio.

Lunghi rigoli disegnano strani e tormentati percorsi lungo la mia pelle, terminando sul gomito.

Piccole gocce rosse macchiano il pavimento, mentre le mie lacrime lo bagnano.

Osservo il mio dolore mischiarsi sul pavimento, la mano preme più forte contro lo specchio.

Sento dolore, ma non riesco a togliere la mano da quell'inferno tagliente di vetri rotti

 "Leila che succede?" Janette entra in camera mia, probabilmente allarmata dalle mie urla "Cristo santo" si porta le mani alla bocca, impietrita davanti alla scena.

Sul pavimento si è formata una piccola pozza di sangue, a causa delle gocce che continuano a cadere senza sosta dal mio braccio

 "Leila che ti prende? Smettila!" urla Janette avvicinandosi a me.

Guarda inorridita il braccio ormai rigato dal sangue, cercando di allontanarlo dallo specchio

 "Che diavolo sta succedendo?" sento la voce di Andrea, ma è così lontana.

Mi sento ovattata, chiusa in un mondo che non riconosco più.

Non mi riconosco più, non riconosco più la mia vita.

Tutto ora è così diverso, doloroso, asfissiante.

Tutto è fottutamente colpa mia e della mia codardia.

Spingo ancora la mano dentro lo specchio.

Piccole schegge cadono per terra, altre invece mi sfiorano il braccio, provocandomi solo piccoli tagli superficiali.

Ripenso a due mesi fa, alla felicità apparente che stavo vivendo, e mi mancano terribilmente quei momenti.

Mi gira la testa, mentre fatico a respirare

 "Cazzo Leila!" urla Andrea, non appena nota la scena davanti a sé.

Si precipita verso di me, afferrandomi il braccio.

Delicatamente lo sposta, facendo attenzione a non creare altri danni

 "Cristo Leila, che ti è preso?" Andrea mi prende il viso tra le mani, le sento umide contro la mia pelle

 "Cazzo" esclama lei, allontanandole immediatamente da me.

Non riesco a reagire.

Il mio subconscio sta urlando tutto il suo dolore, ma l'esterno.. Quello rimane immobile, privo di ogni possibilità di reagire.

Tutto intorno a me sembra muoversi a rallentatore, mi sembra quasi di essere un fantasma.

Un'entità senza corpo, che pesantemente fluttua in mare nero, composto unicamente dall'immenso dolore che sto provando e dalle mie pessime decisioni.

Osservo il sangue gocciolare più velocemente dalla mia mano, creando minuscole pozze sparse per il pavimento

 "Leila, guardarmi" Andrea riporta il mio sguardo su di lei.

Mi prende il volto tra le mani, stringendolo.

Gli occhi si muovono veloci sul mio viso, dagli occhi alle mie labbra, al sangue che le sue mani hanno trasferito sulla mia pelle

 "Io.." balbetto, incapace di connettere la mia mente sovraccarica di pensieri con il mio corpo ormai esausto e martoriato.

Nel momento in cui incontro i suoi occhi, però, riesco a riprendere il contatto con la realtà.

Lo stato di alienazione in cui ero caduta comincia a svanire, torno ad avere il controllo del mio corpo e dei miei sensi.

Comincio ad avvertire il dolore, che fino a qualche secondo fa era completamente ovattato dalla mia follia.

Aumenta ogni secondo che passa, il contatto con l'aria fredda manda a fuoco la mia pelle ormai aperta

 "Mi fa male" balbetto, alzando la mano

 "Certo che ti fa male Leila, hai appena sfondato uno specchio" Andrea alza gli occhi al cielo.

Non riesco a reagire, non riesco a muovere il mio corpo.

È come se fossi incollata su questo pavimento.

Come quelle statuine da collezione, adagiate sui loro piedistalli

 "Vieni con me" Andrea mi prende in braccio, portandomi verso il bagno.

Appoggio la testa sul suo petto, inspirando profondamente quel profumo così buono e.. rassicurante.

Sento addosso l'odore ferroso di sangue che mi macchia il viso, le braccia, i vestiti.

