Capitolo Sette
Pov. Leila
Sono sdraiata sul mio letto, la musica in sottofondo.
Ripenso a ieri, allo strano pomeriggio passato con Andrea.
Ripenso all'effetto dell'erba sui miei nervi tesi, la felicità che ho provato per quelle ore in cui la THC aveva invaso il mio cervello.
Più di una volta lo sguardo di Andrea sul mio corpo si è ripresentato nella mia mente, ma ho cercato di allontanarlo.
Abbiamo ancora smezzato una canna dopo la telefonata con Omar, ma ho preferito non dirgli nulla.
Non volevo che si incazzasse, rovinandomi l'umore.
Mi dispiace averlo fatto arrabbiare, ma avevo bisogno di farlo se no sarei impazzita.
Gli scrivo un rapido buongiorno a cui risponde tranquillo.
Non sembra affatto arrabbiato. Fortunatamente sembra aver capito da cosa fosse dettato il mio gesto di ieri.
E poi non ci vedo nulla di male giusto? D'altronde cosa poteva mai succedere? Assolutamente nulla.
"Buongiorno Bob Marley, allora com'è andata ieri?" Stefano interrompe i miei pensieri
"Ciao Ste" rido divertita "Bene, a parte che ho quasi rischiato di soffocare a causa del fumo, ma per il resto bene. È stato divertente" annuisco
"Te l'avevo detto, ti fai troppe paranoie. Cosa poteva succedere di male?"
Il ricordo dello sguardo languido di Andrea mi torna in mente, provocandomi un brivido.
Tutto questo eccesso di libido mi sta decisamente mandando fuori strada.
"Nulla, infatti" rispondo secca.
Non voglio parlare con Stefano di quanto successo con Andrea, anche perché non è successo nulla con Andrea.
Giusto? È stato solo un innocuo scambio di sguardi, tra due coinquiline.
Nulla di più.
Però per sicurezza, preferisco passare la giornata in stanza, per far.. calmare le acque.
Non la vedo da ieri e va bene così. Nemmeno lei è venuta a cercarmi.
Strano. Da quando siamo chiuse in questa casa insieme è sempre venuta a cercarmi per la colazione o per il pranzo.
Starà bene?
Apro leggermente la porta di camera mia, e sento la musica provenire dalla sua.
È la playlist che ascolta quando si allena. Perché lei.. non mi ha chiamata per allenarci insieme come l'altra mattina?
Sospiro.
Non mi interessa, non mi deve interessare.
"Leila ci sei?" Stefano attira la mia attenzione
"Sì scusami, hai detto qualcosa?"
"Ultimamente sei distratta. Mi sembra di parlare da solo" sbuffa
"Sta zitto Ste" alzo gli occhi al cielo
"Ho capito, torno a conversare con i tipi di Grindr, sono decisamente più simpatici di te"
"Scusami Ste, hai ragione. Ultimamente sono un po' distratta"
"Sicura che vada tutto bene Leila?"
"Sì, nello stesso modo in cui sta andando bene a tutta la popolazione mondiale Ste. C'è una pandemia mondiale in corso, siamo tutti chiusi in casa"
"Perspicace, come hai fatto ad accorgertene?"
"Buona chiacchierata con i tuoi amichetti di Grindr"
"Ciao simpaticona" attacca la telefonata prima che possa rispondere.
Mi sdraio sul letto, in riproduzione Netflix.
Da quando questa pandemia è iniziata i giorni si ripetono sempre uguali. Ogni giorno è un susseguirsi di nulla.
Ho già fatto tutto quello che potevo fare: la pulizia dell'armadio, buttare tutto ciò che non mi serviva più, allenarmi.
Non ho più idee, non riconosco più la persona che sono diventata.
È tutto così diverso ora, la vita di un tempo sembra un ricordo ormai lontano, anche se non è passato neanche un mese.
Sospiro.
Vorrei essere in grado di fare qualcosa di diverso, prendere in mano la mia vita e cambiarla, ma ormai ho perso la voglia di fare qualsiasi cosa.
Mi alzo ogni giorno sperando che le cose cambino, ma più passano i giorni più questa speranza si spegne.
Fa tutto così schifo
Raggiungo la cucina per l'ora di cena.
Per tutto il giorno non ho toccato cibo, ma il mio stomaco ora inizia a sentirne le conseguenze.
Ed anche le mie capacità cognitive.
Mi trascino in cucina, aprendo il frigo. Anche nel frigo regna la desolazione più assoluta.
Prendo del formaggio e del pane a fette e silenziosamente mi siedo al tavolo.
In cucina non c'è nessuno.
Janette ci ha informate che si sarebbe di nuovo rinchiusa in camera sua per un secondo ritiro spirituale che sarebbe durato qualche giorno.
Osservo la porta della camera di Janette, completamente ricoperta da strani disegni.
