Capitolo Trentasei
Pov. Leila
"Ciao Leila!" Alice mi abbraccia "Che bello rivederti!" mi stringe ancora
"Ciao Ali" ricambio l'abbraccio, così necessario in questo momento "Cos'hai fatto ai capelli?" la osservo, ammirando il nuovo colore
"Hai visto?!" esclama "Ero stanca di quel biondo canarino, avevo voglia di cambiare! Adoro questo colore, guarda come mi risalta gli occhi!" sbatte velocemente le palpebre.
Rido divertita.
Osservo la piccola figura davanti a me, uno strano senso di familiarità mi pervade.
Mi piace come i lunghi capelli scuri le cadono lungo il viso, risaltandole gli occhi color oceano
"Stai benissimo" annuisco
"Mati!" esclama Alice, non appena nota la nostra collega venirci incontro.
Matilda si muove lenta verso di noi.
Lei non è cambiata per niente in questi due mesi. Porta i soliti abiti neri, le solite catene al collo ed il solito trucco pesante sul viso.
Lo sguardo è spento, proprio come l'ultima volta che la vidi due mesi fa.
Anche le labbra sono colorate da un pesante rossetto scuro
"Ciao ragazze" borbotta, alzando svogliatamente la mano
"Ciao Mati" le sorrido
"Hai visto Mati? Ora siamo gemelle!" esclama Alice, avvicinandosi alla cupa figura davanti a noi
"Domani se vuoi ti trucco come me" ride Matilda, mostrando il suo splendido sorriso
"No, decisamente no. Grazie lo stesso" alza le spalle Alice, allontanandosi.
Entrambe si accendono una sigaretta, in attesa di vedere il nostro responsabile arrivare.
Per quanto sia difficile esaminare e capire i sentimenti di Matilda, da sempre è stata una persona estremamente chiusa e riservata, si può notare una nota di preoccupazione adornarle il viso.
Alice invece, mostra senza alcun problema la sua preoccupazione. Cammina nervosamente avanti e indietro, quando si ferma il suo piede si muove velocemente provocando un rumore sordo contro l'asfalto.
Io, proprio come Matilda, rimango in silenzio.
Osservo tutto intorno a me riaprire lentamente.
I visi che una volta erano così familiari, ora invece sono coperti da spesse mascherine bianche, rendendo quasi impossibile riconoscere le persone che ci camminano accanto.
Tiro un lungo respiro.
Chissà come sta Andrea. Cosa starà facendo?
Mi manca terribilmente.
Vorrei essere con lei, in quella torre d'Avorio che è stata sia casa che prigione, tutto in così poco tempo.
Prendo il telefono in mano, indecisa se scriverle un messaggio. Cosa dovrei scriverle? E soprattutto, come la prenderebbe se dovessi farlo?
È stata chiara, vuole tornare indietro.
Indietro a due anni fa, quando a malapena ci guardavamo in faccia, quando eravamo talmente prese dalle nostre vite da accorgerci appena dell'esistenza reciproca.
Scuoto la testa per scacciare quei pensieri, infilando il telefono in tasca
"Eccolo" Alice sospira, osservando davanti a noi.
Il nostro responsabile camminare veloce verso di noi, magro ancor più di prima.
I vestiti sono enormi, lui sembra annegarci dentro.
La cintura probabilmente avrebbe bisogno di altri due buchi per riuscire a fare il suo lavoro.
La barba spunta fuori dalla grossa mascherina FFP2 che porta sul viso, i grossi occhialoni neri sono sulla testa
"Non è cambiato per niente" Matilda lo guarda scocciata
"Già" annuisco.
Lui arriva davanti a noi, piuttosto trafelato.
Anche nei suoi occhi si può vedere la preoccupazione appesantirgli lo sguardo
"Buongiorno Ragazze" annuisce superandoci, per raggiungere la saracinesca del negozio
"Salve Riccardo" lo salutiamo in coro, scambiandoci poi un veloce sorriso tra di noi.
Entriamo nel piccolo negozietto di vestiti in via Tripoli, quello che per anni ha fatto parte della mia quotidianità.
Tutto è rimasto esattamente uguale, proprio come lo lasciammo quell'undici marzo.
I vestiti provati dai clienti sono ancora sulla barella accanto ai camerini.
Alcuni vestiti sono mal piegati sugli scaffali, probabilmente abbandonati da qualche cliente maleducato.
È come se qui dentro il tempo si fosse fermato, come se tutto fosse rimasto bloccato a quell'undici marzo.
Eppure non è così.
La mia vita non è la stessa di prima, io non sono la stessa di prima.
Tante cose sono cambiate e vedere che, almeno qui, tutto è rimasto uguale mi rassicura
"Allora ragazze, cambieranno un po' di cose d'ora in avanti" il nostro responsabile ci raggiunge, l'ansia che gli scorre veloce nelle vene "Nel negozio non potranno entrare più di sette persone alla volta. Questo dispenser di igienizzante per le mani sarà posto all'entrata del negozio" si trascina dietro un grosso piedistallo in metallo, con una contenitore di igienizzante nella parte più alta.
