Capitolo Quarantasei

Pov. Andrea

Preparo distrattamente il pranzo, mentre il noioso professore di Chimica Organica, spiega le sue lezioni.

Devo essere sincera, non sto prestando molta attenzione alle lezioni.

Questa situazione assurda con Leila mi rende nervosa, aspetto con ansia che questa giornate finiscano.

Metto in un piatto una porzione abbondante di pasta e dopo aver indossato una mascherina raggiungo camera di Leila

 "È permesso?" chiedo, affacciandomi in camera sua

 "Grazie Andrea" mi sorride con gli occhi "Lascialo pure lì per terra, ora lo prendo"

 "Ho la mascherina e non toccherò nulla di tuo. Posso anche avvicinarmi" mi avvicino a lei, ma lei si irrigidisce.

Rimane tesa mentre le poso accanto il piatto, ancor di più quando mi osserva immobile accanto a lei

 "Che sta facendo Andrea?" sussurra

 "Mi manca averti intorno" la guardo intensamente

 "Ti prego Andrea, va via" abbassa lo sguardo mentre lo dice.

Annuisco semplicemente, allontanandomi da lei.

È così fottutamente difficile starle lontano, già lo sapevo, ma non immaginavo fino a che punto.

Non immaginavo potesse essere tanto brutto vivere nella stessa casa ma segregate in stanze diverse.

La mia attenzione viene attirata dal mio telefono che suona. Rimango sorpresa quando leggo il suo nome sulla schermo

 "Pronto?"

 "Didi, ciao. Ho saputo della tua coinquilina, spero che tu stia bene" il tono di Elisa sembra preoccupato mentre attende una mia risposta

 "Sto bene grazie. Non ho sintomi, dunque non credo di averlo contratto. Non ancora quanto meno" rido nervosamente.

Non ho mai realmente ragionato sul fatto che anche io potrei essere in pericolo.

Sempre così concentrata su Leila, da dimenticarmi anche di me stessa.

Per ora sto bene, così come Janette, ma ormai ho imparato che nella vita tutto è relativo.

Un giorno è bianco e l'altro è nero, senza vie di mezzo

 "Speriamo che tu non sia stata contagiata. Posso aiutarvi in qualche modo?" la sua gentilezza  mi spiazza

 "No Elisa, non è necessario. Grazie mille lo stesso" annuisco

 "Tua mamma lo sa? Sono sicura che uscirebbe di testa se lo sapesse. Puoi venire a fare la quarantena da me, se ti va" sputa, tutto di un fiato

 "Scusami?" rido nervosamente

 "Sì, se non vuoi stare lì e rischiare di contagiarti sai che posso ospitarti"

 "Eli, io davvero fatico a capire quale sia il tuo vero obbiettivo, ma la nostra storia è finita un anno fa, quando tu decisi che fosse arrivato il momento di andar via. Io ora amo un'altra persona e non sei tu" guardo fuori dalla finestra "Quello che c'è stato tra di noi di recente è stato.. bello, indubbiamente, ma per me non è stato altro che sesso" seguono qualche secondo di silenzio

 "È Leila, non è vero?"

 "Cosa?

 "Questa ragazza è Leila?"

 "Non credo di doverti spiegazioni a riguardo" inizio ad innervosirmi

 "Non mi è mai piaciuta, il mio sesto senso mi ha sempre tenuto in guardia da lei. Il sesto senso di una donna non sbaglia mai, è proprio vero" ride "Non avevo doppi fini, forse. Non lo so Andrea, sono confusa. Da quando abbiamo fatto sesso la prima volta provo sentimenti contrastanti, ma a quanto pare non è importante"

 "No, infatti Elisa. Mi dispiace averti illusa che potesse esserci qualcosa di diverso tra di noi, ma ti posso assicurare che non è così"

 "D'accordo allora. Ciao Andrea" Elisa attacca la chiamata ancora prima che possa rispondere.

Onestamente non credevo che dopo tutto quel tempo potesse ancora interessarle di noi.

Non interessava a me che sono stata lasciata, di certo non pensavo che interessasse a lei, visto che è stata proprio lei a mettere fine a tutto.

Ho passato quasi un anno della mia vita aspettandola, ed ora che finalmente senza di lei sto bene, non riesco ad immaginarmi di nuovo al suo fianco.

A dire il vero non mi importa essere al fianco di nessun'altra che non sia Leila.

Ogni cellula del mio corpo è concentrata su di lei.

 "Complimenti Andrea" Janette entra in cucina, uno strano sorriso sul volto

 "Per cosa?" mi volto confusa verso di lei

 "Dopo più di un anno finalmente hai avuto la tua rivincita" si avvicina a me

 "Hai sentito tutto?" mi gratto il retro del collo

 "Ogni singola parola"

 "Non sarei mai tornata con lei, non ora che so che anche Leila mi ama. Sono stanca di buttare via tempo Janette"

 "Cosa intendi dire Andrea?"

