Capitolo Trentatré

Pov. Leila

Fatico a respirare, mentre sfreccio veloce per le strade di Torino.

Sentire quella conversazione tra Andrea e Rebe ha scatenato in me emozioni che nemmeno credevo esistessero.

Il mio cuore è esploso, travolto dalla felicità di averla sentita pronunciare quelle parole che tanto desideravo sentire.

La amo anche io.

La amo così tanto, e mi maledico per non aver accettato prima il mio cambiamento di rotta.

Avrei risparmiato tanto dolore a tante persone.

Il traffico mi rallenta, ed io ho solo una voglia matta di baciarla.

Ho una voglia matta di sfiorarla ancora, di vivere la vita insieme a lei.

Osservo trepidante la città scorrere, in attesa di arrivare nell'unica casa che sento davvero.. mia.

Il mondo cautamente sta riprendendo a vivere, tornando ad una semi normalità.

Le strade sono nuovamente popolate, timidi personaggi si aggirano diffidenti, i visi coperti dalle mascherine, nonostante il caldo sole di metà maggio.

Ci metto diversi minuti a parcheggiare.

Questo aspetto della normalità non mi era mancato per niente.

Lo trovo dopo solo venti minuti, e nemmeno troppo vicino a casa.

Le mie gambe tremano mentre mi avvicino a casa mia, a fatica infilo la chiave nella serratura.

Fortunatamente ho ancora il mio paio di chiavi con me.

Come reagirà Andrea vedendomi? Si incazzerà?

Come darle torto se accadesse. Negli ultimi due mesi ho rovinato tutto nella mia vita, da Omar a lei, distruggendo le poche cose belle che mi circondavano.

Ed ora che sto per varcare nuovamente la soglia di quella che per anni è stata la nostra casa, fatico a respirare.

Infilo la chiave nella toppa, il cuore a mille.

Lascio la valigia nell'ingresso, sento provenire dalla cucina il flebile vociare della tv. Le voci di Andrea e Rebe sovrastano ogni altro suono.

Raggiungo la cucina, trepidante di vederla.

Rebe, non appena mi vede, mi sorride interrompendo il discorso

 "Che succede?" Andrea si volta confusa, seguendo lo sguardo di Rebe.

In un primo momento rimane spiazzata dalla mia presenza lì, poi sorride, ed infine si allontana rifugiandosi al fondo della stanza

 "Che ci fai qui Leila?" ringhia, le braccia incrociate al petto, quasi volesse proteggersi da me

 "Sono tornata Andrea" l'osservo, bella più di quanto ricordassi davanti a me, nonostante il viso solcato da profondi segni neri.

Mi si stringe il cuore nel vederla così diffidente

 "Tornata?" scoppia a ridere "Certo, tornata" annuisce, ridendo ancora più forte

 "Andrea.." Rebe la osserva

 "Tu stanne fuori" ringhia verso l'amica, che alza le mani in difesa

 "Andrea, hai tutti i motivi per essere incazzata con me. Sono stata una merda con te e con Omar, ma ora basta. Basta prendermi in giro ma soprattutto basta prendervi in giro" lei distoglie lo sguardo

 "Ti amo Andrea, ti amo già da tempo" sgrana gli occhi, le braccia si liberano dalla posizione di difesa.

La sua corazza è stata distrutta dalle mie parole.

Rebe sorride mordendosi il labbro, osservando soddisfatta la scena

 "Tu cosa?" balbetta incredula Andrea

 "Ti amo Andrea, così tanto. Ti chiedo scusa per essere stata così ottusa da non capirlo, così concentrata nel portare avanti qualcosa che non avrebbe mai avuto un seguito. Perché da quando tu hai osservato la mia maglietta scivolare sulla mia spalla, tutto è cambiato" un piccolo sorriso compare sul suo viso, al ricordo di quel nostro primo momento intimo.