Vorrei poter essere come lei. Trovare qualcosa in cui credere davvero, che occupi queste giornate infinite.
Invece sono qui, a mangiare pane e formaggio sola in cucina, in un silenzio quasi inquietante
"Oh, ehi" Andrea mia saluta, quasi sorpresa di trovarmi qui "Pensavo che le due canne di ieri ti avessero stesa" ride
"Sì, effettivamente è stato così" rido anche io.
La osservo. Indossa un paio di pantaloncini da calcio, ed una semplice maglietta nera.
I capelli lunghi ricadono sul suo viso.
I suoi occhi mi osservano, mettendomi a disagio
"Pane e formaggio? Sul serio?" inarca un sopracciglio
"Beh, apri il frigo e potrai vedere anche tu la vastità del nulla che abbiamo in casa" sospiro, portandomi del pane alla bocca
"Cristo" sospira, osservando il frigo
"Potrei.. andare a fare la spesa domani" lei si blocca un attimo, voltandosi poi verso di me
"La spesa? Sul serio Leila?" mi guarda quasi sconvolta
"Di certo non possiamo vivere di sola aria" scuoto la testa
"C'è Internet, perché non usiamo quello?"
"Sai che non è la stessa cosa" la guardo
Lei fa per aprire la bocca, ma poi la richiude.
Ci pensa un attimo, poi ricomincia a parlare
"Come vuoi" alza le spalle, poi torna in camera sua.
Ritorno ad essere la sola anima viva in questa stanza.
Il silenzio mi avvolge, soffocandomi.
Accendo la tv, ma la voce dell'antipatica giornalista non fa altro che sputare numeri su numeri.
Contagi, morti, terapie intensive.
Le immagini dei camion militari che trasportano le bare con le vittime del Covid vengono riprodotte.
Osservo quel convoglio di dolore e morte solcare le strade delle città, chiedendomi come possa essere successo tutto questo.
Penso a quei corpi chiusi nelle bare, ai loro parenti che non potranno nemmeno vederli.
Ripenso alla morte di mamma, al suo corpo pallido e scheletrico nella bara.
Fu l'ultimo momento in cui la vidi.
Fu l'ultima volta che strinsi la sua mano.
Ed è così ingiusto che tutti i cari di quelle persone siano privati di quell'attimo così intimo.
Decido così di spegnere la tv e tornare in camera mia.
Mi sdraio sul letto, un'ondata di ricordi mi travolge.
Ricordo mia madre stesa nella bara. Il suo corpo freddo e consumato dalla malattia.
Ricordo gli occhi vitrei di mio papà mentre osservava il corpo della donna che amava steso davanti a lui.
Lui mi teneva per la mano. Anzi, io stringevo forte la sua, mentre lui si lasciava trascinare da me.
Le misero la sua maglia preferita, sotto consiglio di papà.
Era un bellissimo cardigan beige. Prima che la malattia la mangiasse dentro le stava benissimo.
Dentro quella bara invece, sembrava di due taglie più grandi.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, non riesco più a trattenerle. Mi tappo la bocca con una mano, cercando di non farmi sentire, ma trattenere i singhiozzi sembra impossibile.
Apro la finestra della camera, ho bisogno d'aria.
Non riesco a togliermi dalla mente lei, bella come era, stesa dentro quella cassa di legno
"Leila che succede?" Andrea entra in camera mia, osservandomi.
Mi volto semplicemente verso di lei, lasciandomi andare.
Mi accascio per terra, le lacrime mi rigano il viso.
Lei mi corre incontro, inginocchiandosi accanto a me.
Mi prende il viso tra le mani, osservandomi con i suoi grandi occhi scuri, l'espressione preoccupata.
Mi sento così ridicola, ma non riesco a smettere
"Ehi Leila, andrà tutto bene" Andrea mi stringe a sé, il suo profumo mi invade le narici.
Sul pc compare la notifica di Skype, Omar mi sta videochiamando.
La suoneria rimbomba nella stanza
"Okay Omar, direi che non è proprio il momento" Andrea toglie il volume al pc e digita un rapido messaggio.
Non mi interessa nemmeno sapere cos'abbia scritto.
Non mi interessa di nulla, se non togliermi dalla testa quell'orribile ricordo.
Finito di armeggiare con il computer torna da me, abbracciandomi.
Continuo a piangere sulla sua spalla, lei mi accarezza i capelli.
È tutto fottutamente difficile.
Guarire dai propri demoni è la cosa più difficile che esista.
Alle volte penso di esserci riuscita, di essere riuscita a superare il dolore che mi appesantisce il petto ogni volta che ci penso, ma poi mi rendo conto che non è così.
Non importa quanto tempo possa passare, ma il dolore che porto dentro non passerà mai, posso solo imparare a conviverci.
Ad oggi, però, non ci sono ancora riuscita.
Continuo a piangere accanto ad Andrea, poi il vuoto.
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