 "Sono stanca di combattere i miei stessi sentimenti, sono stanca di fuggire dalla felicità che tanto ho desiderato negli ultimi mesi. Voglio che Leila diventi la mia fidanzata e non intendo aspettare che tutto questo finisca. Devo solo trovare il momento giusto per dirglielo"

 "Era ora!" esclama Janette, sinceramente felice per me "Era ora che buttassi giù i tuoi muri"

 "Sì lo so" annuisco sorridendo.

Ci ho messo diverso tempo, non è stato affatto facile perdonare Leila ed il suo egoismo, ma ora più che mai mi sento pronta ad archiviare tutto quanto.

Voglio ricominciare da zero, perché la vita fa già schifo così, non ha senso complicarsela ulteriormente.

L'ho già fatto per tanto tempo.

Prima Elisa.

Poi Leila.

Ora basta, voglio poter assaggiare quella felicità che non vedevo da tempo, non importa quali saranno le conseguenze.

Non mi interessa davvero più, perché ora il mio unico obbiettivo è essere felice.

Mi volto verso la sua porta, osservando quella sottile quanto impenetrabile barriera di legno che mi divide da lei.

Tiro un lungo sospiro, distrutta dalla nostra lontananza e dalla voglia di averla nella mia vita.



Pov. Leila

Rispondo distrattamente ad un messaggio di mio papà, l'ennesimo in queste giornate infinite.

L'ho sentito maggiormente in questi cinque giorni che non negli ultimi tre anni della mia vita.

Vorrei tanto andare a trovare la mamma.

Prima della pandemia andavo ogni volta che ne sentivo la necessità.

Mi sedevo davanti alla sua foto sorridente, i suoi occhi dolci mi osservano, belli come sono sempre stati e le raccontavo la mia vita.

Ad esempio, tutte le volte che andavo a pranzo da papà, correvo da lei per raccontarle come fosse andata. Spesso Omar mi faceva compagnia in quei momenti così intimi, osservandomi in silenzio.

Mi mancano terribilmente quei momenti con la mamma, perché mi davano la forza per andare avanti.

Quei momenti insieme ad Omar erano le uniche cose che mi tenevano ancora in piedi, anche se non sempre è bastato.

Ed ora, dopo tutto quello che è successo con Omar, con Andrea, sento la necessità di tornare da lei per poterla aggiornare sulla mia vita.

Sorrido.

Papà ogni tanto ancora va a trovarla, molto meno rispetto a me.

Credo lo faccia di nascosto da Anna, perché lo vedo dai suoi occhi, lei non è la mamma.

Lo sguardo di papà verso Anna non sarai mai come quello che aveva con la mamma, e forse anche lei lo sa.

Ed anche papà lo sa, per questo motivo non va a trovarla spesso.

Perché questo vorrebbe dire continuare ad amarla e rimanere legato a lei, nonostante gli anni ormai passati con Anna.

Scuoto la testa.

I sintomi stanno lentamente scemando: la tosse si è ridotta a qualche sporadico colpo che mi risveglia dai miei pensieri, anche il senso di confusione non esiste quasi più.

Il fiato continua a rimanere corto ed affaticato, qualche mal di testa ancora mi impedisce di restare tranquilla.

Sospiro.

Non ho ricevuto nemmeno una chiamata dall'ASL, il mio medico continua a dirmi di pazientare.

Ma quanto dovrò ancora aspettare per essere vista? Per essere capita, ascoltata e soprattutto.. curata?

Fortunatamente i miei sintomi non sono peggiorati tanto da rendere necessario un ricovero in ospedale.

Osservo le storie della gente, molte delle quali ritrae persone nella mia stessa situazione. Dimenticati, abbandonati a noi stessi in attesa di qualcosa che cambi le nostre situazioni.

Lorenzo ha aspettato una settimana prima di essere chiamato, mancano appena due giorni alla mia prima settimana da positiva.

Forse non manca poi molto.

Guardo fuori dalla finestra il mondo vivere una vita diversa.

La città si muove lentamente, il traffico di una volta sembra solo lontano ricordo.

I passanti per la strada sembrano piccole figure mascherate, nascoste da grosse FFP2 sul viso.

Fortunatamente nessuno delle persone intorno a me sembra essersi contagiato a causa mia, ma chi può dirlo che sia davvero così?

Tiro un lungo respiro.

Non si può descrivere a parole quella paura lancinante che ti dilania dentro, nell'attesa di vedere le persone intorno a te soffrire e stare male.

Sapere di essere la causa del loro dolore ti distrugge.

Ancor peggiore è non sapere quali effetti il Covid possa avere negli altri.

Io sono stata fortunata, ma se lo dovesse prendere Andrea? Oppure Janette?

O peggio ancora.. Anna o Gabriele, oppure mio papà.

Non sto dormendo granché in queste notti dove il suono delle ambulanze risuona come un eco dell'orrore nel buio più intenso che abbia mai visto.

Passerà davvero tutto questo? O è solo una sciocca favola che ci raccontiamo per affrontare meglio l'inferno che stiamo vivendo?

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