Mi avvicino lentamente a lei, quasi volessi darle la possibilità di assimilare le mie parole e capire come rispondere

 "Oh Leila, pensi davvero bastino due paroline dolci per rimettere tutto a posto?" rimango spiazzata dalle sue parole

 "No certo che no. Ti ho fatto tanto male, lo capisco" annuisco

 "Mi hai ferita, mi hai usata" ringhia

 "Non ti ho mai usato Andrea, non avrei mai potuto farlo. Ti chiedo scusa per ogni cosa" sospiro avvicinandomi a lei, ma mi blocca

 "No Leila, non voglio più stare al tuo gioco. Ho giocato fin troppo e mi sono fatta male. Ora basta" sputa, prima di lasciare la stanza.

Mi volto verso Rebe, gli occhi colmi di lacrime.

Lei mi dedica un sorriso triste, avvicinandosi a me

 "Ha ragione" annuisco, asciugandomi le lacrime

 "Sì Leila, hai sbagliato. Non voglio giustificarti, ma capisco anche quanto sia stato difficile per te. Staccarti dalla tua vecchia vita, accettare che i tuoi sentimenti fossero cambiati, lasciare Omar.. Lei è così accecata dalla rabbia ora, non è in grado di ragionare lucidamente"

 "Grazie per aver compreso Rebe" le sorrido "Cosa dovrei fare? Non so come farmi perdonare" scuoto la testa

 "Dimostrale quanto la ami. È ferita, ha solo bisogno di sapere che tu sei davvero qui, per lei"  sottolinea le ultime parole

 "Grazie Rebe, per ogni cosa" annuisco sorridendole

 "Erano mesi che non vedevo più Andrea così presa di qualcuno. Grazie per averla resa  nuovamente umana" ride, ricambiando l'abbraccio "Ora vado placare la bestia di là, prima che combini qualche disastro" scoppiamo a ridere.

Scioglie l'abbraccio, per poi raggiungere camera di Andrea.

Tiro un lungo respiro, cercando di calmare le lacrime.

Farò qualsiasi cosa mi sarà possibile per farle capire che io sono davvero tornata per lei, che nulla ormai potrà mettersi tra di noi perché la amo.

La amo più di quanto potessi immaginare e ancora non mi capacito come io possa averlo capito tanto tardi.

Le ultime settimane sono state così intense, sono stata sommersa da tante cose.

Tanti sentimenti, molto mai provati prima d'ora.

Non è stato affatto facile decifrarli uno per uno, fino a capire cosa il mio cuore davvero volesse, ma ora che lo so voglio lottare fino allo stremo.

Perché non sono mai stata più sicura di una mia scelta.

Sono così arrabbiata per averci messo tanto, per aver perso tempo e seguire un sentimento che giorno dopo giorno si è dissolto nel mare confuso che ha agitato la mia mente.

Ora, però, non perderò più un solo attimo.

Dedicherò tutta me stessa a Lei, a ricostruire ciò che ho distrutto.

Sospiro, raggiungendo la mia stanza.



Pov. Andrea

Mi porto una sigaretta alla bocca, nella vana speranza di riuscire a calmare i miei nervi tesi, ma non sarà di certo una sigaretta a placare tutto il casino che ho dentro.

Quando l'ho vista lì, sulla porta della nostra cucina, mi è mancata la terra sotto i piedi.

Questi giorni sono stati un inferno, la sua assenza intorno a me mi impediva di respirare.

In realtà mi impediva qualsiasi attività.

Non facevo altro che pensare a lei, a tutto quel poco che insieme siamo state.

I ricordi dei nostri giorni felici insieme si ripeteva, ogni volta sentivo dentro me un pezzo rompersi, contorcersi in un dolore che speravo di non ricordare mai.

Eppure eccolo lì, presente di nuovo nella mia vita.

Quando l'ho vista davanti a me, tutto quel dolore è sparito, portato via dal suo arrivo qui.

Lei era lì in piedi, bella anche più di quanto mi ricordassi, a sorridermi.

Quel sorriso dolce che mi ha fatto innamorare.

E poi le sue parole.

Il suo ti amo lanciato come un proiettile contro di me. Ha abbattuto ogni barriera che avevo eretto non appena l'avevo vista avanzare verso di me.