Uno strano senso di inquietudine mi pervade
"I plexiglass sono già stati montati alla cassa. Dovrete obbligatoriamente indossare le mascherine FFP2" lui ci guarda serio "Non sarà consentito toglierle per nessuna ragione all'interno del negozio. Sono stato chiaro?" i suoi occhi incrociano i nostri, una per una.
Annuiamo solamente, tutte e tre chiuse in un silenzio quasi assordante che ci impedisce di respirare
"Il termometro all'ingresso misurerà la temperatura di chiunque varchi la soglia. Se la temperatura dovesse superare i 37,5°, il soggetto dovrà essere immediatamente allontanato dal negozio" Riccardo continua a muoversi velocemente per il negozio, sistemando ordinatamente tutto ciò che trova "Dovrete anche indossare dei guanti. Tutti gli ambienti di lavoro saranno sanificati ogni sera, e sarete voi a farlo con quello" indica uno strano macchinario posto accanto alle casse.
Fatico a calmare il mio cuore mentre ascolto il nostro responsabile lanciarci addosso parole su parole, la paura mi blocca il respiro.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene, mi ripeto nella mente, anche se non ne sono poi così sicura
"Ho terminato con tutte la raccomandazioni. Mi raccomando ragazze, è importante che seguiate alla lettera il protocollo, è l'unico modo che abbiamo per salvaguardarci" ci dedica un ultimo, rapido sguardo "Ora forza, tornate al lavoro".
Si dilegua velocemente, per lasciarci sole.
Quando mi volto ad osservare i visi di Alice e Matilda, sono sconvolti tanto quanto il mio.
Ci dedichiamo un triste sorriso, prima di cominciare a sistemare il negozio per la riapertura.
Un flebile raggio di sole illumina la stanza, scaldandola un po'
"Ti prego, fa che vada tutto bene" sussurro, prima di ripiegare ordinatamente una maglietta sullo scaffale.
Pov. Andrea
"Che vuoi fare oggi?" Rebe mi guarda annoiata, sdraiata sul mio letto
"Devo finire di seguire queste lezioni, prima delle tre non finiranno. Poi non lo so" sospiro "E tu? Mi sono dimenticata come si vive una vita normale" sbuffo, accasciandomi sulla grossa sedia posizionata davanti alla mia scrivania.
Guardo l'ora: Leila non tornerà prima di tarda sera, e sono appena le due.
Sbuffo
"Ti va di fare una passeggiata fino in Piazza D'Armi? Devo portare giù Spike"
"Uhm, okay" alzo le spalle.
Seguo l'ultima ora di lezione, Rebe rimane vicino a me in silenzio. Muove velocemente le dita sullo schermo del suo telefono, in attesa che io finisca.
Osservo svogliatamente il professore di chimica parlare, ma fatico a seguirlo.
Oggi non ho proprio voglia di seguire le lezioni, sono stanca di stare seduta nella mia stanza, il pc davanti a me. Voglio tornare in aula, in laboratorio.
Mi manca terribilmente tutto questo, non avrei mai pensato di dirlo.
Provo a prendere quanti più appunti il mio cervello sia in grado di captare in questo momento di poca lucidità.
Quando terminano le lezioni raggiungo l'armadio, prendendo un paio di jeans ed una maglietta.
Non sono dell'umore per una passeggiata, ma non posso di certo rimanere chiusa in casa in attesa del suo ritorno.
Ne uscirei pazza.
Così mi cambio velocemente, nella vana speranza che scappare da quella casa mi aiuti a scappare dai miei stessi pensieri.
Rebe mi osserva di sottecchi, so bene che ha capito il disagio che mi ha pervasa, ma non dice una parola.
Attende in silenzio che io finisca di prepararmi, osservando il telefono.
La giornata è soleggiata, consentendomi di indossare una maglietta a maniche corte.
Prendo i miei occhiali da sole e mi volto verso Rebe
"Andiamo?" la guardo, impaziente di andar via
"Certo" annuisce lei, seguendomi.
Mi racconta alcune novità riportate da Micaela, ed io l'ascolto.
Il sole caldo ci riscalda ed è così bello poter finalmente camminare all'aria aperta.
Peccato la mascherina che appesantisce i respiri.
Raggiungiamo in pochi minuti casa di Rebe, che non dista poi tanto da casa nostra, e salgo con lei.
Spike comincia ad agitarsi non appena sente l'ascensore aprirsi, il suo abbaio risuona sordo nell'appartamento spoglio
"Sh Spike! Sei il solito casinista" Rebe si abbassa sulle ginocchia, il grosso cane le salta addosso facendole le feste.