Mi fa sedere su una sedia portata da Janette, poi si chiude la porta alle spalle

 "Scusami" balbetto, abbassando lo sguardo.

 "Non devi scusarti Leila. Vorrei solo capire cosa sia successo" mi guarda intensamente con i suoi grandi occhi scuri, mi sembra quasi di perdermici dentro

 "Questo è esattamente quello di cui ti parlavo quando ti ho raccontato del mio passato. Alle volte mi ritrovo a fare.. cose, senza che me ne renda conto" sospiro.

Osservo la mia mano ferita.

I tagli sono colorati di un rosso acceso, mi sembra di sentirli pulsare

 "Questo farà male" Andrea mi guarda, prima di rovesciare dell'acqua ossigenata sulla mano.

Mi mordo il labbro, per trattenere le urla. Sento la pelle andare a fuoco, mentre l'acqua ossigenata sfrigola sulla mia mano

 "Lo sai perché l'acqua ossigenata fa la schiuma?" Andrea mi guarda ed io sono confusa dalla sua domanda.

Scuoto semplicemente la testa, osservando l'enorme patina bianca ricoprirmi la mano

 "L'acqua ossigenata è composta da due particelle di Idrogeno e due di Ossigeno. Una volta rovesciata sulla ferita, entra in contatto con un enzima contenuto nel sangue, il Catalasi. E sai cosa fa lui? Scinde l'acqua ossigenata in ossigeno ed acqua, dando vita a tutte queste piccole bollicine che creano di conseguenza la schiuma" sorride, avvicinando la mano al suo viso.

La guardo meravigliata, rapita dalla sua conoscenza e dalla passione che trasmette spiegando un concetto tanto semplice.

Lo so, lo sta facendo unicamente per distrarmi dal dolore che mi impedisce di respirare e mentalmente la ringrazio, perché la sua voce è la cura ad ogni mio male

 "Wow, non.. non lo sapevo" sussurro solo, guardandola felice come una bambina, osservare curiosa la schiuma davanti a lei

 "La chimica è semplicemente qualcosa di affascinante. È così interessante ed enigmatica" sorride "Ora non dovrebbe bruciare più" avverto la sua cadenza del sud, mentre termina la frase.

Dello strato gassoso ormai non è rimasto più nulla, se non l'acqua che mi inumidisce la pelle ancora accesa di un rosso vivo

 "Sì, non brucia più, grazie" le sorrido

 "A disposizione per intrattenere i bambini frignoni che non vogliono disinfettare le ferite" ride, osservandomi teneramente.

Il mio cuore accelera i battiti

 "Non voglio che tu sia arrabbiata con me" abbasso lo sguardo

 "Difficile non esserlo, soprattutto quando fai queste cazzate" sorrido, sul viso una smorfia di dolore mista ad un sorriso.

Cala il silenzio tra di noi.

Nessuna delle due parla mentre Andrea fascia con cura la mia mano ferita.

Vorrei che quest'attimo durasse in eterno.

Vorrei rimanere per sempre così, io e lei.

Lascio che avvolga nelle bende bianche la mia mano ferita, le osservo colorarsi velocemente di rosso.

È delicata mentre le avvolge sulla mia pelle, e con pochi gesti decisi termina la medicazione.

Osservo la fasciatura ormai colorata di rosso, un brivido mi percorre la schiena.

Andrea si allontana da me.

Prende una salvietta dal mobile e delicatamente la passa sul mio viso.

I suoi occhi sono imbarazzati, scappano continuamente da miei che invece non riescono a smettere di guardarla perché consapevoli che dopo questa mattina, non avranno più il privilegio di osservarla così da vicino.

Lascio che le sue mani forti si prendano cura di me perché al momento è l'unica cosa di cui ho bisogno.

Ho terribilmente bisogno di lei.

Delicatamente mi accarezza il viso, cancellando dalla mia pelle la testimonianza che ciò che ho appena vissuto è successo davvero e non è stato solo un orribile incubo.

Quando termina di pulirmi il viso butta la salvietta nel cestino.

Osservo il rosso sgargiante impegnare il tessuto bianco.

Tiro un lungo sospiro.

Perché è tutto così difficile?

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