Le ha distrutte tutte, ed io avrei solo voluto baciarla.

Baciarla fino a consumarci, per recuperare tutto il tempo passato lontane, ma il dolore provato per la sua partenza mi ha impedito di andare avanti.

Mi ha impedito di raggiungerla e stringerla tra le braccia, perché non si possono dimenticare le notti in bianco passate a pensare a lei e a come stesse lontano da qui.

Non si può dimenticare il dolore nel vederla lasciare la nostra casa, consapevole che la sua prima scelta fosse lui.

Rebe è in silenzio dietro di me, mi osserva, uno strano ghigno dipinto sul volto

 "Spero tu sia contenta ora" sputo, buttando fuori il fumo

 "Sinceramente? Sì" annuisce

 "Dio Rebe, alle volte ti spaccherei quella faccia da cazzo che ti ritrovi" mi porto le mani alle tempie, il fumo mi brucia il naso

 "Andrea, lei ti ama. Ti ama esattamente come la ami tu, che cosa aspetti ad andare da lei?" mi guarda

 "Lei ha scelto lui" ringhio

 "Lei ha scelto l'opzione più facile Andrea, non quella che la rendesse davvero felice. Omar è stato il suo primo amore. Non voglio in alcun modo giustificarla, odio vederti star male Andrea, ma mettiti nei suoi panni. Hanno passato insieme sei anni, non poteva essere in grado di chiudere quel capitolo in un solo mese" la osservo esterrefatta.

In cuor mio so che ha ragione. So quanto Omar abbia fatto per lei, so quanto lei ci tenesse a lui, ma questo non la giustifica.

Non avrebbe dovuto iniziare questa assurda storia con me se non si sentiva pronta ad affrontare le conseguenze delle sue azioni.

Come ad esempio lasciare Omar.

È stata lei ad iniziare tutto, è stata lei a saltarmi letteralmente addosso, più di una volta.

Avrebbe dovuto pensarci prima.

Prima di farmi innamorare di lei.

Inspiro profondamente, la sigaretta in bocca, cercando di capire quale sia il modo migliore di affrontare tutto questo.

Lei è tornata. Ed ora? Come dovrei comportarmi?

Come posso essere tranquilla sapendo che lei è qui, tra le mie stesse mura?

La tensione dei giorni scorsi sembra essere sparita, ora che lei è qui. Tutto il nervosismo dovuto dalla sua assenza ora non c'è più, sostituito da una sensazione di sollievo.

Mi lascio andare sul letto, incapace di ragionare lucidamente.

La notte porterà consiglio, domani a mente lucida sarà più facile capire cosa fare.


Quando Rebe è andata via ieri, sono rimasta tutto il tempo chiusa in camera mia.

Non ho avuto il coraggio di mettere piede fuori dalla stanza, il terrore di incontrarla mi toglieva il respiro.

Lei mi ha lasciato i miei spazi, non è mai venuta a bussare alla mia porta.

Ho apprezzato questo suo distacco, mi ha dato modo di riflettere.

Non sono pronta ad avere una storia con lei, il dolore che mi ha provocato ancora mi appesantisce il petto, dunque c'è un'unica soluzione possibile: tornare all'inizio.

Non l'inizio di questa quarantena, no.

All'inizio della nostra convivenza.

Quando vivevamo le nostre vite indipendentemente l'una dall'altra, incrociandoci una volta ogni tanto.

Ho bisogno di andare avanti e sarà estremamente difficile ora che lei è di nuovo qui, ma devo provarci.

Appoggio la mano sulla maniglia della mia porta, poi tiro un lungo respiro

 "Forza Andrea, forza" ringhio, cercando di calmare il mio cuore.

Apro la porta e raggiungo la cucina.

Il mio stomaco brontola, la mancanza di cibo inizia a farsi sentire.

Il suo profumo ha invaso la cucina, mi si chiude lo stomaco.

La trovo vicino ai fornelli, intenta ad osservare l'acqua colorarsi di scuro, mentre la sua mano muove lentamente una bustina di the

 "Ciao" sussurra, non appena si accorge di me

 "Ehi" faccio un cenno con il capo.