Scodinzola felice, mentre le lecca il viso
"Hai visto chi c'è?" Rebe mi indica "Sì Andrea, quella grandissima testa di cazzo"
Sorrido tirandole una leggera spinta.
Lei perde l'equilibrio, finendo con il culo a terra.
Spike inizia ad abbaiare verso di me, cercando di allontanarmi da lei
"Sh Spike, va tutto bene. Te l'ho detto, è solo una testa di cazzo" scuote la testa, baciando il muso del grosso cagnolone.
Spike si rilassa, rimanendo comunque con le orecchie tese non appena la sua amata padroncina si allontana da lui
"Quel cane prima o poi mi azzannerà" lo guardo torva
"Se continui a fare la cretina è normale. E non ti azzardare a denunciarlo. Se dovessero sopprimerlo a causa tua, non esiterò a farti fare la stessa fine" mi punta il dito, prima di voltarsi a prendere il collare "Spike vieni qui!" esclama, facendo tintinnare il guinzaglio.
Io la guardo ridendo, osservando lo strano e meraviglioso rapporto tra le due creature davanti a me.
Spike vive con Rebe da quando ci siamo trasferite qui.
Lui la guarda con gli occhi che brillano, sembrano gli occhi di un bambino che osserva la sua mamma.
È adorabile mentre si lascia vestire da Rebe, rimanendo completamente immobile finché lei non ha finito di allacciargli il collare
"Ecco, ora sei pronto" gli dà una leggera pacca sulla schiena "Forza andiamo" esclama camminando verso la porta.
Il cagnolone la segue saltellando, la piccola codina si muove ondeggiando ostentando la sua felicità.
Io mi posiziono accanto a Rebe, ma Spike non perde tempo e si posiziona tra di noi, aumentando lo spazio che ci divide
"È una mia impressione o il tuo cane mi odia?" mi volto verso Rebe, infastidita
"Fa bene" lei ride divertita, ed io le mostro il dito medio.
La gente intorno a noi cammina veloce, ma non incrocio più lo sguardo di nessuno.
Tutti ormai pensano solo a scappare, a salvare sé stessi da questa cosa che un giorno di marzo ha cambiato completamente le nostre vite.
Contro ogni aspettativa Piazza D'Armi pullula di gente, tutta a debita distanza l'una dall'altra.
C'è chi fa jogging, chi porta a spasso il cane oppure chi spinge un passeggino.
Sono ancora tristemente vuote invece le aree per bambini.
Il solito vociare confuso è stato sostituito da un silenzio quasi inquietante.
Rebe riempie i miei silenzi, io l'ascolto osservando davanti a me.
È tutto così strano, essere di nuovo all'aria aperta, quasi faticavo a ricordare come ci si sentisse.
Il sole caldo ci riscalda, mentre un debole vento ci riempie la pelle di brividi.
Rebe lancia una pallina arancione a Spike che veloce come un fulmine corre a prenderla.
Le gambe toniche si muovono veloci sul prato raggiungendo una velocità che non credevo possibile.
Rebe tira ancora una volta la palla, che finisce poco lontano da una ragazza intenta a fare un po' di stretching.
Sgrano gli occhi non appena la riconosco
"Ehi ciao piccolo" si avvicina lei, Spike la guarda curioso "Oh ciao, che coincidenza" Elisa mi sta guardando, decisamente felice di vedermi.
Rebe cambia espressione, il suo volto rilassato viene sostituito da tratti marcati e tesi.
Gli occhi di Elisa scorrono veloci su di me, così come i miei scivolano veloci sul suo corpo semi scoperto.
Indossa un completo sportivo, il mio preferito.
Ho sempre amato il modo in cui le fascia il corpo, quasi fosse stato creato apposta per lei. Un piccolo top le fascia il seno prosperoso, risaltandolo, mentre i leggings lucidi le segnano i suoi punti di forza.
Scuoto la testa al ricordo di tutte le volte che le ho sfilato quel completo di dosso
"Ehi" la saluto, mantenendo le distanza
"Andrea" Rebe mi fulmina con lo sguardo, ma la sorpasso per raggiungere Elisa.
Alla fine voglio solo scambiare due parole con un'amica.
Non ci vedo nulla di male
"Che bello vederti, come stai?" lei si avvicina pericolosamente a me, baciandomi fin troppo vicino alla bocca.
Il suo gesto mi spiazza
"Bene e tu? Ti trovo in forma" la osservo ancora
"Bene grazie" mi sorride "Hai da fare? Ti va di prendere un caffè?" indica il piccolo chiosco davanti allo stadio
"No, ha da fare" Rebe risponde al posto mio
"No, non ho nulla da fare. Va bene" annuisco "Rebe, ci sentiamo dopo, d'accordo?" mi volto verso di lei
"Andrea, questa è una grandissima cazzata" mi ringhia all'orecchio ma io mi allontano
"Ciao Rebe" la saluto, posizionandomi accanto ad Elisa, che sorridente si avvia verso il bar.
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