Lei si allontana dal bancone, per posizionarsi sul tavolo, probabilmente per permettermi di cucinare.

Prendo silenziosamente uno yogurt dal frigo ed i cereali dalla credenza, per poi sedermi all'angolo opposto del tavolo.

Lei mi osserva di sottecchi, lo sguardo triste.

Vorrei poter prendere il suo viso tra le mani, posarle un delicato bacio sulle labbra e rassicurarla che tutto andrà bene.

Stringo i pugni.

Come posso rassicurarla se nemmeno io so se tutto tornerà davvero a posto?

 "Dormito bene?" la sua domanda mi spiazza.

Se ripenso alle notti passate, quanto meno ho dormito. Saperla qui vicino a me, mi ha permesso di dormire più di quattro ore a notte, anche se ad intermittenza.

Se lei fosse stata nel mio letto, avrei decisamente dormito meglio

 "Sì e tu?" la guardo.

Solo ora noto quanto sia cambiata in questi giorni.

Il viso è consumato, il colorito spento.

Gli occhi sono contornati da profondi solchi viola, che la rendono quasi irriconoscibile.

Mi si ferma il cuore

 "Sì anche" annuisce, ma non sembra convinta.

Mangiamo in silenzio, come se già questo bastasse a calmare i nostri cuori.

Più di una volta i nostri occhi si incontrano timidi, un sorriso compare sui nostri volti.

Tutto sembra così familiare e bello

 "Allora, che farai oggi?" lei mi guarda curiosa ed io mi volto verso di lei.

I suoi occhi sono speranzosi, in attesa di una mia risposta.

Resto in silenzio per qualche secondo, in attesa di capire come rispondere.

Sì perché relazionarmi con lei ora è la cosa più difficile che mi sia mai capitata

 "Leila ascolta" la guardo, cercando di capire quale sia il modo migliore di dirle ciò che sto per dirle "Non ti caccerò di nuovo di casa, hai tutto il diritto di stare qui, ma non voglio far finta che ciò che c'è stato tra di noi non sia mai esistito" lei mi guarda, posso notare la paura nei suoi occhi.

Mi alzo dal tavolo, allontanandomi un po' da lei

 "Nessuno ha detto che dobbiamo ignorare ciò che c'è stato. Non è possibile ignorarlo" i suoi grandi occhi mi osservano, catturando i miei

 "L'unico modo per far sì che le cose funzionino è tornare all'inizio" i suoi occhi si illuminano "all'inizio della convivenza intendo" cambia espressione

 "Vuoi davvero tornare come eravamo due anni fa?" mi guarda triste

 "Al momento è l'unico comportamento che riesco a tenere con te. Mi fa così dannatamente male averti qui e non poterti baciare, ma devo preservare me stessa" abbasso lo sguardo.

Lei si alza, lentamente cammina verso di me.

Mi irrigidisco ad ogni suo passo.

Si posiziona a pochi centimetri da me, i suoi occhi catturano i miei

 "Puoi farlo, puoi baciarmi" si lecca le labbra "Andrea sono davvero qui, sono davvero qui per te. Ti amo" rimango estasiata dalle sue parole, quasi fossero il canto di una sirena in mezzo al mare buio.

Sì perché al momento sto navigando in uno dei mari più bui mai affrontati, ma il suo ritorno qui rappresenta la mia unica salvezza.

Osservo la sua lingua scivolare lentamente sulle sue labbra, quasi fosse un invito per me a raggiungerla.

Indietreggio per aumentare la distanza tra di noi

 "Leila, non rendere tutto più difficile" ringhio "Hai avuto la tua chance, ma tu hai preferito lui. Te ne sei andata, lasciandomi qui da sola. Hai perso Leila, non sono più disposta a giocare" le volto le spalle, lasciando la cucina.

Sento i suoi occhi addosso finché non sparisco nel corridoio, dove finalmente posso rilassare le mie spalle tese.

Dio, sarà decisamente più complicato di quanto mi aspettassi.

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